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Mi ero riproposto di scrivervi tra qualche giorno, per ricordare che l’attività di protesta&proposta dell’Onda procede anche senza l’eclatanza e i trampolini mediatici delle grandi manifestazioni. E invece mi trovo a dovervi scrivere a caldo, per raccontarvi qualche sprazzo significativo della manifestazione studentesca di venerdì 12 dicembre a Pavia, in seno allo sciopero generale della CIGL. Un paio di sprazzi, al di là dei titoli sui giornali. Avevamo previsto che non ci sarebbero stati sempre migliaia di partecipanti e fuochi d’artificio; sappiamo che questa è una protesta che, purtroppo, deve essere considerata “strutturale” alla condizione dello studente in questo frangente di attacco all’Università pubblica: perché è una protesta lunga e bisognosa di creatività e pazienza.
E anche se mancavano i numeri, la creatività e la pazienza hanno riscaldato il gruppo di studenti (poco più di trenta, credo) che stamattina si sono radunati in Piazza Vittoria. Dopo i vari comizi, gli studenti in mini-corteo (bello e vivace come lo può essere una mini-gonna) ha raggiunto la sede della Regione, col semplice intento di lasciare due striscioni per ricordare il ruolo che la Regione ha nell’attuazione del Diritto allo Studio, e su come le cose potrebbero cambiare con la legge 133/2008 (è infatti uno dei punti più fumosi e incerti: che fine farà il Diritto allo Studio nella futura e progressiva “Università Foundation”? boh). E già qui.
Già qui la forza pubblica ha impedito agli studenti (ripeto, una trentina) di raggiungere lo spiazzo della regione, per «motivi di ordine pubblico». Ora, a parte il dispiegamento spropositato di agenti rispetto agli studenti (e a parte il fatto che d’ora in poi sarà utile andare in giro con il Codice per testare la veridicità di certe “necessità”), dove è scritto che un gruppo organizzato con intenzioni non violente non può manifestare davanti ad una sede istituzionale? Non è una domanda retorica, se qualcuno lo sa me lo spieghi, vista la mia ignoranza giuridica. Comunque, alla fine, dopo tante discussioni e momenti di tensione e qualche strattone proprio fuori luogo, le forze dell’ordine hanno “concesso” ad una piccola delegazione di andare ad attaccare questi benedetti striscioni sulla ringhiera antistante la Regione.
Ma il clou viene dopo. Gli studenti decidono un’altra manifestazione puramente simbolica, questa volta davanti al CAS (Centro Assistenza Studenti), ente finanziato dall’Università per aiutare gli studenti in particolare nella ricerca dell’alloggio a prezzi ragionevoli; questo ente ha però evidenziato negli anni tante lacune, in primis il fatto di essere gestito dalle solite italianissime logiche politiche e di lobby (cielline).
L’idea era di costruire un muro con dei cartoni, ognuno con il proprio cartone-mattone simbolico a chiedere più trasparenza e prezzi accessibili per l’alloggio (tipo i concerti di The Wall dei Pink Floyd, sempre in formato mini, molto mini: ricordo che si era una trentina, e il “muro” avrà raggiunto al massimo i sessanta centimetri). Siamo in Corso Mazzini, circa le 12.15, qualcuno ha già fame. Arrivano le forze dell’Ordine, vogliono immediatamente abbattere il “muro”: «Blocca l’accesso ai cittadini» «Ma Dottore, cinque minuti, è una cosa simbolica, almeno il tempo di fare due discorsi e qualche foto» «No no, voi non volete essere collaboranti? E allora adesso facciamo come dico io, chiamo tutte le volanti».
E il bello è che lo fa davvero. Arrivano le volanti e venti poliziotti in assetto anti-sommossa (non dimenticate il “mini”, gli studenti sono circa trenta, in tenuta cappotto-da-freddo-dicembre-pavese). «Avete creato una tensione», dico a uno dei capi degli agenti, uno di quelli senza elmetto e vestito blu, che quando parla con gli studenti chiede sempre «Chi è che comanda qui? » conoscendo ormai da settimane la risposta. Insomma, venti agenti in assetto antisommossa contro trenta studenti che difendono un muro di cartoni: sembra una vignetta di Altan, col carico di tragico&comico del caso.
