Archive for the ‘alessandra de vizzi’ Category

Il mafioso della porta accanto

13 luglio 2010
Qualche considerazione in margine all'arresto di Carlo Antonio Chiriaco
di Giovanni Giovannetti

Cosa Nostra? A Pavia non esiste. E infatti tutti gli arrestati del 13 luglio (San Enrico) sono affiliati o in affari con la 'Ndrangheta calabrese. Arrestato per concorso in associazione mafiosa e corruzione il direttore sanitario dell'Asl pavese Carlo Antonio Chiriaco; arrestato l'imprenditore edile di San Genesio Francesco Bertucca; arrestato l'avvocato tributarista Pino Neri di Pavia che, insieme ai fratelli Mandalari di Bollate e a Cosimo Barranca di Segrate, era ai vertici della "Lombardia”, un supergruppo criminale autonomo persino dalle cosche calabresi. Indagati anche l'assessore al Commercio del Comune di Pavia Pietro Trivi (avrebbe pagato 150 voti di preferenza ad una persona indicata da Chiriaco) e il presidente della Commissione comunale Territorio Dante Labate, alla cui elezione avrebbe concorso il Neri.
Nelle carte dell'indagine coordinata dai magistrati Ilda Bocassini – procuratore aggiunto di Milano – e Giuseppe Pignatone della Procura di Reggio Calabria, si afferma che il medico odontoiatra calabrese Chiriaco («uno degli uomini più influenti della sanità lombarda») era un affiliato «a completa disposizione» di Neri e Barranca, la cinghia di trasmissione tra i clan e la politica. Nell'ordinanza del Gip Andrea Ghinetti si riferisce che Chiriaco «è in contatto costante con membri del sodalizio coi quali, dalla propria privilegiata posizione, intesse rapporti di reciproco interesse rendendo possibile la devastante penetrazione del sodalizio nel tessuto economico, politico e amministrativo pavese».
In una intercettazione ambientale del dicembre scorso il direttore sanitario dell'Asl pavese si vanta di essere stato insieme a Neri e Pizzata  «il capo della N'drangheta a Pavia», e così prosegue: «Il primo processo l'ho avuto a 19 anni per tentato omicidio… comunque la legge è incredibile… quando tu fai una cosa puoi star certo che ti assolvono, se non la commetti rischi di essere condannato. Quella roba lì è vero che gli abbiamo sparato (bestemmia) è vero che gli abbiamo sparato non per ammazzarlo, però è anche vero che l'abbiamo mandato all'ospedale (pausa)… assolto per non aver commesso il fatto (sarcastico)». L'impresario edile Salvatore Pizzata (socio del Neri, a cui rispettosamente l'avvocato dava del "voi"; i due erano anche confratelli in Massoneria) lo ricordiamo mediatore tra la cosca Nirta-Strangio e i famigliari di Cesare Casella poco dopo il suo rapimento nel 1988. Neri invece era giunto studente a Pavia sul finire degli anni Settanta, poi neolaureato con una tesi sulla 'Ndrangheta… Arrestato una prima volta il 15 giugno 1994, l'insospettabile tributarista verrà condannato a 9 anni di reclusione per traffico di droga, pena in gran parte scontata agli arresti domiciliari. Secondo gli investigatori, «Neri  appare come al centro di un comitato d'affari che, grazie ad appoggi ed entrature nel mondo politico, riesce ad aggiudicarsi lucrose iniziative immobiliari».
Un milione e mezzo di intercettazioni telefoniche sono ora a disposizione dei magistrati. Il 30 dicembre 2009 Chiriaco indica nel deputato Gian Carlo Abelli, già vice coordinatore di Forza Italia, il politico "amico" su cui fare convergere i voti delle 'ndrine: «Lui deve fare l'assessore alle infrastrutture… lui ha testa… ma nei prossimi cinque anni c'è l'Expo 2015… ma sai cosa c'è da fare nei prossimi cinque anni… proprio a livello di infrastrutture in Lombardia?… ma hai voglia… è l'assessorato più importante…».
