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A cosa mirava l’imprenditore edile Antonio Dieni? Intercettato un anno fa a conversare con il sodale Pino Neri: «Sì infatti [all’assessorato all’Urbanistica] andrà coso… Fracassi… e tiene la posizione». E il capo della ’Ndrangheta: «Sì, si, ma a me interessa come tiene la posizione Fracassi, hai capito?»[84]
E stanno parlando proprio di quel Fabrizio Fracassi (Lega nord) che, poco prima dell’ondata di arresti, in una riunione di Giunta aveva chiesto carta bianca sulla gestione del Piano di governo del territorio. Il 13 luglio l’antimafia si è presentata nel suo ufficio, e ha prelevato copia del Pgt e ogni altra documentazione sull’ex area Enel (che Chiriaco considera «l’affare della vita», in condivisione con Franco Varini), sul bivio Vela (uno dei beni sequestrati a Chiriaco) e su Mirabello (dove operava l’Argenta Sas, solo ufficialmente in capo ad Alfredo Introini).
A Pavia occhi puntati anche sopra un’altra operazione immobiliare a due passi dal Ticino, in via Chiozzo, condotta per conto di imprese tra i cui soci, secondo gli inquirenti, figurano due persone indagate dall’antimafia di Reggio Calabria. Al Chiozzo, l’autorizzazione comunale a costruire è del settembre 2009.
In un’altra intercettazione del 18 settembre 2009 Neri parla con Antonio Dieni di una società, ancora da costituire, per riciclare il denaro acquistando immobili nel centro di Pavia: «Carlo [Chiriaco] aspetta che… facciamo questa società… È possibile che domani vado a trovarlo pure con Giorgio [De Masi] perché gli devo far vedere un affare, se hanno soldi da investire ce li deve riciclare lui e ci fa un… Ho un affare a Pavia… Adesso perché compro un terreno lo inseriscano nel Piano regolatore».[85]
A Chiriaco (proprietario di 38 immobili e titolare di 10 conti correnti) viene anche contestata l’intestazione fittizia «di numerosi beni a vari prestanome»; di mantenere rapporti «con varie amministrazioni comunali al fine di ottenere favoritismi quali l’aggiudicazione di appalti, il mutamento di Piani regolatori»; di mantenere «rapporti privilegiati con esponenti del mondo bancario al fine di sostenere finanziariamente investimenti occulti ed iniziative immobiliari»; di essersi attivato «per il mutamento del Prg di Pavia e per la pratica edilizia inerente l’Immobiliare Bivio Vela Srl al fine di sostenere gli interessi di Chriaco e dei soggetti a lui legati».
A Pavia non si indaga. Se qualcosa emerge, è di rimbalzo da altre Procure. Lunedì 22 settembre 2008, in consiglio comunale, l’ex sindaco di Pavia Elio Veltri ha definito la locale Procura un «archivificio», che somiglia al “porto delle nebbie” del Palazzo di Giustizia di Roma, là dove tutto veniva insabbiato. Parole pesanti. Ma indiscutibilmente qualcuno ha abbassato la guardia e, magari inconsapevolmente, ha favorito gli affari illeciti e alimentato il già diffuso senso d’impunità.
Forse non è un caso che la Procura pavese abbia saputo dell’operazione “Infinito” e degli arresti voluti dalla Boccassini solo il 12 luglio, la sera prima. Fatto è che nell’autunno 2009 qualcuno avvertì Chiriaco di stare in campana, perché il suo telefono era sotto controllo. E infatti a pagina 3283 delle Richieste antimafia si legge che «il 16 novembre 2009, a bordo del veicolo in uso a Chiriaco Carlo, veniva captata una conversazione tra quest’ultimo e Quadrelli Roberta di Stradella, alla quale confidava di essere venuto a conoscenza che qualche organismo investigativo eseguiva delle mirate attività di intercettazione telefonica sul suo conto a causa della sua partecipazione al ricovero presso strutture ospedaliere pavesi di soggetti calabresi in stato di latitanza: “mi ha detto coso che ho il telefono sotto controllo, che avevo il telefono sotto controllo tre mesi fa. Perché venivo sospettato di essere in Questura quello che fa ricoverare i mafiosi”».
