Archive for the ‘fototesti’ Category

25 aprile 2009

25 aprile 2009

Il nuovo antifascismo? La lotta alle mafie e ai cementificatori
di Giovanni Giovannetti

Ferruccio Ghinaglia, cremonese e studente ghislieriano di Pavia, segretario della Federazione giovanile socialista, era un dirigente di grande prestigio e popolarità molto vicino alle posizioni di “Ordine Nuovo”, il settimanale torinese di Antonio Gramsci. Dopo la scissione di Livorno del gennaio 1921 diventa uno dei più promettenti giovani dell’allora nascente partito Comunista.
Pavia, 21 aprile 1921: Ferruccio lascia la Casa del Popolo per recarsi a un’assemblea della cooperativa di Borgo Ticino. Appena varcato il ponte, viene ucciso in un agguato, dai fascisti. Ha scritto di lui Clemente Ferrario: «Era un giovane buono, aperto, umanissimo, e i pavesi non sanno darsi pace per non aver saputo difendere la sua promettente giovinezza».


Pavia, 15 ottobre 2008, Borgo Ticino, Centro sociale “Barattolo”. È in corso una serata reggae. Entrano due ragazzi, pestati e sanguinanti. Sono stati aggrediti a pugni, calci e bastonate da un branco di neonazi di Forza Nuova.

Pavia, marzo 2009. Thang Le Chien, un tranquillo italiano di origini vietnamite che da vent’anni vive a Pavia e gestisce una pizzeria in viale Campari. Una notte gli hanno tagliato le quattro gomme della sua auto e imbrattato la carrozzeria con svastiche e scritte come «cinesi raus». Thang Le non aveva mai ricevuto minacce, ma ora ha paura. Poco distante, in via Ferrini, c’è la sede dei Comunisti italiani. Una notte i teppisti hanno distrutto il vetro d’ingresso. Razzisti di Forza Nuova all’attacco anche del ristorante cinese Hong Fu in via Santa Maria delle Pertiche. E dell’Istambul Kebab in piazzetta Guidi. E ancora in via Riviera, dove il parrucchiere Khaled  ha avuto l’insegna distrutta e la saracinesca lordata con una svastica e con il diagramma delle SS. Era molto amareggiato, ha detto «Sono qui da anni e ho sempre lavorato. Non do fastidio a nessuno». Anche Khaled ora ha paura. Semplici atti di teppismo?
Nella città delle speculazioni immobiliari, delle mafie sommerse, delle aree dimesse usate come discariche abusive mancava solo questa ulteriore, niente affatto inedita, recrudescenza squadrista. A Tromello una targa ricorda ancora il locale capolega Giovanni Salvadeo, ucciso nel 1921 a bastonate davanti a casa da una squadra fascista. Stessa sorte per Eliseo Davagnini, socialista, membro della cooperativa di Mezzano di San Martino, assassinato nel febbraio 1922. E poi Ghinaglia. Sono i nostri morti, morti pavesi, così come Teresio Olivelli, deportato a Hersbruck, dove muore per gli stenti il 12 gennaio 1945. E ancora Guglielmo e Antonio Scapolla, padre e figlio, morti nel lager nazista di Dachau nel 1944. E poi Luigi Brusaioli, morto a Flossenburg il 29 ottobre 1944. E poi Egisto Cagnoni, morto a Mauthausen il 21 novembre 1944. E poi Angelo Balconi, morto a Mauthausen il 19 gennaio 1945. Sangue del nostro sangue, nervi dei nostri nervi. E poi?

 Pavia, 9 agosto 2007. «Concediamo ai Rom 20 giorni di tempo per lasciare il territorio italiano». È l’allarmante grido di battaglia di un fantomatico Gruppo Armato Pulizia etnica (Gape), che segue la rivendicazione del rogo di Livorno del 12 agosto 2007, nel quale sono bruciati 4 bambini Rom. Alle nostre orecchie la frase è suonata famigliare. Massì, l’abbiamo letta sulla “Provincia Pavese” del 9 agosto: «Tutti i Rom via da Pavia entro 20 giorni». A sentenziarlo non i neonazi di Forza Nuova, ma l’allora sindaco “di sinistra”. Come era prevedibile, quelli di Forza Nuova hanno inviato le loro congratulazioni perché «finalmente il sindaco Piera Capitelli ha preso le nostre posizioni».

