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La brutta morte che spettava a Pasolini

5 aprile 2010
di Franco Buffoni

Questo racconto, apparso cinque anni fa su "Nuovi Argomenti" (n. 32, ott-dic 2005), appena ripubblicato da "Nazione Indiana", rilancia – con argomentazioni assai lucide e acute – le considerazioni sulla morte di Pasolini che si stanno sviluppando da quando, ai primi di marzo, il senatore Dell'Utri ha annunciato di essere in contatto con qualcuno che possiede il capitolo inedito di Petrolio, intitolato Lampi sull'Eni.

«Ma quando tutta la sabbia insieme e senza vento
Prese le forme sue, si comprese
Che la rimozione urgente non bastava».

Sono i versi conclusivi di una poesia datata 5 novembre 1975, intitolata PPP la sua inchiesta, e rimasta inedita, come molte altre di quel periodo. Avevo ventisette anni, ero omosessuale e vivevo in Lombardia.
«Ti faccio fare la fine di Pasolini», me lo sentii dire un paio di volte negli anni successivi: era come uno slogan in certi ambienti, veniva usato come deterrente, quando non ci si comportava propriamente da 'clienti'.
Pasolini lo avevo incontrato in una occasione di poesia a Roma nel luglio del 1972, ma non ero riuscito a suscitare il suo interesse. In compenso sentii parlare molto di lui in quel mese di esami di maturità, come supplente neo-laureato nella commissione dell'Istituto Tecnico-Linguistico Femminile "Caterina da Siena" di via Panisperna. Non come regista o come scrittore, non ce n'era bisogno. Sentivo parlare di lui la sera dal mio aiuto-bagnino. Aveva vent'anni, lo avevo incontrato sulla spiaggia di Ostia, dove qualche volta mi recavo al pomeriggio dopo gli esami. Ero sceso a Roma con la mia 128 gialla nuova comprata a rate e targata Varese. La sera ci piaceva scorrazzare su è giù fino a Piramide e poi al centro. Tardi lo riaccompagnavo a Ostia e ci fermavamo proprio lì, nei pressi del Lido. Seppi tutto del Pasolini notturno: abitudini, contatti, preferenze, insistenze, concessioni. Era assolutamente noto presso chi non aveva letto una riga dei suoi scritti. Ma non aveva più 'storie' con nessuno. Mentre per me allora non era concepibile non vivere la storia. E con l'aiuto-bagnino Riccardo, che la sera indossava camicie sgargianti e portava pantaloni lucidi a zanna di elefante, io vissi una bellissima storia.
Tre anni dopo, quando accadde il disastro, Testori ricordò sul Corriere che sì, si cena con gli amici, ma più tardi – soli – si finisce col cedere e col cercare qualcuno nella notte. Mentre Arbasino, più pragmaticamente, scrisse che non era possibile che si finisse in un posto del genere senza avere ben deciso prima chi doveva fare che cosa a chi.
Io avevo capito. Trovavo ragionevole che per Arbasino dovesse essere così, ma sapevo da fonte certa che per Pasolini così non era. Non era più così da tempo. Con alcuni ragazzi il suo gioco era proprio quello di farli anche cedere. Un gioco più che altro cerebrale, che difficilmente concretizzava: gli bastava il gesto del cedimento. Che contestualmente significava anche avere chiuso con lui per sempre. Solo chi gli resisteva e lo 'menava' aveva nuove chance di incontro.
PER QUESTO MI PARVE VEROSIMILE IL PRIMO RACCONTO DI PELOSI.
Per questo non mi parvero convincenti le posizioni di chi, come Enzo Siciliano, Alberto Moravia, Laura Betti – da subito e molto saggiamente, dico oggi – parlò di agguato ordito contro di lui. Erano le attribuzioni relative all'agguato che proprio non mi convincevano: neofascisti e/o il racket della prostituzione maschile (sul quale, si aggiungeva, Pasolini da tempo stava indagando). Oppure altre inchieste che forse stava conducendo. Ma a chi potevano dare fastidio le inchieste di un poeta che parlava di lucciole e di nuche di adolescenti? Pensavo: solo chi conosce il nostro mondo dall'interno può capire. Ero d'accordo con Bellezza, con Naldini.
Trascorsero diciassette anni. Pelosi intanto usciva e tornava in galera per piccoli furti e spaccio.

