Come corsari sulla filibusta 4

by

di Carla Benedetti e Giovanni Giovannetti

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Pasolini si mantiene fedele alla ricostruzione di Steimetz anche riguardo allo statuto proprietario delle singole società. Ancora qualche esempio:

Arolo, scrive Steimetz, aveva come soci la prestanome di Cefis Ambrogia Francesca Micheli e la General Rock Investment trust di Vaduz: nel romanzo diventano la prestanome di Troya Donata Bandel Dragone e la General Lake Investment trust di Coira. La Chioscasauno, sempre stando alle informazioni di Steimetz, era una società a responsabilità limitata rilevata da Cefis nel 1961: così nel romanzo la Spiritcasauno.[41]

Testo alla mano, si può dire quindi che molte delle informazioni di Pasolini su Cefis – in particolare quelle contenute nell’Appunto 22 (Il cosiddetto impero dei Troya ) – venivano da Questo è Cefis. Nel Petrolio delle stragi Gianni D’Elia ha anche considerato «con una certa sorpresa che l’ultimo Pasolini “corsaro”, quello che potremmo anche chiamare “il poeta delle stragi”, riprende quasi sicuramente dal colorito libro di Steimetz il suo aggettivo più romanzesco, salgariano, fortunato e connotato, come si può leggere in Questo è Cefis : “come corsari sulla filibusta”».[42]

Lampi sull’Eni

Tutte le edizioni di Petrolio finora pubblicate [43] contengono uno strano capitolo formato da un titolo e una pagina bianca. Il titolo è Appunto 21. Lampi sull’Eni . È quello che viene subito prima dell’Appunto 22. Il cosiddeto impero dei Troya , cioè le pagine di cui abbiamo parlato finora. Secondo Graziella Chiarcossi, erede di Pasolini e curatrice della prima edizione di Petrolio , quel capitolo non è mai strato scritto. Eppure viene richiamato in un’altra pagina di Petrolio come se fosse già scritto: «Per quanto riguarda le imprese antifasciste, ineccepibili e rispettabili, malgrado il misto, della formazione partigiana guidata da Bonocore, ne ho già fatto cenno nel paragrafo intitolato Lampi sull’Eni , e ad esso rimando chi volesse rinfrescarsi la memoria ».[44] Anche l’edizione di Silvia De Laude, molto accurata nelle note, non commenta quello strano rinvio a un capitolo che non c’è. Il primo a notare l’incongruenza è stato Calia. Vi si è soffermato poi D’Elia, che la considera la prova di un possibile furto di pagine dal manoscritto di Petrolio , poiché «non si può “rimandare” che a ciò che si è già scritto »[45] . Certo, Pasolini avrebbe anche potuto avere in testa i contenuti di quel capitolo, pur non avendolo ancora steso, e ripromettendosi di farlo in un momento successivo, ma certamente la “lacuna” apre delle domande. Soprattutto se la si somma alla natura dell’argomento, alle modalità della morte dell’autore, al furto o sopralluogo che secondo alcuni testimoni ci sarebbe stato nella casa di Pasolini subito dopo l’omicidio, alle dichiarazioni di Pasolini stesso secondo le quali Petrolio avrebbe dovuto essere più lungo di quello che ora abbiamo, [46] e infine anche al fatto che Petrolio è stato pubblicato ben diciassette anni dopo l’omicidio (un ritardo solo in parte giustificato dall’incompiutezza del manoscritto).
Da ciò che scrive Pasolini, si può ritenere che in quell’appunto mancante doveva (o avrebbe dovuto) esserci un riferimento esplicito al periodo partigiano di Cefis, e forse ad alcune ombre del suo passato nella Divisione apolitica Valtoce in Val d’Ossola (poi inquadrata nelle Brigate Fiamme Verdi, di orientamento cattolico), e in particolare nella Brigata Alfredo Di Dio, dedicata alla memoria del comandante caduto in un agguato il 12 ottobre 1944 – morte di cui Cefis sembra portare qualche responsabilità.[47]Sono gli anni in cui si cementano i legami – già stretti – tra il partigiano “Alberto” (il nome di battaglia di Cefis) e l’Office of Strategic Services (Oss) precursore della Central Intelligence Agency (Cia), l’agenzia di spionaggio per l’estero degli Stati Uniti.
Dunque, o quelle pagine non sono state scritte oppure sono state sottratte. E in questo secondo caso si tratterebbe di una sottrazione mirata. Perché proprio le pagine di Lampi sull’Eni? Chi si impossessò di quelle carte doveva essere a conoscenza del loro contenuto. Sapeva che nel romanzo si parlava dell’omicidio di Mattei e si faceva anche il nome del mandante, Eugenio Cefis. Ma il suo bisturi non lavorò alla perfezione. Forse per la fretta, forse per scarsa dimestichezza con la strana forma compositiva di Petrolio , egli non si accorse che in un’altra pagina del manoscritto, uno schema riassuntivo del 16 ottobre 1974 (circa un mese dopo aver ricevuto da Fachinelli la fotocopia di Questo è Cefis ) riportava il “sunto” del capitolo mancante. Si tratta del passo già citato sopra «Troya sta per essere fatto presidente dell’Eni: e ciò implica la soppressione del suo predecessore (caso Mattei …)» ecc, assieme a un diagramma, questo.[48]