La sistematica irrisione delle norme civili, a partire da quelle elementari, è oggi moneta corrente in molte amministrazioni locali. Coltivano l’interesse particolare, mutuano il linguaggio mafioso, ignorano le svolte epocali annunciate dall’arrivo dei nuovi migranti e inseguono gli umori della piazza, la stessa piazza che – in una allucinante e pervasiva circolarità – loro stessi sobillano. Hanno tragicamente alterato l’etica pubblica, al punto da elevare a cultura prevalente il nuovo fascismo e il suo portato di razzismo e xenofobia, che, senza ostacoli né freni inibitori, si riversa dalla politica al senso comune.
Per tornare ad avere una sua funzione, la politica dovrebbe librarsi in uno scarto propositivo, coniugare l’antifascismo con la lotta alle mafie, alle speculazioni e all’affarismo. Dovrebbe almeno provare a «pensare globalmente e agire localmente».
Sono vecchie e tuttavia semplici parole d’ordine, ora però più attuali che mai. Gli speculatori e gli affaristi hanno gr
ancassa e trombe? Sta a noi far vibrare mille e più campane. Un orizzonte che impone invenzione, prefigurazione, fantasia e una più equa distribuzione delle forze e delle risorse disponibili. Insomma, una svolta culturale che possa incidere sui comportamenti delle persone e sulle pratiche sociali, e sulla percezione della comunità e dell’altro entro valori condivisi di democrazia e di uguaglianza; per tacere della fratellanza e della solidarietà internazionalista di specie, di fronte alla catastrofe.

Nelle foto: Pavia, 27 aprile 1945. La liberazione della città, in alcune foto di Guglielmo Chiolini. Nei giorni dell’insurrezione non c’è uno scontro diretto fra i partigiani e il nemico fascista e tedesco. Il comando partigiano vuole arrivare presto a Milano e raggiunge l’obbiettivo perché già ai piedi della collina e poi in pianura gruppi locali di resistenti fermano e disarmano i nemici e spianano la strada ai combattenti che scendono dalla montagna. Scontri e perdite sono però inevitabili, alle porte di Pavia e soprattutto a Vigevano. Qui una colonna di 3 treni tedeschi, armati di cannoni e mitragliatrici, arriva in stazione ed è attaccata da gruppi di patrioti, che fermano il convoglio e ottengono la resa delle truppe nemiche, ma al prezzo di alcune giovani vite. A Casteggio cade Franco Anselmi (“Marco”), capo di stato maggiore della divisione Gramsci. A Voghera è colpito a morte dai fascisti Franco Quarleri, vicecomandante della divisione Masia di Giustizia e Libertà e figura di rilievo della Resistenza vogherese.

Sinti in corteo contro Maroni

17 febbraio 2009
da Milano, Giovanni Giovannetti

Una manifestazione così a Milano non si era mai vista. Oltre 1000 zingari Sinti italiani provenienti dalle città del nord si sono dati appuntamento in piazzale Loreto, e poi in corteo fino al Pirellone (la sede della Regione) per manifestare contro il decreto legge del ministro Maroni sulla sicurezza, in particolare contro gli articoli 43 e 50, che modificano la legge sull’iscrizione anagrafica, a causa dei quali molte famiglie di Sinti italiani, quelli che vivono in roulotte o in caravan, potrebbero perdere la residenza. Gli zingari italiani sono circa 120 mila, arrivati tra il XII e il XIII secolo. Molti sono sedentari. Una parte di loro è impiegata negli spettacoli viaggianti. Chiedono «che la legalità non passi attraverso la schedatura» e che si prevedano diritti per tutti. Si oppongono alle «campagne di stampa denigratorie» le stesse che «colpiscono questo o quello a seconda degli umori della piazza». Pretendono «legalità uguale per tutti, senza distinzioni» e la possibilità di esprimere le loro idee e i loro valori.

