Il tamburo di lotta

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A trent’anni dagli scioperi del Baltico – sesta parte
Le storie. Bogdan Lis (1954)
di Giovanni Giovannetti

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Bogdan Lis ha un curriculum vitae che, nei primi anni della Polonia democratica, garantisce almeno un incarico ministeriale: è stato uno dei fondatori di Solidarność, ma già nel 1978 era un attivista dei sindacati liberi Wzz, da cui Solidarność è sorta. Nel 1980 è a capo del Comitato di sciopero alla Elmor, una fabbrica di impianti elettrici per le navi, dove il giovane Lis lavora, vicecapo del Comitato di sciopero generale Mks e tra i firmatari degli accordi di Danzica.

Un Caronte per l’est

È iscritto al Poup e durante lo sciopero raccoglie fondi tra i militanti: vorrebbe un partito interlocutore forte della società civile, così come vorrebbe restare un iscritto «per non indebolirlotroppo e per mantenerlo come interlocutore: senza di loro con chi avremmo trattato? con i sovietici?». Viene espulso. Dopo gli accordi del 1980 fa parte delle autorità centrali di Solidarność: «La minaccia dell’invasione da parte dei sovietici era tenuta in debito conto da Solidarność anche se, dopo l’Afghanistan, il ”Grande fratello” tendeva a soffocare i movimenti sociali con la repressione interna».

Durante i primi giorni dello stato di guerra sfugge alla Milicja e, dal sotterraneo dove si è nascosto con altri compagni, organizza un comitato clandestino di Solidarność. Arrestato nel 1984, accusato di alto tradimento, sei mesi dopo è rilasciato e nuovamente arrestato. Al processo di Danzica lo condannano a due anni e mezzo; esce di prigione un anno e mezzo dopo, grazie all’amnistia generale. Nel 1988 è tra gli organizzatori degli ”scioperi di maggio”; lo arrestano di nuovo ma esce quasi subito di prigione e fare parte del team di Solidarność alla “Tavola rotonda”, occupandosi delle riforme politiche.
Alle prime elezioni semilibere del 1989, Lis viene eletto senatore con il 73,4 per cento dei consensi nel voivodato di Danzica, ma già nel 1991 abbandona la vita politica, dopo i conflitti che porteranno Solidarność a frammentarsi in una miriade di piccoli gruppi. Per un po’ Lis si tiene lontano dalla vita dei partiti e avvia una attività di consulenza alle ditte occidentali che vogliono entrare nei mercati dell’est europeo. Ha interessi anche nel campo edilizio e nella pubblicità. Torna alla politica attiva con l’Unione della libertà, il partito di Mazowiecki e Kuroń: alle elezioni amministrative del 1998 viene eletto consigliere del voivodato: è uno dei leader del partito in Pomerania. Si presenta anche alle parlamentari del 2001, che perde, come tutti i candidati dell’Unione. Tuttavia, Lis è uno dei personaggi che contano a Danzica. Nel gennaio 2000 diventa presidente del consiglio di amministrazione della Fondazione Centro Solidarność. Lo ha proposto Lech Wałęsa.

Bogdan Lis, 1954: «Nel 1980 ero impiegato alla ‘Elmor’ che fabbricava impianti elettrici per le navi. Dal 1975 ero iscritto al partito. Durante lo sciopero addirittura ho raccolto soldi tra i militanti, poi mi hanno buttato fuori. Ero dell’idea che bisognasse restare nel partito per non indebolirlo troppo e per mantenercelo come interlocutore: senza di loro con chi avremmo trattato? Coi sovietici? La minaccia di invasione era tenuta in debito conto da Solidarnosc, anche se, dopo l’Afghanistan, il ‘Grande fratello’ tendeva a soffocare i movimenti sociali con la repressione interna. Quindi c’erano dei limiti da non oltrepassare.
Nel 1989 sono stato eletto senatore. Dopo lo scioglimento del Parlamento (1991) alcuni conflitti dentro il movimento mi hanno indotto a uscire dalla vita politica e a dimettermi daSolidarnosc, che si era frammentata in gruppi e gruppetti. Ho anche rifiutato la proposta di Walesa di lavorare con lui alla Presidenza della Repubblica. Volevo tornare al lavoro, non volevo più dipendere dal movimento. Dall’aprile ’92 opero come consulente delle ditte occidentali per i mercati dell’est. Vendo anche tecnologie per l’edilizia, sempre sul mercato orientale; sul mercato interno ho l’esclusiva di certe tecnologie nel campo del termoisolamento. In questo momento sto preparando un grosso progetto di investimento urbanistico con incluso il suo finanziamento; insomma, un progetto globale. Mi occupo anche di pubblicità: gestisco in esclusiva le pagine pubblicitarie degli orari dei treni Intercity polacchi.
Danzica è cambiata in meglio, ma quello che frena lo sviluppo sono le sue infrastrutture deboli come strade e trasporti: ancora una volta si dimostra che dello sviluppo urbano devono occuparsi gli urbanisti. Come nei cantieri: con la politica che decideva tutto la situazione si è progressivamente logorata: le maestranze erano scese da 17 mila a 2 mila e non c’erano prospettive. Dopo l’acquisto da parte dei privati sono stati riassunti circa tremila operai e saranno ancora di più in futuro. Quelli che si sono opposti alla vendita non capiscono niente. 150 anni fa venne processato un uomo perché aveva comprato dei panini in campagna e li rivendeva in città a prezzo maggiorato: finì due anni in prigione per speculazione. Loro sono fermi a questo livello».

(sesta parte – continua)

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