Abelli Anthology 3

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Polizze milionarie a Pavia
di Franco Vernice

A Gian Carlo Abelli il 13 porta sfiga. Era il 13 febbraio 1985 quando venne arrestato – insieme a Dino Landini e al cognato Claudio Gariboldi – per ordine del giudice istruttore Cesare Beretta, che lo accusava di peculato e concorso in truffa (verrà assolto). Claudio Gariboldi è il fratello di Rossella, l'assessore provinciale pavese e moglie di Abelli balzata recentemente agli onori delle cronache per alcuni movimenti in denaro presso un suo conto cifrato (17964 A) alla banca J. Safra di Montecarlo, conto sul quale la Guardia di Finanza sta ora indagando. 1985, altri tempi: a Tangentopoli mancavano sette anni e c'era ancora la Democrazia cristiana, il partito per il quale si industriava il nostro apprendista "faraone" .

Lo dipingono come una specie di "Gei Ar" del Ticino, grintoso e rampante fino alla sfrontatezza. Un politico duro, ma anche un uomo di mondo. Dalle 22 di mercoledì scorso, Giancarlo Abelli, consigliere regionale democristiano, presidente dell' importantissima commissione regionale per la Sanità, oltre che proconsole dell'ufficio speciale per l'Oltrepo, è rinchiuso in una cella del carcere di via Romagnosi, sulle spalle un'accusa di peculato che certo molto peserà nella prossima campagna elettorale. Un altro presunto capitolo della "tangenti story" italiana, a quanto pare. A spedirlo in prigione, è stato il giudice istruttore Cesare Beretta, che da molti mesi scandaglia nei meandri amministrativi dell'ospedale Policlinico San Matteo, cattedrale del nostro sistema sanitario, l'istituto dove vanno a farsi operare i "re del pallone" con il ginocchio "rotto", ultimi ospiti il milanista Hateley e l'interista Zenga. Il giudice Beretta sospetta che nelle polizze di assicurazione stipulate dal San Matteo, del quale Abelli è stato a lungo presidente-padrone, vi siano pesanti irregolarità. In pratica, svariati milioni sarebbero finiti nelle tasche sbagliate. Così, sono partiti i mandati di cattura: uno per Abelli, che deve rispondere anche di concorso in truffa, un altro per un ex direttore amministrativo del San Matteo, Dino Landini, anch'egli incriminato per peculato e concorso in truffa, un terzo mandato di cattura indirizzato a Claudio Gariboldi, imputato di truffa. Gariboldi è il fratello della donna con la quale Abelli vive. Il legame Abelli-Gariboldi venne usato dagli autori (o dall' autore) di una lettera anonima spedita in duplice copia nel 1983 al quotidiano locale, "La provincia pavese" e alla magistratura. Poche righe, ma piene di veleno, per insinuare che dietro le assicurazioni del San Matteo, ci fosse del losco. Da tempo, "La provincia pavese" insisteva con inchieste e servizi sul Policlinico, la più grande azienda pavese, con migliaia di dipendenti ed un bilancio annuo superiore ai cento miliardi. Insieme ai tenaci giornalisti della "Provincia", in seguito alla lettera anonima, cominciarono così a muoversi anche i giudici. Per qualche mese, l'inchiesta sembrò muoversi sott'acqua. Poi, ecco una serie di perquisizioni negli uffici del San Matteo, e in quelli di Claudio Gariboldi, titolare di un'agenzia delle assicurazioni "Reliance", ma anche agente di altre compagnie. Vengono passati al setaccio tutti i contratti stipulati dopo il 1974. Nel frattempo, partono ventidue comunicazioni giudiziarie. Una è per Abelli, le altre vengono mandate a casa di Gariboldi e di altri amministratori o ex amministratori del San Matteo. Dopo una prima cernita, i ventidue si riducono a otto: Abelli; Gariboldi; l'ex presidente del San Matteo, Attilio Ciacci; l'attuale vice-segretario della Dc pavese, Dino Cristiani; l' altro ex presidente Virginio Trespi; l' ex consigliere Lino Lugano e il suo collega Francesco Falerni, più Dino Landini. Agli otto, il 5 febbraio 1985, il giudice Beretta fa riritare i passaporti. Nel frattempo, il giudice istruttore e il pm Giuseppe Baccolo studiano i risultati di una perizia d'ufficio sulle polizze e fanno una scoperta. Fra le copie custodite dall'amministrazione del San Matteo e quelle in mano a Gariboldi gli importi non corrispondono. Le carte dell'ospedale registrano sempre cifre più alte delle copie conservate dall' assicuratore. La differenza, in qualche caso, è notevole: una polizza che al San Matteo sembra essere costata 338 milioni e rotti, nella versione Gariboldi appare di appena 160 milioni. E le polizze sono molto numerose, contro gli incendi, per la responsabilità civile, contro gli infortuni ai dipendenti. Una montagna di polizze. Fra l'altro, ad inchiesta già in corso, nel 1984, il San Matteo, (ora presieduto da Pier Franco Marchetti, dc, e diretto da un grande amico e compagno di partito di Abelli, Giovanni Azzaretti) risulta essersi servito ancora una volta del solito Gariboldi. Anno dopo anno, polizza dopo polizza, il totale in gioco è di centinaia e centinaia di milioni. Interrogato dai giudici, Claudio Gariboldi pare abbia ammesso «che qualche cosa non andava», assumendosi però ogni responsabilità. Un'inchiesta che sembrava procedere, per la verità, un po' a stento. Fino a mercoledì, quando il giudice Beretta ha ascoltato l'ex consigliere del Policlinico Francesco Falerni, rimasto al San Matteo dal ' 76 all' 81, quando preferì farsi da parte. Democristiano dalla fama specchiata, pare che Falerni non si trovasse del tutto a suo agio con Abelli, all'epoca presidente dell' ospedale e gran manovratore della Dc pavese. Controlla il 40 per cento del patito (sotto le insegne di Forze Nuove), quando l'ex ministro Virginio Rognoni, che è di Pavia, nella sua città conta solo il 14 per cento. «Dal San Matteo mi sono defilato perché la gestione Abelli non mi convinceva», racconta Falerni. Con i giudici, mercoledì, Falerni ha parlato per sette ore. Alla fine, nella testa dei magistrati sembra si sia accesa la classica lampadina: dai dossier hanno tirato fuori tre documenti, relativi ad una polizza del 1979, li anno studiati, poi Beretta ha firmato i mandati di cattura. Abelli, contro il quale da tempo l'opposizione di sinistra alla Regione Lombardia aveva aperto il fuoco, ha dovuto dimettersi dalle sue presidenze, pur mantenendo la poltrona di consigliere. La Dc lombarda, in ogni caso, ne ha proposto la sospensione cautelativa dal partito. Mentre si appanna la ferrea ma poco adamantina immagine del "Gei Ar" del Ticino, l'inchiesta prosegue. Ieri sera è stato interrogato l'ex "spalla" di Abelli, Dino Landini. Presto, toccherà allo stesso Giancarlo Abelli. E i magistrati sembrano decisi a verificare se davvero, quello strano ospedale era diventato una colossale piazza d' affari. Lo stesso Beretta ha in canna un' altra indagine: al centro gli appalti da decine di miliardi per la costruzione di alcuni nuovi reparti del San Matteo.

“la Repubblica”, 15 febbraio 1985  

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