Alle elezioni regionali del marzo scorso Abelli e Angelo Gianmario hanno ottenuto un risultato inferiore alle attese. Tuttavia, secondo gli investigatori «a fronte dell'impegno elettorale profuso dalle famiglie Neri e Barranco a favore dei candidati indicati da Chiriaco, gli esponenti della 'Ndrangheta si aspettavano dei precisi ritorni di carattere economico».
Da vertigine le pagine dell'Ordinanza sui rapporti tra Chiriaco, Neri e i Filippi, l'ex vicesindaco Ettore (assessore al Bilancio con il centrosinistra, ora fiero sostenitore dell'abelliano sindaco Cattaneo) e il figlio Luca, ex consigliere comunale, ora nel Cda di Asm. Alle elezioni amministrative pavesi del 2009, con “sole” 251 preferenze Rocco Del Prete è il primo dei non eletti nella lista Rinnovare Pavia dei Filippi: Del Prete viene indicato «nella piena disponibilità di Pino Neri e il fatto era noto a Neri, Chiriaco e Filippi […] Deluse le aspettative di Neri e Del Prete, in vista delle elezioni regionali 2010 Filippi riprende i contatti elettorali con Neri sempre sotto l'egida di Chiriaco». Come gesto riparatore e atto di buona volontà l'avvocato 'ndranghista chiede allora a Filippi di “dimissionare” uno dei due candidati eletti, in modo da lasciare lo scranno al “suo” Del Prete. Operazione impossibile. Ettore propone infine «l'incarico di direttore dell'Asm», poltrona che l'uomo «nella piena disponibilità di Pino Neri» sdegnosamente rifiuta (avrebbe volentieri accettato il posto nel Cda di Asm, andato poi in dote a Luca Filippi). Dopo diversi incarichi presso i Lavori pubblici comunali, non a caso Rocco Del Prete viene infine assunto nel maggio 2010 ad Asm Lavoro, guarda il caso presieduta da Luca Filippi. Qualche giorno prima, insieme alle elezioni regionali si è votato per le comunali di Vigevano e Voghera: come leggiamo, «Del Prete a Neri raccontava di aver ricevuto una telefonata da Ettore Filippi e di averlo subito raggiunto in un luogo dove era anche presente Carlo Chiriaco; l'incontro era ancora una volta finalizzato a ottenere il sostegno dei calabresi». Nessuno dei candidati di Filippi in Oltrepo e in Lomellina verrà eletto, ma a Vigevano con 129 preferenze Salvatore Ilacqua è il più votato. Suo padre Giuseppe «è colui con il quale Chiriaco afferma di aver perpetrato un'estorsione» (da una intercettazione ambientale del 14 marzo 2010).
Gli inquirenti annotano incontri anche tra Neri e quel “mister preferenze” alle ultime Regionali, il leghista Angelo Ciocca, cugino dell'assessore all'Urbanistica Fabrizio Fracassi (Lega Nord), che – stando ai si dice – avrebbe negoziato con l'avvocato calabrese l'acquisto di un lussuoso appartamento in Piazza Petrarca a Pavia, a un prezzo singolarmente vantaggioso. Resta il fatto che i due si conoscevano: in un video della Polizia si vede Ciocca in compagnia di Neri, Diana e Del Prete.
Intrallazzi, favoritismi… Da antologia alcuni colloqui tra Luca Filippi e Chiriaco. Nell'agosto 2009 l'Asl esegue dei controlli in un locale di proprietà di Luca: leggiamo che «Filippi contatta immediatamente Chiriaco – "Mi hai rotto i coglioni!… tutti i giorni mi mandi l'Asl nei locali", chiedendo, com'è evidente, un suo intervento risolutivo che, tra l'altro, non si faceva neanche attendere»: con la radiomobile Chiriaco fa subito presente ad un funzionario dell'Asl che il controllo dal Filippi costituiva un «problema di carattere politico» e dunque andava eseguito «con una certa morbidezza»: «Gigi, ascolta… oggi quelli devono andare lì no… gli dici di andare con … molta benevolenza…».
Il 17 giugno 2009 Luca Filippi e Chiriaco sono in auto e parlano del neo assessore ai Lavori pubblici Luigi Greco:

