Questo è Cefis 20

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Ultimo round per il k.o.
di Giorgio Steimetz

Quanto rendono le “Anonime” per lo sfruttamento degli idrocarburi? Quali profitti può garantire la ricerca mineraria, l’impianto e l’esercizio di officine per il gas, la costruzione di metanodotti, la distribuzione di gas liquidi e gassosi, il trasporto ai conCefisionari, la vendita all’ingrosso? La risposta è meno retorica di quel che l’interrogativo voglia sottintendere, sol che si giri la domanda nella direzione giusta: quanto dovrebbe rendere il metano in casa ENI, se veramente ne avesse l’esclusiva in Italia, se risultasse proprietario di tutte o di maggior parte delle società che abbiamo registrato nei precedenti servizi, anziché limitarsi, come fa, all’esercizio di poche, quali la “Metano Arcore”, la “Metano Casalpusterlengo” o la “Metano Sant’Angelo” (anche queste in gestione familiare, in sottintesa o palese collusione coi partiti e correnti)?
Domande assolutamente ingenue. Se l’ENI disponesse del monopolio settoriale, come farebbero a prosperare le “Anonime”, quale margine resterebbe all’iniziativa privata in questo campo? Meglio: la privata iniziativa, che accentra tre bande concorrenti ma non rivali, con alle spalle la ninfa Egeria chiamata Eugenio Cefis, il partito di maggioranza e in generale la mafia economico-politica che agisce impunemente, anche senza uscire affatto allo scoperto.
Delle tante (su tantissime) società che abbiamo passato in rassegna in precedenza, è possibile distinguere quelle in cui entra l’interesse del partito da quelle che fanno capo al Cefis e dalle altre, di dubbia catalogazione, ma di sicura subordinazione all’“Anonima”?
Non è certo possibile, almeno disponendo di mezzi limitati come i nostri di fronte ad una materia ostica, volutamente aggrovigliata, in cui uomini di paglia vanno e vengono e s’incontrano ad ogni passo, eminenze grigie si profilano in curiosi rientri, nomi e capitali e ragioni sociali si alternano, in assenza di perimetrazione tra azienda e azienda, di netti confini fra spazi d’interesse esclusivo o meno. Sarebbe come pretendere di cogliere la trama in un romanzo di Joyce.
La costanza c’è, e c’è la verità. Il filone, la matrice, l’ispirazione, il mandante emergono facilmente: manca appunto un filo logico narrativo. Ma questo basta a provare che i consiglieri agiscono a comando, le ragioni sociali fanno da involucro e l’attività si dirige verso scopi ben dissimulati, ma evidenti. I veri padroni stanno a monte; essi a valle non scendono mai, là dove si cerca e si smercia il gas, con le fatture che incrementano le entrate e i dividendi di fine anno.

Un gioco che vale molte candele

Le società del gas rendono. Altrimenti come avrebbe fatto un autentico avventuriero come Cefis a costruirsi in un paio di decenni un impero industriale e finanziario che va dalle immobiliari alle piantagioni in Canadà, dalle collezioni di tavolette votive alle produzioni in plastica, dalle cerniere lampo alle cointeressenze con istituti di credito, alle proprietà di società pubblicitarie, cinematografiche, di informatica applicata, come la “System Italia”, iI cui capitale sfiora il miliardo di lire?
In sintesi: nella misura in cui Eugenio Cefis può giustificare Ia sua potenza economica di oggi (e tutte le partecipazioni godute in Società), egli potrà liberarsi dall’accusa, abbastanza infamante, di capo mafia, di profittatore senza scrupoli del gas di Stato, essendo partito pressoché nulla tenente 25 anni fa.
Le società del gas rendono: se no come potrebbe la DC, in particolare Ia corrente di “Base”, gli uomini della sinistra federazione provinciale di Milano in ispecie, onorare spese di campagne elettorali, di affetti, di gestioni stampa, di iniziative, di compensi ai voti preferenziali, di apparati di corrente, di personale?
Anche per costoro vale l’identico discorso: quando ci diranno come e dove e chi ha dato i miliardi da mettere in attivo per sanare, in bilancio, un gigantesco passivo, allora cadranno anche le inevitabili accuse di galeotti di Stato, di servi disonesti di are e di altari, di e compiacenti d’un gioco inqualificabile.
Aspetti inquietanti del malcostume corrente. Il grave è che la gente non ci fa molto caso; che la Giustizia si va stancando di perseguire i ladroni di miliardi ed è costretta ad applicare le leggi con i ladruncoli di galline e i fumatori di contrabbando. Ancora più umiliante è assistere allo spettacolo indecoroso di codesti gentiluomini, legati alle nostre “Anonime”, coperti, garantiti, onorati in ogni campo. Nonostante l’evidenza, ventilata o documentata, di certe situazioni.

Un vecchio episodio incidentale

Vogliamo, per l’occasione, rinverdire un esempio, l’ennesimo della serie, assolutamente significativo.
Il peculato per distrazione è iscritto come reato nel nostro Codice, e non esige soverchia cultura giuridica per essere inteso. Distrazione (di personale) ne commisero Bazan del Banco di Sicilia ed Ippolito del CNEN (Comitato Nazionale Energia Nucleare), avendo disposto il movimento di certi dipendenti nei singoli enti, per conto degli Istituti, ma nell’interesse esclusivo dei mandanti. Bazan ed Ippolito, per il reato di distrazione di personale finirono in tribunale ed han subito la galera.
Eugenio Cefis non si accontenta di distrarre qualche unità, poniamo dell’ENI, per piazzarla dove lui mantiene interessi (privati) specifici. Cefis ne stacca a decine, da anni e per anni. Sono in molti a saperlo, oltre gli interessati (enti e persone), ma nessuno dice niente, tanto la cosa giova al dipendente, alla ragione sociale dove viene distaccato) al Cefis stesso, naturalmente. Che sa di essere perseguibile ma di non correrne il rischio, perché il silenzio è d’oro.
I nostri uomini al governo? Sanno benissimo queste ed altre cose: ma non parlano, non lo denunciano, non si oppongono alla trasgressione continuata di una norma di legge. La legge è lui, con i benefici che assicura in partibus infedelium.
Querelandoci, ci vedremmo costretti ad aggiungere ad altre prove anche qualcosa di nuovo. L’abbiamo fatto con Restelli Giuseppe dipendente ENI prestato al quotidiano (cattolico) “L’Avvenire”, un caso estremamente accessibile a qualsiasi emulo di Sherlock Holmes. Ma nulla è successo. Non ripeteremo l’errore, ululando a gran voce nomi e indirizzi, evitando di mettere i mafiosi con le spalle al muro usando archibugi, daghe e l’urlo della foresta. All’occorrenza, invece, sapremmo maneggiare armi ben più efficienti.
Ma torniamo al filo d’Arianna delle “Anonime”, per tirare in questa puntata la sua logica conclusione.

