L’articolo che segue è uscito l’8 dicembre 2004 sul “Corriere della Sera”, ma sembra ieri. Quell’anno la maggioranza di centrosinistra della seconda Giunta Albergati vota a stretta maggioranza una variante al prg che autorizza la lottizzazione di una parte pregevole della Valle della Vernavola, lottizzazione avversata dalla destra e da quattro consiglieri del centrosinistra, lottizzazione passata grazie al voto di Alberto Pio Artuso e Matteo Pezza, «la cui suocera e il cui padre – scrive Stella – sono tra i proprietari beneficiati dal lussuoso ritocco. Proprietari la cui lista non è stata mai concessa nonostante la richiesta scritta delle opposizioni. “Ci siamo informati: potevano votare perché la variante riguardava tutti, non loro due”, spiega un po’ a disagio il sindaco. Ma non si era detto che anche la legge Cirami e quella sulle rogatorie e l’abolizione della tassa di successione erano vergognose perché interessavano tutti ma soprattutto Berlusconi?»
Pavia, cemento nel parco. Con il sì della Margherita. Tangenziali nel verde e conflitti d’interesse. In pericolo l’area dove si combatté una battaglia che cambiò la storia. Cuore del problema è quel Parco Visconteo che come uno spicchio verde parte dallo stupendo castello omonimo e si spalanca verso nord. Una bellissima riserva naturale solcata dalla Vernavola, le cui acque allegre vanno a confluire nel Ticino, e rimasta per secoli quasi (quasi) uguale a quella dello scontro finale del 25 febbraio 1525. Sono anni che il parco della Vernavola, a sua volta cuore del Visconteo, è tornato ad esser sotto assedio. Del cemento, stavolta. Pareva che, dopo le scellerate edificazioni degli anni Sessanta che ne avevano rosicchiato i bordi, fosse stato messo in salvo dal piano regolatore varato nel ’78 dalla giunta di Elio Veltri. Il quale ricorda: «Ogni costruzione era proibita, Potevano tirar su qualcosa solo i contadini ma con una edificabilità talmente bassa che non interessò a nessuno». Nell’ultimo decennio, dominato dal centrosinistra, l’area naturale ha già subito due sfregi profondi. Prima la rasoiata della strada «Pavesi» che, per accorciare il percorso agli abitanti di una frazione, solca oggi i prati di Mirabello, separando il castello di caccia, dove cominciò la battaglia, dal parco al quale apparteneva. Poi la tangenziale, una oscena bretella che, ingentilita da due «passaggi biologici» che dovrebbero far felici le lepri e placar le coscienze ambientaliste, sega il parco da parte a parte. Meglio: segherà. Perché il nastro di cemento, che molti avrebbero voluto fare passare più a nord, è in forte ritardo sul programma essendo andato a impantanarsi là dove si impantanarono i francesi e dove i geologi come Fernando Veniale avevano avvertito: in un terreno umido dove la falda acquifera arriva anche a un metro dalla superficie. Il sindaco Andrea Albergati, un medico che ha portato la Margherita a diventare il partito di maggioranza relativa, allarga le braccia: «Lo so. Dispiace. Ma non c’erano alternative». Spiega che la strada «Pavesi» gli fu praticamente imposta «da una forte spinta del quartiere». E che una tangenziale scavata sottoterra avrebbe avuto «costi impraticabili». Insomma, «è vero che abbiamo toccato l’area, sia pure cercando di avere il minor impatto ambientale possibile, ma una città deve vivere. E le valutazioni dei pro e dei contro si fanno tutte insieme». «Proprio stamattina ci siamo incontrati con gli specialisti per piantare, dopo, nuovi alberi», spiega premuroso l’assessore all’urbanistica Cesare Bozzano, «Compresi gli ontani, le querce… Non solo pioppi!». «E poi», aggiunge il sindaco, «il parco della Vernavola non è proprio un parco». Cioè? «Diciamo che è un’area perimetrata. Un progetto…». Infatti, dice l’architetto Roberto Alessio, che dirige l’Urbanistica, «era edificabile anche prima». «Bugie», risponde l’avvocato Franco Maurici, l’unico consigliere di Rifondazione: «Non solo fa parte del parco del Ticino, che è parco con tanto di legge istitutiva. Ma su tutti i documenti così è chiamato: Parco della Vernavola». Perciò ha denunciato tutto alla magistratura: «Con la variante hanno fatto dei pasticci vergognosi. Basti dire che le direttive della Regione, che aveva cassato una parte del piano regolatore fissando un incremento massimo del 5 per cento sono misteriosamente sparite». Tutto ruota intorno a due tipologie di aree più o meno edificabili comprese nel parco. Una è quella delle cosiddette «schede di perequazione»: tu privato, se hai dei terreni che mi interessano, me ne cedi i nove decimi e in cambio io ti lasciò costruire sul decimo che resta. L’altra è quella delle «aree di trasformazione», in cui si può variare la destinazione d’uso e i proprietari acquistano in sostanza il diritto a costruire un tot di metri cubi virtuali che possono essere ceduti o «spesi» in zone definite, altrove. Spiegare la cosa nei dettagli è complicatissimo. Basti sapere che sulla base delle stesse regole, stesse parole e stesse virgole, il giudizio della giunta ulivista è tranquillizzante, quello delle minoranze di destra e sinistra terrorizzante. Dicono i primi, per bocca del sindaco, che «ora finalmente il Comune potrà mettere al sicuro gran parte dell’area della Vernavola consentendo solo poche costruzioni in determinati punti stabiliti. Di più: dove il nostro parere sarà discrezionale, saremo rigidi. D’altra parte, dove possiamo farle le case, se servono e i prezzi nel centro sono impraticabili?». Dicono i secondi che, avendo Pavia perso 11 mila abitanti, non c’è senso a prevedere una colata di cemento e proprio in quelle zone di pregio. Di più, dopo aver visto i primi due sfregi, non si fidano: «Io guardo solo le carte e dicono che nel parco si potrà costruire fino al 25 per cento dell’area complessiva – attacca Maurici – Il che significa, dato che i privati hanno circa un milione di metri quadri, che potranno essere costruiti 25 mila metri quadri di case: mostruoso». Il forzista Maurizio Niutta rincara: «Peggio! Avendo il Comune concesso sulla carta una quantità spropositata di metri virtuali edificabili, chi non potrà costruire perché le aree già destinate non bastano, farà causa. E scasserà le casse comunali. A meno che, per prender soldi dato che Berlusconi ha tagliato i finanziamenti, non decida di vendersi licenze su licenze». Le due tesi hanno spaccato il consiglio a metà. La sera della variante, tre consiglieri di sinistra vicini a Elio Veltri han deciso di mollare la maggioranza: «Non possiamo avere due pesi e due misure sul conflitto d’interessi». E si son uniti all’opposizione di destra e al rifondarolo Maurici uscendo dall’aula. Così che la variante è passata solo grazie al voto di due consiglieri della Margherita, Alberto Artuso e Matteo Pezza, la cui suocera e il cui padre sono tra i proprietari beneficiati dal lussuoso ritocco. Proprietari la cui lista non è stata mai concessa nonostante la richiesta scritta delle opposizioni. «Ci siamo informati: potevano votare perché la variante riguardava tutti, non loro due», spiega un po’ a disagio il sindaco. Ma non si era detto che anche la legge Cirami e quella sulle rogatorie e l’abolizione della tassa di successione erano vergognose perché interessavano tutti ma soprattutto Berlusconi?
* Corriere della Sera, 8 dicembre 2004
Cemento nel parco
di Gian Antonio Stella *
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