da Pavia, Giovanni Giovannetti
Mazzette? Affarismo? «Che male c’è? Qui lo fanno tutti». Insomma, parafrasando Craxi, se tutti rubano nessuno ruba. Sono parole di un politico della Pavia che conta, uno con molte entrature presso immobiliaristi, costruttori e faccendieri, tanto da rappresentarne un prolungamento “politico” nelle istituzioni, da oliare all’occorrenza. Lo chiameremo “Confuso”.
“Confuso” è uomo di centrosinistra, così come lo era “Tanticapelli”, leader del Sessantotto pavese, poi socialista “di sinistra”, oggi affermato consulente politico di centrodestra. “Tanticapelli” ebbe il suo quarto di gloria giudiziaria con Tangentopoli, già che nel 1993 provò la galera. Patteggiò, ed ora è qui, a tratteggiare il profilo psicologico del tangentaro incallito: «Sai, Giovanni, prendi le mazzette una volta, due, tre… tutti lo fanno. Lì per lì stai attento… ma di replica in replica (e intanto nessuno ti persegue) ti senti pervaso dal senso d’impunità. Cade così ogni freno inibitorio e una certa pratica si trasforma in normalità». Insomma, roba da alcolisti anonimi.
Non solo mazzette. Ad esempio, ricorderemo i pubblici fondi della prima edizione del Festival dei Saperi (2006), una parte dei quali sono serviti per onorare alcuni privatissimi sospesi della dispendiosa campagna elettorale di Piera Capitelli. Altro esempio: i 700.000 euro in pubblico denaro pilotati nel 2008 dal vicesindaco e assessore al Bilancio Ettore Filippi nelle tasche dell’amico Vittorio Pacchiarotti – imprenditore condannato nel 1993 a 1 anno e 3 mesi per corruzione e finanziamento illecito dei partiti – quale compenso o compensazione (a rendere?) per la mancata costruzione di una piscina in via Acerbi: secondo persone del mestiere, conti alla mano sarebbe stato l’imprenditore a dover rifondere il Comune. E l’onere venne anche spacciato quale compromesso a tutto vantaggio della collettività, già che Pacchiarotti avrebbe minacciato una rivalsa legale per 1.500.000 euro. Un ex consigliere comunale riferisce poi questa affermazione dell’imprenditore, in dialetto pavese: «Mì sò gnént, l’ha faj tütt al Filippi» (Non so niente, ha fatto tutto Filippi).
Che dire poi del concorso ad personam per Angelo Moro, recentemente assunto come dirigente comunale del settore Urbanistica e Territorio?
Sia Pacchiarotti che Dario Maestri (il costruttore di “Punta Est”) figurano tra i graditi sponsor del periodico pavese “Il Mondo del lunedì” (ora “Il Mondo di Pavia” online), testata vicina a Rinnovare Pavia, la lista civica della famiglia Filippi di cui ricordiamo l’onerosa campagna elettorale alle Comunali 2009; così come è ormai storia (giudiziaria) la vicenda di quel candidato chiesto da Filippi al capo della ‘Ndrangheta lombarda Pino Neri.
Venerdì 23 marzo: reparti dei Carabinieri hanno posto sotto sequestro il discusso cantiere pavese di “Punta Est”. Indagati per violazione delle norme edilizie e della legge “Galasso” la proprietaria Eleonora Maestri (figlia di Dario, sodale di Filippi) e il direttore dei lavori Marco Bianchi, suo marito; curiosamente tra gli indagati figura anche Ciro Manna, titolare dell’impresa che ha in appalto i lavori.