Schede emblematiche per un profilo

Dopo aver succintamente illustrato le varie ragioni di codeste società, varrebbe la pena di passare in rassegna gli autori e i registi che le manovrano.
Tralasciando l’ordine alfabetico, curando invece un criterio analogico, per classi o per gruppi, insistendo sulla triplice schedatura somatica dei clan. Citeremo insomma con più larga attenzione i nomi dei maggiori implicati, esaurendo alla fine con cenni sbrigativi i personaggi minori, i caratteristi e le comparse.
Abbiamo già detto che la “Anonima Metano” fa capo a tre cervelli distinti ma non concorrenti: Umberto Salanti (“Metanifera Alta Italia”, “Metanifera Sommese”); Alberto Visconti di San Vito (come il Salanti, nella “Alta Italia” e nella “Sommese”) e Giuseppe Maffei (“Aersodigas”, “Metanifera Sommese”, “Molteni”, “Metanifera Alta Italia”). Tre protagonisti che condizionano tutto l’apparato e l’attività dei tre gruppi, dei quali daremo una definizione qualsiasi, chiamandoli con le lettere greche, dell’alfabeto.
Troviamo allora gli esponenti del primo club del metano il gruppo “Alfa” Camillo Ripamonti, Bruno Manenti, Ernesto Vigevani, Enzo VaneIli, Bruno Bolla e Luigi Floridi. Eccone il singolo risvolto negli interessi metaniferi.

Ripamonti Camillo
Sindaco di Gorgonzola, Ministro in carica per la ricerca scientifica. Ha l’ufficio a Milano (ufficio politico) in via Crivelli, 15/1 e il quartiere economico che sorge al 26 di via San Marco. Risiede a Gorgonzola in via Serbelloni 4 È senatore democristiano di “Base” e miete migliaia di preferenze nel Lodigiano, dove è rilevante la sua popolarità di ras della zona.
Un bell’ingegno che nel ’56 con Vigevani è stato amministratore della “Metanifera Ambrosiana”, carica che avrebbe dovuto tenere per tutta la durata della società, mentre invece la ditta è passata – sulla carta a Silvio Sardi. Nel ’58 entra con Bruno Manenti nella “Lumezzane Gas” ed è in seguito riconfermato, sino al ’68 quando amministratore unico diventa il Manenti al posto del consiglio di amministrazione. Ripamonti scompare.

Manenti Bruno
Nato a Crema il 1° aprile 1908. Amministratore unico, come abbiamo detto, della “Lumezzane Gas”. Risulta inoltre nella “Metanifera Sommese”, nella << Metano Pandino”, nella “Metanodotti Bresciani” (amministratore unico), nella “Metanodotti Milanesi” (con Vigevani direttore tecnico), nella “Metanodotti Prealpini” (amministratore unico) .
Si rileva la sua presenza nell’“Aersodigas” (nel ’54: ora ci sono Olivieri Giuseppe e Bruno Bolla, con Maffei Giuseppe nel collegio sindacale); nella “Sime – Industria Metano” (consigliere d’amministrazione); nella Molteni – Industria Combustibili Liquidi e Solidi (insieme a Vigevani, Maffei & C.); nell’“Ero Gas Met” (amministratore unico); nella “Igegas” (consigliere con Vanelli e Olmi). Il nostro possiede in proprio la “Ladir”, una finanziaria con accomandante l’omonima di Vaduz; la “Carabelli” per l’industria e il commercio del legname, nonché la “Marivima” per la compravendita, la permuta e la vendita di fabbricati.
Tra tanta versatilità come riuscirà a trovare il tempo per schiacciare un pisolino? di cui fa parte e la così denominati gli occorreva un collegamento tra “l’Alfa” di cui fa parte “Beta” del Sardi – cioè fra due gruppi da noi così denominati – tra queste due e il terzo ramo quello del Carcano che noi chiameremo “Gamma”, stabilisce un ponte, dando vita alla “Conteam”: consulenza, progettazione di impianti metaniferi, distribuzione di energia elettrica e gas.
Personaggio di indiscutibile peso, di grande abilità e intelligenza imprenditoriale. Inferiore a Ripamonti, anzi sottomesso, ma di ingente apertura nel settore degli idrocarburi, dove rappresenta una sorta di esclusività specie per i metanodotti, oltre al fiuto dimostrato nel campo delle finanziarie e delle attività complementari e accessorie.

Vigevani Ernesto
È il tecnico del gruppo. Nato a Cortemaggiore (nomen et omen), dove un tempo sgorgava qualche barile di petrolio al mese, nel 1918, il geometra entra in relazioni d’affari tanto col Manenti (con funzione di direttore tecnico nella “Metanodotti Milanesi” e compiti di consigliere nella “Metanifera Sommese” e nella “Molteni”, dove e anche procuratore), quanto con iI Silvio Sardi (per il quale è stato nel ’54 consigliere nella “Metanifera Alta Italia”, nel 1956 con la stessa carica nella “Metanifera Ambrosiana”, neI 58 amministratore della “Sime” impianti metano, passata poi al gruppo Sardi).
Come gli altri, si presenta solo soletto in qualità di unico amministratore della “Vima” (sigla che richiama il duo Vi(gevani)—Ma (nenti): societa guarda caso dislocata prima di finire in via Brera, 28 proprio nella via San Marco, dove sverna in affari metaniferi il ministro Ripamonti). Sembra pacifico che Vigevani sia un uomo capace, ma anche un semplice prestanome offerto al Ripamonti (e ai suoi superiori) per camuffare l’Anonima.