Arriva il fatidico “cittadino”: «Eh, ma lì è casa mia, io devo entrare! » «Certo, signore, solo due minuti, è una manifestazione simbolica per lottare contro lo sfascio dell’Univ… » «No no, non mi frega niente a me, io devo entrare! Guardie, ma insomma! ». E vabbè, il cittadino con poco spirito civile deve entrare, ma guardate cosa succede: i poliziotti si avventano contro i cartoni a manganellate, con la tipica espressione ebete negli occhi di chi fa «il proprio dovere». Si permettono di alzarli (i manganelli dico, non gli occhi) anche contro alcune ragazze che sono lì a fare cordone davanti ai cartoni, ma per fortuna nessuno si fa male.
Gli agenti buttano giù il muro di cartoni con forza e coraggio, e in meno di un minuto il passaggio è sgombero per il povero cittadino cui un gruppo di facinorosi impediva l’espletazione di un suo sacrosanto diritto. Io in un primo momento penso che è una scena comica: agenti ridotti a manganellare cartoni, a sentire come una minaccia un pugno di studenti che manifestano senza alcuna intenzione violenta. «Ci dovete sempre dire quello che volete fare, capito? », dice il “capo” degli agenti, mentre giustamente i poliziotti (ora sono loro a fare cordone davanti all’entrata del CAS) si prendono fischi e ingiurie da parte degli studenti. Ma siamo un gruppuscolo di studenti con qualche cartone, dico, mica ad una manifestazione di migliaia di persone con la necessità di segnalare percorsi e soste. Mah, avranno ragione loro probabilmente, non il buon senso e la tolleranza.
Poi cerco e trovo il tempo di riflettere bene: manganellare i cartoni: è una delle troppe anomalie italiane, dove chi pone problemi politici e vuole discuterli viene ridotto (degradato) a “problema di ordine pubblico”. E allora capisco che non è solo una scaramuccia questa, dove è scappato qualche colpo di braccio e di parola ma nessuno si è fatto male: è una cosa più drammatica, è il non avere alcuna voglia di stare ad ascoltare quello che le persone hanno da protestare&proporre, e quindi impedir loro di farlo. Che tornino a masturbarsi nelle loro aule occupate e sui loro blog da nerd. Io Stato devo garantire al cittadino la parvenza dell’Ordine, il resto è robetta. “Problema di ordine pubblico”: lo può diventare ogni cittadino “civile” che non pensa solo all’entrata della propria casuccia in Corso Mazzini.
Poi, io non credo sia obbligatorio per i poliziotti dare di tanto in tanto aria ai manganelli e agli occhi ebeti: io credo siano persone intelligenti, che si interrogano su chi si trovano di fronte, che non sono schiavi del “fare il proprio dovere”. Sono convinto che non siano “nemici” degli studenti, né tanto meno gli studenti sono “nemici” per loro. Io, come ogni cittadino, “devo” credere che sia così, e rispettare il loro ruolo e “sentirmi protetto”. Ma questo non toglie le responsabilità: oggi a Pavia c’è stata una pessima gestione della piazza, e meno male che i numeri erano “mini” e nessuno si è fatto male; la Questura dovrebbe rifletterci un po’ su, anche per il futuro. Ma temo che non lo farà, che continuerà a dire agli studenti le stesse cose: «Ci dovete sempre dire quello che volete fare, capito? » e «Chi è che comanda qui? ».
Intanto, un amico assiste a quest’altra perla: la proprietaria del negozio adiacente al CAS si affaccia, asprigna e torva, e dice agli studenti: «Ancora qui siete? Mi allontanate i clienti! ». Cara signora, sono ben altri i meccanismi che le allontaneranno i clienti, nei prossimi mesi. Ed è anche a causa di e contro quei meccanismo che gli studenti e i lavoratori protestano.
