La partita del Centro commerciale di Borgarello
di Giovanni Giovannetti
Altro che «sfamare il pianeta»; altro che visite guidate al Monumento della Certosa… Niente di tutto questo. I frequentatori di Expo 2015 potranno invece recarsi al Centro commerciale “Factoria” di Borgarello, alle porte di Pavia, eloquente esempio di come in Italia si consuma territorio agricolo in inutili ed oscure operazioni finanziarie – sottraendolo così alla vocazione agroalimentare – al solito fingendo di creare nuovi posti di lavoro anche se è vero il contrario. Il 2 maggio se ne discuterà al Tar per la Lombardia.
Sul Centro commerciale di Borgarello si gioca la partita del bluff tra la Progetto commerciale srl – proprietaria dell’area – e la nuova Giunta comunale, apertamente contraria all’iper eppure indotta alla conferma dello scellerato Piano di lottizzazione sotto la minaccia di una onerosa richiesta di «risarcimento danni» quantificata in 40 milioni di euro. E dire che il neosindaco Nicola Lamberti, come vedremo, ha tenuto in mano nientemeno che un poker d’assi.
Dopo il cambio di amministrazione, per tanti buoni motivi Lamberti avrebbe potuto invocare la decadenza del Piano, deliberato dal suo predecessore Giovanni Valdes (incarcerato il 21 ottobre 2010 con l’accusa di turbativa d’asta, condannato il 19 novembre 2011 a 1 anno e 4 mesi) e da una Giunta di cui era autorevole componente l’assessore Antonio Bertucca, figlio del capo della ‘Ndrangheta pavese Francesco Bertucca, l’imprenditore edile condannato in primo grado il 19 novembre 2011 a sei anni di reclusione per associazione mafiosa (pena sostanzialmente confermata – 4 anni e 8 mesi – il 23 aprile scorso).
Allora vediamolo ‘sto poker, ricordando però che una legge regionale, la n. 6/2010 (art. 6 comma 17 e 18), impone la correlazione tra il Piano di lottizzazione e il procedimento di autorizzazione commerciale, autorizzazione deliberata dall’amministrazione Valdes il 12 luglio 2010.
Asso di cuori. A un certo punto viene decisa la cancellazione di un albergo di 13 piani (ma restano i relativi parcheggi…). La modifica del progetto obbliga o per meglio dire obbligherebbe alla preventiva adozione e ripubblicazione della variante “in itinere” al Piano – peraltro nemmeno presentata – così da consentire le controdeduzioni. La correlazione tra il piano adottato e l’autorizzazione commerciale era dunque venuta meno già all’atto del rilascio dell’autorizzazione comunale.
Asso di denari. Quale parte integrante del Piano di lottizzazione figura la «variante alla strada provinciale ex statale 35 dei Giovi», una snuova trada di cui non troviamo traccia nel Piano territoriale di coordinamento provinciale che, da quelle parti, semmai prevede «il consolidamento delle attività agricole e dei caratteri connotativi». E invece eccola disegnata nella tavola 34 esplicativa del Piano; tavola poi modificata il 22 ottobre 2012, facendo così nuovamente mancare la “correlazione”. Fra l’altro, nella convenzione tra la proprietà e il Comune si legge (all’art. 4, comma 1) che «la lottizzante potrà cedere a terzi in tutto o in parte a qualsiasi titolo la proprietà delle aree comprese nel comparto d’intervento e le connesse posizioni giuridiche in merito all’attuazione della presente convenzione». Già dal nome si capisce che Progetto commerciale srl (un capitale sociale di soli 250.000 euro a fronte di un progetto il cui costo è quantificabile in 150 milioni) è una società di progettazione, ovvero disegna complessi commerciali, li fa approvare per poi rivenderli a multinazionali del settore. Una prassi indebita, poiché l’autorizzazione comunale è qui subordinata «alla realizzazione a cura e a spese del soggetto proponente della variante stradale» prima menzionata. E il «soggetto proponente» altri non è che la Progetto commerciale.
