Non sono solo i grandi palazzinari ad avere scatenato una vera e propria guerra contro i ceti subalterni, ma un intero blocco sociale, che comprende anche quei finti progressisti che con il loro silenzio avallano la marea di sfratti, ben consapevoli che questo è un modo per tutelare anche la loro piccola rendita. A pagare le spese, come sempre, sono gli inquilini: Antonietta è svenuta due volte, sotto gli occhi dello sbeffeggiante padrone di casa, ed è finita in ospedale in ambulanza. Il tutto, per lasciare vuota l’ennesima casa: una tra le troppe, che Antonietta insieme ai tanti che condividono la sua condizione presto si riprenderà. (movimentopavia.org)
Dal 1971 ad oggi, Pavia ha perso 10.632 abitanti. Il che significa che in città si sono liberati o 2.658 appartamenti (se ipotizziamo che ciascun appartamento fosse abitato da una famiglia composta da quattro persone), o 3.544 appartamenti (se ipotizziamo che ciascun appartamento fosse abitato da una famiglia composta da tre persone).
Che gli appartamenti liberi fossero 2.600 o 3.500, poco importa. Ciò che importa invece, e un pochino inquieta, è l’indifferenza delle recenti amministrazioni comunali nei confronti dello spopolamento di Pavia: un fenomeno per sua natura visibile e accertabile, la cui spia, tra l’altro, non si è accesa di recente, ma trentotto anni fa, cioè nel lontano 1971.
Il mercato immobiliare non è stato e non è governato e il risultato è la continua espulsione dalla città di chi non ha la disponibilità finanziaria a pagare prezzi altissimi: l’unica risposta è stata la cementificazione che, come si poteva prevedere, non ha assolutamente calmierato l’edilizia privata.
Con alle spalle questo scenario, la politica pavese ha voluto ugualmente recitare la parte del tutore degli interessi edilizi: a Pavia infatti (senza parlare delle discutibili varianti apportate al Piano regolatore) ci si è preoccupati moltissimo di costruire migliaia di appartamenti da vendere, ma pochissimo di affittare quelli sfitti.
Nella provincia di Pavia ce ne sono più di 300, e appartengono all’Aler che non ha i soldi per ristrutturarli e renderli abitabili. E sapete perché non ci sono i soldi per ristrutturarli? «Perché l’Aler spende decine di migliaia di euro in consulenze per temi che potrebbero essere risolti con l’esperienza dei suoi dipendenti». Questa dichiarazione di Giovanni Galliena – membro del consiglio di amministrazione dell’Aler –, lesiva degli interessi dei cittadini, andrebbe approfondita o perlomeno chiarita in sede giudiziaria, se le parti in causa decidessero di ricorrervi.
Più del 25 per cento degli inquilini Aler versa in condizioni economiche particolarmente disagiate a causa della crisi, e non sono più in grado di pagare regolarmente l’affitto. Bisogna intervenire. Gli uffici preposti al settore casa devono diventare un centro di analisi e ricerca delle soluzioni a un problema che è prossimo a diventare ben più esplosivo di ora.
Subito una moratoria degli sfratti (a Pavia nel 2013 se ne sono avuti quasi 500). Sostegno alle politiche della casa: Incremento dell”affitto a canone concordato e garantito dal Comune. Microcredito per le ristrutturazioni. Piano di emergenza per le abitazioni sfitte di proprietà comunale. Revisione del Piano Integrato di Intervento dell’area ex-Neca, destinandone il 30 per cento a edilizia economica e popolare. (Insieme per Pavia)
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