Apparve Petrolio. Non mi bastò: lo lessi a tratti, svogliatamente, infastidito. Carlo nel salotto: narcisista. Carlo si autoaccusa, tra quelli dei nemici mette anche il suo nome: masochista. Carlo si fa dieci ragazzi infoiati in fila: non giova alla causa dei nostri diritti civili. Certe parti contro l'Eni e la DC le saltai a pie' pari, pensando che ormai era cambiato tutto: non aveva più senso pensare alla DC. Un romanzo fallito più che incompiuto, mi sembrava, già era troppo lungo così.

Perché oggi sono qui ad accusarmi di miopia e a chiedere scusa alla sua memoria e a coloro che colsero subito la verità? Perché in rete ho visto finalmente le foto del suo corpo martoriato.
Chiunque si rende conto che quel massacro non può essere stato compiuto da un ragazzo ritrovato con una sola macchiolina di sangue sul pantalone. Persino ammettendo che lo abbia davvero travolto fuggendo in auto. Erano in tre o quattro, avevano le catene, disse subito il testimone che abitava nella baracca lì vicino (NON PIU' INTERROGATO): gli gridavano «arruso» e «comunista», lui gridava «basta» e poi «mamma», che fu la sua ultima parola. Il volto e il corpo recano i segni della lapidazione. Solo nell'estate del 2005 ho visto quelle foto. Dopo la confessione televisiva di Pelosi del 7 maggio 2005.
E sono grato a Gianni D'Elia e al suo editore Giovanni Giovannetti (Effigie) che – invitandomi a presentare a Milano alla Festa dell'Unità nell'agosto 2005 L'eresia di Pasolini insieme a Barbacetto di "Diario" – mi indussero a rileggere Petrolio.
Oggi mi resta solo il dubbio se Pelosi fu esca consapevole o inconsapevole. Propendo per la seconda ipotesi. Con forti minacce per farlo tacere fattegli giungere in carcere, immediatamente dopo l'arresto. Pelosi doveva scappare e basta. A piedi. Nel piano degli assassini.
Ormai che la verità sia in Petrolio e soprattutto nel petrolio non lo dice un poeta o uno scrittore, ma un giudice. Come D'Elia ricorda a p.98 del suo libro: «Secondo il giudice Vincenzo Calia, che ha indagato sul caso Mattei, depositando una sentenza di archiviazione nel 2003, le carte di Petrolio appaiono come fonti credibili di una storia vera del potere economico-politico e dei suoi legami con le varie fasi dello stragismo italiano fascista e di stato». E ancora: «Calia ha scoperto un libro, che è la fonte di Pasolini, un libro nato dai veleni interni all'ente petrolifero nazionale». Pubblicato nel 1972 sotto pseudonimo, Questo è Cefis (L'altra faccia dell'onorato presidente) fu subito ritirato dalla circolazione e mandato al macero per ordine della magistratura. Pasolini riuscì ad averlo in fotocopia. In Petrolio «l'onorato presidente» si chiama Troya.
PASOLINI E' STATO UCCISO PERCHE' STAVA PER SCRIVERE SUL CORRIERE LA VERITA' SUL CASO MATTEI.