Chiriaco – Se lo sappiamo gestire abbiamo un bel sistema…
Luca Filippi – Lo so…
Chiriaco – Non come prima che eravamo… (incomprensibile)
Filip
pi
– Siamo in pochi, adesso Greco bisogna un attimo inquadrare…
Chiriaco – Greco si farà i cazzi suoi ed i suoi intrallazzini… Farà lavorare Peppino Romeo per le strade, farà i cazzi suoi…
Filippi – Gli ha regalato il ristorante…
Chiriaco – Eh… il ristorante… allora, ufficialmente…
Filippi – Ufficiosamente?
Chiriaco – Adesso è tutto di Greco, ufficialmente…
Filippi – Ho capito che non l'ha pagato lui… dove li trova i soldi…
Chiriaco – Lui non ha messo una lira, ho messo tutto io…
Filippi – Lo so che non ha una lira, è mio socio…

Chiriaco possedeva quote in tre società occulte: la Melhouse srl e la Carriebean International Society srl e la P.F.P. srl. Melhouse gestisce il ristorante-griglieria La Cueva in via Brambilla a Pavia, di cui l'assessore Greco deteneva il 34 per cento; il 66 per cento residuo era in quota a Monica Fanelli, moglie di Rodolfo Morabito, cugino di Chiriaco. Il 22 gennaio 2009 la Fanelli cede la sua parte a Greco e a Gabriele Romeo. Un altro travaso lo registriamo il 16 ottobre 2009, quando Greco passa il 16,75 per cento delle sue quote a Laura Zamai e un altro 16,75 per cento alla compagna di Chiriaco Danlis Ermelisa Segura Rosis. Il 16 marzo 2010 le due signore rivendono a Greco le loro quote e il fratello Gianluca rileva la parte di Gabriele Romeo. Come ha precisato l'assessore, «dal marzo 2010 nella società ci siamo solo io e mio fratello». Diversa l'opinione degli inquirenti, secondo cui «Greco è il titolare apparente in quanto i reali soci sono Chiriaco e Giuseppe Romeo, nipote di Salvatore Pizzata».
Nelle intercettazioni si incontrano i fondi europei, 15-20 milioni in euro da destinare ad una nuova cittadella tra l'Idroscalo (di proprietà del costruttore calabrese Carmine Napolitano) e il gasometro di piazza Europa, operazione che avrebbe visto muovere «provvigioni» del 20 per cento destinate a Trivi e al presidente della Commissione comunale Territorio, il calabrese Dante Labate (ex An) eletto, secondo gli investigatori, «anche grazie ai voti portati da Pino Neri».
In un'altra intercettazione del 18 settembre 2009 Neri  parla con Antonio Dieni (un imprenditore edile di Sant'Alessio) di una società, ancora da costituire, per riciclare il denaro acquistando immobili nel centro di Pavia: «Carlo [Chiriaco] aspetta che… facciamo questa società… È possibile che domani vado a trovarlo pure con Giorgio [De Masi, un autorevole esponente della "Provincia", organismo direttivo a cui fanno capo le 'ndrine] perché gli devo far vedere un affare, se hanno soldi da investire ce li deve riciclare lui e ci fa un… Ho un affare a Pavia… Adesso perché compro un terreno lo inseriscano nel Piano regolatore».
A Chiriaco (proprietario di 38 abitazioni e titolare di 10 conti correnti) viene anche contestata l'intestazione fittizia «di numerosi beni a vari prestanome»; di mantenere rapporti «con varie amministrazioni comunali al fine di ottenere favoritismi quali l'aggiudicazione di appalti, il mutamento di Piani regolatori»; di mantenere «rapporti privilegiati con esponenti del mondo bancario al fine di sostenere finanziariamente investimenti occulti ed iniziative immobiliari»; di essersi attivato «per il mutamento del Prg di Pavia e per la pratica edilizia inerente l’Immobiliare Bivio Vela s.r.l. al fine di sostenere gli interessi di Chriaco e dei soggetti a lui legati».
Bivio Vela s.r.l.? quella dei lodigiani Marazzina amici di Fiorani, già proprietari della Necchi? Sembrerebbero le stesse società, le stesse persone, gli stessi interessi e forse gli stessi scenari che raccontano Marco Preve e Ferruccio Sansa nell’ottimo libro Il partito del cemento (Chiarelettere, 2008). Gli autori descrivono la spericolata ascesa del trasversale partito degli affari e del mattone tra La Spezia e Ventimiglia, speculatori che dal 1990 al 1995 in Liguria hanno edificato sul 45,55 per cento del territorio libero residuo.
Nella costellazione Bipielle brillava la Pmg, ora sotto inchiesta in Liguria, che è da ricondurre ai fratelli Ambrogio e Giampaolo Marazzina e a Gianpaolo Bruschieri. Quest’ultimo è l’amministratore delegato della LdL (Gruppo Marazzina, settori logistica ed edilizia) proprietaria di 60.000 mq destinati a logistica presso il bivio Vela, il polo industriale mancato della città.
Le inchieste liguri che hanno lambito Marazzina prendono spunto dalle indagini su Pietro Pesce, un costruttore di Cogoleto già socio dei Marazzina in Pmg, al quale la Bpl di Fiorani aveva accordato fidi per 22 milioni di euro. Secondo la Casa della legalità di Genova, Pesce sarebbe in affari con le famiglie dei Mamone e dei Nucera, indicate dalla Commissione antimafia come appartenenti alla “Santa” (secondo una relazione della Dia, la famiglia Mamone è «organica della ’Ndrangheta» nonché vicina alla cosca siciliana dei Mammoliti – Direzione investigativa antimafia, 2° semestre 2002).
