di Franco Osculati
Si pensava che in Italia la famiglia godesse di alta considerazione. «Fare come un buon padre di famiglia». «Eliminare l’Imu prima casa perché toccare la casa è come toccare la famiglia». «Introdurre il quoziente familiare». Ecc.. Oggi, però, sembra farsi strada una diversa concezione. Forse più moderna, comunque là dove non te l’aspetti, ovvero a Borgarello, dove molti sono così preoccupati dell’avvenire dei propri figli da volere a tutti i costi un mega iper super store che consenta di arruolare 100 – 120 giovanotti con un bel contratto “a chiamata” (sarebbe un contratto di lavoro per cui alle 21 del venerdì ti dicono di tenerti pronto per il successivo sabato per lavorare dalle 11 alle 15 e, se ti comporti bene, anche la domenica dalle 13 alle 15).
A leggere la “Provincia Pavese” di giovedì 9 maggio salta fuori che Rovelli, candidato sindaco a Borgarello, è implicato in una vicenda di compravendita di terreni (edificabili ma parrebbe acquistati a prezzo agricolo). Secondo Maria Fiore, per trarsi d’impaccio (o tentare di…), Rovelli dichiara: «Non c’entro più nulla con questa storia. Ho ceduto l’opzione a mio figlio Gabriele attraverso la costituzione di una società». Ora, a parte che, nell’ottica di Rovelli, c’è un «più» di troppo (ora non c’entro più ma prima evidentemente sì che c’entravo), Gabriele non è anche lui un “piezzo e core”? Cioè, una creatura, un figlio, uno per cui gli italiani, si diceva, erano pronti a qualunque sacrificio? Ad incominciare dal non inguaiarli al posto proprio.
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