Pasolini annota un «romanzo non tanto ‘a schidionata’ quanto ‘a brulichio’, o magari a ‘shish kebab’ /tutta questa è un’enorme digressione alla Sterne, che lascia Carlo nell’atto di andare al ricevimento della signora F. E lo riprende quando entra /-specchietto dell’Impero Eni poi Montedison /-specchietto dell’impero Monti secondo questo schema ». Di nuovo Calia evidenzia (qui in corsivo) alcuni passaggi di Petrolio utili alle sue indagini:

– La signora presso cui c’è il ricevimento è la Signora titolare di un Ente Culturale finanziato (per ragioni di amicizia o parentela)sia da Cefis che da Monti […] /*Il racconto che portaal punto di incrocio del salotto della Signora è costituito tutto da notizie e informazioni di affari e parentele ecc. (Appunti 20-0). Ma anche nel punto di incrocio si raccontano <?>fatti di affari, interessi, mene, clientelismo che preparano la II parte /In questo preciso momento storico (I °BLOCCO POLItICO)Troya (!)sta per essere fatto presidente dell’Eni: e ciò implica la soppressione del suo predecessore (caso Mattei, cronologicamente spostato in avanti). Egli con la cricca politica ha bisogno di anticomunismo (‘68): bombe attribuite ai fascisti [49] / (Restivo
lo conosciamo nel salotto della signora F. )/Il II °BLOCCO POLItICO (app. sarà caratterizzato dal fatto che la stessa persona (Troya )sta per essere fatto presidente della Montedison. Ha bisogno, con la cricca dei politici, di una verginità fascista (bombe attribuite ai fascisti)/**inserire i discorsi di Cefis: i quali servono a dividere in due parti il romanzo in modo perfettamente simmetrico e esplicito […] /Mattei lo usa per i contatti coi fascisti proprio per la sua intaccabilità di antifascista e cattolico di sinistra /I fascisti siciliani ricattano – per questa ragione – Carlo quando è il momento di ammazzare Mattei;e Carlo si fa complice (sia pure solo col silenzio). A proposito della mafia […][50]

