L’importante è costruire

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Gli atti concreti della cultura dell’accoglienza
da Lucca, Claudio Puccinelli *

Sono il presidente dell’associazione Gruppo Volontaria Assistenza Immigrati che è nata circa 20 anni fa dopo i primi flussi migratori a Lucca, ed è nata fra varie realtà che sono state convocate insieme per rispondere a questo fenomeno. Come collocazione, siamo nati all’interno della Caritas e poi ci siamo costituiti come associazione di volontariato, iscritti all’albo regionale e abbiamo cominciato ad operare con dei gesti di accoglienza. Le nostre finalità sono quelle, innanzi tutto, di difendere la dignità della persona umana, al di là di ogni distinzione di razza, nazionalità, religione e cultura, favorire e diffondere una cultura di accoglienza e testimoniare, anche con atti concreti, l’accoglienza. Da notare che è tutto lavoro volontario; non c’è nessun operatore qualificato o assistente sociale o psicologo o dirigente di comunità; io lavoro in un’azienda e la sera mi dedico a questo impegno; altri volontari studiano e lavorano e danno il tempo che hanno.
Siamo partiti con un centro di ascolto cittadino e delle strutture di accoglienza dove, dal 1990 ad oggi, sono passate più di 2.000 persone. Inizialmente abbiamo risposto a problemi di sussistenza, quindi ai bisogni primari, il mangiare, il dormire, e poi abbiamo fatto anche un passo successivo: aiutare queste persone, stranieri e immigrati, a diventare dei cittadini lucchesi. Direi che è un bel percorso perché ha dato dei buoni risultati, perché molte persone non solo hanno trovato lavoro ma sono diventate proprio cittadini inseriti a tutti i livelli, perché oggi i primi accolti – oltre un centinaio – sono cittadini italiani, e questo vuol dire che hanno fatto un percorso notevole di integrazione. A questo progetto sull’integrazione ora abbiamo affiancato un’“agenzia casa”, perché ci siamo resi conto che, una volta trovato il lavoro, non era facile trovare una casa, soprattutto per un immigrato che non ha fondi propri, non ha garanzie, non ha chi lo presenta. E allora abbiamo costituito un’agenzia che si avvale di un finanziamento regionale. Abbiamo poi ottenuto fondi dai comuni di Lucca, Capannori – i comuni più grossi – e da altri della piana, che hanno finanziato e finanziano annualmente questo progetto. All’inizio erano un po’ diffidenti, ma poi quando hanno visto che si risolveva un problema anche ai servizi sociali, allora ci hanno aiutato. Di cosa si tratta? Noi cerchiamo delle case sul mercato privato o attraverso le agenzie, facciamo prestiti a interessi zero ad immigrati per pagare la cauzione, somme che vengono restituite entro un massimo di 48 mesi: Forniamo la garanzia ai proprietari che, se l’immigrato non paga, in qualche modo provvediamo noi almeno per un certo periodo, e aiutiamo l’immigrato ad inserirsi in un paese o in contesti come un condominio. Seguiamo la famiglia anche quando è entrata e ha sottoscritto un contratto.
Siamo riusciti a trovare 350 appartamenti, e non è poco: si parla di oltre mille persone sistemate, una forma di garanzia che ha visto pochissimi casi di insolvenza. Quindi è un bel risultato di integrazione, tant’è vero che i comuni di Lucca e di Capannori ci stanno chiedendo di fare una cosa simile per gli italiani in difficoltà, per quelle fasce che non riescono ad accedere alla casa popolare ma non riescono neanche a trovare un alloggio sul mercato perché il reddito è ancora basso. Un progetto autorizzato e finanziato: siamo riusciti a fare in modo che l’ente pubblico credesse.
Un terzo progetto è invece nato così, senza troppo pensare: riguarda l’accoglienza di minori stranieri non accompagnati. Anche questo è un fenomeno diffuso, penso, in molte città e anche a Lucca. Due anni fa durante l’estate sono arrivati 16 ragazzi provenienti dall’Albania e dal Marocco e invece di andare in questura o ai comuni sono venuti da noi. Avevamo una struttura in uso dal comune e chiusa durante il periodo estivo; un po’ rischiando, abbiamo aperto le porte e li abbiamo accolti lì dentro, sperando che poi nascesse qualcos’altro. In realtà ci siamo trovati in difficoltà perché non abbiamo trovato per loro accoglienza altrove e allora abbiamo detto: facciamo un percorso con questi ragazzi. Intanto abbiamo dato loro una prima tutela, che altrimenti avrebbero trovato forse uno sbocco nella malavita locale; gli abbiamo offerto l’ospitalità e poi li abbiamo segnalati all’autorità giudiziaria per l’apertura delle tutele e degli affidamenti secondo la legge. Però