Asso di fiori. Non risulta alcuna Valutazione d’impatto ambientale (Via) – obbligatoria in quest’area, sottoposta a vincolo paesistico – così da verificare se l’edificazione o anche solo la trasformazione del suolo siano compatibili con una tale tutela. Fra l’altro, la norma si applica anche ai parcheggi sopra i 500 posti, pubblici o privati che siano.
Asso di picche. Il Piano territoriale regionale d’area Navigli lombardi (Ptra) estende e rafforza i vincoli ambientali della zona, attraversata da Navigliaccio e Naviglio pavese: un’area che include il Parco visconteo. Insomma, un unicum di rilevante importanza paesaggistica, storica, culturale la cui pietra angolare più preziosa è il monastero della Certosa di Pavia.
Questo poker d’assi – che il Comune di Borgarello non ha voluto o potuto calare – l’hanno allora giocato gli avvocati di Italia Nostra e Legambiente Franco Maurici e Roberto Scola, autori della “Memoria di replica” al Tribunale regionale per la Lombardia in discussione all’udienza del 2 maggio.
Ad esclusione dell’amministrazione Lamberti – dichiaratamente contraria – per anni a Borgarello abbiamo dovuto assistere a questo osceno gioco di sponda tra destra e sinistra, con pubblici amministratori e faccendieri a darsi di gomito e la mano unta di Giunta in Giunta.
Non solo a Borgarello. A quale partito appartengono i sindaci di Certosa e Giussago, schierati in favore di un nuovo Centro commerciale, l’ennesimo nei pressi di Pavia? Appartengono al Partito democratico, lo stesso che formalmente lo ha avversato, così come lo avversa la Lega nord, altrettanto formalmente schierata per il “no”.
Già, ma il 10 e il 26 gennaio 2011, alla terza e quarta Conferenza dei servizi, l’assenso a questo scempio allora chi lo ha dato? Lo ha dato la Regione, all’epoca guidata proprio dal Carroccio nonché da Roberto Formigoni, il governatore di cui l’ex sindaco ciellino di Borgarello Giovanni Valdes rimane un fedelissimo. Lo hanno dato il sindaco di Certosa Corrado Petrini e quello di Giussago Massimiliano Sacchi, appartenenti al Partito democratico. Lo ha dato il commissario prefettizio di Borgarello Michele Basilicata, in palese contrasto con le norme in materia di valutazione d’impatto ambientale (legge regionale n. 5, 2 febbraio 2010), sopra coltivi tutelati dal Ptra, quest’ultimo entrato in vigore il 6 gennaio 2011, prima cioè dell’ultima Conferenza dei servizi e dell’autorizzazione commerciale (ma un commissario prefettizio non dovrebbe limitarsi all’ordinaria amministrazione?). E non va dimenticato il sostegno bipartisan via via mantenuto dagli ex sindaci Donato Rovelli e Antonio Vitolo (centrosinistra) e dello stesso Valdes (centrodestra).
A quale contorta partita stiamo assistendo? Sono temi – ammonisce l’economista Antonio Majocchi – su cui si gioca il futuro sviluppo economico del territorio: quello autolesionista scolpito dalle logistiche e dai Centri commerciali che già costellano «una provincia dove transita e si consuma una ricchezza prodotta altrove», avverte Majocchi; quello altrettanto autolesionista dell’autostrada da Broni a Mortara, che ogni giorno delocalizzerà traffico inquinante in provincia di Pavia, avversando lo sviluppo sostenibile della valorizzazione agricola, ambientale e culturale (i beni monumentali) che sarebbe altrimenti foriero di lavoro qualificato.
Alternative? Ad esempio, quelle coltivabili nel grandioso parco Visconteo attorno a Borgarello, teatro della storica battaglia di Pavia che nel 1525 vide fronteggiarsi il re di Francia Francesco I e quello spagnolo Carlo V d’Asburgo, re dei romani. E contemporaneamente valorizzando il meraviglioso complesso monumentale della Certosa nonché il napoleonico Naviglio pavese: impreziosito da ben dodici conche leonardesche, è un’opera di ingegneria idraulica che ha fatto scuola, un museo a cielo aperto che andrebbe recuperato come collegamento navale tra il pavese Borgo Calvenzano e il Monumento (e non certo per andare a far spesa all’iper).
