Una nota di Alberto Ferrari (Sel) e la replica di Giovannetti
‘Ndràngheta, mafia e camorra sono tra le peggiori piaghe del nostro Paese. E non solo per gli atroci delitti commessi, ma perché condizionano la vita di interi paesi e regioni del mezzogiorno; perché diffondono la droga e schiavizzano le donne con la prostituzione; perché prosciugano con l’usura la vita di miglia di persone; perché, come hanno mostrato le indagini della magistratura milanese da tempo hanno anche tutto il nord condizionandone pesantemente la vita politica ed economica. Il danno morale ed economico per il paese è enorme. Drammatico il modello di vita che diffondono tra i giovani. Da tempo hanno messo le radici anche fuori dall’Italia al punto di indurre il Presidente degli USA ad inserirle tra le prime più gravi minacce criminali a livello mondiale. E tutto ciò si traduce per l’Italia in un grave discredito internazionale ed una fuga di capitali di investimento per il senso di insicurezza che tutto ciò comporta.
Di fronte a tutto ciò, una magistratura ed una polizia giudiziaria, di grande rispetto, si è trovata, e si trova, spesso sola a difendere il paese da questo cancro. Ed ha pagato e paga tutto ciò a caro prezzo. Ma la magistratura ha più volte ammonito che questa battaglia non la può vincere da sola se non ha accanto l’intero paese. Se la cultura dell’illegalità e del familismo amorale, di cui la criminalità organizzata si alimenta, non viene sconfitta nel corpo sociale del Paese.
Per questo motivo non sottoscriverò la petizione che, in questi giorni, alcuni hanno promosso sulla stampa, per la concessione degli arresti domiciliari ad un noto medico pavese – imputato di essere un esponente della ‘ndrangheta – perché presenterebbe condizioni di salute incompatibili con la vita carceraria. E non lo faccio perché nella stessa giornata della pubblicazione dell’appello, veniva pubblicata la notizia che il boss mafioso Pelle evadeva dall’ospedale di Locri dove era stato trasferito per grave deperimento perché da mesi, deliberatamente, non mangiava, preparando la fuga. O perché dalle intercettazioni del medico pavese, era risultato che questi, pochi poco più di un anno fa si era detto disponibile a stendere una perizia medica per favorire la scarcerazione di una nota politica pavese arrestata per sospetto riciclaggio. No, non sarebbe onesto.
Non firmerò – e insieme a tanti altri non intendo essere colpevolizzato o accusato di spirito forcaiolo – semplicemente perché credo che anche in questa occasione la magistratura debba essere circondata da tutta la nostra piena fiducia. E’ stato presentato un ricorso. Credo sia doveroso attendere che la magistratura assuma le sue decisioni sulla base di responsabilità e conoscenze certamente più complete di quelle che possiamo avere noi.
Credo che ciascuno sia libero di firmare ciò che vuole. Ma si farebbe un cattivo servizio alla magistratura stessa, e alla nostra città, se la petizione dovesse assumere il tono di una gara tra chi firma e chi non firma. Quasi un voler distinguere tra chi è più buono e chi meno buono, scomodando anche il Beccaria dei delitti e delle pene.
Alberto Ferrari, coordinatore provinciale di Sinistra Ecologia e Libertà
La replica
Di come agisce Sel in tema di diritti umani, a Pavia lo sappiamo da quando, solo pochi anni orsono, alcuni post-comunisti o pre-vendoliani capeggiarono la cacciata senza paracadute dei Rom dal quartiere di San Pietro. All’epoca la discriminante etnica era “Rom uguale a ladro”, oggi aggiornata in “Chiriaco uguale a furbo”. Come ho già avuto modo di sottolineare, sono gli stessi pregiudizi coltivati dalla Lega o da Forza Nuova, pregiudizi nutriti da quella cultura forcaiola dimentica della Costituzione (il coordinatore provinciale di Sel Ferrari si rilegga almeno gli articoli 13, 27 e 32) nonché intenta a scavare quel solco che separa e sempre più separerà me da chi si fa beffe dei diritti alla persona e dai peracottari disinformati.
Il medico Ferrari s’informi: secondo il suo collega Scaglione, perito del Tribunale, il «noto medico pavese» Carlo Antonio Chiriaco (accusato del concorso esterno in associazione mafiosa) «assume scarso cibo non tanto per sua volontaria decisione quanto per un disinteresse» per la vita e per la propria persona. «Il diabete che lo affligge necessita di trattamento con farmaci, e gli stessi sono impostati per una alimentazione “normale” … Concretamente, devesi in qualche modo interrompere tale china per la quale egli rifiuta (seppur non coscientemente) il cibo e conseguente dimagrimento». Il perito rileva altresì che, rispetto alla sua precedente visita, «il quadro patologico che affligge il signor Chiriaco Carlo abbia avuto una evoluzione in pejus», con la «fondata impressione che il quadro emerso sia assolutamente genuino». Oltre al diabete e alla profonda depressione, come ho già più e più volte ricordato Chiriaco è anche affetto da tumore al colon, glaucoma ad entrambi gli occhi, protrusioni delle vertebre che hanno ormai intaccato il midollo esponendolo al rischio di paralisi. Il dimagrimento – da 85 a 57 chili – ha ormai intaccato la massa magra. Correttamente la perizia segnala ai giudici il progressivo peggioramento di Chiriaco, indicando «con forza» le cure urgenti; disposizioni riprese dal Tribunale nella sua Ordinanza di rigetto, e tuttavia disattese dai carcerieri. Questo si segnala al Tribunale: che una sua Ordinanza rimane inapplicata, esponendo il recluso al rischio della vita. Da quando è a Monza (900 detenuti pigiati l’uno sull’altro, il doppio di quelli che quel carcere potrebbe ospitare) non si registrano interventi terapeutici – la sua cartella clinica è incredibilmente ferma al 2 agosto, data del suo trasferimento in Brianza – e il motivo è semplice: Chiriaco non è più curabile in carcere ed è davvero in pericolo di vita. Del resto, l’ex direttore sanitario dell’Asl pavese è arrivato a Monza da Torino, il 2 agosto, che già aveva perso 27 chili. E quello torinese è considerato un centro medico d’eccellenza. Dunque, se anche lo internassero in un carcere attrezzato (sarebbe già qualcosa), conciato com’è temo che non servirebbe a nulla. A maggior ragione oggi, dopo quel suo ulteriore calo del peso e l’aggravarsi delle altre patologie.
Ancora una cosa. Dopo l’arringa del suo segretario politico Alberto Ferrari, sento il dovere di rinnovare stima e amicizia a Franco Osculati (stessa “parrocchia”, non tutti da Sel brandiscono il cappio o il forcone) fra gli altri al mio fianco in questa piccola ma grande umana manifestazione di civiltà.
Giovanni Giovannetti