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Relazioni pericolose

28 novembre 2008
da Pavia, Giovanni Giovannetti

L’abbattimento di uno dei quattro fabbricati dell’ex Snia per ordine del Sindaco di Pavia Piera Capitelli (25 luglio 2007) non solo è stato un atto illegittimo, ma anche un danno per la collettività; non solo ha violato il Piano Regolatore Generale (PRG), ma anche è stato perseguito con l’unico scopo di favorire una speculazione immobiliare. È scritto nella relazione redatta dall’architetto Roberto Maccabruni e dall’ingegner Giovanni Contini (due conosciuti professionisti milanesi; quest’ultimo è uno dei più affermati tecnici strutturisti italiani) e depositata presso il Tribunale di Pavia. Un vero e proprio atto d’accusa contro l’operato del sindaco. Una piena conferma delle nostre denunce.

Come olio nell’acqua. La Romania dei Rom

22 novembre 2008
di Giovanni Giovannetti
seconda e ultima parte

La Romania resta spaccata in due, divisa tra le città ricche (nonostante le sacche di povertà) e la campagna povera. È divisa in due anche la minoranza Rom. Lungo la strada che da Turnu Severin porta a Craiova e poi a Slatina si vedono case enormi con vistosi tetti a pagoda vigilate da body-guards: sono simboli di benessere e di potere volgarmente esibiti dagli zingari aurari e caldarari e da altri che negli anni Novanta si sono arricchiti contrabbandando benzina con la Serbia in guerra e sotto embargo, o con il traffico d’armi e preziosi. Quest’ultima è la mafia tzigana, che ora lucra anche su droga e prostituzione.

Slatina.  Progresu. Il cavallo di Octavian Nicolescu (more…)

Come olio nell’acqua. Viaggio in Romania tra i Rom

19 novembre 2008

di Giovanni Giovannetti

prima parte

La neve imbianca i campi della Romania. Andiamo verso sud, verso il Danubio, l’antico confine d’acqua tra la Valacchia e l’impero ottomano.
Lişteava è un villaggio di frontiera. Qui, dentro buche schifose ricoperte alla meglio con la paglia, non sotterrano solo i morti ma anche vivi che sembrano morti. Per gli zingari di Lişteava, che abitano sottoterra, quelle sono “case”, la punta estrema dell’estrema povertà nella quale versano ombre di uomini, donne e bambini male in arnese, sotto la neve di un gelido inverno. Una miseria peggiore di quella già tremenda raccontata da Hugo, Zola o Dickens o tramandata dalle incisioni londinesi del Doré. Una povertà che annichilisce, senza vie di fuga né biglietti di sola andata per l’Ovest.

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Ore 9.00: Lezione di democrazia

30 ottobre 2008

Cinquemila studenti, insegnanti e bidelle in corteo a Pavia non si erano mai visti. Così tanti non ne erano mai scesi in piazza, nemmeno nel Sessantotto, nemmeno nel Settantasette. Solo i metalmeccanici erano arrivati a esprimere tanta energia e tanta determinazione multicolore. Quella lotta operaia e quelle conflittualità avevano portato al miglioramento della qualità del lavoro, ma anche e ad altre importanti riforme sociali: la riforma della scuola, la legge sull’aborto e quella sul divorzio. Ma le stragi “di Stato” e l’assurda uccisione di Aldo Moro per mano delle Brigate rosse offuscarono lo sguardo antagonista e la voglia di cambiamento.
I ragazzi del Duemilaotto ora scendono in piazza per difendere lo Stato di diritto e la scuola pubblica, per chiedere il taglio delle spese militari, per una più equa gestione delle risorse. Le culture iperliberal delle privatizzazioni e dei tagli alla spesa pubblica non hanno saputo arginare gli squilibri sociali economici ed ecologici, usando anche una narcotizzante iperinformazione di massa, quella che appunto ci disinforma. Stiamo andando così verso la sospensione di alcune garanzie fondamentali. A questo nuovo ordine immorale la nostra ‘meglio gioventù’ ha dato la risposta più bella: una risposta civile, pacifica e di massa.

0321 oriz CORTEO (more…)