E chi è “coso”? In una conversazione del 17 novembre 2009 «Chiriaco riferiva che a fornire la notizia delle indagini era stato tale Lepri Luciano».
Lepri lo conoscono in molti. Manager della Fedegari (settore autoclavi per strutture sanitarie) è stato consigliere comunale di Forza Italia al Comune di Pavia dal 1999 al 2005 (sindaco Albergati, centrosinistra) poi assessore alla sicurezza, polizia locale e protezione civile presso il Comune di Albuzzano, paese che da qualche anno vede, guarda caso, un impetuoso sviluppo urbanistico, compreso l’annuncio dell’ennesimo mega-centro commerciale.
«E io da chi lo avrei saputo?», commenta Lepri il 18 luglio 2010, cinque giorni dopo l’arresto di Chiriaco («conosco Chiriaco da quarant’anni»). Ce lo domandiamo anche noi, perché una cosa è certa: Chiriaco sapeva. Allora com’è possibile che Lepri (e se non lui, altri al posto suo) avesse accesso a notizie tanto riservate? Notizie tali da indurre Chiriaco ad affidare il suo cospicuo patrimonio (terreni, case, quote in società) a compiacenti prestanome oppure a liberarsene rapidamente.[86]
Ma in Lombardia «la mafia non esiste» (a ribadirlo nel gennaio 2010 è nientemeno che il prefetto di Milano Gian Valerio Lombardi) né Cosa nostra, Camorra, ’Ndrangheta, Sacra corona unita hanno mai goduto di coperture altolocate. Eppure, nel profondo sud lombardo non sono mancati i segnali.
Nel dicembre 2006 sul “Corriere della Sera” Alfio Scaccia scrive che il clan mafioso Rinzivillo di Gela, in Lombardia «fa affari a Brescia, Como e Pavia, e soprattutto a Busto Arsizio che, secondo gli inquirenti, era diventata una “Gela del varesotto”». Pavia è citata tra le basi operative dei traffici illeciti, come il riciclaggio del denaro sporco: «I proventi di estorsioni e droga venivano infatti reinvestiti in attività apparentemente pulite».
In alcune intercettazioni telefoniche tra membri del clan Rinzivillo, Rossano Battaglia e Crocifisso (Gino) Rinzivillo parlano di lavori edili, di appalti e di un lavoro «grosso» dalle parti di Pavia (Rossano: «a inizio Aprile… dovrebbe iniziarne uno a Pavia!»; Gino: «dove?»; Rossano: «a Pavia!… vicino Pavia…»; Gino: «ah, ho capito!… ma è grosso come lavoro?»; Rossano: «buono è! Chiavi in mano!»; Gino: «ah, va bene!»).
Martedì 4 novembre 2008 la Dda ha confiscato quattro aziende di proprietà dell’imprenditore siciliano Marcello Orazio Sultano (settore costruzioni) per un valore di 9,5 milioni di euro. Sultano sarebbe un personaggio di spicco di Cosa nostra, vicino al clan Rinzivillo-Madonia. Una delle aziende sequestrate, la Nuova Montaggi, ha sede a Sannazzaro dé Burgundi in Lomellina, con magazzino a Pieve del Cairo.
Nel febbraio 2008 la periodica Relazione della Commissione antimafia sulla ’Ndrangheta rileva la presenza a Pavia dei clan Bellocco e Facchineri.
Mo
lti in Procura hanno poi letto l’illuminante libro di Nicola Gratteri e Antonio Nicaso Fratelli di sangue;[87] devono essersi però fermati a pagina 124, perché in quella successiva si segnala la presenza dei Barbaro e dei Platì ad Alagna Lomellina e a Pavia; e proseguendo, a pagina 187 si legge che a Pavia è presente la cosca dei Mazzaferro oltre ad esponenti del crotonese. Al clan dei Mazzaferro sembra apparentato Giuseppe Dangeli, arrestato per riciclaggio a Landriano nell’ottobre 2006; nel gennaio 2002 cade l’arresto a Pavia di Vincenzo Corda, «boss del crotonese che stava organizzando una base operativa in provincia di Pavia», così come leggiamo a pagina 47 del Rapporto 2002 della Commissione antimafia.