A margine dell’operazione “Pinocchio”, nel 2005 Gino Mamone è stato indagato dalla procura di Alessandria per la bonifica illegale delle aree Ip di La Spezia e dell’ex Shell di Fegino presso Genova, ad opera della Eco.Ge, una sua società.
Tra gli avvocati al seguito di Mamone si segnala Massimo Casagrande. Ex consigliere comunale genovese dei Diesse, Casagrande è stato arrestato nel maggio 2008 – coinvolto nell’inchiesta su “mensopoli” – insieme all’amico e sodale Stefano Francesca, il regista della campagna elettorale del sindaco di Pavia Piera Capitelli e collettore genovese delle tangenti di “mensopoli”. In alcune intercettazioni, Francesca e Casagrande parlano di fatture fittizie a Mamone da parte della Wam&co di Francesca, fatture necessarie a coprire le tangenti. I retroscena della gestione Francesca del pavese Festival dei Saperi (delibere manipolate, rendicontazioni lacunose per spese quattro volte superiori al necessario) sono raccontati  nel libro Fuochi sulla città (Effigie, 2006), con notizie di reato che la Procura di Genova ha prontamente acquisito, a differenza di quella pavese, nonostante un esposto. In una intercettazione ambientale Massimo Casagrande riferisce di aver incontrato il Procuratore capo reggente di Pavia Salvatore Sinagra «…che conosco. Sono stato un’ora lì, mi ha detto… risolvo» (Sinagra ha ammesso l’incontro). Infatti qualcuno ha risolto: l’esposto su Francesca è stato archiviato.
Bocassini da Milano, Pignatone da Reggio Calabria… Sembra che la mafia non esista solamente per la Procura pavese. Non si contano le notizie di reato a piazza del Tribunale offerte da questo e da altri blog: in Procura deve essere sfuggita anche l'inchiesta che segue, apparsa il 1° marzo scorso sul settimanale “Il Lunedì” (Commissione antimafia? Inutile, “a Pavia la mafia non esiste”) e – in forma più ampia, in collaborazione con Irene Campari – sul n. 5 della rivista “Il primo amore” (A cento passi da Buccinasco, dove “la mafia non esiste”). Guarda il caso, nell'inchiesta si incontrano proprio in nomi degli abelliani incalliti Chiriaco e del suo avvocato nonché assessore Pietro Trivi: il primo l'hanno arrestato, il secondo è indag
ato.
Come si può leggere, nel testo butto lì una pesante allusione alla mancata vigilanza dell'Asl pavese sul ricovero del paraplegico Ciccio Pelle “Pakistan”, un boss di primissimo piano in cura sotto falso nome e con false cartelle mediche presso la pavesissima clinica Maugeri. Mi piglio così una querela dal direttore sanitario Carlo Antonio Chiriaco, rappresentato dall'avvocato Pietro Trivi. Recentemente Trivi lo ritroviamo tra gli avvocati schierati a difesa di Rosanna Gariboldi, la moglie di Abelli imprigionata il 20 ottobre 2009 per il riciclaggio monegasco del denaro sporco di Giuseppe Grossi, un amico di famiglia. Ebbene, secondo gli investigatori, il direttore sanitario dell'Asl pavese Chiriaco si era reso disponibile «a creare false prove per dimostrare la sua incompatibilità con il regime carcerario».
E adesso? Niente paura. La Procura pavese potrà riscattarsi indagando il sottobosco del videopoker (una macchinetta mangiasoldi ogni 55 abitanti. La provincia di Pavia è al primo posto nella spesa pro capite per il gioco d'azzardo) oppure mappando – e poi perseguendo – lo spaccio in corso nei locali 'cheap' cittadini, che tra i consumatori vede centinaia di ragazzini (il nuovo mercato) a cui coca e pasticche vengono vendute in offerta speciale. Spostando di poco la mira, la Procura potrebbe verificare le voci certamente infondate che raccontano di 350mila euro passati dalle mani di un noto faccendiere a quelle di un altrettanto noto politico emergente locale, per la sua più che riuscita campagna elettorale. Le indagini potrebbero poi indugiare sulle aree agricole intorno al Carrefour, quelle destinate a cambiare destinazione, nonché sulle altre aree del Pgt pavese – quelle tinteggiate a rosa dai pretoriani della “politica del fare” scempio urbanistico – possibilmente scavando tra le pieghe delle sommerse relazioni pericolose – tuttora in corso – tra alcuni spregiudicati affaristi con o senza coppola e i loro locali vecchi e nuovi referenti politici. Ben oltre l'ormai “perdente” Abelli; persino oltre Chiriaco. Un ultimo pensiero va all'abelliano sindaco di Pavia, l'amico di Trivi Alessandro Cattaneo: invece di solidarizzare con la banda Bassotti o dare del mitomane al sodale di Abelli Carlo Chiriaco ora in disgrazia, prendi le distanze e dimettiti, in segno d'amore per la tua città. Quanto al presidente della Commissione comunale antimafia Sandro Bruni, solidale con Trivi: vergognati!

