Mafie Mezzebarbe? Non esiste…

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Note a margine del sequestro preventivo di un volantino
disposto dalla locale Procura

di Giovanni Giovannetti

Al. Cattaneo detto Pupo ha querelato me e Walter Veltri per un volantino in cui si rivela – sai la novità – che «il sindaco di Pavia è stato per almeno tre volte gradito ospite del capo della ‘Ndrangheta lombarda “compare Pino”, accompagnato dal tradizionale nonché beneaugurante taglio della caciotta». Per la verità, il sindaco Cattaneo ha ragione: tutto si può dire, fuorché a lui «beneaugurante» quel taglio di caciotta.
Quanto al resto, è affermare che l’acqua è bagnata. Fra l’altro, due di questi tre incontri fra “dritti” sono stati l’argomento focale della sua deposizione ai giudici del processo alla ‘Ndrangheta lombarda, nell’aula-bunker milanese di via San Vittore il 5 luglio 2012.
Come lo stesso Cattaneo ha dichiarato (Verbale, pagg. 163-64), all’abbraccio con gli amici degli amici lui ci andò insieme al comune conoscente Francesco Rocco Del Prete, uno tra i più solerti fiancheggiatori del giovane candidato. Davanti ai giudici, per la prima volta Cattaneo ha dovuto ammettere gli incontri: a casa di Neri «eravamo una dozzina, una quindicina di persone, c’era un architetto di Milano, che mi ricordo perché era vicino a me, c’erano delle signore, credo che fossero la moglie del dottor Neri o adesso non mi ricordo, c’erano anche delle signore, c’era l’unica persona che ricordo era poi il dottore, dottore non è, però signor Dieni [Antonio Dieni, imprenditore edile e braccio politico di Neri], e poi c’era il papà di Francesco Del Prete, c’era forse anche qualcun altro».
E una seconda adunata: «al signor Neri a volte si accompagnava Francesco Del Prete, forse ricordo una mattina che velocemente fui chiamato all’ultimo e passai in studio in Piazza della Vittoria, credo sempre con Del Prete, si trattò, se la prima fu una volta di mezzora… tre quarti d’ora, quella fu di un quarto d’ora a inizio giornata non prevista in agenda, che io cercavo di essere disponibile un po’ con tutti».
Ma di questi incontri, come si è detto se ne riscontrano almeno tre: stando alla deposizione di Del Prete, la notte della vittoria il neoeletto sindaco invitò personalmente Neri ad un selezionato brindisi per onorare l’elezione: «In piazza incontrai il sindaco, il quale mi disse di andare con lui che aveva organizzato un brindisi al “Rebound”, che è un bar in piazza Vittoria […] e c’era Riccardo Marchesi, e poi venne l’avvocato Neri» (Verbale, p. 81). Acciderba, di nuovo ho fallato: non è vero che il Cattaneo «è stato per almeno tre volte gradito ospite» di “compare Pino” ma solo due, poiché alla terza è lui, il sindaco «più amato d’Italia», ad ospitare il capo della ‘Ndrangheta lombarda, un tale reduce da una condanna a nove anni per narcotraffico.
Cinque mesi dopo aver brindato insieme a Cattaneo – eletto “a sua insaputa” con i voti della mafia – il 31 ottobre 2009 Pino Neri innalzerà di nuovo alto il suo calice al Circolo “Falcone e Borsellino” di Paderno Dugnano, per festeggiare la ritrovata concordia tra le Locali padane e la terra madre dopo l’omicidio di Carmelo Novella.
Tutto questo è noto, ma lo scriviamo a beneficio della sostituta procuratrice Ethel Ancona (a Pavia da pochi mesi, dopo aver salutato il Tribunale di Voghera) e del Gip Luisella Perulli (da Vigevano), tanto digiune di cose locali da disporre il sequestro preventivo del volantino, poiché Veltri e Giovannetti «offendevano la reputazione di Alessandro Cattaneo sia personalmente che in qualità di sindaco di Pavia, attribuendogli collegamenti con la ‘ndrangheta lombarda».
