Freccia d’Europa al Festivaletteratura di Mantova

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Così come l’anno scorso per Stella d’Italia (dai punti cardinali del Paese verso L’Aquila, paradigma della domanda di rigenerazione nazionale) e due anni fa per Cammina cammina (da Milano a Napoli Scampia, per ricucire l’Italia con i nostri passi), anche l’edizione 2013 del mantovano Festivaletteratura domenica 8 settembre ospiterà la nostra esperienza di cammino civile (ore 15, chiesa di Santa Maria della Vittoria) questa volta verso nord, verso Strasburgo, per una Europa delle genti. Il video che segue fissa l’incontro con Martin Schulz il 2 luglio nella sala Protocollo del Parlamento europeo. Nell’occasione, al presidente abbiamo consegnato un nostro documento, di seguito ripreso in sintesi.

In cammino da Mantova a Strasburgo, siamo stati postini di proposte per il Parlamento europeo. Martin Schulz ci ha accolti con calore il 2 luglio. Quel nostro documento avremmo potuto spedirlo o inoltrarlo via mail, ma consegnarlo di persona dopo aver camminato per oltre mille chilometri, passando le Alpi e attraversando quattro nazioni – come si è visto – lo ha reso molto, molto più efficace. Il presidente ci ha ricevuti per una mezz’ora nella sala Protocollo del Parlamento: «Qui solitamente ricevo i capi di stato» ci ha detto. Già un mese prima, alla partenza da Mantova ci aveva fatto giungere un suo saluto, niente affatto rituale. Poi, cammin facendo, l’invito a “palazzo”.
Da Mantova siamo partiti in cinquanta il 1° giugno scorso. Perché Mantova? Da quelle parti, anni fa sono stati ritrovati i resti preistorici di due giovani amanti, sepolti insieme, abbracciati. Questa paleolitica “camera degli sposi” ci è parsa l’immagine più radicale e positiva, potente e struggente dell’Europa prima dell’Europa, dei sentimenti e delle possibilità, lontana – e non solo nel tempo – dalle sovrastrutture ammorbanti, ingabbianti e totalizzanti dell’attuale dimensione «puramente economica, senza una visione politica in senso nobile e alto, senza cuore, senza anima». Lo ha scritto Antonio Moresco nel documento ai parlamentari europei e a Schulz; un testo elaborato in cammino, nutrito da periodiche discussioni collettive.
In esso si denuncia «il nuovo totalitarismo di tipo economico e finanziario» che sta avendo «il sopravvento, restringendo ogni cosa a un’unica dimensione, trasformando i cittadini europei in sudditi e pedine di un gioco che non sono in grado di comprendere, gestito da una nuova casta di super-esperti, i soli in grado di intenderlo e manovrarlo, riducendo ogni possibilità di partecipazione civile e di trascendenza e l’esercizio democratico a un rito di sola facciata, mentre le decisioni vengono prese altrove e i veri giochi avvengono fuori da ogni possibilità di conoscenza e controllo».
«L’economia – come ci hanno ricordato i primi che hanno immaginato un’Europa unita – deve servire gli uomini, non gli uomini l’economia. L’economia non deve diventare tirannia e terreno per le stesse guerre tra stati che hanno dilaniato l’Europa nel corso dei secoli. Questo piccolo gioco economico e finanziario che ci viene presentato come unico gioco possibile sta soffocando ogni cosa e rischia di trasformare l’Europa futura in qualcosa di simile a un terreno desertificato dopo il passaggio di una nuvola di cavallette, un piccolo continente-cimitero in mezzo ad altri continenti in ascesa».
Da convinti europeisti e lettori di Cattaneo e Mazzini, Rossi e Spinelli, questa Europa a noi non piace: «Ci ha mosso l’idea che occorre dare vita a un nuovo continente europeo sperimentale ancora capace di invenzione e visione, perché le strade seguite finora hanno portato in un vicolo cieco. Perché senza una visione non solo le singole vite ma anche i continenti sono destinati a perire».
«Noi continuiamo a sognare un continente dove si possano inventare nuove possibilità di vita in questo momento cruciale per la nostra stessa presenza come specie su questo pianeta che ruota attorno alla sua stella in un braccio secondario di uno dei miliardi di galassie che popolano l’universo».«Con questo nostro cammino – il terzo di un ciclo iniziato tre anni fa – abbiamo inteso compiere un gesto prefigurativo, un gesto di non rassegnazione nel clima di frustrazione cattiveria e cinismo che si sta respirando un questi anni in Europa e del quale è questione di vita o di morte sbarazzarsi. Anche l’Europa può essere un continente prefigurativo che tende a un altrove. La nostra piccola Repubblica nomade vuole essere prefigurazione di una Repubblica nomade infinitamente più grande, che venga a coincidere con i confini di un intero continente e del mondo».
«Non sta a noi definire in dettaglio i modi e le forme di questa possibile rigenerazione. Proviamo solo ad elencare alcune parole che ci possano indicare come noi vorremmo l’Europa: Sperimentale, e cioè che non abbia paura di imboccare nuove strade mai tentate prima, in ogni campo, che abbia il coraggio e la libertà e che si dia gli strumenti per poter intraprendere questo nuovo cammino.
Prefigurativa, e cioè che non abbia paura di sognare e di trasformare i propri sogni in realtà. Nomade, e cioè capace di spezzare le barriere nazionali e di permettere ai suoi cittadini il più alto grado di circolazione e fusione. Che dia il segnale di questa ripresa di movimento con un grande cammino continentale e una benefica e reciproca invasione barbarica che rimetta in circolazione i suoi popoli e soprattutto la sua parte più giovane, più sognatrice e più inquieta.
Repubblicana, e cioè che non abbia paura di liberare la propria potenza popolare, contro il logoramento e la ritualizzazione dell’esercizio democratico di sola facciata, che non abbia paura di indire elezioni e referendum su base continentale e non solo nazionale, di eliminare gli eserciti dei singoli stati per arrivare a una difesa continentale comune.
Cavalleresca, e cioè nobile, ardita, donchisciottesca, se necessario, che non imponga e non pretenda nulla – a differenza di come si è comportata in passato – ma che eserciti il magistero della libertà e dell’esempio. Visionaria, e cioè che abbia l’ardire di tentare una rigenerazione e che senta su di sé l’onore e il dramma di essere portatrice di una grande visione.
Stellare, e cioè che – come ha le stelle nella sua bandiera – cosi senta la propria presenza non solo tra gli altri continenti ma anche su questo pianeta, presenza sempre più difficile e precaria per l’ottusità e la rapacità che ha finora caratterizzato la nostra irripetibile e folle specie. Un continente stellare che abbia la forza di avere una visione non solo mondiale ma anche cosmica e che faccia sentire con forza questa affratellante condizione alle donne e agli uomini che lo abitano». (G.G.)

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