* * *

A Pavia la mafia non esiste di Giovanni Giovannetti

«La mafia non esiste» dicevano i boss negli anni Settanta; a Pavia la mafia non esiste, fa loro eco Marco Sacchi, in una lettera sul quotidiano locale del 16 febbraio scorso. Secondo Sacchi «è singolare scoprire che Pavia è il crocevia di attività fortemente illegali, dalla mafia alla camorra e al narcotraffico. Ancor più singolare è poi sapere che il tutto avviene con la connivenza di chi è deputato a controllare e reprimere questi loschi traffici "ignorati persino dalla locale Procura", come il Giovannetti dice» (ho accennato alle mafie sommerse locali due settimane fa, difendendo il Centro sociale 'Barattolo').
Sacchi non legge “La Repubblica”, dunque non sa che «i gruppi siciliani dei Calaiò e dei Perspicace non si sono limitati a far arrivare dalla Colombia, via Spagna, fiumi di cocaina. […] Francesco Perspicace, nato a Caltagirone 48 anni fa, ma da un pezzo residente a Sant´Angelo Lodigiano» (Davide Carlucci, 24 luglio 2008), ha una quota in Servizi blu case-Iniziative immobiliari, gruppo con centinaia di collaboratori, sede principale a Villanova del Sillaro (Lodi), con uffici a Milano, Pavia e in Sardegna.
Sacchi non legge nemmeno il “Corriere della Sera”: nel dicembre 2006 Alfio Scaccia scrive che il clan mafioso Rinzivillo di Gela, in Lombardia «fa affari a Brescia, Como e Pavia, e soprattutto a Busto Arsizio che, secondo gli inquirenti, era diventata una “Gela del varesotto”». Pavia è citata come una delle basi operative dei traffici illeciti, come il riciclaggio del denaro sporco: «I proventi di estorsioni e droga venivano infatti reinvestiti in attività apparentemente pulite». 
Al Sacchi sono anche sfuggite alcune intercettazioni telefoniche tra membri del clan Rinzivillo, nelle quali Rossano Battaglia e Crocifisso (Gino) Rinzivillo parlano di lavori edili, di appalti e di un lavoro «grosso» dalle parti di Pavia: Rossano – a inizio Aprile… dovrebbe iniziarne uno a Pavia!; Gino – dove?; Rossano – a Pavia!… vicino Pavia…; Gino – ah, ho capito!… ma è grosso come lavoro?; Rossano – buono è! Chiavi in mano!; Gino – ah, va bene!
Martedì 4 novembre 2008 la Dda ha confiscato quattro aziende di proprietà dell’imprenditore siciliano Marcello Orazio Sultano (settore costruzioni) per un valore di 9,5 milioni di euro. Sultano sarebbe un personaggio di spicco di Cosa nostra, vicino al clan Rinzivillo-Madonia. Una delle aziende sequestrate, la Nuova Montaggi, ha sede a Sannazzaro dé Burgundi in Lomellina, con magazzino a Pieve del Cairo. 
Figurarsi poi se Sacchi ha avuto per le mani la relazione della Commissione antimafia sulla ’Ndrangheta (19 febbraio 2008) nella quale si segnala la presenza a Pavia dei clan Bellocco e Facchineri. Sacchi avrà invece letto l’illuminante libro di Nicola Gratteri e Antonio Nicaso Fratelli di sangue (Pellegrini, 2006); deve essersi però fermato a pagina 124, perché in quella successiva si segnala la presenza dei Barbaro e dei Platì ad Alagna Lomellina e a Pavia; e proseguendo, a pagina 187 si legge che a Pavia è presente la cosca dei Mazzaferro oltre ad esponenti del crotonese. Al clan dei Mazzaferro sembra apparentato Giuseppe Dangeli, arrestato per riciclaggio a Landriano nell'ottobre 2006; nel gennaio 2002 cade l'arresto a Pavia di Vincenzo Corda, «boss del crotonese che stava organizzando una base operativa in provincia di Pavia» (Rapporto 2002 della Commissione antimafia, p. 47).
E dov'era Sacchi la mattina di venerdì 27 novembre 2009? Di certo non a Borgarello, luogo in cui in un appartamento accanto alla farmacia, con l'accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso finalizzata al traffico di droga, estorsioni e traffico d'armi vengono arrestati l'imprenditore edile Carmine Vittimberga, sua moglie Graziella Manfredi e il nipote Luigi Manfredi. I tre appartengono alla cosca dei Nicoscia di Capo Rizzuto, coinvolta in una sanguinosa faida con la cosca rivale degli Arena, guidata dal boss Carmine Arena, ucciso nel 2004 a colpi di bazooka sparati contro la sua auto blindata. Vittimberga e Manfredi vivevano a Borgarello da sei anni. La cosca Arena ha ramificazioni a Stoccarda e Francoforte. A loro si era rivolto nel 2008 il senatore Nicola Paolo Di Girolamo (l'esponente politico Pdl a libro paga del boss Gennaro Mokbel) per ottenere i voti degli italiani in Germania – decisivi per la sua elezione a Palazzo Madama – a testimoniare la rilevanza sovranazionale delle mafie in generale e della 'Ndrangheta in particolare.