Quali collegamenti? Forse il titolo, citato ben tre volte nel Decreto di sequestro. Peccato che venga implacabilmente omesso il punto di domanda finale, così che l’interrogativo «Vota Mafia?» (ovvero per chi vota la Mafia?) a piazza del Tribunale trasfigura nell’affermativo «Vota Mafia». Una omissione che contribuisce non poco al sostegno dell’impiallicciatura accusatoria. “Scarto minimo”, ma è quanto basta o serve, concludono i giudici, a «ledere l’integrità e la dignità morale dell’avversario, alludendo a un suo legame con la criminalità organizzata, se non alla sua diretta partecipazione all’associazione mafiosa, suggerita dalla identificazione del voto per il contendente politico con il voto per la mafia (ottenuta ricollegando il titolo “Vota Mafia” ad un elenco di nominativi candidati tra i quali quello del denunciante)».
Effettivamente si «allude» e in modo assai esplicito: come si può leggere sul retro dello stesso volantino, lo si vuole infatti «ricollegare» a quanto hanno da sempre sostenuto Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sul rapporto mafia-politica, poiché sul lato B (o A, fate voi) è ripreso un passaggio del famoso discorso di Borsellino all’Istituto tecnico professionale di Bassano del Grappa il 26 gennaio 1989: «L’equivoco su cui spesso si gioca è questo: quel politico era vicino ad un mafioso, quel politico è stato accusato di avere interessi convergenti con le organizzazioni mafiose, però la magistratura non lo ha condannato quindi quel politico è un uomo onesto. E no, questo discorso non va perché la magistratura può fare soltanto un accertamento di carattere giudiziale, può dire, beh, ci sono sospetti, ci sono sospetti anche gravi ma io non ho la certezza giuridica, giudiziaria che mi consente di dire quest’uomo è mafioso. Però siccome dalle indagini sono emersi altri fatti del genere altri organi, altri poteri, cioè i politici, le organizzazioni disciplinari delle varie amministrazioni, i consigli comunali o quello che sia dovevano trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze tra politici e mafiosi che non costituivano reato ma rendevano comunque il politico inaffidabile nella gestione della cosa pubblica. Questi giudizi non sono stati tratti perché ci si è nascosti dietro lo schermo della sentenza: questo tizio non è mai stato condannato quindi è un uomo onesto. Il sospetto dovrebbe indurre soprattutto i partiti politici quantomeno a fare grossa pulizia, non soltanto essere onesti, ma apparire onesti facendo pulizia al loro interno di tutti coloro che sono raggiunti comunque da episodi o da fatti inquietanti anche se non costituenti reati».
Poiché notoriamente la ’Ndrangheta in Lombardia sta prendendo piede nelle istituzioni, a significare il pericolo sarebbe forse servito il parere di alcuni colleghi milanesi delle signore Ancona e Perulli. Colleghi come, ad esempio, l’ex procuratore distrettuale antimafia Ferdinando Pomarici («Le mafie sono ormai radicate a Pavia e in provincia, operano negli appalti, nella ristorazione, nel piccolo e nel grande commercio», “La Provincia Pavese”, 25 settembre 2008) o come, altro esempio, ai magistrati del pool antimafia Boccassini Dolci e Storari che, alle pagg. 65-81 della Richiesta di custodia cautelare a seguire l’inchiesta Infinito, lamentano come la ’Ndrangheta in Lombardia stia prendendo piede nelle istituzioni, diffondendosi «non attraverso un modello di imitazione, nel quale gruppi delinquenziali autoctoni riproducono modelli di azione dei gruppi mafiosi, ma attraverso un vero e proprio fenomeno di colonizzazione, cioè di espansione su di un nuovo territorio, organizzandone il controllo e gestendone i traffici illeciti, conducendo alla formazione di uno stabile insediamento mafioso in Lombardia». Come affermano i magistrati antimafia, «ciò che distingue la criminalità comune dalla criminalità mafiosa è la capacità di quest’ultima di fare sistema, di creare un medesimo blocco sociale con esponenti della classe dirigente locale, di creare rapporti tra le classi sociali, di costruire rapporti di reciproca convenienza […] Tali rapporti si possono ricondurre alla nozione di “amicizia strumentale” caratterizzata da scambio di risorse tra “gli amici”, continuità nello scambio e dalla natura aperta di tale amicizia, nel senso che ciascuno degli amici agisce come “ponte” per altri “amici”. […] I mafiosi hanno interesse a instaurare questi rapporti in quanto ciò consente loro di aumentare il proprio capitale sociale (e di conseguenza anche quello dell’associazione); di entrare a far parte della rete di rapporti del soggetto, con ulteriore incremento della rete di rapporti; di porsi come punto di raccordo tra le reti di rapporti facenti capo ai vari individui con cui entrano in contatto, esercitando una sorta di mediazione tra ambienti sociali», così da offrire «sbocchi per investimenti imprenditoriali, coperture a vari livelli, con conseguente integrazione della ’Ndrangheta nella società civile e abbandono di un atteggiamento di contrapposizione nei confronti di quest’ultima […] il sodalizio criminoso passa così da corpo separato a componente della società, e pertanto più pericoloso in quanto in grado di mimetizzarsi».