Bolla Bruno
Non si tratta di omonimia: è uno dei Bolla fratelli che si occupano di produzione e commercio di vini, quei vini veronesi robusti come il Valpolicella, ai quali lo scrittore B. Marshall riconosce il pregio di tonici per il lavoro.
Dunque ottimi aperitivi anche nel campo degli affari. Però, come succede a Piero Bassetti con le telerie omonime, il suo nome non figura tra quelli dei proprietari, come sarebbe ovvio. Meglio forse accontentarsi del ruolo di direttore generale, appunto come il Bassetti, così non occorre dar risalto con la propria presenza al “Chi è finanziario”, rientrando nel novero dei capitalisti per i quali sono pronte le corde da forca.
Bruno Bolla è nato a Soave il 28-12-1925. La vocazione per gli splendidi vitigni locali, dal nome e dall’aroma dolcissimi, lo spinge stranamente ad imboccare la via del metano, un genere cosi agli antipodi con i vini pregiati. Eccolo amministratore (nel ’70) della “Tirrenia Gas”; lo vediamo, sino al ’69 quando la ditta cessò, nella “Estigas”, poi nella “Sodigas” (dopo Manenti, dal ’54, fino ad oggi); nel ’69 è introdotto nella “Società Nazionale Gazometri”. Curioso questo avanzare in sincronia tra Bolla e Manenti sul terreno scoperto da cui si ritirano i Verga; forse subentro per acquisto di azioni? Ipotesi plausibile con un regista oculato come Ripamonti, con supervisione non solo aulica di Cefis. S’affaccia poi nella “Lumezzane Gas” (con Manenti e Ripamonti); nella “Metanodotti Bergamaschi” (così chiamata sino al ’65, anno in cui si cambiò in “Estigas-città”, ragione che spiega la sopravvivenza della “Estigas” senza “città”). In codesta società risulta insieme a Sergio Maraja e Sergio Bolla (dei vini), con capitale di 300 milioni. Nella “Sovegas” è con Mario Bolla, sempre della dinastia dei Soave e dei Valpolicella, e con Luigi Floridi, mentre nella “Imigas” il Bruno è tutto solo. Almeno sulla carta.
In Italia come all’estero le ricerche minerarie e in genere l’attività nel campo degli idrocarburi esigono capitali, tecnici, agevolazioni, padroni sicuri e garanti. Questi ultimi non mancano, come sa benissimo anche Bruno Bolla. Del quale segnaleremo, in qualità di hobby d’investimento, la “Società Immobiliare Pubblici Esercizi”, costituita nel ’57 col capitale di dieci milioni. Forse la cosa gli serve per collocare insieme il vino e il gas, da farne almeno una bibita frizzante. Peccato (per il vino).

Floridi Luigi
Ultimo del gruppo “Alfa” è nato a Marengo il 7 settembre 1927. Risulta amministratore unico della “Gas Orobica” con capitale di 45 milioni per ricerca e sfruttamento d’idrocarburi; predecessore del Bolla nella “Metanodotti Bergamaschi” (oggi “Estigas-città”) amministratore unico della “Sovegas” (150 milioni di capitale) e della “Estigas” (senza città), prima che questa formalmente cessasse. Abbiamo così delineato (e riveduto) lo schieramento del gruppo “Alfa”, uno dei più agguerriti e potenti dell’intera rete distributiva dell’ “Anonima Metano”. Capitanata dal Ripamonti dietro il sottile schermo di discrezione della ragion politica, affidata in reggenza fiduciaria a Bruno Manenti e Bruno Bolla, con l’assistenza tecnica dl Vigevani e gli ottimi servizi di Vanelli e Floridi, la squadra gira perfettamente, dando soddisfazioni certe ai suoi supporters che vivono al razzo degli scudi crociati e delle tangenti sul silenzio.

L’impero del Sardi

Vedianzo ora di smaltire la seconda squadra “Beta” che ha proprio in Silvio Sardi l’esponente di maggior rilievo. Nato a Cernusco sul Naviglio, sessantenne, costituisce una delle figure più sconcertanti per dinamismo, potenza e investitara dell’intera “Anonima”. Come abbia raggiunto una posizione di tanto riIievo lo sanno Mattei e Cefis, Salanti e Ripamonti; oltre a pochissimi altri, iI diavolo compreso.
Autentico barone delle immobiliari e del metano, di cui non conosciamo l’iniziazione nel duplice girone. Siamo poco propensi, comunque, all’idea che i fortissimi profitti derivanti da conCefisioni di idrocarburi e da manovre immobiliari restino nelle sue mani; sarebbe ragionevoIe chiedersi invece a quanto ammonti la sua tangente e quali siano i canali recettivi degli utili così ripuliti.
Non è granché, nella nostra analisi, questo ritratto per identikit: ma e forse poco l’aver stanato un personaggio come Sardi, anche se non potremo facilmente identificarlo più da vicino?
Nel settore degli idrocarburi Sardi è interessato alla “Metanifera Alta Italia” (agguantata nel ’60 ed ora gestita dai suoi uomini; Piredda Salvatore, PasargikIian Wahan, Meda FiIippo); alla “Metanifera Ambrosiana” (dal ’56) di cui è amministratore unico; alla “Metanifera Martesana” (dove lo incontriamo già nel ’46); alla Azienda Officina Gas Acquedotti di Albenga (dal 1967), prima con gli amministratori Piredda e Malegori ed ora con Pasart giklian, Meda (e Piredda); alla “Cogim” (costruzioni esercizi impianti metano), da lui costituita nel ’60 ed ora amministrata dal duo Pasargiklian e Meda (figlio di Luigi e nipote del nume del Partito Popolare), con in più il Vaccari Antonio.
Questo trio di gestione lo rivediamo nella “Sime Guardamiglio” che ha registrato i passaggi del Vigevani Ernesto, del Sardi nel ’59, ed ora appunto è loro affidata. Ecco ancora la “Samem” (società azionaria mantovana erogazione gas metano), raggiunta nel ’62 ed attualmente custodita dai Meda, Piredda e Pasargiklian. Nella fitta messe di metanifere, oltre agli uomini di Sardi citati, troviamo anche Salvatore Calise, la signora Sardi Corazzi Rosalia, la signora Malegori Maria in Riva. Questo per suggellare il tema-Sardi in campo metanifero.
Riepiloghiamo adesso gli interessi del potente feudatario nel giro delle immobiliari.

“Castello di Mazzè”: compravendita, gestione di beni immobili ecc. Società per Azioni dal 1961, con Sardi Silvio (più Sergio Testori, Erba Enrico, Piredda Salvatore), capitale 1 milione.