Sacchi era forse in montagna mercoledì 2 dicembre 2009: quel giorno, su ordine della Procura di Bari, in corso Manzoni a Pavia viene sequestrata la sede del centro benessere “Solemania”, insieme a due appartamenti: secondo gli investigatori, sarebbero stati acquistati reinvestendo denaro proveniente dal narcotraffico.
Sacchi era forse al mare quando, il 18 settembre 2008, alla clinica Maugeri di Pavia viene arrestato Francesco Pelle detto Ciccio “Pakistan” – un boss di primo piano della 'Ndrangheta – tradito dalle frequenti telefonate in Colombia intercettate dalla Dea, l’agenzia antidroga degli Stati Uniti, che subito informa Nicola Gratteri al Dipartimento distrettuale antimafia di Reggio Calabria.
Pelle è accusato di omicidio ed è latitante dal 30 agosto 2007, dopo la “strage di ferragosto” a Duisburg in Germania, nella quale un commando dei Nirta-Strangio ammazza sei persone della cosca avversaria dei Pelle-Vottari-Romeo. È l’epilogo della sanguinaria “faida di San Luca”, cominciata nel 1991 e culminata con l’uccisione di Maria Strangio il 24 dicembre 2006; alimentata dalla sete di vendetta di Ciccio Pelle – ridotto in carrozzella da una scarica di pallettoni il 31 luglio 2006 – e dalla guerra di supremazia nel controllo dello spaccio della coca a Duisburg, in mano ai Pelle-Vottari-Romeo. “Pakistan” è paraplegico: un proiettile gli ha leso la spina dorsale. Era ricoverato da tre mesi, sotto falso nome e con false cartelle mediche (si è detto paralitico a causa di un incidente stradale), ricercato dalla Polizia e dai Carabinieri, inseguito da nemici vecchi e nuovi che lo volevano eliminare. Era coperto da una rete di protezione locale e aveva molti soldi in tasca. Nessuno ha fatto domande sulla vera natura delle sue ferite. Del resto, nella clinica pavese ai degenti “eccellenti” devono essere abituati: Giuseppe Setola, lo spietato killer del clan dei Casalesi, uno dalla mira infallibile, dopo la cattura si era detto semicieco (secondo il coordinatore della Dda di Napoli Franco Roberti «Setola ci vede benissimo») e il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere lo aveva mandato a curarsi proprio a Pavia, al Centro di riabilitazione visiva della Maugeri.
Setola era sottoposto alla 41bis (la legge che impone il carcere duro e il sequestro dei beni ai condannati per attività mafiose), ma non viene tradotto nel carcere di Opera né in quello pavese di Torre del Gallo. Dal gennaio all’aprile 2008 è tenuto agli arresti domiciliari in un appartamento di vicolo San Marcello, insieme alla moglie. Il 23 aprile il pistolero dei Casalesi fugge da Pavia e proprio allora comincia la carneficina: la sua banda ammazza 18 persone in 4 mesi.
Il ricovero pavese di Ciccio Pelle “Pakistan” a Pavia (forse anche quello di Setola) ci pone di fronte a qualcosa che sembra una vera e propria truffa. Appare allora lecito domandare se alla Maugeri sia mai stata aperta una inchiesta amministrativa; se gli atti siano stati trasmessi al Dipartimento distrettuale antimafia; se sia mai stata ino
ltrata la denuncia per il danno al sistema sanitario.
Chi controlla i ricoveri? Li controlla l’Asl, di cui Carlo Antonio Chiriaco è direttore sanitario. Il suo nome è impronunciabile persino in Consiglio comunale dove, il 2 dicembre 2008, l’avvocato difensore di Chiriaco nonché consigliere comunale di Forza Italia Piero Trivi con altri esponenti della destra aggrediscono verbalmente il consigliere Irene Campari dopo un suo accenno ad una vecchia storia che vedeva coinvolto il direttore sanitario dell’Asl, in rapporti con il clan calabrese dei Valle, condannati a Vigevano per usura nel maggio 1993. Francesco Valle detto “don Ciccio”, della cosca Condello di Reggio Calabria, era giunto a Vigevano nei primi anni Ottanta in soggiorno coatto; in Lomellina prestava denaro ai commercianti e ai piccoli artigiani bisognosi di liquidità immediata, praticando interessi del 35 per cento al mese e del 400 per cento all'anno, interessi estorti dai suoi 'esattori' (il figlio Fortunato – «la mente del clan» -, il genero Fortunato Pellicanò e il nipote Leone Lucisano) con minacce, violenze e intimidazioni.
A Vigevano il clan affiliava una trentina di persone. Un rapporto della questura pavese nel 1992 segnala «che il Valle è solito circolare con un’autovettura blindata intestata al suo autista». Ritroviamo oggi la cosca in provincia di Milano. Secondo fonti di polizia, intorno ai Valle «ruoterebbe un vero e proprio comitato affaristico-mafioso che può contare su appoggi politici di rilievo all’interno delle istituzioni lombarde».