Carabinieri mattinieri anche negli uffici di Angelo Bugatti al dipartimento di Ingegneria edile al Cravino, negli uffici de La Cortazza in viale Cremona (di Maestri) e presso l’abitazione del dirigente comunale all’Urbanistica Angelo Moro a cui è stato sequestrato il computer, così come sotto sequestro sono i computer del funzionario comunale Fabio Panighi e del professor Bugatti. Si cercano tracce sui mandanti politici delle tante discutibili iniziative di Moro. Come ammette su facebook l’esperto Filippi – uno del mestiere –, la Procura «vuole verificare i rapporti tra proprietà, Università (Bugatti), Comune (Moro) e politica». Al contrario, negano ogni addebito politico l’imberbe sindaco Alessandro Cattaneo e l’assessore Fabrizio Fracassi, scaricando l’onere sul dirigente e alludendo (senza citarli) a «pareri legali che sui lavori esprimevano un senso positivo». Al solito, i due pubblici amministratori mentono sapendo di mentire (meglio falsi o fessi che concussi o corrotti). Il «parere legale» chiesto all’avvocato Giuseppe Franco Ferrari allora lo citiamo noi. Sollecitato dal Comune, il 6 aprile 2011 l’avvocato ricorda la «destinazione comunque non abitativa» e invita la pubblica amministrazione a valutare l’opportunità di specificare ulteriormente l’impegno del privato «a non modificare le destinazioni d’uso». È l’esatto contrario di quanto riferiscono i due bugiardissimi (o disinformatissimi) pubblici amministratori.
Ricordiamo l’onorato dirigente Angelo Moro tra i più vivaci nel sostenere la illegittima lottizzazione “Greenway” in pieno parco della Vernavola (lottizzazione recentemente cancellata dal Tar). A lui si erano rivolti molti consiglieri comunali di destra e di sinistra timorosi di dover rispondere penalmente del voto favorevole a quella speculazione, e da Moro avevano ricevuto conforto e rassicurazioni: così maturò l’okkei bipartisan agli interessi più che partisan, diciamo famigliari, dell’ex presidente della Commissione comunale territorio, il compagno Alberto Pio Artuso (Pd) di cui le signore Trabatti e Danelli – proprietarie di quei terreni – sono parenti.
Ma torniamo alla grana “Punta Est” sotto sequestro al Vallone, luogo dove, come in una generosa matrioska, le annunciate abitazioni e servizi per studenti e professori sono state via via declinate in 78 appartenenti di varie metrature, da offrire sul libero mercato. Ma il Piano regolatore generale (Prg) tuttora vigente non indica la destinazione a servizi universitari, in quell’area?
Chi ha pilotato questa transizione da servizi a residenziale, in deroga al Prg, senza che la variante fosse stata prima approvata in Consiglio comunale? Una manovra tra l’altro preceduta dalla vendita dei terreni rivalutati da Atena a Punta Est per più di due milioni (2.026.586) di euro.
Sarebbe macchinoso – e tuttavia intuibile – ritornare alle fonti “politiche” dell’indebita operazione (detto in sintesi, sono gli stessi copywriters che, zitti zitti, illecito nell’illecito, avrebbero preferito sanare l’affaire inserendolo nel Pgt, ancora da approvare). Allora chi sta pilotando l’ardita manovra conto terzi, arrischiando temerariamente la faccia (forse altro) in vece altrui? Se lo sta domandando la locale Procura, la stessa che il 23 marzo ha ordinato il sequestro dei computer all’onorato dirigente. Ma facciamo un passo indietro.
8 marzo 2011. Chiamato ad esprimere un parere, il comunale “Sportello unico per l’Edilizia” conferma che, stando così le cose, quelle unità immobiliari sarebbero «liberamente alienabili e concedibili in godimento a qualsivoglia titolo in favore di qualsiasi soggetto, persona o ente, pubblico o privato in assenza di vincolo alcuno» e in palese contrasto con le destinazioni d’uso ammesse in zona dal Prg, già che la trasformazione «liberalizzerebbe le unità rendendole di fatto residenziali a tutti gli effetti». Peggio: come leggiamo, nemmeno «si concilierebbe con il mancato pagamento del contributo di costruzione dovuto per l’attività residenziale» poiché la pretesa, rileva lo “Sportello”, «implicitamente andrebbe ad attestare la fattibilità di una destinazione che invece non è compatibile» con quelle prescritte dal Prg in via Vallone.
Insomma, una brutta grana in rimbalzo tra Ufficio e Ufficio, un rompicapo dal tragicomico epilogo, già che alle puntuali segnalazioni dello “Sportello” il dirigente del settore urbanistica architetto Moro lì per lì ha curiosamente riproposto le stesse argomentazioni esibite dalla proprietà.