non era un percorso autorizzato, perché che per aprire una casa per i minori ci vogliono dei requisiti particolari a seconda delle varie leggi regionali. La cosa interessante che è venuta fuori è un’esperienza di una famiglia allargata, dove questi ragazzi, a contatto con i volontari, vivono un percorso normale, da ragazzi della loro età; in genere hanno dai 16 anni in poi, e l’ospitalità continua fino ai 19/20 anni perché noi cerchiamo di tenerli finché non hanno finito il percorso formativo, alla scuola dell’obbligo o alla professionale, che li porta ad acquisire una formazione specifica e a trovare tutti lavoro: sono meccanici, elettricisti, idraulici, cuochi, pizzaioli… fanno due anni di scuola e immediatamente sono collocati perché fanno gli stage lavorativi e vengono sistemati. Ma la cosa più bella è lo stile che caratterizza questa realtà non autorizzata e contestata da più parti (abbiamo avuto minacce e intimazioni a vari livelli per farci chiudere, perché non siamo partiti con le autorizzazioni bollate e siamo andati oltre il numero previsto per le strutture) però credo che a volte bisogna anche rischiare. Intanto abbiamo posto all’attenzione degli enti il problema di questi minori, stranieri e soli. E poi speriamo prossimamente di avere una struttura autorizzata, ma la cosa più bella che questi ragazzi raccontano è che si sono trovati a contatto con delle persone di famiglia, hanno trovato un padre, una madre e dei fratelli anche qua, lontani dalla loro patria e questo credo che sia lo stile più bello, lo stile dell’amicizia. In fondo il dialogo tra culture e persone e religioni diverse avviene così, vivendo insieme in uno stile molto semplice; se usassimo questi canali, a volte anche i problemi più grandi forse si risolverebbero.
Oggi ci troviamo in difficoltà perché mentre il primo progetto era finanziato, per questo non c’hanno dato neanche un centesimo. I giudici non ce l’hanno fatta e la questura nemmeno a farci smettere; in fondo, anche loro hanno capito che il lavoro che si fa è anche un lavoro di prevenzione, in assenza di altro meglio una cosa non autorizzata. E poi soprattutto dai giudici abbiamo acquisito credibilità: io sono tutore di oltre 40 ragazzi, quindi ormai le tutele le firmano e via, perché hanno capito che il percorso è serio, ma avremmo bisogno di finanziamenti, perché mantenere 30 ragazzi in formazione… noi confidiamo nella provvidenza di Dio che arriva, ma non c’è solo il mangiare e il vestire: costa molto anche mandare dei figli a scuola, spese di viaggio, di sostegno scolastico, la vita normale del tempo libero perché cerchiamo di inserirli a tutti i livelli: chi va giocare a pallone, chi è inserito in un gruppo musicale, cerchiamo di offrire loro anche delle opportunità che li aiutino nel rapporto con i loro coetanei e a inserirsi fattivamente. Con l’8 di agosto, con il “Pacchetto sicurezza” le difficoltà sono aumentate. Ancora non è a pieno regime ma, quando lo sarà, la vita per i nostri amici immigrati si farà impossibile, quindi noi cerchiamo di continuare, non ci fermiamo, soprattutto con i minori: hanno messo il limite che chi arriva a 15 anni a 18 potrà convertire il permesso di soggiorno; chi invece arriva a 16 anni, a 18 verrà rimpatriato, anche se ha studiato, anche se lavora, anche se ha un contratto di lavoro in corso; è veramente dura. Però combatteremo in loco le nostre battaglie, Ma è bene che ci si aiuti: se qualcuno di voi è impegnato in realtà simili, se ci sosteniamo a vicenda e troviamo anche dei canali di aiuto legale, persone che possano supportare un lavoro di questo tipo, ben vengano! È dura con questo pacchetto sicurezza, perché ci si muove male, praticamente il concetto è questo: l’immigrato è accolto fintanto che ti serve, ma fintanto che sta al suo posto perché se va un pochino più in là lo blocchiamo: permesso a punti, ma sui minori è veramente una cosa grave perché un ragazzino arriva a 16 anni, studia e a 18 anni viene rimpatriato, quando ha già fatto un percorso, è veramente grave. Comunque la cosa importante che mi premeva dire era questa attenzione e questo stile che muove un po’ il nostro fare e l’importante è costruire.

* Trascrizione dell’intervento di Claudio Puccinelli al convegno “Tribù d’Italia” (Castiglioncello, 17-18 ottobre 2009)

Una Risposta to “L’importante è costruire”

  1. adrifa Says:

    grazie per aver trovato questo intervento! non conoscevo questa associazione di volontariato, anch'io faccio parte di un'associazione che si occupa di integrazione..

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