“Cava Martesana”: estrazione e commercio di ghiaia, s.r.l. del 1959 con il Sardi, il Piredda, la Malegori Maria. Anche la ghiaia meglio degli idrocarburi concorre direttamente alla gestione immobiliare…

“Sarfin”: partecipazioni industriali, commerciali; operazioni finanziarie; s.a.s. del 1962, col Sardi, Ercole Starace, il Piredda e il Meda, Galbiati Giuseppe e Visentini Alessandro; capitale 30 milioni (in compartecipazione con la “Finanziaria Pilugiana”). Cointeressenze della Sarfin: Immobiliare Cascina La Rosa, Ongolo; Podere Baraccone Vecchio, IJbaldo, Mocol-Desa, Olearia, Fornaci di Milano, la Vecchia Pievaccia, Martesana, Imperiale. E altre. Un giro eloquente che suggerisce molte cose.

“Fornaci Riunite Cascinazza”: Società per Azioni sorta nel ’63. È del Sardi Silvio con Testori Sergio e Meda Filippo, mentre in passato c’erano anche la Malegori e il Piredda

“Immobiliare Fortuna”: una S.p.A. deI ’63 con il solito oggetto sociale, costituita dalla signora Malegori, su incarico di qualcuno (facilmente identificabile). Attualmente amministrata da Annamaria Bertetta.

“Sama”: compravendita, gestione, operazioni immobiliari. C’è il Sardi con Il Piredda e la Malegori.

“Sonia”: gentile appellativo per speculazioni immobiliari. Per Azioni, sorta nel ’63, con Alessandra Giuseppina Malegori (stavolta) e certi Enrico Montini di Monza e Livio Oriani, di Vimodrone.

“Fornace Brianco”: per la fabbrica di laterizi e ceramiche; costituita nel 1960; amministratore unico prima Silvio Sardi, poi la signora Maria Malegori.

“Esercizio Cinematografico Martesana”: per la gestione e la costruzione di locali di spettacolo. Attività sempre in espansione quella del Sardi. È una s.a.s. sorta, come S.p.A., nel ’60 con accomandanti la moglie del Sardi, signora Rosalia Corazzi, e la “Sarfin” già citata, poi anche la Malegori (dal ’67); accomandatario il Silvio Sardi.

“Immobiliare Agricola Ardens”: S.p.A. costituita già nel-’41, aggiudicata al Sardi nel ’63 (l’anno del boom) e gestita dallo stesso con la signora Malegori, dopo i passaggi e le relative procure al Piredda Salvatore e Testori Giovanni.

“Parea Seconda”: una immobiliare del 1960 con il Sardi oltre a Galbiati Giuseppe. Nel ’61 cambia in “Poasca Seconda”, mentre nel ’64 Sardi cede la quota alla Immobiliare Actna, con questa per socio accomandante e accomandatario un misterioso sudanese, Andrè Farhè.

“Immobiliare Banfa”: solito oggetto, solita formula; risale al ’69. Costituita da Maria Malegori che esce nel ’65 per far posto al Sardi, al Testori, al Meda (ora gestori), dopo un breve passaggio a Salvatore Pirredda.

Immobiliare Basile: risale come S.p.A. al ’37, ma Sardi vi entra nel favoloso 1963, portandovi in seguito il Piredda. Nel ’69 con atto pubblico si chiarisce che la società è amministrata unicamente dal Sardi Silvio. Chiarimento superfluo, se in tutte codeste imprese il padrone è uno e le teste di turco variano con scarsa fantasia.

“Immobiliare Cavallasco”: S.p.A. del ’63 con Alessandra G. Malegori prima, poi coi Testori (Giorgio o Sergio), il Piredda, il Sardi.

“Immobiliare dei Principi”: particolarmente congeniale al princtpe delle immobiliari, nel rispetto della sovranità altrui (il re è altrove, ma vigila o manda). Solita la ragione sociale. E del ’63, con il Sardi sempre, Piredda e Malegori Maria.

“Immobiliare della Croce”: la compravendita ecc. va benone, nonostante il richiamo severo del nome. Lo sanno, da quel ’63 che ha visto tante fortune del Sardi, questi e la Maria Malegori, il Piredda e nel ’70 un certo Nicoletti Francesco, oltre alla non irrilevante comparsa, Meda

“Immobiliare Colomba”: la tortorella, in questo caso, è la Malegori Maria, comandata dal 1963 ad amministrare sola sola (la fiducia del Sardi è sconfinata) la società.

“Immobiliare Cavaione”: nata sempre nel ’63 come S.p.A. ad opera della Maria Malegori (in Riva: da accertarsi chi è il consorte), vede l’ingresso di Zambardieri Gabriele (’67) con Silvio Sardi, e nel ’69 del Piredda, articolazione della Malegori, a sua volta braccio destro del Sardi.

“Immobiliare Monfalcone di Rivolta”: società per azioni nel ’49, raggiunta dal Sardi nell’anno santo 1963; quattro anni più tardi, breve apparizione del Piredda. Dal ’69 amministratore unico Silvio Sardi

“Immobiliare Cascina La Rosa”: il principe ama la vita agreste. Risiede a Cernusco, fuori delle grandi metropoli in cemento; si trova bene nelle vecchie case di campagna. Nel 1959 costituisce per le solite operazioni immobiliari anche questa società, facendovi entrare la Rosalia Corazzi (sua moglie, nata a Pozzuolo Martesana). Pero nello stesso anno la signora esce dalla società che il Sardi trasforma in accomandita semplice, diventa accomandatario avendo per controparte la “Sarfin” e la rientrante (per la finestra) signora Rosalia. Nel ’64 il gioco si inverte perché esce lui ed entra la Malegori. Gioco divertente, ma certo proficuo: negli affari il sesto senso ci vuole.

“Ongolo”: una S.p.A. presa dal Silvio di Cernusco nel 1960, trasformata in s.a.s. con soci la Rosalia Corazzi e la “SarEn”. Nel ’64 Malegori Maria subentra al Sardi, così come l’Alessandra Giuseppina (Malegori) sostituisce la sorella nel ’67. Anche qui giri viziosi suggeriti da esigenze tecniche di prim’ordine.

“Podere Baraccone Vecchio”: anche con questo baraccone ottimi affari garantiti attraverso l’acquisto, la costruzione e la canalizzazione del terreno stesso. Accomandante dal ’67 con 20 milioni di capitale, il Sardi, avendo per garanti la “Sarfin”, la Malegori bis e la Rosalia.

