di Giorgio Steimetz
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Un’indagine sui padroni del vapore, in Italia. Avrebbe senso? Quando non esistono garanzie di lanci adeguati attraverso i mezzi di comunicazione, divenuti (o da sempre) monopolio, mezzadria, servitù di passaggio per industriali privati o per lo Stato?
È quanto nel precedente servizio ci eravamo chiesti in premessa, esprimendo uno scetticismo tanto risaputo quanto inutile. La libertà di stampa è una nobile causa, ma funziona sovente come la tutela che la Costituzione assicura al paesaggio. Parafrasando Horace Walpole, si direbbe che essa libertà è una commedia per chi la pratica e una tragedia per chi la subisce.
Tutti sanno che un editore non è realmente libero di pubblicare quello che vuole, come e quando vuole; condizionato sia dai sindacati padronali (le cosiddette catene che fanno capo alla Confindustria e ai singoli industriali), sia dalla pubblicità che colma i loro passivi e chiede discrezione se non obbedienza; senza tener conto delle mode, dei gusti, del mordente di un caso (letterario o meno), di interessi politici e di tradizioni da rispettare.
Quando non si arriva allo spettacolo desolante dello Stato-editore (“Giorno” – “Agenzia Italia” e innumerevoli altre testate di comodo), dello Stato esclusivo informatore (Rai-Tv), dello Stato arbitro della vita di quotidiani e periodici legata al filo della pubblicità concessa da esso attraverso la “SIPRA”.
La pubblicità, sovente, misura di tutte le informazioni, trascritte a senso unico come desidera il committente. Tra i grandi concessionari della pubblicità teleguidata, Eugenio Cefis gode un trattamento preferenziale sul mercato dei giornali.
Da venticinque anni, installato all’ENI, ha saputo trovare alleanze e consensi servendosi per l’ENI della pubblicità “Supercortemaggiore”, garantendosi quell’immunità che giova alle sue imprese. Le cose, da quando è giunto alla Montedison, non vanno diversamente: anzi sembra che il felice trapasso gli abbia assicurato patenti ufficiali di probità, ingegno e genialità, come convengono volentieri Colombo, Piccoli, Preti e C.
Pochi lumi e grosse ombre
Non conoscendo abbastanza la vita e gli affari personali di una persona, è facile crederla, per suggestione soggettiva, uno stinco di santo, un economista di vaglia, un capitano d’industria d’eccezione Facile in quanto il personaggio è gradito, utile e generoso, servendo alla causa. Pubblicamente, disponendo dei canali di massificazione delle notizie, gli si attribuisce il ruolo di Cincinnato del duemila, concedendo interviste sul tema e ispirando discorsi e veline.
Poi sotto sotto al piedestallo vien fuori l’altra faccia della statua. Si nota che prosperano più i suoi affari privati che quelli affidati alle sue cure dallo Stato. Noti inoltre che il brav’uomo finanzia i partiti e dispone pertanto di alleati in ogni posto chiave. In altre parole: nel ’45 Cefis capitali non ne possedeva; oggi ha dei beni valutabili a miliardi.
Per un pubblico industriale, il fatto rimane sempre sconcertante e chiedersi se ha le mani pulite è appena elementare. Non occorre vivere in paesi comunisti per reclamare un processo o almeno un inventario, dato che il Fisco fa le pulci al più mite e disarmato contribuente, ma sembra guardarsi bene dal farle a chi, in cinque lustri, ha fatto tanta fortuna col solo stipendio di (altissimo) funzionario.
Siamo proprio ingenui, propensi al suicidio, quando chiediamo questo? La democrazia consente, è vero, il libero esercizio imprenditoriale, ma prevede mezzi adeguati per controllarne il reddito. In un Paese come il nostro, dove i disoccupati si aggirano sul milione, i sottoccupati non si contano, i livelli di paga a livello basso, l’emigrazione fenomeno corrente, crisi acuta del mondo agricolo, non è onesto che vivano nababbi i quali han fatto miliardi senza ridistribuirli attraverso i prelievi fiscali.
Ma Cefis ha tanti amici, dietro tanti portoni, l’abbiamo già detto. Quelli che dovrebbero assicurargli, insieme, l’immunità e il Paradiso, non sono ancora nati, comunque.
