Dove regna il silenzio

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di Giacomo D’Alessandro

Siamo ormai nelle zone alluvionate. Stiamo consumando un pranzo frugale a Pignone, in un piccolo bar. La strada che da in cima a Soviore si tuffa su quest’altro versante, tra i paesini che poi scendono verso La Spezia, è un’entrata graduale in ciò che è stata da queste parti l’alluvione.
Parlare con la gente è la cosa più importante, incontrare il loro sguardo, sentire come raccontano, vedere i lavori che fanno. E’ il senso ancora più profondo di questa Stella d’Italia. Sapendo poi che in questi giorni altri camminanti, sul braccio Nord Est, stanno passando per le zone terremotate…
Dev’essere proprio difficile capire, sentire cosa si prova a trovarsi l’acqua e il fango addosso, in casa, in macchina, sull’orto, sulla strada. Magari in un paesino come questo che già lotta per la sopravvivenza e per un morale che non è più alto da tanti anni, e che vive solo del suo territorio, antico e delicato, fiorente e prezioso.
Cosa deve volere dire l’impotenza e l’imprevedibilità di fronte a qualcosa che ti spazza via tutto.
Rimasti in tre, incassata la tristezza della separazione con alcuni compagni di viaggio divenuti in pochi giorni fedeli e cari, siamo saliti da Levanto, faticando parecchio a trovare indicazioni utili, verso il santuario di Soviore, dritto in linea d’aria sopra Monterosso. Prima del sentiero abbiamo percorso la statale in mezzo a casupole e pezzi di paese dove qui e là figure umane iniziavano la loro giornata. Poi la salita, tra pinete di pietre chiare e sentieri scavati dall’acqua. E ancora tornanti su asfalto, fino al santuario dove abbiamo sostato, mangiato un po’ di frutta (Silvia, mamma di professione e “carro armato” del camminare, è la nostra sbucciatrice ufficiale e fornitrice continua di frutta – kiwi, banane, mele… focaccia e brioches!), e indossato qualche maglia più pesante: gran parte della giornata è stata umida e ventosa, minacciando pioggia.
Tutto il cammino successivo è stato su strada, perché non siamo riusciti a trovare i segnali del sentiero indicato dal nostro itinerario. Poi, di fronte ai disastri naturali dell’alluvione, ci siamo detti che probabilmente molto sentiero era del tutto impraticabile, è stato più saggio tenere la lunga strada in discesa fino a Pignone.
Non avere un percorso chiaro e neanche la certezza dei segnavia, col rischio di star continuamente procedendo dalla parte sbagliato, è già di per sé rammollente. Il clima bigio e il luogo segnato dal disastro e dalla fatica hanno aggiunto la loro parte, per una giornata non difficile a livello fisico, ma un po’ molla, affaticata. E’ il sesto giorno di cammino consecutivo, stiamo infine per lasciare del tutto la Liguria, ma in generale stiamo per lasciare tutti il testimone, ad altri che rimpolperanno il gruppo e lo spingeranno verso Lucca, poi verso Siena giù in Toscana. E’ forse naturale un po’ di stanchezza.
Ma già stasera per domani tutto si rinnova: arriva un amico di Maria Grazia da Roma, arrivano i miei genitori e mio fratello da Genova, per un’altra tappa insieme. Arriva domani Giovanni, editore del Primo Amore, che ho conosciuto l’anno scorso durante Cammina Cammina, e che non vedo l’ora di scorgere in lontananza sul sentiero per correre ad abbracciarlo. Ancora una volta.

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