Contraddizione nella contraddizione, nel nome dell’identità padana, il Ptra insiste sui valori territoriali e sulla tutela ambientale così che «i benefici di tipo economico (turismo, energia rinnovabile, agricoltura sostenibile) possano combinarsi con la tutela e l’incremento, nel tempo, dei beni stessi». Il Piano sottopone a tutela la fascia di 100 metri dalle sponde, estesa a 500 nell’intento di preservare le aree agricole. Servirebbero politiche nutrite da visioni e lungimiranze. Mentre a Borgarello…
A Borgarello un altro Piano, quello di lottizzazione, prevede un Centro commerciale dal nome altisonante di “Factoria” sopra un’area di ben 217.449 metri quadrati, a pochi passi dal corso d’acqua del Naviglio e dal Monumento della Certosa, in sostituzione dei campi. Un intendimento autolesionista, poiché in spregio al paesaggio e al pubblico interesse, alle regole e al buonsenso. Elusa in particolare la Valutazione di impatto ambientale (Via), obbligatoria. Lo puntualizzano Legambiente e Italia Nostra in due ricorsi, al Presidente della Repubblica e al Tar: «Sia la Conferenza di servizio sia il Commissario straordinario di Borgarello violano i punti 7 lett. B2 dell’allegato B alla L.R. 5/2010 in quanto, senza preventiva Via la prima dichiara ammissibile, e il secondo autorizza, un Centro commerciale dalla superficie di vendita superiore a 1.500 mq in un Comune con popolazione inferiore a 10.000 abitanti incluso in zona soggetta a vincoli paesaggistici; violano altresì l’art. 4 co. 5 L.R. 5/2010 in quanto consentono un intervento che interferisce senza preventiva Via sulla Rete ecologica regionale. Il progetto in questione prevede un parcheggio di 1988 posti auto autorizzato senza preventiva Via; pertanto viola il punto 7 b 5 dell’allegato B della L.R. 2 febbraio 2010 n. 5. Il progetto prevede una strada extraurbana secondaria di interesse provinciale, che in prossimità del Cassinino in territorio di Pavia e in zona vincolata a Parco del Ticino, supera il Navigliaccio; in territorio di Borgarello insiste sulla fascia di 500 metri dalla sponda ovest del Navigliaccio; in prossimità di Borgarello supera questo corso d’acqua invadendo anche la fascia di 100 metri dalla sponda ovest del Navigliaccio, intangibile, tutelata dal Ptra dei Navigli. Il progetto di Centro commerciale in riferimento al tracciato della nuova strada, che ne costituisce parte integrante, in mancanza di preventiva Via è stato autorizzato in violazione, oltre che del punto 7 b 2 anche del punto 7 g 2 all. B alla L.R. 5/2010».
Al solito, provano a dipingerla come una indispensabile fonte per l’occupazione. È vero il contrario: secondo Confcommercio il nuovo ipermercato procurerà 279 nuovi posti di lavoro – malpagati e con un’ampia percentuale di contratti a tempo determinato e part-time – e per contro se ne perderanno 573: saranno dunque ben 294 posti di lavoro perduti. E pietra tombale sui negozi della zona.
Il dato è per difetto. Alcune recenti ricerche francesi dimostrano che un posto di lavoro precario nella grande distribuzione ne distrugge cinque – e fissi – nei negozi di vicinato. In Francia, già alla fine degli anni Settanta l’espansionismo del modello iper aveva cancellato il 17 per cento dei panifici, l’84 per cento dei negozi alimentari, il 43 per cento dei ferramenta.