Movimenti anche sulla stampa locale: il professor Angelo Bugatti (consulente tecnico-scientifico del nuovo Pgt nonché direttore del dipartimento universitario di Ingegneria Edile e del Territorio) il 13 ottobre 2011 lancia uno strano messaggio: «a Pavia c’è un boicottaggio del Pgt da parte di alcuni membri dell’ufficio tecnico del comune. C’è una visione vincolistica». Il 31 marzo 2011, a nome del suo dipartimento, lo stesso Bugatti ha sottoscritto con la società “Punta Est” una «convenzione» con la quale «la società si impegna a mettere a disposizione del Dipartimento una unità immobiliare nel complesso, ad uso del laboratorio di ricerca» oltre a 64.000 euro: 10.000 una tantum al Dipartimento e il rimanente «a titolo di finanziamento di tre assegni di ricerca o borse di studio dell’importo ciascuna pari a euro 18.000 sulla innovazione tecnologica e sulla relazione tra artificio e natura nell’ambito ambientale». Insomma, aria fritta. Quanto alla «convenzione», in realtà è un contratto tra privati per la fornitura di servizi spacciato per «convenzione con l’Università» che un dipartimento non può sottoscrivere, già che le convenzioni sono a firma del Rettore, subordinate al parere favorevole del Consiglio di amministrazione.
Giocando con le parole e confidando nell’omertà collettiva e nella buona sorte, quel documento entra a far parte della pratica “Punta Est”. Difficile credere che Bugatti ne fosse all’oscuro. Fatto sta che il 19 maggio 2011 (lo stesso giorno della seconda “diffida” da parte dello “Sportello”) l’inossidabile Moro, vista la «convenzione tra il richiedente e il Dipartimento di Ingegneria Edile del Territorio» e i relativi «impegni assunti con l’Università»; visti i contenuti del nuovo «atto unilaterale d’obbligo», nonostante il parere negativo dello “Sportello” e dell’avvocato Ferrari, rilascia il permesso a costruire.
Prendiamo allora l’Atto unilaterale d’obbligo, sottoscritto dalla società “Punta Est” il 18 aprile 2011 presso il notaio Galotti: nel documento si parla di unità immobiliari «alienabili e concedibili in godimento a qualsivoglia titolo in favore di qualsiasi soggetto, persona o ente, pubblico o privato», ovvero vendibili a chiunque sul libero mercato, in attesa della «eventuale variazione della disciplina di zona del piano urbanistico»: detto altrimenti, in attesa di sanare tutto quanto entro il nuovo Pgt di Bugatti &c.
Ma non erano destinate a «servizi e residenze universitarie»? Non erano riservate in locazione a «studenti, docenti e comunque operatori universitari»? Uno dei quattro lotti non prevedeva «mensa, biblioteca, archivi ed uffici al piano terreno» e al primo piano «la palestra e la sala studio e riunioni»?
Novembre 2011. Insieme per Pavia consegna alla locale Procura il faldone su “Punta Est”. Ne consegue il “ravvedimento” del Moro: il 20 dicembre 2011 (poco dopo la sua convocazione in Procura) il dirigente sospende «in autotutela» il permesso a costruire, segnalando che la cosiddetta “convenzione” «con l’Università di Pavia non sembra sufficiente ad integrare la destinazione urbanistica di “Aree per servizi”- Università». Se ne avvede ora? Chi avrebbe indotto il fragile dirigente in scadenza di contratto a sottoscrivere l’autorizzazione?
Dicembre 2011. L’architetto Angelo Moro vince il concorso per un posto a tempo pieno e indeterminato quale dirigente del settore ambiente e territorio al Comune di Pavia. Una vittoria annunciata, una gara del cui esito eravamo stati facili profeti, un concorso «ad personam» che, secondo la Confederazione unitaria di base (Cub), è stato viziato da «palesi irregolarità procedurali». Come leggiamo nella denuncia del sindacato, le domande andavano presentate entro il 4 novembre 2011 e le prove erano state fissate tra l’11 e il 28 novembre; dal 18 ottobre al 4 novembre si contano 17 giorni, mentre «Le domande di ammissione al concorso – recita l’art. 4, comma 1 Dpr 9 maggio 1994 n. 487 – devono essere indirizzate e presentate […] entro il termine perentorio di giorni trenta dalla data di pubblicazione del bando nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica», avvenuta per estratto il 25 ottobre, quindi solo dieci giorni prima della scadenza.