Stava per dimostrare che le Sette sorelle non c'entravano, che la questione era interna, nostra, italiana; veniva da una saldatura tra istanze di potere politico-mafioso e certe disinvolture 'resistenziali' per le soluzioni drastiche: Cefis e Mattei erano stati entrambi anche uomini della Resistenza.
E oggi possiamo forse domandarci quanto di quella acutezza nella conduzione della sua indagine venne a Pasolini dalla conoscenza dei meccanismi interni alla fine drammatica del fratello maggiore Guido.
Come ho potuto per tanti decenni – io intellettuale, io poeta, io omosessuale – non capire?
In parte, certamente, fu per i comportamenti di Pasolini nella sua vita 'pr
ivata'. Che di privato non aveva nulla. E furono proprio quei comportamenti che indussero i mandanti e gli assassini ad andare sul sicuro: stavano costruendo un delitto verosimile con tanto di movente. Ci cascarono molte persone oneste, come il pittore Gabriele Mucchi, rigorosamente marxista, che si schierò violentemente a difesa di Pelosi, considerandolo vittima dello sfruttamento sessuale di chi adescava minorenni con l'Alfa 2000.
Per incidens, alla fine di maggio 2005, dopo la confessione televisiva di Pelosi, nella trasmissione di Rai 3 che si occupa di critica televisiva con i giovani analisti della Cattolica di Milano, la signora Poggialini, critico di "Avvenire", definì Pasolini «pedofilo», tout court. Un'accusa assurda alla quale nessuno dei presenti ritenne di dover obiettare.
Ma la vera ragione per cui, per tanti decenni, sono rimasto al buio, l'ho capita casualmente imbattendomi in questa frase del libro di D'Elia: «L'omicidio di Pasolini è stato un atto premeditato e politico, non un delitto omosessuale».
UN DELITTO OMOSESSUALE?
La questione non è solo lessicale. Diventa subito di sostanza. Nel delitto di gelosia è il geloso che uccide. Ad uccidere gli omosessuali, invece, sono sempre degli eterosessuali che ci tengono tantissimo a dichiararsi tali. (Ed è questa la ragione per cui gli omosessuali li cercano). Ricorrendo a tale definizione, se ne perpetua oggettivamente l'assassinio, inducendo quelli ottusi e miopi come me a ritenere verosimile, concepibile, spiegabile un delitto 'omosessuale'. Un delitto omofobico, piuttosto, si dovrebbe dire.
Quindi, non si dica che Pasolini – comunque – è stato ucciso dalla sua debolezza, che lo induceva a porsi in situazioni 'a rischio' con i maschi 'eterosessuali'. L'omofobia ha solo reso più cruento un delitto politico.
PASOLINI SAREBBE STATO UCCISO LO STESSO. AVREBBE FATTO LA FINE DEL GIORNALISTA MAURO DE MAURO. Che fu fatto sparire proprio mentre indagava sul caso Mattei: mafia-Eni-Dc.
Ma a differenza del coraggioso giornalista De Mauro, il coraggioso giornalista Pasolini fu anche un artista, un grandissimo artista, che attraverso il personaggio di Carlo – il cui corpo in Petrolio si consustanzia in merce, divenendo esso stesso petrolio – è riuscito a trasformare l'inchiesta che gli costò la vita nell'opera letteraria-summa della realtà italiana nel secondo dopoguerra.