“Generalcase”: per la compravendita di beni immobili. Costituita nel ’62 come accomandita semplice da certo Bettinetti Giacomo accomandatario e dalla “Sarfin”. Nel ’64 il Bettinetti è sostituito da Alessandra Malegori, nel ’66 la procura va ai soliti Sardi e Calise: a quest’ultimo viene revocata, ovviamente, appena il bene della società lo richiede, cioè subito dopo.
Non è per tirare un respiro di sollievo che l’elencazione si interrompe. Lo facciamo soltanto perché il linguaggio astratto di queste derivazioni immobiliari o meno del grande impero sul quale, come la regina Vittoria, domina pacifico (o discreto) l’innominato, minaccia di perdere significato per l’inesauribile dovizia di partecipazioni e interessi, trascritti come si conviene con fedeltà e pignoleria La materia, ripetiamo, è grigia, al punto che la fatica maggiore si riscontra nel leggere anziché nello stendere queste note. Come ogni documentazione, vuole essere esatta ed esemplare. Al punto da risultare interminabile, nonostante si siano volute correre soltanto alcune piste. Eccone pertanto le nuove voci, atti unici con gli stessi protagonisti e soprattutto con l’identica regia e supervisione.

“Immobiliare Ubaldo”: la s.r.l. è del 1949. Sardi vi entra nel ’52 in qualità di amministratore unico. Nel ’57 fa capolino la moglie Rosalia Corazzi. Nel ’62 la società si trasforma in s.a.s., accomandatario il Silvio Sardi e accomandanti “Sarfin” e signora Rosalia. Nel ’64 il padrone cede il posto alla signora Malegori che lo passerà poi nel ’67 alla sorella Giuseppina Alessandra.

“Mocol”: sorta a responsabilità limitata nel ’57, accoglie come amministratore unico il Sardi nel ’59 (compravendita immobili). Si modifica in s.a.s. nel ’63 con gli accomandanti “Sarfin” e Corazzi Rosalia (accomandatario il Sardi), uscendo in seguito la signora Sardi in favore della Malegori (Maria).

“Olearia”: stavolta si tratta di un’impresa di costruzioni sorta nel ’62 come s.a.s., con Luigi Penati accomandatario e la “Sarfin” accomandatario. La Malegori Alessandra prende il posto del Penati nel ’65, mentre due anni dopo subentra la Maria a surrogare l’Alessandra.

“Societa Anonima Fornaci di Milano”: nel campo dei laterizi e nelle ceramiche si profilano prospettive incoraggianti. Il Sardi comprende e nel ’57 agguanta la società, attiva da 16 anni, trasformandola nel ’60 da S.p.A. in s.a.s., lui accomandatario, “Sarfin” e la Corazzi accomandanti. Come accade sempre, nel ’64 la Malegori Alaria sostituisce la moglie di Sardi e si toglie la procura al Calise, attribuitagli nel frattempo.

“Immobiliare la Vecchia Pievaccia”: romantica e clericale denominazione, voluta nell’anno fausto 1963, congiuntamente, dalla “Sarfin” e dalla Malegori. Nulla di vecchio e di spregiativo in quest3 impresa che cambia protagonisti ma non attività e che probabilmente continua ad assicurare guadagni agli interessati, al riparo da soverchie indiscrezioni di un fisco amabilmente tollerante.

“Marsa”: sorta nel ’63, viene intestata, caso unico, alle due Malegori. Altro fatto insolito: nello stesso anno, muta da s.a.s. a societa per azioni. Ancora, tanto per cambiare: nel ’67 l’Alessandra estromette, con buone maniere (crediamo), la Maria, divenendo amministratrice unica.

“Immobiliare Fulmine”: per azioni dal ’59. Ragione sociale: iniziative lmmobiliari, ma anche finanziarie (da svolgersi con la rapidità sottintesa dal nome). Nel ’61 Sardi e Galbiati soppiantano i fondatori, Gianzini e Servegnini. Solita trasformazione in s.a.s. con la Malegori da una parte e la “Olearia” dall’altra, già da noi incontrata.

“Immobiliare Imperiale”: deve funzionare bene, nonostante la cacofonia. Allusiva questa s.a.s., nel quadro del dominio in affari del Sardi. Dal ’63, con Maria Malegori accomandataria e la “Sarfin ”, con certi Manetti Edmondo e Liprandi Domenico accomandanti, si specifica che l’immobiliare durerà—a Dio piacendo sino al ’74. Evidentemente dopo tale scadenza il Sardi pensa di potersi ritirare in riviera, dimenticando questa congerie di imprese e di rischi.

“Immobiliare Desa”: è una delle prime s.r.l. del Sardi che la fonda nel ’52 con sole 50 mila lire di capitale. Nel ’63, quando tutto sembra oro sotto il sole del boom, diventa s.a.s. (artifizio plausibile a tutti, anche a chi come noi non mastica granché di ragioneria finanzlaria e di economia applicata). Accomandatario il Sardi e accomandanti la “Sarfin” e la Corazzi. Diventa titolare (di nome) l’Alessandra Giuseppina nel 1967.