Sono numeri allarmanti, che trovano conferma in una indagine della Cgia (l’associazione delle piccole imprese artigiane) di Mestre: in Italia, tra il 2001 e il 2009 si è registrato un aumento di poco più di 21.000 addetti nella grande distribuzione ma specularmente si sono persi quasi 130.000 (centotrentamila!) posti di lavoro nelle piccole botteghe. Vale a dire che per ogni nuovo occupato in un Centro commerciale, si perdono sei posti di lavoro tra i piccoli negozianti obbligati a chiudere i battenti. Figurarsi a Pavia, luogo dove il piccolo commercio è letteralmente soffocato da quattro “iper” (San Martino e Vigentina, oltre ai vicini centri commerciali di Assago e Montebello) e da una moltitudine di “super”.
Se la provincia ne è più che satura, se sarà devastante per il paesaggio, se intaserà di traffico inquinante il breve tratto tra Pavia e il nuovo Centro, se non porterà altri posti di lavoro, se danneggerà l’economia in generale e il commercio di vicinato in particolare, se toglierà alle persone anziane i negozi sotto casa, se la chiusura dei negozi immiserirà i già miseri rapporti sociali e peggiorerà la già povera vita degli abitanti, se la cultura “iper” non risponde al pubblico interesse, se tra i visitatori delle nuove Agorà uno solo su tre compra qualcosa, se… se… se… allora perché progettarne un altro? Semplice: è conveniente per gli speculatori. Tuttavia il cinema o le merci sugli scaffali sono la nuda foglia di fico, il sottoprodotto del bottino vero, quello della variazione di destinazione d’uso dei suoli (per “decisione” della pubblica amministrazione) il cui valore lievita a ogni passaggio di mano e soprattutto può muovere denaro, di non sempre limpida provenienza. Conviene dunque a chi detiene capitali da investire (immobiliaristi, faccendieri, affaristi) o liquidità criminali da dilavare (le mafie). Soldi che vorticosamente “transiteranno”, così come abbiamo visto transitare dal vicino Carrefour pavese lungo la Vigentina: stesso parco Visconteo, stesse menzogne; come i 100 nuovi posti di lavoro annunciati in Consiglio comunale nel 2007 dall’assessore pavese all’urbanistica Franco Sacchi (Pd) che, nella realtà, si risolsero in lavoro precario, sfruttamento, contratti di pochi mesi.
Centro commerciale “Factoria” di Borgarello e Carrefour pavese: troppe simmetrie, come i discutibili passaggi amministrativi nel segno del mancato rispetto delle norme. Ad esempio: il progettista.
Caso vuole che il progetto del mega-centro commerciale di Borgarello rechi la firma dell’ingegner Beppe Masia, che era il responsabile dell’ufficio tecnico comunale proprio mentre si elaborava il Piano di governo del territorio (Pgt). Dunque anche Masia era al tempo stesso controllore e controllato. Secondo Legambiente, questo stesso Pgt risulta carente in tema di partecipazione e trasparenza, oltre che in contrasto con il Piano territoriale di coordinamento provinciale (Ptcp) e con la pianificazione paesistica regionale vigente.
L’ingegnere figura anche tra i componenti la commissione che il 16 gennaio 2010 ha assegnato alla Pfp di Carlo Chiriaco l’appalto per l’edificazione dell’area Peep di Borgarello in via Di Vittorio; quell’appalto che ha portato in cella anche Giovanni Valdes (il sindaco a Chiriaco: «è un po’ sporca ma la facciamo» – intercettazione del 20 gennaio 2010. Il 6 dicembre 2012 al processo milanese alla ‘Ndrangheta, Chiriaco è stato condannato in primo grado a 13 anni di carcere: 11 per concorso esterno in associazione mafiosa e 2 per la turbativa d’asta di Borgarello).