Per due anni Moro ha mantenuto lo stesso incarico, in forza di un contratto biennale (seguito di un “Avviso pubblico” del 6 agosto 2009) e dopo il frettoloso nonché illecito ritiro di un eguale concorso disposto dalla Giunta Cattaneo: illecito perché la “Determinazione dirigenziale” di revoca porta la data del 27 agosto 2009. Sta a dire che l’“Avviso” da cui consegue l’affrettata assunzione di Moro singolarmente precede la cancellazione di quella gara, invece di seguirla; è altresì illecito poiché non è ammessa la revoca immotivata di un concorso pubblico già bandito. Di più: sempre stando alla legge, le assunzioni per contratto a tempo determinato sono ammesse «solo nel caso in cui si accerti l’impossibilità, o comunque la grave difficoltà, a reperire tali figure professionali secondo le normali procedure» (art. 68, comma 1 dello Statuto comunale).
Allo stesso assai flessibile dirigente, dal 13 marzo il Sindaco ha consegnato il servizio Mobilità. Traffico, segnaletica stradale, trasporto pubblico, parcheggi e relative gare di appalto erano prima seguite dallo stimabile Gian Luca Giurato. Ma siamo alla vigilia di alcuni lucrosi appalti per la segnaletica: 600.000 euro, oltre a 1milione di euro provenienti dai fondi del Piano nazionale per la sicurezza stradale. Una torta, ghiotta, che tuttavia per taluni potrebbe infine rivelarsi indigesta.
Come pare evidente, l’architetto in questione sembra avere molti santi protettori in quel paradiso. Ma per Moro e politicanti in svendita, da venerdì scorso, dopo l’assordante prolungato tintinnar di sciabole e di altri metalli, il paradiso deve attendere.
24 marzo 2012 alle 21:57 |
La Confederazione Unitaria di Base l’ha sostenuto nella denuncia presentata alla Procura della Repubblica e continua a sostenerlo ancora: Moro è stato nominato dirigente grazie al ricorso a un volgare trucco, oltre che in violazione di un cospicuo numero di leggi e di regolamenti. Il trucco? Quando, nell’ottobre del 2008, fu bandito il concorso per dirigente del Settore Ambiente e Territorio, fu scritto che bisognava assumere un dirigente con contratto a tempo determinato “nelle more dell’espletamento del concorso”. Il 27 luglio 2009 fu scritto che non si era ancora dato luogo a quell’assunzione a termine, e quindi bisognava porre rimedio. Per caso assumendo un dirigente a tempo determinato sempre nelle “more dell’espletamento del concorso”? No, semplicemente assumendo Moro e revocando il concorso. Così Moro presentò la domanda per essere assunto con contratto a termine, giacché non aveva presentato domanda di partecipazione al concorso dell’anno prima. L’aspetto “curioso” della vicenda consiste nel fatto che l’Avviso pubblico che portò ad assegnare l’incarico a Moro porta la data del 6 agosto 2009, mentre il concorso fu revocato il 29 agosto successivo, e tutti coloro che avevano presentato domanda per partecipare a un legittimo e regolare concorso non riuscirono nemmeno a presentare domanda per l’assegnazione dell’incarico a termine. Quella seguita fu una procedura così tanto palesemente illegale che, a guardare come vengono nominati i dirigenti del Burkina Faso, c’è da levarsi tanto di cappello. Alla luce di quello che è avvenuto nel caso di Punta Est, anche per questo riguardo riteniamo che la Procura debba chiarire le modalità di assunzione del dirigente del Settore Ambiente e Territorio già coinvolto in due questioni urbanistiche di gravità estrema, entrambe bloccate dalla magistratura: la realizzazione di residenze nel Parco della Vernavola e il caso di Punta Est, dove l’utilizzo di espressioni quali in attesa della «eventuale variazione della disciplina di zona del piano urbanistico», inducono nei più sprovveduti i più foschi pensieri.
Vito Sabato
Responsabile Provinciale CUB Pubblico Impiego