Mentre il governo di centrodestra procede indefesso nella manovra di tagli che genera lo sfascio (anche letterale come purtroppo testimonia la tragedia di Rivoli) della scuola italiana, esce per gli eleganti tipi di Casagrande Una goccia di splendore, un volumetto che raccoglie gli articoli pubblicati nel corso di due anni dal poeta e insegnante Fabio Pusterla sul settimanale ticinese “Azione”.
Queste brevi, ma spesso fulminanti meditazioni restituiscono al lettore italiano l’immagine di una scuola su cui non incombe lo smantellamento decretato dalla coppia Tremonti-Gelmini, ma che vive però nello stesso tempo tormentato e si confronta con problemi di non minore portata, anche se (forse) di meno lacerante urgenza. Come cambia il ruolo dell’insegnante, ad esempio, in una società i cui valori condivisi non includono necessariamente il ruolo della cultura, privilegiando magari uno status sociale basato su beni materiali, sulla consistenza della busta paga? Come rispondere all’annosa questione dei ragazzi che non leggono, quando i primi a non riaprire mai i classici della letteratura (e tantomeno ad aprire un romanzo contemporaneo) sono spesso gli stessi docenti, seguiti a ruota dai pedagogisti, dai sociologi, da famiglie intere in cui il libro semplicemente non è mai un argomento di conversazione?Pure, fra i molti pregi di questo libricino c’è la capacità di trattenersi sempre al di qua della scivolosa china d’una retorica facile. La scuola che Pusterla racconta non è mai un eroico (e pomposo) baluardo contro la decadenza della società, ma un tessuto vivo che s’innerva di passione e di lucida determinazione. Non a resistere, resistere, resistere in una battaglia passatista e sterile ma a interrogarsi incessantemente per tenere allenato quello spirito critico che deve restare il più grande dei doni agli allievi di oggi e alle donne, agli uomini, in una parola ai cittadini di domani.
Gli argomenti si susseguono: le gite di istruzione (sempre più arrese alle logiche di un turismo commerciale e massificato); il bullismo (in verità più feroce in Italia rispetto al Ticino, dove i politici non sbraitano in appositi telesalotti, i ministri non mostrano il dito medio e gli ex presidenti non auspicano il massacro delle maestre “ragazzine”); il disinteresse dei giovani liceali verso le dinamiche della partecipazione politica; la responsabilità terribile e dolorosa dei giudizi e delle bocciature; l’importanza sovrana della preparazione e quella, non meno decisiva, della capacità di entrare in contatto con gli studenti; l’angoscia e l’intensità delle storie di solitudine, violenza, ingiustizia con cui il mestiere di insegnante mette tanto spesso quanto profondamente in contatto. Sono le sfide di cui si sostanzia la scuola e su cui oggi, in Italia, la brutalità dell’intervento governativo cala una cappa, spostandole in secondo piano.
Eppure la morsa asfissiante di questa strettoia non diminuisce di un grammo il peso della responsabilità e il bisogno di lucidità di ciascun insegnante. Anzi, mentre la lotta e la tempesta infuriano, è necessario mantenere la concentrazione nello sforzo di regalare ai ragazzi l’avventura vertiginosa dell’apprendimento, della lettura, dell’esercizio del proprio giudizio. È qui la Goccia di splendore che la scuola deve essere ancora in grado di regalare. E che matura attraverso un impegno e un entusiasmo che a volte paiono inspiegabili e che invece basta un istante speciale a giustificare. A chiudere queste impressioni di lettura, ecco allora uno di questi momenti teneri, imprevedibili e magici:
«A ridosso di Natale sono invitato da un’amica, Sara, nella sua II F a parlare di libri e di poesia. Classe simpaticissima, vivace, ma non necessariamente molto interessata alla letteratura; orario non facile, dalle 15.20 alle 17.00, poco prima di Natale; io stesso, come tutti in questo periodo, stanco morto. Una ragazza appoggia sopra un banco un vassoio di panettone; dalla borsa di un suo compagno spunta il collo di una bottiglia di spumante: immagino già che non parleremo molto. Invece, quando suona il campanello, sono trascorse due ore di eccezionale intensità, di domande, di curiosità, durante le quali ci siamo dimenticati della fatica e del tempo. Due ore così belle che non si possono raccontare, come non si può raccontare quasi mai la magia della scuola: che esiste, ogni tanto, che continua a esistere».
Una goccia in azione
di Teo Lorini
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