“Comprati e Venduti”, una pagina

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Di seguito le righe finali di Comprati e venduti di Giovanni Giovannetti, ora in libreria: «invece di chiuderci nell’indifferenza, proviamo a dare fiato alla fantasia, all’immaginazione, alla cittadinanza attiva quale luogo di formazione della coscienza civile. Proviamo a ridare dignità alla politica e ai partiti, e credibilità alle istituzioni democratiche, riappropriandoci del sacrosanto diritto di provare indignazione».

Registriamo un potere e una politica indifferenti all’etica, rinchiusi in partiti-chiesa invasivi al punto da essersi nel tempo sostituiti alle persone – unico soggetto razionale e morale, direbbe Roberta De Monticelli – allontanandosi così dal dettato costituzionale. Sì. Perché se il bene ultimo di ogni democrazia è la libertà individuale, la necessaria disciplina dei diritti e dei doveri non può che trovare nella Costituzione le sue regole; Costituzione che va difesa applicandola, e non solo con letture alla moda sulle pubbliche piazze.
Non resta allora che tener viva la speranza accogliendo l’invito di Salvatore Settis a coltivare l’indignazione: «Dobbiamo saper leggere la profonda trasformazione dell’etica e del costume che ha travolto una parte di quella che, dalle banche alle imprese alla politica, fu la nostra classe dirigente. Dalle sue ceneri è nata una nuova casta, una rete di imprese improduttive che alimenta con risorse pubbliche la propria rendita di posizione. Che in nome del cieco profitto smantella lo stato, saccheggia il bene comune, annienta memoria storica e valori della Costituzione. Non sa e non vuole guardare lontano, non si cura delle nuove generazioni, esige guadagni immediati e crescenti, meglio se a spese dei più giovani e dei più deboli. Si arrocca sui privilegi di una rendita parassitaria, e la chiama “sviluppo”, ma mentre proclama la superiorità dell’iniziativa privata arraffa per ogni dove fondi pubblici, sottraendoli alla gestione dei servizi per i cittadini, dalla sanità alla scuola ai musei. Quasi sempre incapace di innovazione, non reinveste i profitti in nuove attività produttive, ma li indirizza sull’edilizia di consumo, sulla cementificazione del territorio, sulla dispersione dei rifiuti nell’ambiente, sapendo di poter contare su complicità, sanatorie e incentivi elargiti dalla politica. Reprime la ricerca, che potrebbe suggerire nuove linee di produzione, e non apprezza il merito, costringendo all’emigrazione decine di migliaia di giovani talenti, vanificando l’investimento pubblico nella loro formazione, anzi “regalandolo” a Paesi più lungimiranti».
A fronte della mentalità criminale del nuovo Potere, incistata nelle istituzioni ad ogni livello e indistinguibile da quella mafiosa; a fronte di questo folle disordine spacciato per “ordine”; a fronte di una tale crisi di rappresentanza, del vuoto di idee e progetti «sostituiti da slogan passe-partout» – invece di chiuderci nell’indifferenza – proviamo a dare fiato alla fantasia, all’immaginazione, alla cittadinanza attiva quale luogo di formazione della coscienza civile. Proviamo a ridare dignità alla politica e ai partiti, e credibilità alle istituzioni democratiche, riappropriandoci del sacrosanto diritto di provare indignazione; nonché alla sovranità popolare in nome della Costituzione – quella rivoluzionaria promessa del 1948, al più disattesa – così da camminare insieme verso un possibile nuovo umanesimo, verso un orizzonte di senso che tiri fuori il meglio di noi. Diamo fiato alla nostra capacità di sentimento e di pensiero, e alle forze rigenerativa e di prefigurazione così da ridestare le passioni positive e parole più che mai “politiche” come salute, fervore, allegria, altruismo, libertà, gratuità, amicizia, natura, amore, sogno, condivisione… Insomma, «in certi momenti bisogna immaginare e realizzare proprio l’impossibile – ha scritto Antonio Moresco in una “lettera aperta” al Parlamento europeo – perché l’impossibile può diventare la sola cosa possibile, la sola strada degna di essere percorsa».

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