Il precettore ingombrante
Cefis è un uomo d’oro. Altrimenti i politici non farebbero a gara per tenerselo buono. Altrimenti nessun esponente autorevole bloccherebbe le interpellanze di Simonacci e di altri dieci parlamentari che chiedono di far luce sui suoi misteriosi disegni.
Ad averlo sullo stomaco magari son parecchi, ma l’unico a non averlo digerito è stato Mattei, il quale lo considerava, giustamente un precettore saccente in casa del maestro: e lo sbattè via dall’ENI. Viva Mattei: ma il gigante di Matelica è morto.
Quali altri Mattei (eccetto il giornalista, già al “Carlino”, oggi in disparte perché non inquadrato a sinistra), quali altri numi tutelari si potrebbero ora invocare? Abbiamo anzi gli anti-Mattei, ministri che esaltano le virtù di Cefis taumaturgo di molti mali (Montedison, ma anche disfunzioni economiche che affliggono correnti, clientele, bilanci elettorali di singoli candidati).
Quale libertà di opinione (scritta) se l’Eugenio, col suo “Piano ’80” una pedantesca e fantasiosa strategia di conquista del potere e di risanamento dell’economia nazionale potrebbe ipotecare lo stesso Quirinale?
Cefis sa quello che vuole e lo ottiene a qualsiasi prezzo, specie quando spende i soldi dello Stato, facendo funzionare gli ingranaggi con l’olio sottratto agli ingranaggi stessi. No, non è un ladro. Amministra fondi dello Stato, li investe, li dispensa come crede, autonomo come glielo garantisce, giustamente, la carica ricevuta.
I fondi che non sono dello Stato se li tiene, magari li manda fuori dei confini, ma chi può negarglielo? Il fatto che noi denunciamo – anche proseguendo nella schedatura dei personaggi confluenti nel suo giro, già iniziata in precedenza – è di aver agito e di agire curando al tempo stesso (abbastanza male) gli interessi pubblici di cui è investito e (abbastanza, anzi molto bene) gli interessi privati di cui nessuno sa nulla, o finge di non sapere, o sapendo non dice: appunto perché, se ci mettesse naso sul serio il Fisco, sarebbero spiacevoli sorprese per tutti, oltre che per lui.
Proseguiamo allora con la rassegna del suo mitico stato maggiore, degli uomini che giostrano col Saracino in questa divertente corte dei miracoli
Micheli Francesca Ambrogia in Ricci, nata a Mandello Lario il 18 luglio 1929; segretaria di Cefis da più di vent’anni, nell’ufficio di via Chiossetto, 9. Una milizia fedele che il Capo ha voluto premiare nel tempo intestando a lei parte delle sue società personali.
Esse sono: la “Arolo”, una immobiliare s.a.s., di cui la Micheli è socia con la “General Rock Investment Trust” di Vaduz; la “San Sebastiano”, altra immobiliare, in socio Micheli-“Gula Etablissement” di Vaduz; la “F.M.I.”, terza immobiliare da lei amministrata, ma senza compari; perciò le iniziali del suo nome (Francesca Micheli Immobiliare) e la possibilità di dotare il Capo di una vettura, la Citroen di cui abbiamo parlato. Altre due immobiliari sono la “Chioscasauno” e la “Chioscasadieci” (le otto che stavano in mezzo sono state smobilitate dai legittimi proprie
tari coi quali la Micheli non aveva nulla da spartire). Solita attività: proprietà, compartecipazione, gestione di beni immobili e rispettivo esercizio.
Altre ancora: la “Società Immobiliare Milano” e la “Immobiliare Centro Sud”, primo excursus immobiliare di Cefis dalla capitale morale a più lontane frontiere. Ottava società, la “Inv. Imm.” (Investimenti Immobiliari), ha per scopo la partecipazione in società industriali e commerciali (in analogia con la “San Sebastiano”). Soci, data l’importanza dell’oggetto, sono, la cognata di Cefis, sig.ra Alessandra Righi, sorella della signora Marcella Cefis e la “General Rock Investment Trust” di Vaduz.
È ovvio che attraverso questa società, e tutte le altre, Cefis è libero di agguantare i più remoti orizzonti, di agire dove, quando e come meglio crede. Beni propri della Micheli: si identificano con le cariche nelle società del Giro, e ne avanzano. Cefis premia la fedeltà, a prezzo altissimo se chi lo rappresenta gli è docilissimo strumento, fino a diventare – da dipendente di fatto (la Micheli) padrone di nome e di diritto.