Questo è Veltroni

18 marzo 2010
"agenzie" di giornata

Apc-Pasolini/Governo chiederà a CC chiarimento su capitolo Petrolio. Interrogazione di Veltroni su dattiloscritto citato da Dell'Utri Roma, 18 mar. (Apcom) – Rispondendo ad un'interrogazione di Walter Veltroni (Pd), il ministro dei Beni e delle attività culturali, Sandro Bondi, ha preannunciato l'intenzione di investire le forze dell'ordine del compito di fare chiarezza sull'esistenza e la proprietà di un capitolo scomparso di Petrolio, romanzo incompiuto di Pier Paolo Pasolini, che Marcello Dell'Utri, senatore Pdl e bibliofilo, ha di recente detto di aver letto.
«L`ho letto ma non posso ancora dire nulla – ha dichiarato Dell'Utri a quanto riferito da alcuni quotidiani nei giorni scorsi – è uno scritto inquietante per l'Eni, parla di temi e problemi dell`azienda, parla di Cefis, di Mattei e si lega alla storia del nostro Paese». Dell'Utri ha precisato di non essere in possesso del dattiloscritto, ma di averlo letto da qualcuno che gli aveva proposto di acquistarlo. Dichiarazioni «confuse e contraddittorie», per Veltroni, intervenuto stamane nell'aula della Camera per mettere in dubbio l'esitenza stessa del dattiloscritto e chiedere cosa il Governo intenda fare sulla vicenda. A nome del Governo, Bondi ha chiarito: «Dell'Utri mi ha confermato quanto comunicato nelle scorse settimane. E cioè che avrebbe preso visione un manoscritto di circa 70 pagine di carta velina che avrebbe dovuto costituire un capitolo del romanzo di Pier Paolo Pasolini. Il senatore Dell'Utri sarebbe stato contattato da una persona che gli avrebbe mostrato il manoscritto. Egli aveva la speranza di poterlo esporlo nella mostra del libro antico di Milano. Dopo la risonanza che questa notizia ha avuto sulla stampa, questa persona non avrebbe più preso contatti con il senatore dell'Utri, presumibilmente intimorita dall'eco che tale notizia aveva nel frattempo suscitato. Personalmente non so niente di più. Era doveroso da parte mia rispondere alla sua interrogazione, considerata l'importanza che questa vicenda può avere sulla morte di Pasolini e su alcune vicende della nostra storia nazionale. Mi riservo di svolgere per quanto è mia competenza ulteriori accertamenti, anche attraverso il comando generale dei carabinieri per la tutela del patrimonio culturale del nostro paese, e ne informerò immediatamente il Parlamento». Veltroni ha ringraziato il ministro, aggiungendo: «La invito ad attivare subito, come lei ha detto, le forze dell'ordine, affinché questo mistero della storia del nostro paese venga chiarito».

PASOLINI:BONDI,DELL'UTRI HA LETTO CAPITOLO RUBATO PETROLIO VELTRONI PRESENTA INTERROGAZIONE, CARABINIERI INDAGHINO
(ANSA) – ROMA, 18 MAR – Sandro Bondi, ministro dei Beni e delle Attività culturali conferma: il senatore Marcello Dell'Utri ha avuto tra le mani e letto le 70 pagine del capitolo scomparso del libro postumo di Pier Paolo Pasolini Petrolio. La conferma arriva nell'aula della Camera durante la risposta ad una interrogazione urgente presentata da Valter Veltroni ulla vicenda. Dell'Utri ai primi di marzo aveva annunciato che aveva visto il capitolo Lampi sull'Eni che, secondo alcuni studiosi, conterrebbe elementi capaci di fornire elementi nuovi sulla orte di Enrico Mattei, del giornalista Mauro De Mauro e dello stesso Pasolini. Dell'Utri aveva successivamente detto che il clamore suscitato dalla vicenda aveva spinto la persona che gli aveva proposto il dattiloscritto a interrompere i contatti. (ANSA).