«Le mafie sono ormai radicate a Pavia e in provincia, operano negli appalti, nella ristorazione, nel piccolo e nel grande commercio». Lo ha confermato il Procuratore distrettuale antimafia Ferdinando Pomarici, (“la Provincia Pavese”, 25 settembre 2008). Difficile sperare che le mafie si fossero fermate a Buccinasco, la Platì del Nord. E infatti Pavia brulica di inutili cantieri, di oscure operazioni immobiliari, di lussuosi negozi sempre deserti che cambiano frequentemente proprietario, di oltre sessanta sportelli bancari nonostante l’assenza di attività produttive.
A Pavia tutti ricordano il rapimento del diciottenne Cesare Casella il 18 gennaio 1988 e – prima ancora – quello di Giuliano Ravizza la sera del 24 settembre 1981, entrambi ad opera della cosca Nirta-Strangio. Casella rimase recluso in Aspromonte per ben 743 giorni, e già allora si parlò di ‘talpe’ locali dei calabresi. Venne poi liberato il 30 gennaio 1990, si dice anche grazie alla mediazione di un noto costruttore della Locride, da anni residente in città.
Quella era la stagione della “mafia rurale” dei rapimenti, delle estorsioni e dell’usura, i cui ricavati sono stati investiti nel più redditizio traffico della cocaina: un fiume di denaro sporco dilavato in banche compiacenti, in borsa, nell’edilizia privata, nelle bische clandestine; oppure moltiplicato con il traffico dei rifiuti e nelle sale gioco (a Pavia si conta una new-slot ogni 55 abitanti, più del triplo della media nazionale, una spesa media di 1.498 euro per ogni abitante), oppure negli appalti pubblici e nell’escavazione; o investito nel commercio e nella grande distribuzione, o nell’acquisto di cliniche, alberghi, ristoranti, cinema…
Guardo il numero delle battute e sono già ben oltre il consentito. Devo così rinunciare ad illustrare al Sacchi alcuni scenari trame e personaggi dell'ecobusiness locale, a partire da Giorgio Comerio, che da Garlasco trasformava in oro i rifiuti nocivi e radioattivi sopra navi a perdere (Riccardo Bocca, “L'espresso”, 3 giugno 2005) e a finire con il pavese Raoul Alessandro Queiroli, indagato nell'inchiesta veneta “Cagliostro” e in quella toscana denominata “pesciolino d'oro”, infine incarcerato a conclusione dell'inchiesta piemontese “Pinocchio” sul lucroso smaltimento illegale di 350 tonnellate di rifiuti tossici: terre inquinate da idrocarburi, residui della triturazione delle componenti in plastica delle autovetture, materiali con lattice e ammoniaca, fanghi di perforazione, traversine ferroviarie che da Genova, Savona, Pavia, Lecco venivano smaltiti nell'alessandrino, nel novarese, nel pavese e nel milanese. (Ecomafie, Rapporto di Legambiente 2005). L'inchiesta si conclude nel 2008, dopo 16mila intercettazioni telefoniche e 35 persone denunciate, 17 delle quali incarcerate. Vengono coinvolte quattro ditte della provincia di Pavia: Atiab di Torre d'Isola, Alm.eco di Pavia, Agritec di Casteggio e Dvm di Casorate Primo. Sotto l'asfalto della tangenziale di Casorate la Dvm avrebbe collocato «un milione di chili di scarti di fonderia, eternit e terre contaminate da idrocarburi» (“La Provincia Pavese”, 13 marzo 2007) che avrebbero fatturato guadagni vertiginosi ad alcune ditte fornitrici (lo smaltimento dei rifiuti speciali costa circa 6,6 euro al chilo: in questo modo la spesa può superare di poco i 50 centesimi).
Dei numerosi episodi di intimidazione a politici, imprenditori e magistrati abbiamo ormai perso il conto. Ne riprenderemo alcuni tra i più recenti: il cappio appeso ad un chiodo (marzo 2009) all'ingresso dell'abitazione dell'allora consigliere comunale pavese Irene Campari, fautrice della Commissione antimafia; il proiettile nelle buste inviate al Pm vigevanese Rosa Muscio e – ancora a Vigevano – all'architetto Sandro Rossi (novembre e dicembre 2009); i due proiettili calibro 9 in busta chiusa e l'auto incendiata all'assessore vigevanese all'Urbanistica Giuseppe Giargiana (novembre 2008 e luglio 2009); la testa di capra mozzata e i proiettili inesplosi lanciati a Vigevano nel giardino della villa della famiglia Colombo (luglio 2008); la bottiglia incendiaria e la testa di capretto appesa all'inferriata dell'abitazione dell'imprenditore edile Renato Brambilla (settembre 2008); la bomba carta fatta esplodere a Belgioioso sul tettuccio dell'autovettura del presidente dell'associazione Artigiani Giuseppe Daidone.
La notte tra l'8 e il 9 ottobre 2008, a Torre d'Isola sono andati in fiamme tre automezzi appartenenti ad Angelo Bianchi, un imprenditore in affari con Queiroli. Incendio doloso? Improbabile, perché a Pavia, caro Sacchi, «la mafia non esiste».