Che dire poi di personaggi e trame dell’ecobusiness locale, a partire da Giorgio Comerio, che da Borgo San Siro presso Garlasco, a quanto sembra trasformava in oro i rifiuti nocivi e radioattivi sopra navi a perdere[88] e a finire con il pavese Raoul Alessandro Queiroli, coinvolto nell’inchiesta veneta “Cagliostro” e in quella toscana denominata “Pesciolino d’oro”, infine incarcerato a conclusione dell’inchiesta piemontese “Pinocchio” sul lucroso smaltimento illegale di 350 tonnellate di rifiuti tossici: terre inquinate da idrocarburi, residui della triturazione delle componenti in plastica delle autovetture, materiali con lattice e ammoniaca, fanghi di perforazione, traversine ferroviarie che da Genova, Savona, Pavia, Lecco venivano smaltiti nell’alessandrino, nel novarese, nel pavese e nel milanese.[89] L’inchiesta si conclude nel 2008, dopo 16mila intercettazioni telefoniche e 35 persone denunciate, 17 delle quali incarcerate. Vengono coinvolte quattro ditte della provincia di Pavia: Atiab di Torre d’Isola, Alm.eco di Pavia, Agritec di Casteggio e Dvm di Casorate Primo. Sotto l’asfalto della tangenziale di Casorate la Dvm avrebbe collocato «un milione di chili di scarti di fonderia, eternit e terre contaminate da idrocarburi»[90] che avrebbero fatturato guadagni vertiginosi ad alcune ditte fornitrici (lo smaltimento dei rifiuti speciali costa circa 6,6 euro al chilo: in questo modo la spesa può superare di poco i 50 centesimi).
Dei numerosi episodi di intimidazione a politici, imprenditori e magistrati abbiamo ormai perso il conto. Ne riprenderemo alcuni tra i più recenti: il cappio appeso ad un chiodo (marzo 2009) all’ingresso dell’abitazione dell’allora consigliere comunale pavese Irene Campari, fautrice della Commissione antimafia; il proiettile nelle buste inviate al Pm vigevanese Rosa Muscio e – ancora a Vigevano – all’architetto Sandro Rossi (novembre e dicembre 2009); i due proiettili calibro 9 in busta chiusa e l’auto incendiata all’assessore vigevanese all’Urbanistica Giuseppe Giargiana (novembre 2008 e luglio 2009); la testa di capra mozzata e i proiettili inesplosi lanciati a Vigevano nel giardino della villa della famiglia Colombo (luglio 2008); la bottiglia incendiaria e la testa di capretto appesa all’inferriata dell’abitazione dell’imprenditore edile Renato Brambilla (settembre 2008); la bomba carta fatta esplodere a Belgioioso sul tettuccio dell’autovettura del presidente dell’associazione Artigiani Giuseppe Daidone (febbraio 2010).
La notte tra l’8 e il 9 ottobre 2008, poco fuori Pavia, a Torre d’Isola, sono andati in fiamme tre automezzi appartenenti ad Angelo Bianchi, un imprenditore in affari con Queiroli. Incendio doloso? Improbabile, perché a Pavia, così come a Milano, «la mafia non esiste».
(9 – continua)
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NOTE
[84] Richiesta, p. 1720
[85] Richiesta, p. 1605; Ordinanza, p. 368
[86] Come le quote della Melhouse: il 16 marzo 2010 Laura Zamai e la compagna di Chiriaco Danlis Ermelisa Segura Rosis rivendono le loro quote all’assessore Luigi Greco e il fratello Gianluca rileva la parte di Gabriele Romeo.
[87] Pellegrini, 2006; Mondadori, 2010
[88] Riccardo Bocca, “L’espresso”, 3 giugno 2005
[89] Ecomafie, Rapporto di Legambiente 2005
[90] “La Provincia Pavese”, 13 marzo 2007
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