LIBRI: VELTRONI-BONDI, SUL GIALLO DI PETROLIO. LA PALLA AI CARABINIERI. BOTTA E RISPOSTA IN AULA ALLA CAMERA
Roma, 18 mar. (Adnkronos) – Saranno i Carabinieri a occuparsi del giallo dell'ultimo capitolo perduto di Petrolio, il romanzo postumo di Pier Paolo Pasolini. Un intervento delle forze dell'ordine è stato fortemente sollecitato da Walter Veltroni, che ha portato il caso in Parlamento facendone oggetto di una interpellanza urgente al ministro della Cultura. Ma lo stesso Sandro Bondi, replicando in aula all'esponente del Pd, ha promesso di «svolgere ulteriori accertamenti,anche attraverso i Carabinieri», per poi informare ancora il Parlamento. Il caso è stato sollevato qualche tempo fa proprio dal Veltroni, dopo alcune dichiarazioni del senatore Marcello Dell'Utri sull'esistenza di un manoscritto di 70 pagine riconducibili a Pasolini e a Petrolio. «Se questo capitolo esiste, come è arrivato nelle mani di Dell'Utri? Chi lo ha portato via da casa Pasolini, chi lo ha consegnato a mani diverse di quelle della famiglia o dei curatori dell'opera di Pasolini? -ha chiesto Veltroni- Ma se, come dice la famiglia, questo capitolo non esistesse, di cosa stiamo parlando?».
Veltroni, comunque, non ha dubbi: «In ogni caso ci troviamo in una fattispecie di reato». Secondo l'esponente del Pd, l'intervento del governo è indispensabile: «Non si tratta solo di una discussione di carattere letterario, ma di qualcosa di piu' importante che ha a che fare con la parte piu' oscura della storia italiana».

LIBRI: VELTRONI-BONDI, SUL GIALLO DI PETROLIO LA PALLA AI CARABINIERI (2)
(Adnkronos) – Veltroni, in aula, ha riletto alcune interviste di Dell'Utri in cui il senatore spiegava che le pagine del manoscritto avrebbero contribuito «a fare luce sulla morte di Pasolini, su alcune vicende dell'Eni, sulla morte di Enrico Mattei, su Cefis». Secondo l'ex sindaco di Roma, «sulla morte di Pasolini deve essere fatta luce. Ci sono state sentenze contraddittorie, dal punto di vista storico rimangono moltissimi dubbi accompagnati da una parte consistente dell'opinione pubblica».
Un passaggio, questo, su cui il ministro della Cultura ha convenuto: «Io sono interessato a capire, a fare luce sula vita di uno dei più grandi intellettuali del nostro Paese, sulla sua vita drammatica e su degli aspetti ancora oscuri del nostro Paese», ha detto Bondi spiegando di avere preso «contatti diretti» con Dell'Utri «il quale mi ha confermato che effettivamente avrebbe letto un manoscritto di circa 70 pagine che avrebbe dovuto costituire un capitolo del romanzo».
Veltroni ha ringraziato Bondi ed ha sottolineato il fatto che «Dell'Utri, come prima cosa che avrebbe dovuto fare, era rivolgersi all'autorita' giudiziaria. Lei ha confermato, in Parlamento, che Dell'Utri ha letto quelle pagine, ha detto quello che ha detto», si tratta di «qualcosa che si configura come una fattispecie che non rientra nelle dinamiche naturali».