Comunque, per quanto significativo, è stato solo un episodio. Mi auguro che il movimento qui a Pavia continui il proprio lavoro di protesta&proposta, che si oggettiva nel lavoro dei gruppi di studio e non solo. La sfida dei prossimi mesi sarà mantenere vivo il fermento, coinvolgendo tutte le facoltà ed evitando in ogni modo (anche per non assecondare i fini strumentali delle istituzioni universitarie, anche loro ossessionate dalla parvenza dell’Ordine, come troppo spesso fa il nostro Rettore) di ridurre il fenomeno a «nicchie di facinorosi esaltati fannulloni» di Scienze Politiche, Lettere Economia etc etc: no, io spero che questo rischio non esista, e che il movimento saprà tornare a farsi sentire forte anche a Ingegneria, Medicina e altre facoltà più sorde e meno sensibili alle tematiche politico-economiche. Per il semplice fatto che, ricordiamolo, la situazione è cambiata ben poco rispetto a un mese fa, la 133 c’è ancora col suo carico di tagli nonostante il contentino del dl Gelmini II.
Io non mi preoccupo dei numeri piccoli e dei momenti di sconforto e dei contrasti che ci sono e ci saranno, soprattutto sulle discussioni relative all’Autoriforma dell’Università e al prosieguo della protesta.
So per certo che le onde sono il respiro del mare, anche quando non c’è tempesta.
So che questi studenti hanno dimostrato di avere idee e di saperle far sentire; altri, riducendosi ad ebeti “strumenti” dello Stato, hanno di meglio da fare: manganellare i cartoni.
Postille
Caro Giovanni, in coda alla robaccia che ho inviato a te e al Circolo Pasolini sui fatti della manifestazione di venerdì, devo farti dei chiarimenti. Il movimento non aveva trasmesso la comunicazione del corteo alla Questura per le manifestazioni di oggi, una semplice comunicazione che probabilmente avrebbe evitato certe scene "fastidiose". Io ho saputo di questa mancanza solo quando la tensione è scoppiata, al che è stato difficile ma necessario cercare di calmare gli animi. Fermo restando che reputo spropositata la reazione della Polizia, dato il nostro numero ridicolo e il carattere innocuo della protesta. Quindi ti inoltro, appunto per chiarezza, la mail che ho scritto alla ml di no133Pavia. Il punto è che questo movimento sta prendendo una deriva ideologica che non condivido e che, temo, lo porterà ad incagliarsi in errori banali come una mancata comunicazione alla Questura. Saluti, Cocco.
Esimii, comunque, per onestà intellettuale e senza entrare nei dettagli, una cosa la devo dire. La Questura deve prendersi le proprie responsabilità per il modo imbarazzante (a tratti comico) con cui ha gestito la piazza oggi, in particolare davanti alla Regione e al CAS. Ma.
Ma il movimento (e nella critica comprendo anche me stesso, nonostante non fossi presente nella sede in cui si sono decise le forme di protesta per la manifestazione di oggi) ne ha di fatto la responsabilità politica: ho saputo che non erano state inoltrate le dovute segnalazioni alla Questura per corteo/manifestazioni varie, né nei tre giorni antecedenti né, in extremis, ieri; può sembrare una stupidaggine burocratica, ma probabilmente avrebbe evitato le scene fastidiose di oggi. Che degradano il senso di una protesta ben più alta, bisogna ribadirlo, dei nostri stessi slogan e delle nostre sofisticatezze "simboliche" (che forse è il caso di mettere un po’ da parte, …, in vista di cose più "corpose" che già i gruppi di studio e non solo stanno portando avanti). A meno che qualcuno quelle scene non le stia faticosamente cercando, cercando lo scontro, la "manganellata di ricordo": il che significherebbe che, purtroppo, la deriva ideologica che pavento nel movimento, ha raggiunto anche Pavia. Peccato. Fortunatamente nessuno si è fatto male; ma, ripeto, ognuno si assuma le proprie responsabilità.
Detto questo e accettando ogni vostra critica, io credo che sia quanto mai necessario tornare a coinvolgere tutti gli studenti dell’Università, evitando in ogni modo che il senso del movimento venga strumentalmente relegato a «nicchie di facinorosi fannulloni delle solite Scienze Politiche, Economia e Lettere» (come vien comodo fare alle istituzioni universitarie, Rettore in primis); un modo potrebbe essere quello di organizzare una grande Assemblea di Ateneo a gennaio, che sia davvero tanto partecipata e rifletta su quanto è stato fatto finora, sulle proposte emerse e su come procedere. Saluti, Cocco.