"Direfarebaciare", 25 febbraio 2010
"Il Lunedì", 1° marzo 2010

Una prima ghiotta versione di questa inchiesta in Pontevecchio Connection – prima parte ("Direfarebaciare", 9 ottobre 2008)

Zero spazio per i ragazzi

2 gennaio 2009

Normal
0
14

false
false
false

MicrosoftInternetExplorer4

st1:*{behavior:url(#ieooui) }

/* Style Definitions */
table.MsoNormalTable
{mso-style-name:”Tabella normale”;
mso-tstyle-rowband-size:0;
mso-tstyle-colband-size:0;
mso-style-noshow:yes;
mso-style-parent:””;
mso-padding-alt:0cm 5.4pt 0cm 5.4pt;
mso-para-margin:0cm;
mso-para-margin-bottom:.0001pt;
mso-pagination:widow-orphan;
font-size:10.0pt;
font-family:”Times New Roman”;
mso-ansi-language:#0400;
mso-fareast-language:#0400;
mso-bidi-language:#0400;}

di Alessandra De Vizzi


 

Quanto inutile e patetico snobismo si nasconde in certe frasi come «È il tipico discorso da bar» o «Sono le tipiche chiacchiere tra casalinghe disperate in coda alla cassa del supermercato»!  Perché quando si ha qualcosa di sensato da dire e si è disposti ad ascoltare il parere degli altri  in proposito, non esiste un solo luogo al mondo inadatto alla comunicazione.

Ore 8 del mattino, bar-pasticceria a 500 metri dalla scuola di mio figlio (quattordicenne ginnasiale). Delle sette madri in piedi davanti al cappuccino di cui hanno un tremendo bisogno per potersi mettere in moto, sei condividono il senso di panico e tristezza suscitato dal crescere i propri figli in una cittadina (Vigevano, tanto per non fare nomi) che ai ragazzi offre solo a) vetrine da esaminare/adorare/discutere fino al totale rimbecillimento, e b) bar/paninoteche/pub dove spesso l’alcol è l’ultimo dei possibili rischi, almeno a giudicare da quanto  appare spesso sulle pagine di cronaca della stampa locale. La settima madre annuisce comprensiva anche se sinceramente non condivide il motivo di tutta quella agitazione: al suo seienne bastano il cortile di casa per sfrecciare sui Rollerblades, il giardino dei nonni per correre in bici e i giardinetti del residence dove abita il suo compagno di banco per giocare a basket.

Ore 8 di sera:  due ex “nemiche” (nel senso che trent’anni fa frequentavano la stessa scuola ma ambienti politici opposti) si incontrano facendo la fila alla cassa numero 9 dell’Esselunga. Non si vedono da un secolo, ma essendo donne (dotate quindi di buonsenso e praticità) non perdono tempo a discutere dei politicanti che in entrambi i loro schieramenti le hanno deluse e tradite, e attaccano subito con l’argomento che sta loro veramente a cuore: «Di solito dove va tuo figlio?» «Boh, in giro, dove capita. E il tuo?»

Eccole qui, due mamme in affanno che spingono il carrello della spesa all’ora dell’happy hour. Una delle due darebbe l’anima per scolarsi almeno due Alexander di fila, l’altra no,  non è così sbracata. Però tutte e due sono deluse e preoccupate al pensiero del vuoto pneumatico in cui si smarrisce la quotidianità dei loro pargoli. Se lo confidano nel giro di tre minuti, lo ammettono senza vergognarsi così come ammettono di considerare le futili priorità dei suddetti pargoli – scarpe, camicie, felpe, jeans e se solo esistesse anche carta igienica firmata – una sorta di fallimento dei loro metodi educativi.

Perché entrambe hanno dedicato ore e ore della loro vita a quella che speravano fosse la sola evoluzione mentale-spirituale possibile di un bambino a cui fin dalla culla viene spiegato che i miti del consumismo sono quanto di più pericoloso e disonesto si possa immaginare.

Come se non bastasse, la madre ambientalista si vergogna di ciò che è diventata la “sua” sinistra, in pratica una succursale della destra più beghina, litigiosa e palazzinara; la madre di stampo cattolico non pare molto orgogliosa di certi attuali figuri lontani anni luce dalle sue figure di riferimento di trent’anni fa. Tutta gente che dei giovani non si preoccupa molto.

Scorrono così quaranta minuti di conversazione, di entusiastiche convergenze e accordo totale – una comunione di pareri e intenti che un tempo sarebbe stata imbarazzante. Ma essendo appunto donne e madri, le due ragazze-di-ritorno hanno fame di sincerità e di compagnia di buon livello, due beni primari che ammettono di  trovare  con fatica. E soprattutto, non hanno falsi pudori quando c’è in gioco il presente dei loro ragazzi… un presente su cui bisogna lavorare sodo, tutte/tutti insieme, se non si vuole correre il rischio di ritrovarsi con un futuro ancora più spento e privo di valori di quello che si prospetta.

Ecco due mamme deluse dalla politica e prive di illusioni, ma forse proprio per queste ragioni felici di essersi ritrovate e decise a combinare qualcosa insieme. Pronte a bussare a tutte le porte possibili e immaginabili per ottenere ciò che in teoria è un diritto acquisito, ma in realtà è una sorta di miraggio di cui tanti (politicanti) parlano ma nessuno si impegna seriamente a creare… il famoso spazio giovani. Ma chi le ferma, due così??? Due che tanto per cominciare  chiedono  ospitalità a questo blog: chi ha idee e voglia di realizzarle, si faccia avanti!