PASOLINI:BONDI,DELL'UTRI HA LETTO CAPITOLO RUBATO 'PETROLIO' (2)
(ANSA) – ROMA, 18 MAR – Bondi ha detto che il suo ministero non ha nessuna notizia diretta sulla questione. «Per la delicatezza e importanza della questione ho chiesto direttamente al senatore Dell'Utri che mi ha confermato quanto detto nei giorni scorsi più volte e cioè di aver preso visione e letto un manoscritto di circa 70 pagine, in carta velina, che sarebbe un capitolo inedito di Petrolio. Il senatore era stato contattato tempo fa da una persona e il senatore sperava di poter esporre il testo inedito alla mostra del libro antico. Dopo la risonanza avuta dall'annuncio questa persona non ha più preso contatto con Dell'Utri. Non so nulla di più di quanto riferito. Ho chiesto ulteriori accertamenti al Comando generale dei carabinieri preposto alla difesa del patrimonio culturale vista l'importanza di quel testo che potrebbe far chiarezza su temi rilevanti della nostra storia recente». Walter Veltroni ha ch
iesto chiarezza sulla vicenda: la famiglia sostiene che quel testo non è mai esistito. Se ora Dell'Utri dice di averlo visto – ha detto – bisogna capire perché il senatore non sia andato subito a denunciare il fatto ai carabinieri perché è chiaro che o quel testo a lui sottoposto è frutto di un furto realizzato a casa Pasolini oppure, in via di ipotesi, potrebbe essere un falso. Comunque non si tratta di un fatto che rientra nella normale contraffazione letteraria. Quel capitolo è un patrimonio da tutelare perché potrebbe farci capire tante cose della nostra storia. «Alcune settimane fa – aveva scritto Veltroni nell'interpellanza – la stampa aveva dato ampio risalto alla notizia della esposizione, nell'ambito della manifestazione denominata ''Mostra del Libro Antico'', di un appunto dattiloscritto inedito dell'autore. Ora si apprende che questo testo non più esposto sarebbe in mani misteriose». questo appunto, ricorda Veltroni conterrebbe alcune vicende dell'Eni e altre relative alla morte di Enrico Mattei. Questo «potrebbe rappresentare una nuova importantissima chiave di lettura di alcuni episodi misteriosi della storia recente del nostro Paese non esclusa la stessa morte di Pier Paolo Pasolini. Per questo chiedo al Ministro della Cultura di fare chiarezza su questa intricata ed oscura vicenda e di accertare l'esistenza di tale ''appunto''. Se questa fosse accertata chiedo che il governo si adoperi per mettere il testo a disposizione della famiglia alla quale sarebbe stato sottratto, dell'autorità giudiziaria e dell'opinione pubblica alla quale sarebbe così consentito di conoscere le parole 'sparite' di uno dei più grandi intellettuali italiani». Veltroni ha chiuso la sua replica insistendo su una attivazione diretta dei carabinieri e indagini per capire chi ha in mano quel dattiloscritto inedito di Pasolini.(ANSA).

CULTURA. VELTRONI: CARABINIERI CERCHINO TESTO FANTASMA PASOLINI INTERPELLANZA A BONDI, IL MINISTRO: DELL'UTRI HA LETTO CAPITOLO
(DIRE) Roma, 18 mar. – Il mistero del capitolo 'fantasma' di Pier Paolo Pasolini approda nell'aula della Camera e diventerà oggetto di un'indagine dei carabinieri. Con un'interpellanza urgente al ministro dei Beni Culturali, sottoscritta anche dal deputato Pd, Michele Ventura, Walter Veltroni chiede al governo «di far luce» su quanto dichiarato su alcuni organi di stampa dal senatore del Pdl Marcello Dell'Ultri. Nell'aula della Camera, l'ex sindaco di Roma ricorda che qualche settimana fa Dell'Utri, attraverso alcune interviste, aveva dato notizia di aver visionato un appunto dattiloscritto inedito dell'autore che avrebbe dovuto costituire un capitolo del romanzo incompiuto 'Petrolio' in cui sarebbero descritte vicende dell'Eni e altre relative alla morte di Enrico Mattei. Dell'Utri, continua Veltroni, «aveva anche annunciato l'intenzione di esporre il testo all'interno della sezione dedicata a Pier Paolo Pasolini allestita nell'ambito della 'Mostra del Libro Antico' di Milano. Poi- continua l'ex segretario Pd- in interviste successive, il senatore ha detto che quel testo non verrà esposto e sarebbe in mani misteriose perché la persona che glielo ha proposto è sparita».

I “papelli” di Dell’Utri

5 marzo 2010

di Angela Molteni

Propongo alcune mie brevi riflessioni – e alcuni articoli giornalistici – su ciò che sta accadendo “intorno a Pasolini” da martedì 2 marzo 2010. Il senatore del Pdl nonché “noto bibliofilo” Marcello Dell’Utri dichiara di essere in possesso delle pagine di un capitolo di Petrolio il cui testo risulta mancante nel volume pubblicato nel 1992 da Einaudi e anche nel manoscritto originale conservato al Gabinetto Viesseux di Firenze. La storia del romanzo Petrolio e del capitolo citato è stata raccontata nei libri di Gianni D’Elia Il petrolio delle stragi (Effigie, 2006) e di Sandra Rizza e Giuseppe Lo Bianco Profondo nero (Chiarelettere, 2009).

