27 gennaio. Per ricordare
di Giovanni Giovannetti*
Da oggi e fino al 27 gennaio Direfarebaciare proporrà spunti di riflessione volti ad attualizzare il tema della memoria. Sono storie di tutti i giorni, dei nostri giorni, storie che rendicontano inquietanti sintonie non solo culturali con quel drammatico passato.
«ora alzatevi spose bambine / che è venuto il tempo di andare / con le vene celesti dei polsi / anche oggi si va a caritare»
![]() |
Il Regolamento di Polizia urbana, voluto dalla Giunta pavese di centrodestra, prevede il reato di accattonaggio, in contrasto con le leggi dello Stato e la Costituzione. Il paragrafo intitolato Comportamenti contrari alla decenza ed al decoro urbano ammannisce multe fino a 400 euro a carico di chi raccoglie «questue, causando disturbo ai passanti anche con la semplice presenza sui marciapiedi». Intimidazioni fuorilegge confermate poco oltre, all’art. 52: «È assolutamente vietata sull’intera area pubblica del territorio comunale, anche in cambio di attività quali lavaggio vetri dei veicoli od uso di strumenti musicali, l’attività di chiedere elemosine». Ovvero il Regolamento pavese persegue la mendicità in generale, quando l’ordinamento vigente non vieta affatto la semplice richiesta di aiuto e persegue solo chi minaccia l’incolumità delle persone e la sicurezza urbana.
Emergenza accattonaggio a Pavia o in Italia? Una fesseria. Non a caso, persino l’ex ministro lumbàrd Maroni, nel suo “Pacchetto sicurezza”, distingueva tra la mendicità in quanto tale (lecita) e quella vessatoria o violenta, oppure favorita dallo sfruttamento di minori (da perseguire). Il “Pacchetto” circoscrive l’intervento dei sindaci alla repressione dell’accattonaggio con l’impiego di minori e disabili (già previsto dall’art. 671 del Codice penale) e ai «comportamenti che possono offendere la pubblica decenza» – come la mendicità vessatoria, quando essa varca il confine della violenza privata – ovvero alle «situazioni urbane di degrado o di isolamento che favoriscono l’insorgere di fenomeni criminosi».
L’accattonaggio come sistema di vita piace poco o punto. Ma un conto è vederla diversamente, altro conto è criminalizzare, proibire e reprimere la libera pratica dell’accattonaggio (un diritto), senza d’altro canto educare, affrancare, emancipare. Senza scordare che per molti poveri e nuovi poveri – italiani e stranieri – la questua rappresenta l’ultima frontiera, l’unica possibile fonte di guadagno.
È la stessa pubblica amministrazione assidua nell’avallare le vere e proprie truffe urbanistiche poco sopra elencate e avanti più diffusamente trat- tate. Cosa inscena il sindaco per sottrarre dalle povertà i questuanti? Articolate politiche di welfare locale? No, sostiene le culture proibizioniste e la criminalizzazione dei miserabili invece delle povertà: poveri da nascondere, spazzatura da spostare sotto qualche altro tappeto, specie quando si tratta di stranieri, quelli ancora più miserabili e digiuni dei diritti come, per l’appunto i Rom rumeni.
Sempre per ordine del sindaco, dal novembre 2009 è persino vietato dormire in auto («ma anche sui camper»).
Sempre a Pavia, ci sono circa 450 Sinti. Sono zingari, ma anche cittadini pavesi e stanziali da più generazioni. Bivaccano nel lager di via Bramante o più comodamente nel campo di piazzale Europa, ai margini del centro storico. Anche per loro il sindaco amico degli amici molto interessati all’area di piazzale Europa, prevede una nuova allocazione: fuori città, in un campo contiguo al canile.
Sempre meglio, ironizzano a destra, della soluzione avanzata nel 2009 dal cattolicissimo ex consigliere comunale di centrosinistra Enrico Beltramelli: un grande campo sotto le carceri di Torre del Gallo, così le guardie potranno tenerli d’occhio, in quella zona «sufficientemente distante da agglomerati abitati da cittadini» (cittadini? I Sinti pavesi cosa sono se non cittadini pavesi?) Insomma, un capiente campo di concentramento in grado di ospitare «gruppi di etnie diverse in zone separate con ingressi separati che limitino i contatti tra chi a contatto non vuole stare». Manca solo la scritta all’ingresso: la scelta potrebbe cadere su “Arbeit macht frei”.
Gli zingari Sinti pavesi – gli zingari in generale – permangono marginalizzati nel segno di politiche demagogiche e violente, basate sul paternalismo, sull’assistenzialismo e a volte sulla repressione. Un cane che si morde la coda: la segregazione e la perdita dell’identità culturale aprono alla deriva delinquenziale, al giustizialismo, al rifiuto. Un costo sociale ed economico elevatissimo, ben superiore a quello delle politiche d’inclusione, scolarizzazione e inserimento lavorativo.
Andrebbe superata la cultura dei campi favorendo il progressivo inserimento di queste famiglie nel tessuto sociale cittadino, evitando l’acquartieramento su basi etniche. Invece…
Le istituzioni locali miopi li preferiscono culturalmente portati a vivere in roulotte o in baracche: non è così. Tra i Sinti c’è la richiesta diffusa di casette più stabili, di micro-aree in cui costruire piccoli villaggi in cui sperimentare forme di autogestione responsabile del territorio. Tutto il contrario della dresponsabilizzazione a cui sono portati dagli interventi assistenziali, o dai “privilegi”, come il mancato pagamento delle utenze pubbliche.
«e se questo vuol dire rubare / questo filo di pane tra miseria e sfortuna / allo specchio di questa kampina / ai miei occhi limpidi come un addio / lo può dire soltanto chi sa di raccogliere in bocca / il punto di vista di Dio.»
* da Comprati e venduti (Effigie 2013, pp. 32-34)
Rispondi