di Giacomo D’Alessandro*
Cinque ventenni, studenti universitari di Genova (io di Pavia) si vedono settimanalmente con altri loro amici, da ormai tre anni, per parlare di attualità, politica, diritti umani, legalità, realtà sociale. Pezzettini dei loro studi, pezzettini di esperienze vissute, una sensazione di pesantezza per l’attuale situazione italiana e mondiale, e l’urgenza di fare qualcosa, ma nel profondo e a partire da sé stessi. Poi, a un certo punto, la proposta lanciata così, quasi per caso, di andare in viaggio ad Auschwitz. Non è una gita scolastica, non è una parrocchia, non è un tour organizzato, non è qualcuno a “portarceli”, a proporglielo, a fare la lezione sull’importanza della memoria. E’ uno slancio spontaneo, forte, senza grandi pretese, senza nessuna aspettativa, ma lo sentono dentro: è da fare. E dopo qualche mese, partono.
A vedere che? In cerca di cosa? Con quale senso nel loro contesto, nel loro percorso?
Forse non saprebbero rispondere con certezza neanche adesso. Intanto, alcune di quelle intenzioni, di quelle parole, di quelle immagini, sono diventate un diario.
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Questo diario è stato redatto nel mese di aprile 2012, a partire da materiali diversi.
Innanzitutto un’idea, avuta da Pietro a settembre: andare insieme a vedere Auschwitz. Quindi, dopo una non facile preparazione, il viaggio stesso.
Alcuni testi provengono dal tempo prima della partenza, altri sono letteralmente scritti a Cracovia o sul bus per il campo di sterminio. Altri ancora, in questo caso molte delle riflessioni più consistenti, arrivano nei giorni immediatamente successivi al ritorno. O meglio, arrivano “nel” ritorno, poiché ogni viaggio vissuto anche interiormente schiude un ritornare che non cessa mai del tutto, che offre e trasforma, nel tempo, i suoi frutti.
Molti amici, lo sappiamo dalla loro bocca, avrebbero voluto essere con noi in quei giorni. Ognuno di loro per i suoi motivi, avrebbe voluto e non ha potuto. Questo diario è prima di tutto per loro. In secondo luogo è per noi, come un flebile vento che ritorna e sussurra nelle orecchie scorci del viaggio fatto, canti inediti da esso generati. Ed è, infine, per tutti coloro che hanno sofferto a causa dei campi di sterminio di ogni tempo. Per quelli che agonizzano nei campi di oggi, dimenticati dal mondo.
Perché sappiano che la loro memoria, di ciò che è stato e di ciò che è ancora, non muore. Ci impegniamo a tenerla viva, così come la nostra responsabilità, per i giorni che verranno, a favore di un mondo umano.
* in viaggio con Guglielmo Cassinelli, Elisa Falco, Pietro Mensi e Arianna Sortino
(1- continua)