C’è chi parla chiaro, sinceramente e dicendo senza mezzi termini le cose come stanno, chi va sopra le righe magari perché divorato da una passione indomabile, chi semplicemente vive, chi applica una buona dose di ipocrisia per affrontare qualsivoglia questione, chi mente spudoratamente e magari smentisce il giorno appresso con la massima nonchalance se stesso e certe sue affermazioni, chi racconta storie di vita reale, chi inventa un qualsiasi fatto o avvenimento purché ne possa trarre qualche utilità, chi usa un linguaggio accessibile, chi ha sempre e comunque la necessità – stavo scrivendo “il vizio” – di lanciare messaggi oscuri, spesso incomprensibili ai più e in cui si fatichi a riconoscere i destinatari. (more…)

La quinta porta su Petrolio

3 marzo 2010
di Carla Benedetti

Pubblico qui Quattro porte su 'Petrolio di Pasolini', un mio saggio uscito nel 2003 in Progetto Petrolio (Cronopio). Quattro porte, cioè quattro possibili ingressi al romanzo e alla sua complessa costruzione.
La prima, intitolata "potere", parla di Lampi sull'Eni (cioè di quella parte "mancante" che Marcello Dell'Utri oggi dichiara di possedere), di come essa doveva legarsi al resto del romanzo secondo il progetto di Pasolini, di una paginetta "superstite" forse sfuggita a chi sottrasse quegli appunti, e di come essa nel 2001 abbia attirato l'attenzione del magistrato Vincenzo Calia, che stava indagando sulla morte di Mattei.
Il senatore Dell'Utri, del Pdl, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, non dice da chi ha avuto quelle pagine, ma annuncia che verranno esposte il 12 marzo alla Mostra del Libro antico di Milano. Nel caso che la sua dichiarazione corrisponda a verità, non ci troveremo di fronte a un semplice scoop librario o filologico, ma – non dimentichiamolo – a un vero e proprio corpo di reato, quelle pagine essendo state trafugate o da ladri penetrati nella casa di Pasolini subito dopo la sua morte, oppure sottratte in altro modo da chi poteva avere accesso alle sue carte. E tante domande allora si riaprono.
Chi si impossessò di quelle carte doveva essere a conoscenza del loro contenuto. Sapeva che vi si parlava dell'omicidio di Mattei e che si faceva anche il nome del mandante, Eugenio Cefis. Ma il suo bisturi non lavorò alla perfezione. Forse per la fretta, forse  per scarsa dimestichezza con la strana forma compositiva usata da Pasolini in Petrolio, egli non si accorse che in uno schema riassuntivo,  intitolato "Storia del petrolio e retroscena", collocato fuori dalla sequenza di appunti intitolati "Lampi sull'Eni", Pasolini faceva riferimento a cose scritte in quelle pagine, e ne diceva anche concisamente il succo. E' una paginetta che contiene anche uno specchietto (l'immagine è riportata dentro al mio saggio Quattro porte su Petrolio, e  questa frase:

In questo preciso momento storico (I° BLOCCO POLITICO) Troya [leggi Cefis] sta per essere fatto presidente dell'Eni: e ciò implica la soppressione del suo predecessore (caso Mattei, cronologicamente spostato in avanti).

