Green Campus. Il sindaco nasconde documenti
da Pavia, Giovanni Giovannetti
Dopo aver sottoscritto una temeraria Convenzione con la società Green Campus sulla nota lottizzazione abusiva al Cravino (l’Università aveva declinato l’invito), la Giunta Cattaneo ora secreta una parte del parere legale chiesto dal Comune all’avvocato prof. Aldo Travi. Non resta che sollecitare il sindaco a divulgarla, o la Procura pavese ad acquisirla.
Tornare da Strasburgo, dopo aver incontrato il presidente del parlamento europeo Martin Schulz, e ritrovare Pavia tale e quale: sospesa tra convergenze affaristico-criminali (mafiose e no) e un sindaco ad autonomia limitata, prigioniero di chissà quali “obblighi” assunti con si sa chi: poteri forti, comitati d’affari, grandi elettori o peggio. E tanti saluti al pubblico interesse. Le mezzebarbe non provano nemmeno a salvare le apparenze e librano il loro svettante nanismo nel ratificare una Convenzione tra Comune e Green Campus, nonostante l’accusa di lottizzazione abusiva che pende su quest’ultima. Un guanto di sfida alla Procura pavese – che nei mesi scorsi aveva posto l’area sotto sequestro – proprio ora che piazza del Tribunale dichiara concluse le indagini. Sono dieci gli avvisi di garanzia inoltrati: ai dirigenti comunali Francesco Grecchi e Angelo Moro (a riprova del coinvolgimento di Palazzo Mezzabarba), nonché a cittadini “di rispetto” quali Gian Michele Calvi e signora, il faccendiere Arturo Marazza, i fratelli costruttori Alberto e Paolo Damiani, il notaio Antonio Trotta e altri ancora.
Non paghi, questi Robin Hood all’incontrario, spendono pubblici quattrini in consulenze presso accreditati studi legali, salvo poi secretarle qualora il parere risultasse sfavorevole per amici e sponsor economici.
Ad esempio, del parere richiesto dal Comune di Pavia all’avvocato professor Aldo Travi da Busto Arsizio conosciamo la Relazione del 21 gennaio 2013, ovvero prima del sequestro dell’area; secretata invece una sua più aggiornata “nota integrativa”. Forse non per caso, chi tra gli assessori l’ha potuta leggere – l’avvocata Cristina Niutta ad esempio, lei è del mestiere – si è poi resa irreperibile al momento del voto.
E già nel primo documento l’illustre professore informava che in quell’area «il Prg non consente insediamenti residenziali» ma unicamente «residenze universitarie». Travi inoltre avverte che «il vero rischio di una cessione di singole unità immobiliari a terzi» come ahinoi è già avvenuto «è rappresentato dal fatto che il singolo acquirente potrebbe abbastanza facilmente eludere il vincolo di destinazione» imposto dall’Atto unilaterale d’obbligo, cui è correlata l’efficacia del permesso comunale a costruire. Insomma, con l’illecito trasferimento di proprietà a singole persone, i vincoli perdono ogni loro efficacia.
Quanto alla successiva – la nota indebitamente secretata – ovviamente non ne conosciamo il contenuto: non resta che sollecitare il Comune a divulgarla, o la Procura pavese ad acquisirla.
Si può tuttavia ipotizzare che il testo segnali il Decreto n. 17/2011 del ministro Gelmini, attuativo della legge 338/2000, che delinea «le destinazioni urbanistiche e le localizzazioni relative all’edilizia residenziale studentesca» distinguendole da quelle residenziali civili. In particolare, si legge nel Decreto, «la residenza per studenti deve rispondere alla duplice esigenza degli studenti di individualità e socialità attraverso adeguata previsione e ripartizione di spazi a carattere privato e semiprivato e spazi a carattere collettivo e semicollettivo» quali, in dettagliato elenco, «aula riunioni, biblioteca, sala conferenza, auditorium, sala giochi, palestra-fitness, sala musica» nonché «uffici destinati alla gestione unitaria, guardaroba, lavanderia, mensa, bar, magazzino». Insomma, le residenze universitarie hanno caratteristiche tipologiche particolari – alloggi collettivi con spazi comuni – che le differenziano radicalmente dai condominii, così da «offrire anche agli altri iscritti alle Università servizi di supporto alla didattica, alla ricerca e attività culturali e ricreative» (legge 338 del 14 dicembre 2000).
Del resto la codificazione delle residenze universitarie non è databile alla citata “legge Gelmini” poiché riprende centenarie prassi consolidate, in Italia così come in Europa. Si pensi ai collegi universitari pavesi più antichi, al Ghislieri e al Borromeo, dotati di ampi spazi per le attività culturali e comunitarie. Una tipologia peraltro riscontrabile in ogni altro collegio pavese, pubblico o meno: locali privati intercomunicanti, spazi di relazione e per la ricerca, la cultura, la ricreazione e l’alimentazione; impensabili in un condominio. E infatti sono caratteristiche del tutto assenti nei cinque palazzoni di Green Campus al Cravino.