Olcese Vittorio Nato l’11 agosto 1925, non sappiamo precisare dove, residente a Milano, in via Lanzone da Corte, 2, laureato e con buoni quarti di nobiltà (nel clan un tocco di sangue blu offre smalto e dignità).
Beni propri: parecchi. Dalla s.a.s. “Naviglio” (meneghino granitico), un’immobiliare in socio con Fabio Mauri di Roma e Roberto Olivetti (quello delle macchine da scrivere), alla “Clark J.” una s.r.l. che si occupa di esecuzione di lavoro fotografico editoriale, in cui entra il blasonato Alberto Papafava Antonini dei Carraresi e i proletari Ronchetti e Annarosa Germani. Ancora: la “Documenti di Arte Moderna”, poi Cefisata (e lui, con Cefis, sa naturalmente dov’è confluita) e la “Palamos”, altra immobiliare a responsabilità limitata con due soci che ritroviamo nel Giro.
Cariche in società imparentate con il dott. Cefis: nel’66 Consigliere della “LSPN”; Consigliere (e immaginiamo quanto ascoltato) della “Industrie del Legno Viotto Antonio”, del Calzificio “Luigi Ciocca”, della “Fibre Tessili Artificiali”, delle “Fabbriche Formenti”: quattro aziende che manifestano curiose aderenze con gli uomini di Cefis e delle quali ci occuperemo.
L’Olcese è poi assessore regionale all’organizzazione e al personale, compito severo che svolge nelle file del Partito Repubblicano, ricco di una sua competenza specifica e di tecnica aziendale.
Padoin Luigi Una delle chiavi di volta del sistema Cefis. Nato a Sacile il 23 febbraio 1907; porta con sé la comunità d’origine col Capo. Ha l’ufficio in via Donizetti, 32, sede di tante società collegate a Cefis. Risiede a Milano in Via Dandolo, 4, dove abitava sino a qualche tempo fa l’Eugenio.
Il capo lo ha fatto entrare come consigliere alla “Lanerossi”, alla Banca Manusardi (in cui Cefis deve avere lo zampone), alla “Fibre Tessili”, alla “Antonio Viotto”, alla “Virginio Rimoldi”, in più è sindaco della “Ullion Produzioni Cinetelevisive”, sicuramente controllata; è poi consigliere o sindaco in diverse altre aziende che non c’entrano col Giro.
Beni propri: la “Immobiliare Dandolo, 4”, in socio con la moglie Vesta Pezzini (singolare coincidenza di cognomi col Pezzini Giuseppe della “Compagnia Trasporti Speciali”); accomandante della “Reamoul” per la conduzione di stabili rustici, in socio con Italo Neri; socio della “Immobiliare Palamos” avendo per compagno l’Olcese Vittorio e Antonio Roncoroni. Trascuriamo le parentele (la sorella, Clementina, ha sposato un Viotto dell’industria legno), con le quali è più facile spiegare le sue cariche nel ramo dei tessuti e filati (tipo la “Supertessile” e altre).
Cariche nel giro: ne abbiamo fatto cenno indirettamente. Diciamo che il Padoin è la longa manus, l’uomo rappresentativo del Clan, di cui Cefis si serve abitualmente nelle sue operazioni d’alta chirurgia finanziaria e di trasformazione delle società; personaggio nel quale nutre fiducia amplissima e col quale emerge in consuetudine e familiarità.
Perucconi Ruggero Nato il 19 febbraio 1904, è un assicuratore di Milano (Ufficio in Via Pagano, 54 e residenza in Via Colleoni, 9) che può essere collocato sullo stesso piano di autorità dell’Ortensio Menchini.
Come lui infatti è consigliere della “F.lli Menchini Industria Termoplastica Italiana” (della quale Cefis fu Presidente), come lui è stato consigliere alla “S.T.I.E.M.” tipografia editoriale del Gruppo ENI, rifilata deficitaria al Paolazzi Editore che poi chiuse i battenti; come lui è ora consigliere dell’Agenzia Giornalistica “Italia”, del Gruppo ENI.
In più possiamo solo con il condizionale attribuirgli la proprietà, in socio con la “Kemco Trade Trustreg”, della “BINO”, immobiliare con sede in Varese. Quale competenza vanti un assicuratore nel campo delle fibre plastiche e dell’editoria, non sappiamo; tuttavia nel giro deve avere un ruolo, a parte le specializzazioni contrastanti.