Quindi Pasolini spiegava il delitto Mattei in modo molto diverso da quello che per tanto tempo è stato il più accreditato, che chiamava in causa gli interessi internazionali, le sette sorelle, l'OAS, i servizi segreti stranieri ecc. (è l'ipotesi che viene ventilata anche nel film di Francesco Rosi, Il caso Mattei). Niente di tutto questo. Per Pasolini Mattei era  stato ucciso per far posto a Cefis (in cui si deve leggere "fisicamente Fanfani", come è scritto sopra il diagramma). Dunque un intrigo interno all'Italia e ai suoi blocchi di potere.
Fu questo passo e questo diagramma a attirare l'attenzione di Vincenzo Calia. Con un'indagine durata molti anni, e un lungo lavoro di ricostruzione e di interrogatori (fu sentito anche Verzotto, ex senatore democristiano, segretario regionale della corrente rumoriana in Sicilia, e nemico di Cefis),  il magistrato pavese aveva ricostruito questo scenario: Mattei fu fatto fuori da un'oscura regia politico istituzionale tutta interna all'Italia, le cui fila erano tenute in mano da Cefis.
Egli era, in altre parole, giunto nel 2001 alle stesse conclusioni che Pasolini aveva già  elaborato nel 1975. E a cui probabilmente era già arrivato anche Mauro De Mauro, il giornalista di Palermo che fu fatto sparire nel 1970, e che aveva svolto un'indagine sugli ultimi giorni di Mattei per incarico del regista Francesco Rosi. Anche in questo caso le ragioni vere dell'omicidio furono coperte da un apparente delitto di mafia (De Mauro aveva svolto indagini giornalistiche anche sul traffico di droga).
Si ipotizza anche che le informazioni contro Cefis siano arrivate a De Mauro e poi a Pasolini dalla stessa mano, che aveva interesse a "armarli", con prove fornite dall'interno, quindi particolarmente pericolose per chi dovevano colpire.
Petrolio uscì postumo ben 17 anni dopo la morte di Pasolini, a cura di Maria Careri e Graziella Chiarcossi, con una nota filologica di Aurelio Roncaglia (Einaudi, 1992). Un tempo incredibilmente lungo, giustificato solo in parte dallo stato frammentario del romanzo, e certamente dovuto anche, come ricorda Roncaglia stesso nella nota al libro, a titubanza sull'opportunità di rendere pubblica una materia così scottante anche da un punto di vista politico.
Ammesso quindi che il senatore Dell'Utri sia davvero in possesso di quelle pagine, esse non sarebbero solo un prezioso ritrovamento letterario, ma anche una miccia accesa, che potrebbe far saltare in aria un'intera struttura di potere. E soprattutto – come mi auguro – potrebbe indurre a riaprire tutto il capitolo, sia sulla morte di Pasolini, sia sulle lunghe connivenze che per tanti anni hanno blindato la verità su quell'atroce delitto, lasciando impuniti i colpevoli.

"Lampi sull’Eni" in mano a Marcello Dell’Utri?

2 marzo 2010
di Giovanni Giovannetti

La notizia è clamorosa. Stamane Marcello Dell’Utri ha annunciato di essere entrato in possesso di Lampi sull’Eni, 75 pagine, il capitolo mancante dell’incompiuto Petrolio di Pier Paolo Pasolini. Ripropongo allora queste mie brevi annotazioni in margine alla richiesta di riapertura delle indagini sulla morte di Pasolini. Questo è Cefis di Giorgio Steimetz – l’introvabile e fondamentale interfaccia dell’incompiuto Petrolio – è stato pubblicato a puntate da questo blog, e presto anche in libreria per le edizioni Effigie.

Dopo la morte violenta di Pier Paolo Pasolini la notte tra il 1° e il 2 novembre 1975, si scopre che parte di un capitolo di Petrolio (Lampi sull’Eni) è sparito. Il romanzo – preannunciato di 2000 pagine e destinato a rimanere incompiuto – parla dell’Eni (che Pasolini considera «un topos del potere») e della morte di Enrico Mattei. La profezia di Petrolio, l’inquietante intreccio tra politica criminalità e affari che lì si racconta, sarà chiaro solo molti anni dopo, così come la strategia delle stragi fasciste e di Stato che passa, anche terminologicamente, dagli articoli al romanzo: «Il romanzo delle stragi» (14 novembre 1974: «Io so…»).


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