Come si legge nelle “Motivazioni” del sequestro richiesto dalla Procura pavese, l’intento elusivo delle norme da parte dei costruttori è fra l’altro reso evidente dalla richiesta «presentata in Comune di frazionamento degli immobili in tante particelle quante sono le unità abitative e quanti sono i posti auto coperti e i box, senza esclusione dei singoli alloggi che costituiscono parte del complesso non ancora posto in vendita».
Letta la perizia di Stato, il giudice Anna Maria Oddone osserva che, a partire dal 4 dicembre 2009, a Green Campus «iniziavano i lavori per la realizzazione di 326 unità immobiliari “residenziali”, per una superficie lorda di pavimento totale di mq 15.508, attraverso la costruzione di due blocchi di edifici, uno da tre corpi di fabbrica ed uno da due corpi di fabbrica, ognuno comunicante attraverso ballatoi esterni, in forza del permesso di costruire […] nonché delle successive “Dia in variante” [Dia: Dichiarazione di inizio attività], presentate rispettivamente il 17 dicembre 2011 e il 10 luglio 2012, originariamente rilasciate per la realizzazione di un unico complesso immobiliare destinato a “residenze universitarie” – titoli abilitativi da ritenersi sotto molti profili illegittimi». Successivamente «i proprietari stipulavano preliminari di vendita con qualunque soggetto e senza alcuna limitazione, in violazione dello stesso atto unilaterale d’obbligo n. 4480 di rep. 1° settembre 2009 che, all’art. 3, prevedeva l’impegno della proprietà a “mantenere la destinazione d’uso delle unità abitative a residenza universitaria”, come prescritto dall’art. 2 comma 10 delle Nta [Norme tecniche di attuazione], sino alla durata dell’attuale vincolo di Prg [Piano regolatore generale], “e pertanto ad affittare le unità immobiliari unicamente alle seguenti categorie di locatari: – studenti iscritti all’Università di Pavia o allo Iuss; – dipendenti o assimilati all’Università di Pavia, dello Iuss o enti con essi convenzionati per l’attività di ricerca e didattica; – docenti, ricercatori, specializzandi, studiosi, studenti in visita presso l’Università di Pavia, lo Iuss o enti con essi convenzionati per attività di ricerca e didattica”, concludendo sino ad oggi preliminari di vendita per un totale di 147 appartamenti e 82 box, predisponendo a tal scopo atti di funzionamento per la suddivisione dell’immobile in lotti destinati ai promessi acquirenti. Opere da ritenersi realizzate in assenza di permesso a costruire. Fatto commesso a Pavia in data antecedente e prossima al 4 dicembre 2009 ed in attuale permanenza». Nel testo incontriamo due certificazioni a firma dei dirigenti comunali Gregorio Praderio e Angelo Moro tali da implicare «una destinazione incompatibile con quella preminente a servizi, quale è quella destinata a residenze universitarie».
Quanto ai rapporti con Comune e Università, al giudice pare «evidente che, al fine di poter edificare legittimamente sull’area in questione, era necessaria e indispensabile una convenzione tra l’Ente pubblico e la parte privata per disciplinare in concreto la “gestione del servizio”» (non solo la gestione del servizio ma anche la tipologia degli edifici).
Un punto di vista speculare a quello già espresso in sede civile nell’Ordinanza del giudice Frangipani il 25 maggio 2012, là dove il magistrato osserva che «una convenzione che disciplini il servizio è certamente elemento qualitativo del tipo di intervento in questione proprio per raggiungere lo scopo di destinare realmente le palazzine a residenze universitarie, che come tali e come avviene notoriamente in ogni struttura residenziale universitaria italiana o estera devono essere gestite da un ente che amministra gli affitti dei locali e cura i servizi comuni».
Sempre Frangipani lamenta che «nel caso di specie non venne redatta alcuna convenzione con l’Università (l’unica convenzione citata negli atti riguarda la costruzione delle strade di accesso all’area)» così da evidenziare «un primo profilo di illegittimità delle costruzioni in corso di realizzazione». Secondo il giudice, a riprova del mutamento di tipologia abitativa, prima della pubblicazione degli articoli di denuncia dell’illecito «gli annunci delle società di intermediazione immobiliare incaricate della commercializzazione degli appartamenti non contenevano alcun riferimento alla caratteristica di residenze universitarie delle costruzioni, che venivano invece proposte sul mercato come “complesso residenziale di nuova costruzione” o “monolocali e trilocali”» allo scopo fraudolento di «immettere sul libero mercato appartamenti di diverse metrature e tipologie, astrattamente appetibili da una serie indeterminata di compratori».