Peruzzotti Renzo Ragioniere, è di Vigevano ma risiede dal 1957 a Milano, in Via Spinoza, 8; coetaneo della Micheli (11 agosto 1929). Anche lui sembra esperto, come il Caprotti, di editoria, dopo che una sua società l’“Automac” risulta regolarmente fallita nel 1965. Forse per questo si è dato ad altre attività.
Beni propri: la “Prato Magro” – nel grasso del giro per la conduzione di poderi, aziende agricole, fabbricati colonici; concedendo (ovvio) prestiti, fidejussioni, obbligazioni, un hobby non infrequente nella tribù. La “Società Editrice Europa” con capitale di 10 milioni, della quale sarebbe interessante apprendere ulteriori notizie; per ora sappiamo che è socio di Caprotti nella CAMT. Cariche nelle società Cefs: promotore della “Ge.Da.” (Gestione Dati) per il noto avviamento di centri di elaborazione dati e relativa gestione (rende assai), poi confluita nella “Pro.De.” (Profili Demografici), poi a sua volta Enita nella “System Italia” di Adolfo Cefis (& C.).
Rusca Enrico Pietro Uomo dalla biografia rapida: nato in Milano il 15 luglio 1927, avente come beni propri la compartecipazione, insieme a Edda De Franceschi, nella immobiliare “Eden” con l’attività consueta. Cariche “interessanti”: accomandante della “BCR”, l’immobiliare di Adolfo Cefis, cui partecipano la citata De Franceschi Edda e i Bernabè, padre e figlio.
Righi Alessandra Altra scheda scarna, pur trattandosi della cognata di Cefis. Nata a Pieve di Cadore, località forse occasionale, nel luglio (mese congeniale alle nascite per il clan dei Cefis), il 17, del 1912. Risiede a Milano (dopo aver soggiornato a lungo in quel di Fagnano Olona) dal 1952, con il marito, Mario Furlani, in via Fabio Filzi, 23. Benz propri: nullatenente come il cognato Eugenio. Come farà il fisco a mungere questi poveracci?
Cariche nelle società: socia, con la Micheli e la “General Rock” di Vaduz nella “Investimenti Immobiliari”, per la partecipazione cioè in società industriali e commerciali, oltre che per la gestione immobiliare. Troppo poco per avere un (modesto) conto in banca?
Sperotti Cesare Geometra nato a Vicenza il 15 aprile 192
9 (ancora, per gli appassionati di statistica, un ritorno consueto: l’anno del Concordato, un termine assai gradito alle iniziative del Capo).
Non è da sottovalutare, anche se un poco misterioso. Si occupa in prevalenza di export-import di gomma come mostrano la “Sigla” (capitale di ben 250 milioni, dov’è solo in qualità di amministratore unico) e l’altra “Sigla” (Società Internazionale Gomma Lattice & Affini) che divide invece con il francese Alcan Alain e il veronese Raffaele Foà, oltre a Laura Trice, nata ad Alessandria d’Egitto. Una attività fervida di contenuto e di interessante scoprimento.
Cariche nelle società del giro-Cefis fa parte della “Italo Americana Prentice” che si occupa sì di cerniere e bretelle, ma con un capitale di 500 milioni e di cui sono sindaci tre pilastri del clan: Padoin, Voglio e Silvestri.
Silvestri Tullio Nato a Cuneo il 24 novembre 1938, dottore, pedina importante dello scacchiere, con netta predilezione per il ramo fotocinematografico (e può andare bene anche in Caroselli televisivi), a parte 1 immob11iare che mai fa difetto.
Beni propri: Ia “IN.IM.PAR.” (Iniziative Partecipazioni Immobiliari), il cui scopo sociale è nitido nonostante l’astruseria lessicale delle sigle commerciali; di essa è socia la “Mulil Anstalt” di Triesen, compagna fissa e rifugio finanziario-turistico preferito dagli aderenti del clan Cefis; capitale di appena mezzo milione, cifra rispettabile per gli avaracci di queste s.a.s.
I1 giovanotto è poi titolare della “Produzione Fotofilms” senza soci, ma con buoni affari (se generati poi da generose commissioni). Per questa sua specializzazione è stato chiamato in qualità di consigliere nella “Union Produzione Cinetelevisive”, società dai 160 milioni, poi sciolta (ma sicuramente ricomposta in altri lidi), che aveva per soci altri uomini del clan.
