«Pasolini conosceva la verità sulla morte di Mattei»
di Marco Vigo
La stessa inquietante verità sull’uccisione dell’ex presidente dell’Eni – precipitato con il suo aereo nelle campagne di Bascapé – che molti anni dopo emergerà dalle indagini del giudice pavese Vincenzo Calia: un sabotaggio, i cui mandanti sedevano ai vertici dell’Ente petrolifero. Ne hanno parlato Carla Benedetti e Giovanni Giovannetti alla presentazione di Frocio e basta presso la libreria Feltrinelli di Pavia.
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«La brutale morte di Pasolini il 2 novembre 1975 non fu un delitto a sfondo omosessuale ad opera di un “ragazzo di vita” – Pino Pelosi – bensì un vero e proprio massacro premeditato, forse per tacitarlo, a cui presero parte almeno sette persone: dalle colonne del “Corriere della Sera” e in Petrolio (il suo romanzo incompiuto, uscito postumo nel 1992) Pasolini affronta il “nuovo potere”, quello stragista, golpista e piduista in rapporti con i servizi segreti deviati, la massoneria piduista agli albori e la criminalità organizzata». Sembra così sintetizzabile la tesi di Frocio e basta (edizioni Effigie), il nuovo libro di Carla Benedetti e Giovanni Giovannetti presentato mercoledì scorso davanti a un folto pubblico alla libreria Feltrinelli di Pavia.
Sì, perché Petrolio, l’incompiuto romanzo che Pasolini stava scrivendo da ormai tre anni, «non è una storia a sfondo omosessuale frutto di ossessioni – ha spiegato Benedetti – ma un libro sul potere, in cui Eugenio Cefis, presidente dell’Eni dopo Mattei e poi di Montedison, è il personaggio centrale».
Per i due autori, «ad accorgersene per primo non è stato uno studioso di letteratura ma il magistrato pavese Vincenzo Calia nel corso delle sue indagini sull’omicidio di Enrico Mattei», caduto con il suo aereo nelle campagne di Bascapè a seguito di un sabotaggio: «Leggendo Petrolio, Calia può rendersi conto che Pasolini era giunto alle sue stesse conclusioni trent’anni prima di lui», osserva Giovannetti, «e cioè che i mandanti della morte di Mattei erano interni all’Eni, e già Pasolini indica Cefis quale possibile mandante dell’omicidio a pagina 118 di Petrolio, là dove scrive: “In questo preciso momento storico (primo blocco politico) Troya [ovvero Cefis] sta per essere fatto presidente dell’Eni: e ciò implica la soppressione del suo predecessore (caso Mattei [Bonocore nel romanzo], cronologicamente spostato in avanti)”».
Calia riprende questo passo in una “nota” della sua Richiesta di archiviazione (2003): chiariti scenario e possibili mandanti, purtroppo l’inchiesta non aveva potuto individuare gli esecutori materiali del sabotaggio catanese, dal cui aeroporto quella sera Mattei era partito verso Milano.
Calia fu anche il primo a cogliere le analogie tra “Questo è Cefis” (una sorta di biografia, non autorizzata, scritta da un fantomatico Giorgio Steimetz; libro di cui si erano perse le tracce, e che il magistrato pavese troverà casualmente sopra una bancarella di testi usati in piazza della Vittoria) e “Petrolio”: dal libro di Steimetz Pasolini riprende a volte intere frasi (puntualmente segnalate da Calia), e molte altre notizie relative all’Eni e a Cefis. Il magistrato pavese non sa che una fotocopia di Questo è Cefis era lì tra le carte di Pasolini al Gabinetto Viesseux di Firenze.
Secondo Giovannetti, «chi tra gli studiosi ha avuto accesso alle carte ha poi ignorato quelle fotocopie, non è chiaro quanto deliberatamente. Solo nel 2005 la filologa Silvia De Laude metterà finalmente a confronto i due testi nelle sue Note all’edizione economica di Petrolio, pubblicata da Mondadori»: un lavoro fondamentale, «purtroppo vanificato in corpo minore in coda al libro». Come ha lamentato Giovannetti, «in queste Note nemmeno si accenna all’inchiesta di Calia né alla sua scoperta; omissione dovuta, pare, a pressioni sull’editore da parte degli eredi di Pasolini».
Dunque anche lo scrittore “corsaro” avanza sospetti sulla morte di Mattei e la cosa, affermano gli autori di Frocio e basta «potrebbe averne causato la morte, come già Mauro de Mauro prima di lui» (il giornalista dell’“Ora” di Palermo ucciso dalla mafia nel 1969) «proprio perché troppo vicino alle stesse verità scottanti».
«De Mauro stava lavorando alla sceneggiatura del film di Francesco Rosi su Mattei. I suoi appunti spariranno. Una scia di sangue completata forse dall’omicidio del procuratore di Palermo Pietro Scaglione e quello del capo della Digos palermitana Boris Giuliano».
Allora perché “frocio e basta”? Carla Benedetti ha rilevato che «dopo il brutale massacro di Pasolini molti parlarono di “morte sacrificale”, addirittura del suo carattere “cristologico”. Un critico arrivò a dire che “il capolavoro di Pasolini era stata la sua morte”, riducendo così quell’omicidio a un fatto estetico». Secondo la studiosa, parte della cultura italiana, continua a considerare la sua morte per sesso un fatto acquisito: «Non ci fu solo Giulio Andreotti a dire che Pasolini quella morte se l’era cercata. Ci furono anche uomini di cultura. Anch’essi, sia pure in maniera meno triviale, finirono con l’accreditare questa sorta di correità della vittima con l’assassino. Ciò metteva gli animi tranquilli. Fu come il suggello finale posto a copertura della verità».
23 novembre 2012 alle 18:47 |
Sono d’accordo con tutti i concetti espressi in quas’articolo, solo che oramai appartengono alla storia e vorrei sapere perché non si parla (almeno in modo serio e attuale) di cosa è successo nel mercato petrolifero italiano dal 1994 ad ora.