Come corsari sulla filibusta 2

by

di Carla Benedetti e Giovanni Giovannetti

..

Ecco cosa scriveva Pasolini in uno schema riassuntivo di Petrolio intitolato Storia del petrolio e retroscena:

In questo preciso momento storico (I° BLOCCO POLITICO) Troya  sta per essere fatto presidente dell’Eni: e ciò implica la soppressione del suo predecessore (caso Mattei, cronologicamente spostato in avanti) [7]

Calia commenta alcune pagine di Petrolio nella sua Richiesta di archiviazione. E per primo coglie le analogie tra Questo è Cefis e il romanzo di Pasolini, collegando tra loro i fili di questa intricata matassa. Fatica però a reperire il libro di Steimetz. Non sa che una fotocopia si può trovare al Gabinetto Vieusseux di Firenze[8], proprio tra le carte di Pasolini, il quale a sua volta l’aveva ricevuta nel settembre 1974 da Elvio Fachinelli, psicoanalista e animatore della rivista “L’Erba Voglio”. Nella cartella dell’Archivio si conserva anche la lettera di Fachinelli a Pasolini, datata 20 settembre 1974: «Caro Pasolini, le faccio avere una conferenza di Cefis e una fotocopia del libro su di lui, ritirato. Forse le possono servire».
La “conferenza” di cui parla Fachinelli è il testo del discorso tenuto da Eugenio Cefis all’Accademia militare di Modena il 23 febbraio 1972 (pubblicato sulla rivista “L’Erba Voglio”, n. 6).  Pasolini si riproponeva di inserirlo integralmente nel romanzo, a mo’ di cerniera «a dividere in due parti il romanzo in modo perfettamente simmetrico e esplicito».[9]
Nonostante le comuni sintonie, Pasolini e Fachinelli non si conobbero mai di persona. Lo riferisce Riccardo Antoniani:

A partire dal gennaio del ’74, Fachinelli scrisse diverse volte a Pasolini. Anche in virtù di quel comune muovere «da un’estrema sinistra non ancora definita e certo ancora non facilmente definibile» in cui si inseriva il discorso sulle pratiche non-autoritarie da lui condotto fino allora insieme a Lea Melandri sull’“Erba Voglio”.
Fu in questa rivista che venne pubblicato il celebre discorso La mia patria si chiama multinazionale tenuto da Eugenio Cefis all’Accademia militare di Modena nel 1972. Che con quelle parole rivolte a un pubblico di militari, in quell’accademia dove una volta fu cadetto, Cefis lasciasse presagire «un tintinnio di sciabole», come sostenne il Generale Folde alla commissione Anslemi, è fuori dubbio. In sostanza veniva invocata una riforma costituzionale orientata a un presidenzialismo autoritario, per cui di fatto si sarebbe precluso al Pci qualsiasi aspettativa di governo: il golpe bianco.
Come e dove Fachinelli riuscisse a procurasi i discorsi, anche quelli non pronunciati, dell’allora presidente della Montedison rimane ancora un mistero. Fatto sta che tentò di coinvolgere Pasolini nel progetto di un libro di “pronto intervento” su Cefis e il Nuovo Potere a cui il poeta avrebbe dovuto contribuire analizzando e recensendo alcuni di questi testi.
Fu così che Pasolini entrò in possesso dei tre discorsi di Cefis e di una fotocopia del libro di Giorgio Steimetz Questo è Cefis.
[10]