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Venerdì c’è stato lo sciopero, organizzato dalla Cgil. A Pavia, in piazza della Vittoria c’erano molti pensionati, alcuni lavoratori precari e dipendenti del pubblico impiego. C’erano tante bandiere rosse come solo ormai si vedono nelle manifestazioni delle Camere del Lavoro. Questa mattina, su "La Provincia Pavese", in prima pagina il titolo è invece: «Hanno usato i manganelli». È tutto quello che sarà rimandato ai posteri e ai lettori della manifestazione di ieri, insieme al servizio in cronaca che racconta di colpi inferti alle costole di pacifici e giovani manifestanti. Il tema della manifestazione era il lavoro, la sua assenza o precarietà: sparito dai titoli. Lunedì sera c’è stato un Consiglio comunale dedicato a questo tema: non c’era pressoché nessuno tra il pubblico: sparito dai richiami della manifestazione. Come e perché si è arrivati a quel titolo di prima pagina? Sarà contenta la Cgil di essersi vista cancellata la visibilità dei lavoratori in piazza in un periodo nerissimo e durissimo? A quel titolo si è voluti arrivare, a mio parere, per la scelta politica di 30 persone le quali ora vogliono viverla non come frutto di volontà, ma con vittimismo. Non lo si può nascondere. Per quella manifestazione a tappe urbane (Regione, agenzia ecc.) nessuno si è peritato di richiedere l’autorizzazione alla Questura, come prescrive la legge. Se la legge è uguale per tutti vale anche per loro. Si vuole fare un’azione dimostrativa e politica non chiedendo i permessi che i comuni mortali richiedono? Bene, ma non facciano poi le vittime, e soprattutto se azione dimostrativa deve essere che almeno raccolga consenso. Nemmeno questo si è ottenuto. Ad un cittadino è stato impedito di varcare la soglia di casa sua (ne ho avuto testimonianza diretta) da uno sbarramento di cartoni. Alla sua reiterata richiesta di lasciarlo passare gli sarebbe stato risposto più volte di no. A questo punto, la polizia ha abbattuto il muro di cartoni, magari con qualche spintone, per lasciar passare chi aveva il diritto di passare. Perché non lasciarlo passare? Dove si voleva arrivare con azioni politicamente insignificanti e discutibilissime anche nella prospettiva del consenso? Dove sono i 5.000 studenti che hanno attraversato il centro città non più tardi di un mese fa, accolti dagli applausi dei cittadini ai balconi e alle finestre? Persi lungo la strada del velleitarismo del gruppetto che urla alla repressione quando se l’è cercato il ruolo di vittima? Queste settimane avrebbero potuto rappresentare un’occasione storica per il movimento studentesco pavese: una parte di esso ha preferito sbattere contro un muro di cartoni e contro l’ira dei cittadini. È un vero peccato. Chi fa scelte politiche serie non dovrebbe mai fare la vittima delle proprie scelte e dei muri (anche invisibili) che costruisce intorno a sé. Ci sarà sempre qualcuno che, fortunatamente, quei muri vorrà abbatterli, chi per entrare in casa propria e chi perché i ruoli politici li intende indipendenti da nemici ideologici che non smettono purtroppo di tornare utili anche quando non intendono essere nemici. La Questura aveva fatto sapere che non avrebbe negato alcun permesso alla manifestazione studentesca, non avrebbe discusso sul percorso, sarebbe bastato che le fosse permesso di prendere atto delle decisioni prese. Ognuno è però libero di sentirsi vittima di chi più gli aggrada, anche di se stesso. Ma è imperdonabile che di una manifestazione come quella di ieri, in un momento tanto importante, non rimanga altro che un muro di cartoni divelto. Sono sempre più convinta che la vera trasgressione e conflitto sociali si giochino nel solco della legalità. Il rispetto di quest’ultima è, di questi tempi, la vera trasgressione alle regole non scritte della sciatteria e dell’ottusità che tanto fan comodo all’indifferenza. Anche di fronte al lavoro che non c’è o che uccide. (circolopasolini.splinder.com)
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