Quando Pasolini scrive che Carlo troya (Carlo, come il padre di Pasolini) ovvero Cefis, «sta per essere fatto presidente dell’Eni: e ciò implica la soppressione del suo predecessore (caso Mattei cronologicamente spostato in avanti)», egli si discosta dall’ipotesi corrente, secondo cui la morte di Mattei aveva come unico movente gli interessi della lobby petrolifera americana o quelli francesi in Algeria (è l’ipotesi ventilata anche nel film di Francesco Rosi, Il caso Mattei )[51]. Non solo. Per Pasolini, Mattei era stato ucciso per far posto a Cefis (in cui si doveva leggere «fisicamente Fanfani », come è scritto sopra il diagramma). Dunque un intrigo per buona parte interno all’Italia e ai suoi blocchi di potere, le cui fila erano tenute in mano da Cefis, così come ricostruirà Calia molti anni dopo. Un complotto «orchestrato “con la copertura degli organi di sicurezza dello Stato” e poi occultato in un intreccio di omertà e depistaggi pronti a ricompattarsi ogni volta che, nella storia del Paese, qualcuno minaccia di rivelarne il segreto ».[52] Secondo il pentito “storico” di Cosa nostra Tommaso Buscetta:

Mattei fu ucciso su richiesta di Cosa nostra americana perché con la sua politica aveva danneggiato importanti interessi americani in Medio Oriente. A muovere le fila erano molto probabilmente le compagnie petrolifere, ma ciò non risultò a noialtri direttamente, in quanto arrivò Angelo Bruno, della famiglia di Filadelfia, e ci chiese questo favore a nome della Commissione degli Stati Uniti […] Occorreva pertanto studiare un metodo per eliminarlo del tutto inusuale per noi e tale da fare in modo che l’episodio rimanesse avvolto nel mistero più fitto. Salvatore Greco ‘Cicchiteddu’ si assunse il compito di organizzare materialmente l’attentato. Egli, a sua volta, si consultò con Stefano Bontade […] Il contatto con Mattei fu stabilito da Graziano Verzotto, un uomo di potere che rappresentava l’Agip in Sicilia e militava nella Democrazia cristiana. Verzotto non era informato, ovviamente, del progetto di Cosa nostra, ma era molto legato a Di Cristina [53] […] Penso che fu proprio Verzotto, o lo stesso Di Cristina a presentare a Mattei un gruppo di giovanotti della mafia (quelli che ho nominato prima più Stefano Bontade)che lo portarono a caccia – sapevamo che Mattei aveva una passione per questo sport – nei dintorni di Catania il giorno prima della sua morte […] Di Cristina procurò l’accesso a una riserva privata dove accompagnare Mattei. L’aereo di quest’ultimo fu manomesso durante questa battuta di caccia. Esisteva, ovviamente, una vigilanza che doveva essere elusa. Ma la vigilanza di quei tempi non era quella di oggi: consisteva in un paio di guardie che passeggiavano su e giù nei pressi dell’aereo.[54]

Buscetta dunque conferma: l’aereo di Mattei subì un sabotaggio. Lo si riscontra anche dalle confessioni di altri “pentiti”: Gaetano Iannì («per l’eliminazione di Mattei c’era stato un accordo tra gli americani e Cosa nostra. Il centro di Cosa nostra, cioè Palermo, incaricò per l’eliminazione Di Cristina Giuseppe il quale con la sua famiglia fece in modo che sull’aereo sul quale viaggiò il Mattei venisse collocata una bomba »)[55] e Salvatore Riggio («Sempre in ordine alla morte di Enrico Mattei, nella famiglia di Riesi si parlava di una bomba messa sull’aereo »).[56]

(dall’introduzione a Questo è Cefis. L’altra faccia dell’onorato presidente di Giorgio Steimetz, edito da Effigie nella collana Saggi e documenti)

