di Marco Vigo *
Alla libreria Delfino serrato confronto tra Mino Milani e Giovanni Giovannetti sulla Pavia di ieri, di oggi e di domani: «C’è amore per la città?»
«Come fare per ridestare nei pavesi un poco di amore per la città?» Se lo è domandato lo scrittore Mino Milani mercoledì sera alla libreria Delfino in Piazzetta Cavagneria, conversando con Giovanni Giovannetti, in occasione dell’uscita di Comprati e venduti, libro inchiesta dell’editore scrittore e fotografo pavese sul “sistema Pavia”.
E chissà, ha scritto Giovannetti, cosa penserebbe oggi il claudicante commissario della Imperial regia polizia austriaca Melchiorre Ferrari – protagonista dei gialli di ambientazione ottocentesca di Mino Milani – di questa Pavia così menomata. Abbattute le imponenti mura spagnole. Abbattuti «i voltoni pieni d’ombra dell’antico bastione» presso Contrada di Porta Salara dove, al numero 3, in «tre stanze una sopra l’altra» abitava la romanzesca ricamatrice Ofelia Trovieri. Il ponte Vecchio non è più lo stesso presso cui la stria Gelinda Maffi nelle notti di luna piena mutava nella “cagna del ponte”. In via Robolini non abita più il sofferto amore adultero di Maria per Giacomo: proprio da quelle parti, come abbiamo visto, sta ora l’invasivo parcheggio di San Primo, proprio accanto alla canonica della omonima chiesa romanica. Stesso trattamento per piazzetta Cavagneria, lì dove nottetempo “scarnebbiava” ingordo il “vampiro” transilvano Ferencz Lajos.
Chissà cosa scriverebbe oggi un altro celebre autore pavese, il sacerdote Cesare Angelini, a fronte del vero e proprio assalto al bene comune condotto da amministrazioni senza scrupoli né amore per la città… Gli antichi orti? siano permutati in aree edificabili; le basiliche e i sagrati? ottimi per parcheggi sotterranei: per così meglio spalmare polveri sottili e altre tossine sopra i polmoni dei pavesi, e sull’arenaria o il cotto dei nostri più preziosi e delicati monumenti.
«Che ne è della “mia” civile Pavia?», si è domandato mesi fa lo storico Giulio Guderzo in una lettera al quotidiano locale.
Domande riprese da Giovannetti, a fronte «del sacco urbanistico a cui speculatori e amministratori di destra e di sinistra, indistintamente, hanno sottoposto la città». Un ultimo drammatico esempio, secondo Giovannetti, «lo offre il nuovo Piano di governo del territorio, che consente di costruire nei giardini e negli spazi vuoti del centro storico in misura pari a quattro metri cubi per metro quadro, vanificando così la delicata alternanza tra pieno e vuoto che, nonostante tutto, ancora qualifica il centro cittadino», con buona pace del centro storico da mettere a tutela quale monumento unitario, come prescrivono le norme. Motivo per cui, sempre secondo Giovannetti, se vorremo salvare la città «questo Pgt andrà preso e buttato nel cestino».
Milani si è a lungo intrattenuto sulla vocazione pavese a lasciar fare, a farsi i fatti propri punto e basta: «Siamo ormai una città di affittacamere, ma già negli anni Sessanta la città ha assistito sostanzialmente passiva alle devastazioni urbanistiche. E se reazione ci fu, certo non fu popolare, poiché a reagire furono poche agguerrite minoranze intellettuali: ieri come oggi».
Quale futuro per Pavia, dunque? Secondo Giovannetti «più in giù di dove ci ha condotti questa scadentissima classe dirigente» (molti gli esempi offerti) «sembra impossibile andare. Possiamo solo risalire, ma la riscossa non può che essere civica, con al centro l’interesse collettivo dei cittadini invece di quello personale di arraffatori e speculatori».
* direttore del settimanale “Il Lunedì”