«La crisi nasce dalle banche, non dal debito. La gente ora lo sa»
intervista a Luciano Gallino
Crisi, veri responsabili e reazione popolare. Se a qualcuno fosse sfuggita, ripropongo questa lucida intervista a Luciano Gallino uscita qualche giorno fa sulle pagine nazionali di alcuni quotidiani locali del gruppo Espresso. (G. G.)
«Finalmente i cittadini dell’Europa stanno comprendendo il grande inganno».
Luciano Gallino, sociologo del lavoro e saggista, spiega così la crescente reazione delle opinioni pubbliche europee di fronte all’aggravarsi della crisi.
Professore, quale inganno?
«Ora in molti capiscono quello che è stato nascosto, purtroppo. Che cioè è stato il debito privato delle banche a causare questo disastro. Invece l’origine della crisi è stata presentata come un problema di debito pubblico e di spesa pubblica».
Non è così?
« È appunto il grande inganno, la più grande operazione di formazione ideologica mai vista nella storia. Ci hanno convinto che abbiamo vissuto sopra i nostri mezzi e che la colpa era della spesa sociale. Spieghino perché il debito pubblico sale mentre la spesa sociale è ferma da tanti anni. Le pensioni sono il 15% del pil, la sanità l’8%».
Ieri c’è stato uno sciopero europeo, sono tornati gli studenti in piazza con i lavoratori e i precari.
«È il segnale che molti milioni di persone stanno cominciando ad avere un’idea diversa di quanto è successo. È il segnale che le vittime della crisi non vogliono pagarne anche i costi. Le politiche imposte in questi anni peggiorano i bilanci e fanno invece pagare i costi a milioni di persone. Che ora dimostrano di averne abbastanza».
I movimenti sono capaci di imporre un’agenda diversa da quella dominante del liberismo?
«Intanto c’è collera e risentimento contro governi che invece di politiche di crescita propongono tagli a pensioni e sanità con manovre di austerità regressive che peggiorano il male anziché curarlo. Questa dottrina, che ha dominato e domina l’Occidente è il neo liberalismo. Dottrina totalitaria che si applica ai bilanci pubblici tagliando spesa e servizi».
Monti è uno dei rappresentanti di quella linea?
«Il governo tecnico è intervenuto con quei criteri su pensioni e lavoro. Se poi guardiamo ai risultati ha portato al massimo proprio il debito pubblico. Il governo Monti sta tagliando di fatto la spesa sociale».
Il conflitto sociale sta crescendo anche con connotati inediti?
«Il conflitto è in crescita. Contro le scelte neo liberali certo, ma anche mandando chiari segnali al centro sinistra che in Europa ha abbracciato quella stessa dottrina, pur con qualche correzione. Il Pd interviene quando Monti va giù troppo pensante. Questa è una delle cause profonde anche della crisi politica attuale».
Il movimento sindacale europeo è in grado di imporre scelte alternative o è condannato alla semplice protesta?
«Spezzare il grande inganno è già qualcosa, ma deve essere in grado di imporre ai governi l’uscita da quella spirale di rigore, austerità, tagli che produce regressione e colpisce certamente i ceti più deboli. Ma attenzione, i movimenti sono anche assai eterogenei e non sempre riescono a dare uno sbocco progressista».
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