[41] Petrolio, a cura di Silvia De Laude, p.600
[42] Il Petrolio delle stragi, p.7, e qui, p.40
[43] Oltre a quelle già citate, Einaudi 1992 e  Mondadori 2005, c’è anche l’edizione del romanzo contenuta nell’opera completa di Pasolini, diretta da Walter Siti, e curata dalla stessa De Laude, vol. II, Romanzi e racconti,  Mondadori 1998.
[44] Appunto 22a. Il cosiddetto impero dei Troya: le filiali più vicine alla casa madre, p.97
[45] Il Petrolio delle stragi, pp.16-17
[46] Su “Il  ondo” del 26 dicembre 1974, Pasolini dichiara a Carlotta Tagliarini  «Nulla è quanto ho fatto da quando sono nato, in confronto all’opera gigantesca che sto portando avanti  un grosso Romanzo di 2000 pagine. Sono arrivato a pagina 600, e non le dico di più per non compromettermi».
[47] Nel 1969 Cefis subisce un oscuro attacco di Giorgio Pisanò e Fulvio Bellini sul “Candido”. Ne accenna Giorgio Galli in La regia occulta (Tropea, 1996) «Il comandante delle formazioni partigiane di orientamento Dc in Val d’Ossola, Alfredo Di Dio, cade in combattimento durante la  battaglia  per  Domodossola,  alla  quale  aveva  partecipato  anche  Cefis.  Nel  1969  è  in  corso  uno  dei  molti  scontri  per  il  controllo  della ontedison. Pisanò organizza un gruppo di suoi piccoli azionisti. Secondo Eugenio Scalfari e Giuseppe Turani (Razza padrona, p.117) opera d’intesa con Cefis».  a il rapporto si incrina  «Venti giorni prima della clamorosa assemblea della  ontedison, Giorgio Pisanò era arrivato a stampare su “Candido” una lettera aperta a Eugenio Cefis nella quale si potevano leggere frasi come la seguente  “Non è in questa sede, comunque, che interessano i suoi trascorsi di giovane ufficiale durante la seconda guerra mondiale e di capo partigiano in Val d’Ossola (a proposito quand’è che renderà la sua preziosa testimonianza su quanto accadde la tragica mattina del 12 ottobre, al Sasso di Finero, e sulla lunga agonia di Alfredo Di Dio)”. [Pisanò] insinuava, cioè, che il presidente del
l’Eni sapesse sulla morte di Di Dio più di quanto non avesse mai detto e, lasciava capire, di quanto avesse interesse di dire» (Razza padrona, Feltrinelli 1974, pp.206-207).
[48] Appunti 20 30. Storia del problema del petrolio e retroscena, pp.117-18
[49] Nella realtà, le bombe milanesi del 12 dicembre 1969 vennero attribuite agli anarchici Giuseppe Pinelli e Pietro Valpreda.
[50] Appunti 20 30. Storia del problema del petrolio e retroscena, pp.117-18; Richiesta di archiviazione, nota 1290, p.416
[51] In Francia Mattei era osteggiato sia dal generale De Gaulle che dagli ‘ultras’ dell’Organisation de l’armée secrète (Oas), un gruppo terrori-stico clandestino che si oppone al disimpegno francese in Algeria. Nell’estate del 1961  Mattei era stato informato dal segretario particolare di Gronchi di piani in atto per ucciderlo da parte dell’organizzazione estremista francese. Una settimana dopo l’Oas inviò una lettera a  Mattei minacciandolo di morte. Non esistono particolari d’archivio su questi fatti, ma è certo che Mattei, che probabilmente finanziava i ribelli algerini, fosse inviso ai francesi.
[52] Si veda Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza, “il Fatto Quotidiano”, 4 marzo 2010. Alle stesse conclusioni era forse arrivato anche  Mauro De  Mauro, il giornalista siciliano ucciso nel 1970 dalla mafia.
[53] Di cui Verzotto era stato testimone alle nozze.
[54] Verbale dell’interrogatorio del 29 aprile 1994, in Richiesta di archiviazione, pp.2165-2172. Nelle ore passate da  attei in Sicilia, non risul-ta
che il presidente dell’Eni abbia preso parte a battute di caccia.
[55] Verbale dell’interrogatorio del 27 luglio 1993, pp.3-5
[56] Verbale dell’interrogatorio del 15 luglio 1996, in Richiesta di archiviazione, p.3214

(4 – continua)

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