Le punte di diamante dello Stato Maggiore

I nomi degli aiutanti di campo di Silvio Sardi li abbiamo incontrati, minuziosa monotonia nel lungo indice delle attività connesse al grande finanziere, amico di Cefis. Di essi daremo qui un succinto curriculum, così da ampliare meglio il discorso e da fornire notizie anagrafiche di un certo interesse nella vicenda.
– Calise Salvatore: nato a Porto d’Ischia nel 1906 e residente a Milano in via dall’Ongaro, 24 (dopo aver vissuto a Roma sino al 1927). Suo compito, esercitare le procure, almeno in via provvisoria, per conto del capo. Altro non sapremmo attribuirgli, ma ci pare che sia abbastanza.
– Corazzi Rosalia: consorte di Silvio Sardi, nata a Pozzuolo Martesana nel 1915. Sembra destinata, almeno nelle radiografie finanziarie qui riprodotte, ad essere regolarmente soppiantata dalle due Malegori, le quali imperversano con assoluta puntualità in fatto di presenze e di rientri. Non fa in tempo ad affiancarsi nelle società del marito che trova le due a levarsela dai piedi.
– Malegori Maria: coniugata Riva, è nata a Villasanta, alle porte di Monza, il 13 gennaio 1931. Peccato che ben poco si sappia del marito. Abbiamo ricordato tutte le società in cui esercita, tranne una, l’“Azienda Officine Gas – Acquedotti di Albenga”, sorta nel ’67 come società per azioni con 6 milioni e 650.000 lire di capitale, per iniziativa sua e di Piredda Salvatore, ora amministrata dal trio PasargiklianMeda-Piredda. I rapporti col Sardi, dal lato economico produttivo, sono molto stretti, perché il suo nome è ricorrente in quasi tutte le iniziative immobiliari o meno del Capo.
– Piredda Salvatore: nato a Roma il 7 dicembre 1911. Con il Calise, è uno dei due “Salvatore”, il primo anzi, con parti più rilevanti anche se piuttosto subordinate in genere. Rimane da vedere se, come dubitiamo, egli controlla (su mandato) il Sardi, o se ne è il fedele collaboratore. Accreditiamo la prima ipotesi, per quanto romanzesca, proprio perchè la staff della “Anonima” è meticolosa nelle sue manovre e adopera una astuzia diabolica anche nella dislocazione dei reparti, siano pure fidati e di lunga esperienza.
– Pasargiklian Waban: nonostante il nome armeno, è nato a Milano-Affori, come abbiamo già visto, nel 1920 e vi risiede in Corso Matteotti, 11. Con Filippo Meda, il doppio junior, è fiduciario del Sardi, con azioni in rialzo, a giudicare dalle nomine (sue e del Meda), nei consigli di amministrazione; a spese (apparenti) delle Malegori e dei Salvatori (Calise e Piredda), ma in perfetta sincronia di lavoro e di profitti. In fondo sono tutti volenterosi emissari di una sola sorgente.
– Meda Filippo: figlio dell’onorevole, ex vice sindaco di Milano, Luigi (ora defunto), e nipote dell’altro Filippo che chiameremo il grande tanto per non causare errori di omonimia. Nato a Milano il 16 marzo 1929: quasi coetaneo del socio Wahan, dunque. Fiduciario anch’egli del Sardi, tanto nelle metanifere che nelle immobiliari. Per giunta (o per premio?), lo vediamo pure consigliere comunale di Milano, forse per far rimpiangere meglio il nonno; il quale si occupava sì di politica, e come, ma soltanto di questa, senza mettere le mani in affari.
– Vaccari Antonio: nato a Cento (Ferrara) nel 1901, ma residente a Milano nello stesso palazzo del Calise, in via Dall’Ongaro n. 24, tipico personaggio utile e di comodo. Un tale cui affidare (e togliere) le procure, da mettere qua o là nei momenti di vuoto e di vacanza delle società, da sostituire quando è necessario, dimenticato il vecchio proprietario, far entrare il nuovo. Le immobiliari, come le aziende di idrocarburi, sono popolate di questi generici che rientrano, consumata la loro parte di responsabilità, nell’anonimato.
– Malegori Giaseppina Alessandra: sorella (se non andiamo errati) della Maria, essendo nata anche lei a Villasanta, un anno dopo, nel 1932. Oltre alle sue partecipazioni in casa Sardi, aggiungeremo che fa parte della “Immobiliare Vignatese” (Via Dandolo, 4, dove abitano Umberto Salanti e Luigi Padoin e dov’era domiciliato Cefis). Nella immobiliare c’è Adele De Giorgi, ma anche l’Enrico Aristo Aureggi, socio con Salanti & C. (e titolare di parecchie metanifere ed altre finanziarie).

Il gruppo a conduzione familiare

Esaurito così, con la verve abbastanza stanca delle ragioni sociali e delle contaminazioni varie, il secondo squadrone della “Anonima” che abbiamo chiamato “Beta”, veniamo all’ultimo, il “Gamma”, tipica consorteria d’affari a gestione quasi artigianale. Non impiegheremo molto tempo per esaurire queste schede biografiche di personaggi che possono sembrare minori ma che nell’economia dell’insieme hanno la loro rilevante importanza.
– Carcano Gaetano: nato a Milano il 21 febbraio 1898. È stato, con Salanti & C., fondatore nel ’52 della “Metanifera Alta Italia”. È amministratore unico (35 milioni di capitale) della “Metanifera di Milano”; della “Metanifera Pontirolo Nuovo” (s.r.l. con 10 milioni di capitale); della “Metanifera di Canonica d’Adda” (stessa formula e cifra della precedente); della “Metanifera Dell’Oglio”, ora a Crema; della “Metanifera Gessatese”; della “Metanifera Alta Brianza” ( 120 milioni di capitale); della s.r.l. “Cometa”; della “Conteam” (qui in socio con i figli sino a quando la società è stata ceduta al Manenti); della “Empagas” (in socio con Giulio Arcelloni, fratello dell’Ernesto della “A1fa Metano”). Risulta infine titolare di quell’“Istituto per la Edilizia Familiare” di cui abbiamo fatto cenno in precedenza.
– Mela Maddalena in Carcano: consorte del Gaetano, nata a Sassari nel 1904. E’ socia col marito nella “Cometa”, nella “Gessatese” e nella “Dell’Oglio”. Quando si tratta di affari, anche la moglie può contribuire in modo proficuo e discreto.
– Carcano Pietro: certo il figlio, nato a Milano nel 1943. Figura nella “Metanifera Dell’Oglio”, ma data l’età del padre, c’è da ritenere che raccoglierà l’eredità di numerose aziende paterne.
– Carcano Enrico: nato a Milano nel ’39. Da primogenito, coadiuva il padre in diverse società: la <e Dell’Oglio”, la “Gessatese”, la “Conteam”, la “Metanifera Alta Brianza” (quella con appena 120 milioni di capitale).
– Della figlia Maria Carcano, interessata a “La Vita” per facilitare i giovani sposi alla ricerca di pane sì, ma anche di un capanna, abbiamo gia detto.

Il cerchio della terza serie in cui è suddivisa la “Anonima”, è abbastanza ristretto, ma gli affari prosperano egualmente. Per conto di chi? E’ l’interrogativo ricorrente in queste elencazioni, tra le quali un lettore distratto potrebbe perdersi, cioè smarrire il filo d’Arianna deI labirinto Cefis. Si può anche in questo caso reputare i Carcano come dei semplici paravento, ma di più ora non è possibile appurare.
I supplementi d’indagine, non per curiosità o indiscrezione, possono legalmente ampliarli coloro cui è demandato di andare sino in fondo. Noi ci limitiamo ad esemplificare le ragioni e i nomi di quanti risultano iscritti al sodalizio metanifero-immobiliare di apparenza assolutamente anonima, ma di contensto e di gestione altrettanto chiaramente ispirati da un solo maresciallo d’Italia. In fondo ci troviamo ad ammirare dei campioni delle riforme: per la casa e per Ia patria; l’edilizia e il metano, strutture del progresso nazionale.

