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da Pavia, Giovanni Giovannetti
Il presidente del Tribunale PierGiovanni Palminota cammina per Pavia tenendo gli occhi bassi. Una città di nebbie che forse lo riportano indietro nel tempo, alle cronache degli anni Settanta e a quel «porto delle nebbie» romane dove i processi più delicati inesorabilmente andavano a incagliarsi. La stessa nebbia? Chi lo sa. Nel dubbio, meglio non incontrare certi sguardi, meglio evitare il saluto peloso di certi magistrati e maggiorenti che, girato l’angolo, tramano alle tue spalle. E infatti alcuni avvocati, magistrati e settori della Procura avrebbero chiesto al Consiglio Superiore della Magistratura il suo trasferimento per «incompatibilità ambientale»; come De Magistris a Catanzaro, come la Forleo a Milano.
Del resto, è una vita che Palminota, galantuomo e schivo, disdegna collusioni e appartenenze. Non frequenta i partiti, non interviene ai dibattiti sulla “questione morale”, non partecipa alle cene né alle feste a casa di questo o quell’avvocato, o presso questo o quel Rotary o Lyons. Soprattutto non ha mai preso parte a colloqui “riservati” per “risolvere” i problemi con la giustizia di partiti e amministratori manolesta.
Non presenzia nemmeno ai ricevimenti istituzionali di Comune Provincia e Prefettura; non vanta appartenenze né amicizie altolocate. E – guarda caso – ha dovuto attendere otto anni prima di insediarsi ai vertici del Tribunale pavese, la sede che gli spettava.
Tuttavia ci sono casi in cui il ‘mite’ Palminota interviene, e dove interviene bacchetta, a voce e per iscritto, contro lungaggini e archiviazioni infondate.
La Magistratura indaga?
Ma chi lo vuole silurare ha la sua parte di ragione: dicono che il presidente del Tribunale non è collaborativo. E si capisce: quale collaborazione, quale «compatibilità ambientale» ci può essere con chi, nello stesso Tribunale, non si astiene dal giudicare i clienti del coniuge? O con chi – in sede civile – rinvia i processi anche di tre anni? O con chi – in sede penale – è debole con i forti e forte con i deboli?
Ce n’è a sufficienza per un’indagine ministeriale che dia una qualche risposta ad alcune pressanti domande: come mai, nonostante le segnalazioni (e un dossier della Guardia di Finanza) la Procura non ha avviato indagini sulle due iperspeculazioni Carrefour lungo la Vigentina?
Come mai dopo l’abbattimento di un edificio monumentale dell’ex Snia sottoposto a vincolo, il Pm competente ha chiesto l’archiviazione della denuncia, nonostante una perizia del Tribunale che accusa il Sindaco e ipotizza un complotto per favorire interessi molto privati?
Come mai, nonostante un calo del 20 per cento della popolazione, a Pavia si continuano a costruire case che rimangono sfitte?
Come mai la Procura non indaga le bonifiche delle aree dismesse, sulle quali si vorrebbero costruire case e persino scuole?
Come mai certi costruttori spendono milioni di euro nell’acquisto di immobili in disarmo come l’idroscalo e li mantengono in stato d’abbandono?
Come mai a Genova si indaga sulla malagestione del Festival dei Saperi (l’ex direttore genovese del Festival Stefano Francesca è stato incarcerato con l’accusa di associazione a delinquere), mentre a Pavia si archivia, nonostante un esposto, nonostante le rivelazioni del “Settimanale pavese” e nonostante un libro (Fuochi sulla Città) grondante notizie di reato?
Come mai le cliniche pavesi danno ricovero a killer dalla mira infallibile che si fingono ciechi, a mafiosi trapassati da proiettili che si fingono arrotati da un’auto, e nessuno in ospedale si accorge di nulla? (dei ricoveri di Giuseppe Setola e Francesco Pelle alla clinica Maugeri di Pavia se ne stanno occupando le Procure di Napoli e di Reggio Calabria).
Soldi a saldo
Affaristi e mafiosi hanno buon gioco dove la politica è debole e in svendita, e dove le Procure sono silenti. A Pavia non si indaga. Se qualcosa emerge è solo per rimbalzo da altre Procure. Cementificazioni, speculazioni immobiliari, riciclaggio, corruzione… silenzio tombale. Nessuno vede, sente, parla. A Pavia i negozi di lusso del centro sono sempre vuoti e cambiano spesso di proprietario. Qualche sospetto? A Pavia ci sono 60 sportelli bancari, cospicui movimenti di denaro contante e quasi nessuna attività produttiva. Qualche dubbio? Oppure ha ragione il vicesindaco Ettore Filippi quando afferma che a Pavia «la mafia non esiste».
Nonostante Filippi, il Consiglio comunale ha deliberato una Commissione antimafia. Il vicesindaco è anche assessore al Bilancio: alla Commissione serviranno personale e denaro, per indagare almeno su subappalti e licenze commerciali. Li avrà? Vedremo.
Intanto ben vengano gli ispettori del Ministero. Del resto, che c’è da temere? A Pavia non c’è corruzione, non c’è speculazione, non esistono poteri forti massonici e le mafie si sono fermate a Buccinasco.
A Pavia il problema è PierGiovanni Palminota, che invoca tempi corti per la giustizia e meno insabbiature. E se con gli ispettori qualcuno dovesse alludere a tangenti per milioni di euro in movimento lungo la Vigentina, dalla Torretta in su, state sereni: è solo «in cerca di visibilità».
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