Lasciateli nel ghetto ancora un po'

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Un campo di concentramento per la minoranza Sinti pavese?
da Pavia, Giovanni Giovannetti

Ora per il Comune diventa urgente un nuovo campo per i Sinti di Piazzale Europa (e quelli “parcheggiati in via Bramante”? Rientrano anche loro tra le priorità comunali?). In quella zona lungo il fiume, soggetta alle esondazioni, si prevedono residenze e un parcheggio multipiano sotterraneo. Guarda il caso, il progetto che piace al sindaco, singolarmente, somiglia a quello descritto da Carlo Antonio Chiriaco nelle intercettazioni; guarda il caso, la proposta «che più convince» reca la firma di Alberto Pio Artuso, l'ex presidente della Commissione comunale territorio e membro del Cda di Asm (in quota al Partito democratico), lo stesso a cui Chiriaco si era rivolto per una «consulenza» sulla nuova Chiesa evangelica, poi rivelatasi abusiva. Quando la finiranno?
Urbanistica e diritti delle minoranze. Da una parte stanno i progetti per la “riqualificazione” del piazzale Europa, su cui Comune, Asm e Camera di commercio – proprietari dell'area – sono chiamati a decidere; dall'altra, le poche idee ma confuse della pubblica amministrazione (sia la Giunta Cattaneo, sia le precedenti) sulle soluzioni abitative da considerare per i Sinti di Pavia.
Al solito quando si tratta di zingari, a Pavia la soluzione sembra arrivare da un bel campo cintato in cui rinchiuderli tutti quanti, un campo con le torrette, possibilmente con il filo spinato e le guardie armate, possibilmente oltre la tangenziale, possibilmente in luoghi ancora più ameni e lontani degli attuali. Posto che oggi le priorità potrebbero anche essere altre (alcune le ha elencate Ottini), che ne è del progetto delle microaree, dell'autoedificazione e di tutte quelle soluzioni abitative civili, alternative al campo-ghetto e marginalizzante, con tutti dentro? Dove avete nascosto i progetti, quelle proposte peraltro pagate con il pubblico denaro, ovvero le soluzioni alternative su cui si è a lungo dibattuto? E poi: la priorità va data allo spostamento dei Sinti da piazzale Europa o vengono prima le famiglie confinate in via Bramante, il vero ghetto, con un cesso male in arnese per oltre cento persone?

 
Alcune proposte 

L’Italia è all’ultimo posto in Europa per gli interventi verso le popolazioni zingare. In Spagna, il programma governativo “Acceder” ha consentito in pochi anni l’inserimento lavorativo di 35mila Rom e Sinti con l’aiuto di fondi europei, fondi che l’Italia non richiede né utilizza.
A Pavia sono mancate le politiche del lavoro e dell’inclusione. Le istituzioni non hanno mai sostenuto la nascita di cooperative Sinte e Rom, tali da consentire la regolarizzazione di lavori come la raccolta del ferro o la cura del verde pubblico, delle manutenzioni viarie, della custodia dei parchi, ecc. Manca anche una politica della formazione al lavoro, rivolta innanzitutto ai giovani. Al dunque, noi siamo per il rispetto dei diritti costituzionali, per il rispetto delle regole, per risolvere i problemi.
Tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta si perdono di vista le comunità tzigane come appartenenti da secoli alla nostra storia urbana e rurale. in assenza di indicazioni nazionali, gli enti locali adottano politiche basate sulla segregazione e sul modello del campo nomadi, che hanno relegato Rom e Sinti fuori dalla vita pubblica. Sono inerzie demagogiche e violente, basate su assistenzialismo e repressione. E sgomberi. A loro volta, gli sgomberi hanno dato luogo ad altri campi. Un cane che si morde la coda: la segregazione e la perdita dell’identità culturale aprono alla deriva delinquenziale, al giustizialismo, al rifiuto. Un costo sociale ed economico elevatissimo, ben superiore a quello delle politiche d’inclusione, scolarizzazione e inserimento lavorativo, le uniche in grado di garantire la sicurezza sociale.
A Pavia risiedono due comunità di zingari Sinti italiani e Rom rumeni, questi ultimi arrivati recentemente. Non sono più nomadi da molto tempo, ma 386 Sinti vivono nei “campi” di via Bramante e piazza Europa. I Rom – un centinaio – abitano in case d’affitto. Le istituzioni locali sembrano inclini a considerare i Sinti culturalmente portati a vivere in roulotte o in baracche: non è così. Tra i Sinti c’è la richiesta diffusa di casette più stabili, di micro-aree in cui sperimentare forme di autogestione responsabile del territorio. Tutto il contrario della deresponsabilizzazione a cui di fatto sono portati dagli interventi assistenziali, o dai “privilegi”, come il mancato pagamento delle utenze pubbliche. Proviamo ad elencare alcune possibili alternative residenziali al modello del campo nomadi:

Piccole unità abitative diffuse, alternative ai campi, in cui sperimentare forme di autogestione responsabile. Gruppi famigliari allargati acquistano un terreno o ne ricevono uno dalla pubblica autorità (contratto di enfiteusi) sul quale costruire una casa.

La casa popolare. Accesso delle famiglie Sinte e Rom pavesi che dispongono dei requisiti necessari alle liste d’attesa per le case popolari o a canone convenzionato. Può rappresentare una soluzione quando i legami sono monofamigliari. Ma vivere nei campi comporta punteggi molto bassi.

L’affitto di una casa sul mercato privato (modello bolognese: in questo modo sono stati chiusi tre campi, con un risparmio dei ¾ di quanto il Comune spendeva nella gestione dei “campi nomadi”). All’occorrenza il Comune può affittare gli appartamenti e poi subaffittarli ai destinatari, garantendo così i proprietari. Sono politiche con un orizzonte di almeno 8 anni. Le condizioni potranno variare ogni 4 anni.

L’acquisto di una casa (modello torinese): anche in questo caso si rendono necessari dei garanti, persone autorevoli disposte a garantire l’accesso al credito. In alternativa, il Comune svolge la funzione di mediatore con le banche per l’accesso ai mutui.
In tutti questi casi vanno previste forme di accompagnamento, anche da parte di operatori provenienti dalle comunità Rom e Sinti.

Non andrebbero dimenticate una o più micro-aree riservate alla sosta temporanea dei gruppi in transito. Gli zingari lombardi hanno ormai perso le abitudini itineranti, ma alcuni sono ancora dediti al piccolo commercio, ad attività artigianali, all’attività di giostrai, ecc. Le aree di sosta richiedono un coordinamento con gli altri siti a disposizione. Al riguardo, è ottimo il modello francese.
Da subito si provveda alla sistemazione urgente dell’area di via Bramante (un bagno per 150 persone!), e contemporaneamente si predisponga un piano di dismissione del campo.

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