Concludendo, secondo Frangipani «la natura di servizio della residenza universitaria e la durata necessariamente temporanea del contratto di locazione impongono invece di ritenere che, laddove l’atto d’obbligo (a prescindere dalla legittimità del medesimo in luogo della prevista convenzione) richiede alla costruttrice e ai suoi aventi causa l’impegno ad affittare gli alloggi, esclude che il proprietario vi abiti, indipendentemente dal fatto che egli sia o meno uno studente o un dipendente dell’Università: diversamente si dovrebbe pensare che l’acquirente, studente o dipendente, possa occupare l’alloggio sino a che permane tale sua condizione e sia tenuto a lasciare l’alloggio rispettivamente dopo la laurea (o la specializzazione) o il pensionamento; non solo tale eventualità non è contemplata, ma si verrebbe altresì a creare una figura del tutto atipica di diritto reale, essendo il diritto di proprietà subordinato alla temporanea condizione soggettiva del titolare.
Se poi si pone mente al fatto che è esclusa la possibilità di sanzioni nel caso di mancato rispetto della destinazione d’uso, prospettandosi solo un aleatorio risarcimento di danni richiedibile da parte del Comune, e se si considera altresì che il controllo sull’effettivo rispetto di tale destinazione può ragionevolmente ritenersi tutt’altro che agevole, pare corretto ritenere che la società Green Campus abbia effettivamente mirato a mettere sul mercato alloggi potenzialmente appetibili da una vasta categoria di interessati, senza alcuna garanzia che venisse rispettato il vincolo urbanistico esistente sull’area».
Insomma, la tipologia stessa “residenze universitarie” implica non solo una gestione unitaria ma anche l’impossibilità di frazionare le singole abitazioni e venderle sul libero mercato, come invece è avvenuto.
È impensabile che alloggi di una residenza universitaria possano essere frazionati in singole proprietà; che i proprietari possano alienare i propri appartamenti imponendo all’acquirente l’obbligo di destinarli a studenti; che i proprietari studenti possano addirittura occuparli per tre anni successivi al compimento degli studi. Anche il codice civile all’art. 720 prevede gli immobili indivisibili per destinazione.
Come pare evidente, la società Green Campus ha edificato alcuni condominii in un’area destinata dal Piano regolatore a residenze universitarie. Dunque si configura il reato di lottizzazione abusiva poiché – stante le dimensioni dell’area – per costruire i cinque condominii occorreva una variante di piano e un piano di lottizzazione, nonché la convenzione con l’Università.
E la radicale differenza tipologica tra condomini e residenze universitarie non ammette alcuna sanatoria. La Convenzione tra Comune di Pavia e Green Campus, elaborata dalla Conferenza dei Servizi, non può eliminare la differenza strutturale tra condominii e residenze universitarie, e quindi rappresenta un ulteriore abuso.
La mancanza della Convenzione – trilaterale o bilaterale che sia – non costituisce affatto, come preteso, l’unica e superabile illegittimità: è stato edificato un complesso di condomini – con relativo regolamento e tabella millesimale – e non di residenze universitarie; con la conseguenza che nessuna convenzione potrebbe sanarne la tipologia e la struttura, non conforme al Prg (come un illustre professore universitario ha ironizzato, «nel mio condominio sono prevalenti gli alloggi affittati a studenti universitari, ma certo non per questo posso classificarlo residenza universitaria!»).
È pur vero che la città è profondamente degradata dai recenti abusi urbanistici, ma quest’ultimo sarebbe ancora più intollerabile dei precedenti poiché in favore di una speculazione grossolana a danno degli studenti, della loro formazione e della ricerca (prevista dal “decreto Gelmini” anche nelle residenze universitarie, specie se occupate da professori). Al contrario, gli attuali acquirenti di Green Campus non intendono fornire agli studenti alcun supporto alla didattica, alla ricerca, alla cultura e alla ricreazione. Si propongono solo di ricavarne il massimo profitto, senza minimamente considerare la disciplina nazionale o europea, né quella locale.
Tag: Alberto Damiani, Aldo Travi, Antonio Trotta, Arturo Marazza, criminalità urbanistica, Francesco Grecchi, Gian Michele Calvi, Paolo Damiani, Università di Pavia
15 luglio 2013 alle 18:39 |
Provo pena per la città di Pavia… Non ho parole per descrivere l’amarezza di scoprire, che se hai conoscenze…riesci a rifarti un nome e una nuova dignità. Un amico mi aggiorna, che il 3 luglio 2013 sul giornale (la provincia pavese) c’è un trafiletto dove si parla di una richiesta di pena del Pm. Una richiesta di pena di 4 anni e rotti. In quel periodo ero fuori da Pavia, non ho potuto comprare il giornale. Ho cercato la notizia sul sito del giornale e non c’è riscontro. Digitò il nome, ma non viene fuori niente. Su google…solo un articolo (sempre della provincia pavese), dove per capire chi è indagato devi leggerlo tutto! Meglio tacere a volte