Cariche: ex amm.re unico della “Pro.De.” (poi “Ge.Da.”, ora “System Italia”), da lui fondata nel ’67 e poi giunta per diverse mani ad Adolfo Cefis, il fratellino.
Salanti Umberto E’ tra i più anziani amici di Cefis, essendo nato a Grumello (Pavia) il 15 agosto 1900. Abita al magico numero, già incontrato due volte, di via Dandolo (il quattro).
Beni propri: nella “Investment Casting Italiana” con solidi compagni (Kaiser e il Visconti di Sanvito); attraverso il figlio Angelo (Immobiliare Ripamonti); in compartecipazione (“Fabbrica Macchine Lavorazione Latta” di cui è consigliere). Poi attraverso la presenza nella “FIR” (Fabbriche Industrie Riunite, ex Fabbriche Riunite Placcati Oro) in socio con Kaiser, il figlio Angelo, il Visconti di Sanvito e l’Arduini consigliere della “Lanerossi”.
La lista sarebbe lunghissima, ma ci interessano piuttosto le cariche nel giro Cefis: esse vanno dalla Banca Manusardi (indiziata di collusione), alle “Fabbriche Riunite Formenti”, alla “Fingraf ”, alla “Virginio Rimoldi”. Trascuriamo le moltissime presenze in altre società non del giro.
Tra i beni propri va ancora ricordata l’immobiliare “SETUAM”, l’immobiliare “E.G.A.P.I.” e altre attività nel settore metanifero, le quali evidenziano i rapporti fiduciari con il gigante del ramo: la “Metanifera Sommese” e l’altra, più importante “Metanifera Alta Italia” in solido col Visconti, il Maffei Giuseppe e il Carcano Gaetano. Un’autentica colonna, insomma.
Viglio Carlo Pietro Laureato in scienze economiche, di Novara, dov’è nato il 7 aprile 1919 e dove aveva residenza sino al 1947. Abita a Milano, in Via Moscova, 46/5 (Ufficio in Corso Venezia, 24). Sua moglie è una “Airoldi” (di Domodossola, come altri Airoldi del giro Cefis).
Potremmo chiamarlo, con il Re Sole del Petrolio, il suo Richelieu. Basta ricordare che il sovrano l’aveva inviato alla “Montedison” prima di giungerci lui, al tempo del Girotti in posizione contestataria rispetto a Melzagora e Campilli, profeta (in patria) a spianare le vie del signore. Per la stessa Educia l’ha piazzato alla Banca Malusardi come consigliere.
Viglio è poi sindaco della “Union Produzione Cinetelevisive”, della “Italo Americana Prentice”, della “Industria del Legno Viotto”, della “Fabbriche Riunite Formenti”. Non basta. E ancora alla “Pro.De.” – poi “System Italia” prima consigliere (nel 68 ) e poi ( 1970) a fianco di Adolfo Cefis.
Ogni impresa industriale del dott. Cefis (Eugenio) porta impresso il marchio di garanzia Viglio. Il quale ha le sue brave e oneste proprietà, tra cui citeremo la “Immobiliare Pineta Eur” di cui è accomandatario, avendo per accomandante la “Immobiliare Cernaia Settima”. Carneade! La Cernaia Settima è sempre di Viglio Pietro Carlo. Viglio poi si occupa anche di produzione e smercio di prodotti agricoli (una sorta di relax arcadico), attraverso la compartecipazione, mediante la “Pineta EUR”, nella “Li.Ra.”.
Altri frammenti tangenziali
A questo elenco di schede personali ne faremo un altro più conciso, nel quale entrano personaggi assai importanti, ma di minore levatura nella partecipazione al giro-Cefis.
Prima di trascrivere questi nomi, rivediamo un attimo le larghe maglie attraverso le quali Eugenio Cefis esercita la sua azione pantocratica, quasi sempre – come abbiamo veduto per sottili, impercettibili accostamenti, talvolta così sfuggenti che la citazione (o il reperto da noi effettuato) sembra del tutto casuale.