E sono cose che andiamo ripetendo da sei o sette anni (quanto a me, ne ho fatto argomento per due libri: Sprofondo Nord e Comprati e venduti). Ma per la sostituta e la Gip “pavesi” non pare biasimabile mantenere rapporti elettorali nonché venire a patti col locale capo-bastone ‘ndranghetista che offre appoggio politico/elettorale in nome dell’associazione (non vai a cena da un Pino Neri a chiedere il suo singolo voto, anche perché non risiede a Pavia). Lo è invece chi queste cose le ha denunciate e le denuncia, pagando il prezzo che ha pagato.
Sappiano allora che nessuno potrà mai impedirci dal denunciare pubblicamente che a Pavia alcuni candidati del partito di Dell’Utri hanno intrattenuto rapporti politico-affaristici con figure apicali della ‘Ndrangheta, e che di questi rapporti ne ha beneficiato anche il sindaco Cattaneo.
E qualora dovessimo venire spediti a giudizio, in dibattimento dimostreremo che Luigi Greco – già assessore ai Lavori pubblici, nuovamente candidato in Forza Italia alle Amministrative 2014 – è stato indicato come socio in affari e prestanome di Carlo Chiriaco (Richiesta Boccassini, pp. 1760-1762). Che Antonio Bobbio Pallavicini – assessore alla Mobilità, nuovamente candidato in Forza Italia alle Amministrative 2014 – venne sorpreso nei migliori ristoranti della Locride in compagnia del capo della ’Ndrangheta lombarda Pino Neri (Verbale udienza 5 luglio 2012, pp. 104-106). Che Dante Labate – consigliere comunale, nuovamente candidato in Forza Italia alle Amministrative 2014 – era in affari con l’amico Pino Neri (Richiesta Boccassini, p. 1716: «Da rilevare che Labate è stato socio nella Immobiliare Vittoria srl unitamente ad Aloi Graziella, coniuge di Neri» negli anni in cui il capo bastone ‘ndranghetista scontava una condanna a 9 anni per narcotraffico; per Chiriaco, Labate «è come un fratello»). Che Valerio Gimigliano – consigliere comunale, nuovamente candidato in Forza Italia alle Amministrative 2014 – ha mantenuto rapporti con Neri (secondo Chiriaco, Gimigliano deve a lui l’incarico nel Cda dell’Azienda servizi alla persona – Richiesta Boccassini, p. 1765 e da una intercettazione del 23 giugno 2009).
E infine dimostreremo che Alessandro Cattaneo – sindaco di Pavia, nuovamente candidato alle Amministrative 2014 – lui stesso è stato per almeno tre volte gradito ospite del capo della ’Ndrangheta lombarda “compare Pino”, accompagnato dal tradizionale nonché benaugurante “taglio della caciotta” (Verbale udienza 5 luglio 2012, pp. 81 e 163-64).

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