Curiosamente il Centro commerciale “Factoria” viene approvato da quel Consiglio comunale il 12 luglio 2010 (8 voti favorevoli, 1 contrario, 2 astenuti), solo poche ore prima della storica retata antindrangheta la mattina del 13 luglio (304 arresti nell’ambito delle inchieste Infinito e Crimine. Tra gli arrestati anche Francesco Bertucca, padre dell’assessore di Valdes). Nella convenzione tra il Comune e la “Progetto commerciale srl” (la società bergamasca è il referente italiano del colosso immobiliare portoghese Sonae, il cui 50 per cento è stato recentemente acquisito dall’inglese Grosvenor), leggiamo di «parcheggi pubblici – a spese del lottizzante – per complessivi mq. 53.700 da approntarsi in massima parte all’interno ed entro la sagoma del complesso», ovvero funzionali solo all’ipermercato. Leggiamo anche di un’area verde di rispetto (obbligatoria) qui chiamata Parco pubblico tematico “del Navigliaccio” (32.700 mq), Parco da realizzare «integralmente a propria cura e spese e successivamente da cedere a titolo gratuito» al Comune, fatto salvo che questi stessi costi verranno stornati dagli oneri di urbanizzazione secondaria. «Atteso, peraltro, che il valore complessivo dell’opera di urbanizzazione secondaria dedotta a scomputo – pari ad euro 865.933,02 – è inferiore agli oneri di urbanizzazione secondaria dovuti – pari ad euro 1.164.600 – la lottizzante si impegna a corrispondere al Comune la relativa differenza». Ma la vera chicca è l’impegno «a mettere a disposizione dell’Ente il complessivo importo di euro 8.945.000», 6.500.000 dei quali destinati all’«approntamento di nuovo tratto di strada» e di ben tre ponti a sostanziale uso e consumo dell’iper e – come sembra – senza alcun collegamento con la tangenziale pavese. Se malauguratamente la lottizzazione procedesse, chi dovrà infine completare le infrastrutture e in particolare i ponti? A quali costi? A carico di chi? Dei privati lottizzanti o della pubblica amministrazione, ovvero noi?
Costantino Serughetti di Progetto commerciale non rivela quali banche o assicurazioni rilasceranno le fidejussioni, alludendo genericamente a fondi russi e belgi.
Dal 2009, da quando nel Pgt di Borgarello questi terreni agricoli sono stati derubricati a commerciale, la società bergamasca proprietaria dell’area è tenuta a versare al Comune i relativi oneri. «La Progetto commerciale ottempera, anche economicamente, ai propri doveri senza che ne vengano rispetti i diritti», ha lamentato l’ex sindaco post-comunista ora a centrodestra Donato Rovelli, tra i più accesi fautori del Centro commerciale, in una intervista a Giovanni Scarpa (“La Provincia Pavese”, 26 settembre 2012): «La politica continua a non dare le risposte che per legge deve dare».
30 aprile 2013 alle 10:27
ad arese,ex area alfa, succede piu’ o meno la stessa cosa qui un sindaco che si era impegnato a non approvare il centro commerciale iper +20 % coop,si è dimesso dopo 60 gg ed è arrivato il commissario ,bravissimo ,si fa per dire,entrato in carica il 4 ottobre a novembre era stato in grado di approvare il piano alfa romeo,2100000 mq(duemilioni centomila) con il piu’ grande centro commerciale d’europa e 1500 appartamenti coop,il commissario anna pavone è stata in grado anche di contrattare 40 milioni di opere .considerando che il commissario non conosceva arese bisogna ammettrere che è stata brava. il piano è stato approvato a dicembre nell’ultima riunione di giunta regionale insieme ad altre 128 delibere,senza alcuna discussione.l’associazione che ha fatto ricorso al tar si è vista respingere il ricorso con motivazioni di scherno ,tipico di chi puo’ contare sull’appoggio delle maggiori forze politiche di destra e di sinistra,quando chi deve istituzionalmente fare opposizione non la fa si crea un regime,l’accordo compagnia delle opere coop è il sigillo dell’accordo formigono pd,questo accordo prevede che ne i tribunali ne la politica si oppongano ai loro affari. la minaccia dei danni serve solo per giustificare quei amministratori pronti a dire di si ai piani piu’ vergognosi,”sono stato costretto” ma la minaccia di danno se fatta in un certo modo puo’essere soggetta a denuncia. l’arma piu’ utile in questi casi e’ la mobilitazione della gente,i tribunali ed i partiti sono spesso soggetti alla sensibilizzazione di chi deve costruire.