Petrolio non è scritto come lo sono normalmente i romanzi. Non c’è un narratore che racconta una storia, ma un autore che costruisce man mano il progetto di un romanzo da farsi, accumulando una serie di “Appunti”. Ed è in questa forma che Pasolini pensava di pubblicarlo. Egli aveva del resto già sperimentato questa peculiare forma-progetto in opere cinematografiche come Appunti per un film sull’India e Appunti per un’Orestiade africana[11]. E anche nella Divina Mimesis, data alle stampe poco prima della morte (che si finge l’edizione di un manoscritto ritrovato, il cui autore è morto, «ucciso a colpi di bastone, a Palermo, l’anno scorso»[12]. Questa struttura gli consente una grande libertà di scrittura e la possibilità di inserire, in fasi successive, materiali eterogenei, anche non letterari, presi dalla cronaca o da altro.
Ma una domenica pomeriggio, sopra una bancarella di testi usati, la fortuna incontra Calia, e Calia il libro. Finalmente ne può fare una comparazione con Petrolio – funzionale alle sue indagini – e ne espone i risultati  in una nota a margine della Richiesta di archiviazione.[13]
Anche Pier Paolo Pasolini (ucciso a Ostia il 2 novembre 1975) aveva dunque avanzato in Petrolio  sospetti  sulla morte di Mattei, alludendo a responsabilità di Cefis. Pur nella frammentaria stesura del romanzo incompiuto tali allusioni sono chiaramente rintracciabili. Il personaggio chiamato Troya non può che mascherare Eugenio Cefis «Aldo Troya, vice presidente dell’Eni, è destinato a diventare uno dei personaggi chiave della nostra storia»[14], mentre Bonocore è lo stesso Mattei.[15] La descrizione che Pasolini fa di Troya è del resto non solo inequivocabile, ma anche tale da rivelare la fonte usata: si tratta appunto di Questo è Cefis.

Lui, Troya, è un uomo sui cinquant’anni […]. La prima cosa che colpisce in lui è il sorriso. […] un sorriso di complicità, quasi ammiccante: è decisamente un sorriso colpevole. Con esso Troya pare voler dire a chi lo guarda che lui lo sa bene che chi lo guarda lo considera un uomo abbietto e ambizioso, capace di tutto […] Il linguaggio con cui egli si esprimeva era la sua attività, perciò io, per interpretarlo, dovrei essere un mercialista oltre che un detective. Mi sono arrangiato, ed ecco cosa sono venuto a sapere.[…] Troya emigrato a Milano nel 1943, fu colto non inaspettatamente impreparato alle proprie scelte, a quanto pare, dalla fine del fascismo e dall’inizio della Resistenza. Partecipò infatti alla Resistenza […]. Il capo di quella formazione partigiana era l’attuale presidente dell’Eni, Ernesto Bonocore. […] le madri: una certa Pinetta Sprìngolo di Sacile, per Troya, e una certa Rosa Bonali, di Bescapè per Bonocore. […] La cosa che vorrei sottolineare è la seguente: Troya nella formazione partigiana era secondo. E la cosa pareva gli si addicesse magnificamente fin da allora. […]. Sarebbe troppo lungo, e per me, poi, impossibile, seguire tutta la lenta storia (due decenni) di questa accumulazione e di questa espansi
one. Mi limiterò dunque a dare un panorama, […]. Dunque, Troya è attualmente vicepresidente dell’Eni. Ma questa non è che una posizione ufficiale, premessa per un ulteriore balzo in avanti dovuto non tanto a una volontà ambiziosa quanto all’accumularsi oggettivo e massiccio delle forze guidate da tale volontà. La vera potenza di Troya è per ora nel suo impero privato, se queste distinzioni sono possibili. Troya ha da sempre coerentemente agito sotto il segno del Misto. Dunque non c’è mia reale soluzione di continuità tra ciò che è suo e ciò che  è pubblico […] L’altro fondamento primo dell’impero di Troya era la Società Immobiliari e Partecipazioni (?), intestata a Amelia Gervasoni [….] sorella della moglie di Troya.
[16]

(dall’introduzione a Questo è Cefis. L’altra faccia dell’onorato presidente di Giorgio Steimetz, edito da Effigie nella collana Saggi e documenti)

[7] Appunti  20-30. Storia del problema del petrolio e retroscena, pp. 117-18
[8] Archivio Contemporaneo Alessandro Bonsanti del Gabinetto Vieusseux di Firenze, cartella V (materiali Vari)
[9]
[10] Antoniani, Contro tutto questo. Il n. 6 di “Erba Voglio” fu curato da Fachinelli insieme a Giuseppe Turani.
[11] Si veda, di Carla Benedetti, La forma-progetto, in Pasolini contro Calvino, Bollati Boringhieri 1999, pp. 158-70
[12] La divina Mimesis, Einaudi 1975, p. 61
[13] Vincenzo Calia, richiesta d’archiviazione, nota 1290, p. 416
[14] Appunto 20. Carlo – Come  in un romanzo di  Sterne – lasciato nell’atto di andare a un ricevimento, p.90
[15] Bonocore, che Pasolini chiama Enrico nell’Appunto 20, p. 100.
[16] Appunto 22. Il cosiddetto  impero dei Troya: lui, Troya, pp. 94-98

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