Controfigure, coristi, comparse

Siamo giunti alla stretta finale del nostro racconto per vite parallele sulla “Anonima” del metano. Abbiamo raccolto gli elementi ufficiali delle diverse biografie, alquanto succinte e pur sempre, esaurienti. Potremmo tirare in ballo comunque qualcuna delle figure minori, scusandoci di questa ennesima ricaduta nell’inevitabile elencazione.
– Barracchia Vittorio: anni 64, di Barletta. Uomo di Sardi, in quanto interessato alla “Metanifera Alta Italia”, alla “Samem Metano”, alla “Sime Guardamiglio”.
– Biondlni Paola: sindaco nella “Metanodotti Prealpini” e “Metanodotti Bresciani” e quindi legata in affari con Manenti, del settore “Alfa”.
– Cattarozzi Asgusto: anni 45, da Isola del Piano. Uomo di Manenti, piazzato alla “Metano Pandino” e all’“Alfa Metano” (con Arcelloni).
– Crotti Pietro: da Offanengo, anni 75. Amministratore della “Gasmeter” e sindaco delle due “Metanodotti” (Bresciani f Prealpini).
– Garbagnati Umberto: da Crescenzago, anni 76. Compagno del Salanti ( anche nella “Fingraf” e nella “Rimoldi”, oltre che nella “Metanifera Alta Italia” ).
– Galbiati Giuseppe: del reparto Sardi. Nato a Milano nel 1928. Socio nella “SarEn” la potente Enanziaria , nella “Metanifera Martesana” e nella “Immobiliare Poasca”.
– Ghidoli Pasquale (padre) e Tullio (Eglio) da Vittuone. Sono del primo squadrone, in quanto entrano nella “Molteni”, guidata dal Ripamonti Ministro.
– Maraja Sergio: anni 52, di Verona. Gruppo Manenti-Ripamonti perché interessato alla “Estigas” e alla “Metanodotti Bergamaschi”.
– Olmi Renato e Luigi: impegnati nella “Sime”, “Igegas”, “Ero gas-metano”, “Metanodotti Prealpini”, squadrone Alfa.
– Olivieri Giuseppe: nato nel 1933 a Milano. t nella “Sodigas” e nella “Aersodigas”.
– Pirola Mario: di Cernusco sul Naviglio (patria del grande), guppo Sardi. Presente nella “Metanifera Ambrosiana” e nella “Gessatese”.
– Starace Ercole: anni 68, di Milano. Del gruppo Beta in quanto interessato nella “Martesana” e nella “Sarfin”
– Sqaazzi Rino. primo gruppo perché della “Esti-gas”, della “Gas Orobica”, della “Metanodotti Bergamaschi” (ManentiRipamonti).
-Visentini Alessandro: da Motta di Livenza, anni 68. Gruppo Beta ( “Martesana” e “Sarfin” ).

Non ci ripeteremo per Umberto Salanti, Giuseppe Maffei, Alisconti Alberto di San Vito, dei quali abbiamo lungamente trattato.

Fuochi d’artificio finali

Quale l’entità globale di questo carosello di nominativi, oggeto formulazioni societarie, capitali, cointeressenze?
Signori: verifìchiamo i bilanci delle singole società per appurarlo. Quali i ricavi netti della casamadre dei tre squadroni d’assalto dell’“Anonima Metano”? Si potrà constatarlo per difetto controllando chi sta dietro. Un’irruzione, dei sigilli, una inchiesta. Basterebbe. Ma dubitiamo che si voglia arrivare a tanto.
Speculazioni fondiarie, edilizie. Comparse, figure di secondo piano. Società in accomandita semplice; società Finanziarie e di partecipazione industriale e commerciale: la strategia comune per riservare alle attività quel velo di discrezione e di silenzio che serve.
Su tutto veleggia l’ossequio dei politici, perché la componente partitica emerge grandiosa nell’arazzo delle metanifere, cosi come l’apporto delle immobiliari è garanzia Enanziaria di prim’ordine.
A metterci il naso c’è da correre il rischio di confondersi, di perdere il fiIo. Possibile che tanta astuzia e tanta perfetta organizzazione anonima possano oggi prosperare in Italia? Che il nostro Paese, terra di carte da bollo e di cambiali, repubblica che incoraggia e tutela il risparmio (postale), patria di metalmeccanici che reclamano te non è detto che abbiano torto) uno stipendio da docenti universitari e di docenti universitari che fanno gli attivisti Come dei metalmeccanici (con poca ediScazione dell’opinione pubblica, la quale conta un accidenti), abbia miliardari sfrontati e riveriti che manovrano alle spalle dello Stato, facendola in barba a tutti come sutentici parassiti promossi al ruolo di benefattori dell’economia nazionale, talent-scout alle sconosciute risorse minerarie e del potente metano padano?
Possibilissimo. Almeno Finchè Cefis tiene in mano le redini. Togliendogli la maschera e controllando lui, le sue azioni, i suoi compari si potrebbe far luce; restando edificati.
Il nostro lavoro, estenuante e solitario, è fnito, almeno per ora. Per quanto rimanga parecchio da approfondire, da comparare. Dovremmo ricominciare da capo, con gli stessi nomi e nuove “ragioni”. Ma questo dovrà farlo all’occorrenza lo Stato.
Non contiamo sui vari ministri e sulle personalità politiche alle quali abbiamo fatto vedere i nostri servizi. Essi non hanno mosso un dito, né lo muoveranno a questo secondo round. Per la ragione elementare dello squilibrio di potenza: la Anonima e il dott. Cefis sono straordinariamente più forti di noi. Sono anzi vendicativi e la verità, in questi casi, è vestita di stracci.
A meno che non provveda la Giustizia e per questa il Procuratore della Repubblica. Questo di Cefis è uno degli scandali più grossi dell’epoca, nel nostro Paese. Alla Montedison continuerà a curare gli affari di Stato e quelli del Cincinnato che è lui: ricco, intrigante, trasformista. Il suo posto non stona accanto agli Ippolito e ai Bazan. Diciamolo con una certa franchezza, in nome non delle nostre modestissime attese, ma della Giustizia con la maiuscola.
Chiedere la fine della mafia è soltanto un dovere per un cittadino, una forma di deontologia per il giornalista. E’ quello che domandiamo a gran voce, sicuri di perderci ancora una volta nel coro degli osanna, ma certi, ugualmente, che qualcuno ci ascolta: e annota, e intende, e vuole.