Un legame esiste. Potremmo ricamare fantasie: per gruppi di età, per provenienza, per contiguità. Sarebbero divagazioni, e nemmeno curiose. Meglio trarre una prima conclusione: la Lega è solida, la sua spina dorsale è diritta e agilissima. Se Cefis non fosse quel filone d’oro che qualcuno (ingenuo) sospetta (e che nessuna stampa in Italia proclama), non avremmo tanti uomini disposti a sapersi guadagnare il pane ogni giorno, come il capo dichiarava ai graduati dell’esercito ENI, una volta, a San Donato; a gente cioè che rigava dritto, per non sapersi licenziata dalla sera alla mattina.
Qui evidentemente il rapporto è diverso perché è libero, volontario, e per conto terzi, di rappresentanza. Ciò non toglie che la disciplina rimanga la stessa: Cefis è abbastanza conseguente da emarginare con prontezza chi non sa stare al gioco. Lo sanno anche gli uomini che sia pure indirettamente devono con lui collaborare. Tra essi, nell’elencazione, ce ne saran che non la pensano come lui, che stanno addirittura sull’altra riva. Ad essi chiediamo venia di un’inclusione involontaria.
– Amadio Leopoldo: nato a Sacile. Consigliere “Italo Americana Prentice”.
– Arduini Giovanni: consigliere “Lanerossi” e con Salanti nella “F.I.R.”.
– Aureggi Enrico Aristo: consigliere “Metanifera Sommese” (al suo ingresso nella società, il capitale è salito da uno a cento milioni).
– Agrati Aldo: socio (con Sergio Casali) nella “Sischi”, già Presidente della disciolta “Società Finanziaria”. Socio nella “Deisa”, fabbrica cera e lucidi.
– Bruno Luciano: consigliere nella “F.lli Menchini” e nella “S.T.I. E.M.”.
– Carughi Giovanni Luigi: consigliere “Union Produzione Cinetele visive”.
– Deamici Giuseppe: consigliere nella “F.lli Menchini”.
– Del Negro Ruggero: agente di Borsa Merci, mediatore cascami, consigliere nella “Italo Americana Prentice”.
– Del Negro Alvise: consi
gliere “Italo Americana Prentice”.
– Formenti Paolo e Carlo: Consiglieri Fabbriche Riunite Formenti.
– Fregoni Bruno: consigliere Lanerossi, sindaco “Union Prod.Citelevisive”.
– Guerrieri Vittorio: ex consigliere “LSPN”, consigliere “Compagnia Trasporti Speciali”.
– Kaiser Carlo: consigliere Delegato “Virginio Rimoldi”; consigliere “FIR” e “Investment Casting Italiana”.
– Marnetto Renato: sindaco “Montedison”, consigliere “LSPN”.
– Neri Italo: accomandante “Reamoul”, “Salis” e “Warn” con uomini del Riro e società del Liechtenstein.
– Polli Vincenzo: consigliere di innumerevoli società ramo tessile. Ma anche della “Formenti”, della “Fibre Tessili” e del “Calzificio Ciocca”; cognato di Padoin.
– Roncoroni Antonio: interessato nelle immobiiiari “Palamos” e “Cora”, ma anche consigliere della “Formenti” e “Fibre Tessili” unitamente ai congiunti Mario, Eugenio e Vittorio.
– Spizzico Giacinto: consigliere di alcune società, compresa la “F.lli Menchini "
– Squeri Carlo: amministratore della “Milanpetrol”.
– Viotto Elia, Cesare, Mario, Franco: Consiglieri nell’omonima industria del legno.
A tutti questi nomi se ne potrebbero aggiungere molti altri. Ragioni di opportunità ci inducono per ora a non farlo, in quanto stiamo appurando precedenti, attività, conversioni improvvise, rientri, confluenze con gli interessi del giro-Cefis.
Un giro assai dilatato, con delle piste contorte o impraticabili: prendere delle vistose cantonate è pur sempre facile
Ma ci affretteremo a precisare che ci siamo avvicinati alla realtà oggettiva, citando nomi e parentele, più per difetto che per eccesso. Può darsi che alcuni nomi o determinate ragioni sociali chiamate in causa si dimostrino del tutto estranee all’attività del clan-Cefis: a chi non capita di sbagliare in una indagine (giornalistica) tanto ardua e complessa?
Ricorreremo, allora, alla riserva. Rimpiazzeremo gli estranei, sempre che ci siano, con altri, le cui schede andiamo pazientemente ricostruendo. Il giro di Eugenio Cefis è come il Duomo di Milano alla cui ombra il capitano d’industria s’è accampato: una Fabbrica che non finisce mai, con imprevisti, cambi di guardia, recuperi, puntelli e fervorosa attività di cantiere.
