In anteprima nelle librerie pavesi (da ottobre nel resto d’Italia) esce oggi Comprati e venduti, libro di Giovanni Giovannetti sul “sistema Pavia”, paradigma del “sistema Italia”. Riprendiamo qui le pagine finali dell’Introduzione, riepilogative dell’intero volume.
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Pensare globalmente, agire localmente. Queste pagine scavano tra le pieghe di una città del profondo nord, paradigma dell’Italia in cui viviamo, là dove – parola dell’ex vicesindaco amico degli amici – «la mafia non esiste» (l’inchiesta antindrangheta Infinito nel 2010 ha visto coinvolti lui e altri pubblici amministratori; e un sindaco che accettò “a sua insaputa” i voti controllati dalla ’Ndrangheta). Tanto meno esistono, a suo dire, affarismo o affaristi intenti a inoltrare illecite istanze corruttive ai più alti livelli istituzionali. Non esistono, poiché a Pavia la corruzione (e la rassegnazione, quando non l’assuefazione di fronte alla truffaldina deroga alle regole) non è mai esistita…
In Tangenti al San Matteo si racconta quella tangentopoli pavese contigua all’inchiesta “Mani pulite” che, a partire dal 1992, renderà palpabile la metastasi profonda della corruzione di una classe dirigente poco incline a separare la funzione dei partiti e della politica dal ruolo di chi è chiamato a governare; anche a Pavia partiti di destra e di sinistra in cordata sono sorpresi nello spartirsi equamente il bottino (una storia passata? No, storia di oggi).
Mutuando il titolo da un’opera di Corrado Stajano, in questo testo Un eroe in borghese è Vito Sabato, funzionario comunale paradossalmente inviso alla pubblica amministrazione proprio perché schierato senza se e senza ma in tutela del pubblico interesse. Delle ore da lui dedicate al lavoro straordinario, ore non retribuite, si è ormai perso il conto, così come la contabilità delle sue numerose denunce al sindaco e in Procura, denunce che hanno dato luogo a processi e condanne.
A modo suo “eroico” è stato il commissario di polizia Giorgio Pedone, in servizio a Vigevano, trovato morto il 14 agosto 1991 in circostanze mai completamente chiarite. Già nel 1984 (25 anni prima dell’inchiesta Crimine-Infinito) Il commissario Pedone aveva compreso – in solitudine e inascoltato – la colonizzazione della ’Ndrangheta nelle regioni del Nord (quella mafiosa in ambito sanitario è invece l’argomento de La via della Setola).
Ne La distruzione delle città si ripercorre oltre mezzo secolo di scempio urbanistico, anni in cui un assessore si era spinto persino a teorizzare (e a praticare) l’abbattimento di molti edifici storici, ritenendoli «vecchi».
Ancora oggi fatica ad affermarsi la visione del centro storico quale monumento unitario da tutelare nel suo insieme (se ne accenna in Luci a San Primo). Quel che è peggio, tarda a manifestarsi il principio costituzionale della funzione pubblica della proprietà privata; al contrario, a Pavia assistiamo a veri e propri atti di criminalità urbanistica: Greenway, Punta Est, Green Campus, via Emilia, ex Snia e Carrefour; nonché altri numerosi illeciti, a volte pilotati da pubblici amministratori, funzionari e dirigenti senza scrupoli in sodale accordo con faccendieri e costruttori non di meno corruttori (ne rendicontiamo l’operato ai capitoli Destra e sinistra “unti” nella lotta, «Sono Dario Maestri…», Pubbliche sviste, Ladroni a casa nostra).
In Là dove c’era l’erba, è preso di mira il progetto della Broni-Stroppiana, una inutile e costosissima autostrada, devastante per l’agricoltura lomellina, negativa sotto il profilo occupazionale e dannosa per la salute dei cittadini.
Altrettanto inutilmente devastante e invasivo si annuncia il nuovo centro commerciale – l’ennesimo – presso Borgarello, a due passi da Pavia, poco distante dal trecentesco monumento della Certosa (l’argomento è toccato in Partiti tangenti).
A proposito di “eccellenze” locali, all’abisso del gioco d’azzardo, ai suoi drammatici costi sociali – per spesa procapite, Pavia ne è l’inarrivabile capitale nazionale – e al singolare incontro d’interesse tra società concessionarie, mafie e Stato, a questo vero e proprio far-west è dedicato Gioco ricco mi ci ficco: nomi, cifre, strategie criminali, laissez-faire istituzionali su un fenomeno che la Relazione 2010 della Commissione parlamentare antimafia indica quale «nuova frontiera» per il riciclaggio dei proventi dal narcotraffico (25 miliardi esentasse). Secondo stime della Banca d’Italia, ogni anno nel Paese si riciclano 118 miliardi di euro, quasi il 9 per cento del Pil (media mondiale: prossima al 5 per cento). Nel frattempo, in conseguenza delle diminuite possibilità di accesso al credito legale, sono aumentate del 155 per cento le denunce per usura.
Il motivo di fondo della corruzione nutrito dalla deroga istituzionale alle regole e dalla privatizzazione del pubblico denaro attraversa Comprati e venduti da cima a fondo. In particolare, lo si incontra in Corsi e riconcorsi, Tangentisti anonimi, Riso e pattume, «Protezione globale». Fa da sfondo l’interazione con quella “zona grigia” istituzionale che, secondo il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, è ormai «entrata a far parte a pieno titolo dell’agire mafioso più della minaccia». Motivo per cui, avverte Roberti, anche per costoro «forse dovremmo prevedere uno strumento come il 416ter – lo scambio elettorale politico mafioso – e introdurre il punto, suggerito dopo le uccisioni di Falcone e Borsellino, ma poi eliminato, in cui si citava la promessa di voti contro denaro “e altra utilità”»: quell’“altra utilità” che coinvolge gli appalti pubblici, le concessioni ai privati «e tutto ciò di cui il mafioso si avvantaggia come contropartita del sostegno elettorale».
Chiudono il libro una riflessione su La cattiveria e la postilla di * (Fuochi sulla città). Le vetrate del movimento civico Insieme per Pavia prese a picconate; la porta d’ingresso dell’ufficio di un noto avvocato penalista più volte lordata da croci a morto; l’auto di un consigliere comunale data alle fiamme; “ladri” che aprono armadi e cassetti e non rubano niente; la stessa abitazione data alle fiamme due settimane dopo (l’incendio doloso di una abitazione civile non ha precedenti in città). È la criminale risposta alle pubbliche denunce sui giornali ed agli esposti alla Procura, che hanno contribuito a disvelare il “sistema Pavia”, arginando affari illeciti quantificabili, per difetto, in oltre 250 milioni di euro.
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