La storia dell’affaire via Emilia abbraccia tre distinte amministrazioni, le prime due (Albergati e Capitelli) a guida del centrosinistra. Si comincia nel 1999 (Giunta Albergati) con Pavia Car srl (all’epoca proprietaria dell’area) a progettare una costruzione a “piano terra” mitigata da una scarpata alberata lungo via Emilia.
Dopo l’acquisto di terreni e okkei comunali da parte della Duomo Case srl (giugno 2001), comincia la messe di varianti al progetto originario: una prima serie arriva a segno il 20 dicembre 2002, insieme alla Denuncia di inizio attività. Ignorando le norme paesaggistiche, i capannoni da uno monopiano diventano due multipiano; e inoltre: ingenti sbancamenti di terreno… abbattimento dell’argine alberato lungo via Emilia… elevazione di un muro di sostegno alto 7 metri… Vengono poi realizzati ben 500 metriquadri di solaio abusivo. E stiamo trattando di un’area sottoposta a vincolo paesaggistico!
La variante (nella sostanza, un vero e proprio nuovo progetto) viene subito approvata dalla Commissione edilizia comunale, di cui era autorevole componente l’arch. Sergio Bruschi, consulente del sindaco Albegati, progettista e direttore dei lavori in via Emilia (Bruschi figura presente al voto; un altro bell’esempio di controllato che è al contempo controllore).
Il 13 gennaio 2003 arriva la benedizione finale con sigillo comunale dell’allora dirigente all’Urbanistica arch. Roberto Alessio, personaggio già visto all’opera in quell’altra lottizzazione abusiva, la Greenway al quartiere Montemaino, lato nord del parco della Vernavola (qui anche in qualità di progettista dell’illecito).
Intanto il 17 giugno e il 24 dicembre 2002 Duomo Case ha venduto i terreni a Pavia Ponteggi e Biella Leasing (ovvero a Mottadelli e Carini snc, a cui sono ceduti in locazione finanziaria da Biella Leasing) ricavandone 696.700 euro.
Partono le prime denunce dei cittadini di via Emilia a Comune e Procura. Il 17 febbraio 2005 si registra una prima sospensione comunale dei lavori.
Ma l’8 giugno 2006 ecco un nuovo colpo di scena, con l’abuso abusivamente sanato senza che il Comune renda noti i motivi (sanatoria a firma del dirigente all’Urbanistica Gregorio Praderio), dopo l’entrata in vigore del nuovo Piano regolatore generale nell’ottobre 2003 che, indebitamente (prevalgono le leggi dello Stato), consentiva di triplicare i volumi edificabili. Lo stesso Prg imponeva tuttavia un’altezza non superiore a 12 metri (art. 16 Nta del Prg) mentre l’edificio di via Emilia ne somma quasi 16 (per la precisione, 15,82: altro che sanatoria; semmai ricorrevano gli estremi per la demolizione). Seguono nuove varianti di ulteriore ampliamento.
Cambiato il suonatore, con la nuova Giunta destrorsa di Cattaneo non è cambiata la musica: bastino ad esempio la “sanatoria” dei plinti abusivi, a firma del dirigente Ambiente e Territorio ing. Francesco Grecchi il 12 giugno 2009 e la successiva autorizzazione al completamento e all’ampliamento del capannone già esistente rilasciato il 9 febbraio 2010 dal momentaneo successore del Grecchi, il sempre più indagato dirigente Angelo Moro.
Dopo accurate indagini, il 25 gennaio 2013 il gip Erminio Rizzi ha disposto il sequestro del cantiere. Per il giudice, «sono tutte opere da considerarsi costruite con un permesso illegittimo e quindi da disapplicare». (G. G.)
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