Sfratto

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di Filippo Loddo *

Vi scrivo da Gambolò (Pavia) per segnalarvi un caso di sfratto coattivo, che sarà eseguito irrevocabilmente il 10 giugno, nei confronti di una famiglia indigente, costituita dalla signora Irene Zappalà, disoccupata ormai da due anni, madre di due figli, di cui il maggiore, ventiseienne, infortunato dopo un incidente automobilistico, è inattivo da quattro anni né percepisce reddito, mentre la sorella diciassettenne, attualmente studentessa, non può lavorare a causa della cardiopatia da cui è affetta.
Tutto ciò avviene nella totale indifferenza del sindaco di Gambolò Elena Nai e dell'ufficio Affari sociali del Comune, che hanno rifiutato a questo nucleo familiare, a partire dal 2009, ogni forma di assistenza prevista in tali circostanze, nonché del locale Partito democratico, unica forma di opposizione politica in paese il quale – eccezion fatta per l’interpellanza in consiglio comunale del 19 aprile scorso – è semplicemente rimasto a guardare, nonostante fosse stato più volte sollecitato in merito. La signora Zappalà non intende beneficiare di mera assistenza ma vuole restituire ogni forma di contributo erogato in termini di lavoro socialmente utile, nonché richiede di essere aiutata a gestire autonomamente e dignitosamente la propria vita tramite un’occupazione stabile.
Il comune di Gambolò possiede locali atti ad una temporanea sistemazione della famiglia in questione, onde evitar loro di finire per strada, non utilizzati a tale scopo a causa della loro presunta inagibilità, constatata dal locale assessore all’urbanistica, valutazione che sarebbe comunque di competenza dell’ASL. Fra questi vi è un appartamento facente parte della stazione ferroviaria della frazione di Remondò di cui l’ente Ferrovie dello Stato ha concesso il comodato d’uso gratuito all’amministrazione comunale. Quest’ultima ha ipotizzato la consegna in gestione di detti locali alla signora Zappalà, condizionatamente ad una sua disponibilità di elevata somma da utilizzare al fine di riattarli.
Le proposte abitative a tutt’oggi avanzate dal Comune sono consistite in un appartamento di privati il cui canone d’affitto è superiore al 50 per cento del salario medio mensile di un operaio, dunque al di là delle possibilità dell’interessata, nonché di un unico ambiente appartenente alla Fondazione Fratelli Carnevale, a sua volta da riattare, cosa irrealizzabile entro i termini ultimi fissati per lo sfratto.
Alla sistemazione di detti problemi il sindaco di Gambolò si era impegnata ufficialmente nella seduta di Consiglio comunale del 19 aprile.

* Comunità Sinti di Gambolò

2 Risposte to “Sfratto”

  1. GGiovannetti Says:

    Sfrattata: «Soltanto i nomadi mi aiutano»  di Andrea BalloneGambolò. I nomadi ogni sabato le comprano il pane. Irene Zappalà, 47 anni, vive anche grazie alla generosità dei sinti – da oltre un secolo c’è una comunità in paese – che però non potranno salvarla dallo sfratto esecutivo, intimato alla donna dal tribunale di Vigevano. Le sono arrivate due ingiunzioni di sfratto a distanza di un mese: prima o poi, la forza pubblica la costringerà ad allontanarsi dall’appartamentino dove vive con il figlio. «Al sabato – racconta Franco Vara Bianchi, uno dei sinti che vivono a Gambolò – vado a comprare il pane per le famiglie che vivono nel campo e lo prendo anche per Irene. Le basta per tutta la settimana». Il frigorifero della donna dice molto. E’ completamente vuoto, eccezion fatta per il freezer imbottito di pagnotte, che ogni giorno scongela e mangia. «Ma come faccio a pagare l’affitto – dice Irene – guadagno lavorando in un ristorante 330 euro al mese, e l’affitto è di 300». Un mese fa è arrivata l’ultima ingiunzione di sfratto. «Avevo chiesto al Comune che mi aiutasse a trovare un appartamento. Mi hanno detto che c’era una stanza per me, ma io non l’ho ancora vista. E non possono garantire per me su un nuovo contratto di affitto». Al momento, Irene non può nemmeno pagare le bollette, e anche su questo il Comune non può aiutarla. La sua vita ha subito un netto peggioramento nell’ultimo periodo. «Prima – dice – guadagnavo 700 euro al mese, oggi molti meno e mio figlio non può darmi una mano». Il ragazzo ha avuto un incidente nel 2007 e gli è stata messa una placca di metallo in un ginocchio. «L’anno scorso – racconta la donna – aveva trovato lavoro. Scaricava casse d’acqua per 25 euro al giorno. Poi la placca gli è uscita dal ginocchio e ha dovuto smettere: oggi è disoccupato».( “La Provincia Pavese”, 26 maggio 2010)

  2. utente anonimo Says:

    Ciao Giovanni.Ho fatto girare tra amici/che, colleghi/e, e sui siti "Il Pane e le Rose" (a diretto contatto tra gli altri col sindacato inquilini di base UNIONE INQUILINI) e sul Collettivo "Bellaciao". Anche se comunque sembra tardi per intervenire, anche con l'opposizione fisica, all'esecuzione di sfratto e contro quella cretina della Nai che ogni due per tre riesce a far parlare di sè. E, non c'è fine all'ironia, è pure un avvocato…Da domattina riprendo a lavorare, torno alle sei e mezza-sette alla sera…cosa posso e possiamo fare insieme?! Non so come muovermi individualmente. Hai consigli?!Per cortesia rispondimi presto.Mattia

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