Rinasce l’araba fenice
Cefis: un richiamo per i politici, un faro per chi cerca sicurezza e protezione.
L’uomo è piuttosto altero, sprezzante nei modi, provvisto di dosi letali quanto a sarcasmo. È spericolato ben più di Mattei. Ma le stesse autorità religiose cose che capitano in Italia se lo ingraziano, anche se viviamo la stagione d’una chiesa dei poveri.
L’autorità giudiziaria non interviene neppure quando le si chiede di accertare magari i reati di distrazione, riferiti al personale ENI, come nel caso di quel Giuseppe Restelli pagato dallo Stato ma di professione Presidente del consiglio d’amministrazione de “L’Avvenire”.
Gli stessi fondi ENI, al tempo di Cefis, venivano volentieri distratti verso attività che nulla avevano in comune con i Eni istituzionali dell’ente; decine e decine di milioni l’anno, da vent’anni. C’è del personale in forza all’ENI, ma che all’ENI non si vede mai; naturalmente l’ente lo paga. Ci sono miliardi dello stesso ENI buttati al vento in avventure pubblicitarie, un soldo di silenzio…
Questo ieri con Cefis (e tuttora il fido Girotti non ha rimediato alcunché). Questo, se non attualmente (ma la “System Italia”, del giro, non avrà già intessuto rapporti proficui?), certo domani, alla Montedison, dove l’illustre economista ha regolarmente definito incompetenti e dilapidatori i suoi predecessori. Il metodo che andava bene agli Idrocarburi funzionerà egregiamente anche nel regno dei composti chimici.
Solo non sappiamo come potrà premiare i suoi garanti, specie a livelIo politico, non disponendo più di rappresentanze regionali Agip da assegnare. Sarebbe giusto trovare un nuovo De Mauro a prova di lupara. Per risapere quali rivelazioni la mafia ha vietato al giornalista che intendeva far luce sulla fine di Mattei.
Peccato davvero che l’uomo di Matelica sia finito così, e così presto. Con lui vivo, Cefis sarebbe appena un funzionario, un vice, anche se con la smania delle immobiliari. O forse Mattei l’avrebbe dopo la prima cacciata, definitivamente estromesso. Invece l’araba fenice e risorta dalle ceneri (altrui), anche se ai funerali di Enrico Mattei l’Eugenio Cefis (che non l’amava in vita) era simpaticamente assente, pur dovendogli tutto: prima e specialmente dopo.
L’arte (polivalente) di “incassare”
Il friulano è padrone del campo. E riuscito nell’aggancio alla Montedison, impresa fallita a Mattei. Anzi ha dato una lezione ai politici, perché non si può negare che il suo esempio denota quanto valga, in Italia, il potere economico affidato in gestione. La stanza dei bottoni di via Chiossetto, a Milano, è rappresentativa almeno quanto Palazzo Chigi, ad un potenziale che farebbe invidia alla più agguerrita cosca mafiosa isolana.
Perché non reagiscono i vari Mancini, Malagodi, Forlani o Ferri? Semplicemente pigrizia o timore reverenziale, nonostante siano ampiamente al corrente di tante malefatte, da noi evidenziate tempo addietro? Gli stessi Piccoli, Preti, Colombo, De Martino lo subiscono, quasi condizionati dal suo oscuro filtro di potenza. Grottesca questa affermazione? Chiediamolo allora all’“onorevole X” che ha bloccato l’interpellanza parlamentare su Eugenio Cefis. Sono fatti, non chiacchiere.
Chi ci libererà dai boss in guanti gialli, visto che sotto processo finiscono (quasi) soltanto i ladri di polli?
Domanda che magari riceverà una confortante risposta. Bazan ed Ippolito, due tipici sultani finiti in gattabuia, attendono compari più illustri. L’Olimpo è difficile da scalare, ma la velocità di caduta potrebbe rivelarsi vertiginosa, e altri portoni vorremmo si aprissero ad accogliere i colossi dai piedi d’argilla e dalIa testa d’oro (nero).
Solo in questo caso la denuncia giornalistica avrà un senso, in un clima di autentica libertà di stampa: dove si onora prima la verità, anche ingrata, anche incredibile, anche rilanciata col semplice coraggio dell’onestà.
Questo è Cefis (pp. 181-195) – continua
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