Questo è Cefis (pp.259-279) – FINE

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11 Risposte to “Questo è Cefis 20”

  1. utente anonimo Says:

    Grazie ancora, carissimo.
    Puoi informarmi per cortesia se ti è possibile recuperare presso la Cancelleria del Tribunale di Pavia la sentenza finale del giudice Vincenzo Calia sul caso Mattei, in cui sono contenuti – come bene spiega Gianni D’Elia nel suo “L’eresia di Pasolini” – tutti gli accenni-citazioni a “Petrolio” di Pier Paolo Pasolini? Lo farei personalmente, ma attualmente sono in condizioni di salute… diciamo non eccellenti, e non riesco proprio a muovermi da Milano, dove risiedo e dove sto seguendo un programma di “riabilitazione respiratoria”…
    Ho tentato di chiedere tale sentenza anche tramite Kaos edizioni, con cui sono in contatto – e che recentemente ha riproposto un suo volume sulla morte di Pasolini – ma finora da loro nessuna nuova…
    Ti mando anche una e-mail…
    E grazie comunque in ogni caso.
    Angela

  2. GGiovannetti Says:

    Cara Angela, tra poco riceverai la richiesta di archiviazione di Calia al tuo indirizzo mail. Son 400 pagine che – dalla prossima settimana – pubblicheremo, sempre a puntate, su Direfarebaciare. A presto. Abbracci. G.

  3. utente anonimo Says:

    vorrei ricevere la sentenza finale del giudice Vincenzo Calia sul caso Mattei

    mail pizzo@unimo.it

    grazie

  4. utente anonimo Says:

    Buongiorno e un grazie per la vostra passione civica!!! Vorrei sapere anch'io se è possibile ricevere la sentenza finale del giudice Calia sul caso in oggetto. Ve ne sarei molto grato perchè non sono riuscito a trovarla da nessuna parte.  Grazie.email: metatrone@hotmail.it

  5. utente anonimo Says:

    Sono l'utente precedente. Vi ringrazio per avermi mandato la sentenza e complimenti per le vostre battaglie in questa nostra amata, ma mal ridotta Italia.Paolo

  6. utente anonimo Says:

    IInnanzitutto grandi complimenti per il vostro impegno e coraggio ad informare la gente che vuol sapere.Avrei una domanda : mi son copiato il tutto e vorrei metterlo su un sito  torrent in modo che come giá proposto da qualcuno, si possa condividere con piú persone.Non avendo letto tutti i commenti non so  se avete giá dato il vostro consenso ( o non l'avete dato) quindi chiedo e aspetto che mi si rispomda.Certamente mi terró alla vostra decisione, io per mio conto metteró il link al blog se mi sará permesso di condividerlo.Grazie ancora per il vostro lavoro e non lasciatevi chiudere la bocca.Grazie ancora.

  7. utente anonimo Says:

    Buongiorno,sarei inteerssato a ricevere la sentenza del Giudice Calia.indirizzo mail:loreales@tiscali.itGrazie in anticipo

  8. ilparadisoallimprovviso Says:

    Dove posso trovare una copia di questo libro?

  9. GGiovannetti Says:

    A ottobre in libreria, ristampato da Effigie. Saluti. G.

  10. utente anonimo Says:

    Buon giorno a tutti, anch'io dopo la lettura del libro "profondo nero" mi sono interessato a questa storia "segreta" della nostra Repubblica, che vede in Cefis il volano dell'evoluzione politica ed economica del Paese. Apprendendo peraltro che le parti della narrazione di questa storia sono state collegate e ricostruite dal procuratore Calia, che dimostra, da magistrato inquirente, di aver appreso la lezione di Pasolini sulla necessità di collegare avvenimenti tra loro scollegati e lontani nel tempo, ma suscettibili di essere interpretati attraverso un'analisi unitaria. Come è noto Pasolini aveva compreso gli intrighi occulti che alimentavano (alimentano?) la politica e la società dell'Italia, ma non aveva le prove e investiva la magistratura della doverosa opera di dis-velamento della verità se non altro giudiziaria, con conseguente addebitamento delle responsabilità penali, per ciò che aveva portato all'irreversibile degrado culturale, etico e morale della società italiana. Purtroppo Calia non riesce a recuperare quelle prove che Pasolini da letterato e, tra l'altro, poeta delle stragi, chiedeva ma non poteva reperire. Dunque neanche un magistrato riesce a costruire un quadro probatorio idoneo ad individuare responsabilità specifiche, così finendo per avanzare richiesta di archiviazione per coloro sui quali indagava per l'omicidio Mattei. Tuttavia il tentativo di ricostruire la verità dei fatti, di comprendere la storia alla quale la nostra attualità è legata da una corrispondenza di causa-effetto e in ultima istanza per comprendere la stessa nostra attualità non può arrestarsi. Personalmente avverto la necessità di tentare tale ricostruzione come un obbligo etico, se non proprio morale, al quale ci legano le morti violante causate dagli orribili intrecci di potere finalizzati all'instaurazione di un regime fintamente democratico e concretamente autoritario. Lo stesso Cefis sostiene in un'intervista che in Italia un colpo di stato di tipo tradizionale non ha alcun senso (militari ecc..), più opportuno un colpo di stato soft (o bianco, con altra terminologia) al quale la popolazione si sarebbe abituata con più facilità, condiscendenza e remissività. Cefis, che alcune informative delle forze dell’ordine individuano come il vero ispiratore della P2, che con Cefinvest è mandante societario della edilnord, oggi ha un alter ego? o meglio ci sono oggi personaggi della classe dirigente apicale della società italiana che si ispirano alla lezione del Cefis?A mio avviso queste sono le domande a cui tutti coloro che dall’altra parte della barricata si ispirano alla lezione di Pasolini, come il magistrato Calia, dovrebbero tentare di dare risposta, al fine di capire come cambiare la direzione della nostra storia, individuando quel sottile filo che collega quei fatti visti con chiarezza da Pasolini e poi descritti in atti giudiziari da un magistrato.Mi scuso per la lunghezza del mio scritto, ma volevo fino in fondo precisare sul “foglio” il mio punto di vista, in questo luogo di confronto di temi di solito considerati nostalgici e ormai irrilevanti.Mi unisco alla richiesta di poter ricevere al mio indirizzo di posta caesare@virgilio.it il testo della richiesta di archiviazione del magistrato Calia e ringrazio per l’impegno dell’animatore del blog  e per la diffusione di informazioni che sembravano orami per sempre perdute (Questo è Cefis).Con gratitudine, Caesare.

  11. utente anonimo Says:

    Potrei ricevere anche io il testo della richiesta di archiviazione del magistrato Calia perfavore.
    Ringrazio anticipatamente.
    paolo.galassetti@email.it

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