Archive for the ‘ndrangheta a pavia’ Category

Grana padano-calabrese

23 aprile 2014

di Giovanni Giovannetti

Prima del 16 luglio 2010 una manifestazione antindrangheta con a capo gli amici degli amici si era vista solo a Cosenza o a Reggio. Quella sera Pavia assiste a due opposti cortei antimafia: da una parte i cittadini incazzati neri; dall’altra, molti amici di Carlo Chiriaco e di Pino Neri, con in testa il sindaco bardato a festa e la fascia tricolore, lo stesso sindaco più volte gradito ospite a casa di “compare Pino” reduce dalle patrie galere dopo una condanna a 9 anni pernarcotraffico, lo stesso sindaco eletto l’anno prima proprio con il contributo del capo della ‘Ndrangheta lombarda.
Manifesta Ettore Filippi, l’ex assessore tutto d’un prezzo recentemente ai “domiciliari”, che aveva candidato nelle liste di “Rinnovare Pavia” le persone indicate da Chiriaco e da Neri e posto a revisore dei conti Asm il chiacchieratissimo Pietro Pilello da Palmi, suo sodale e commercialista. Manifesta suo figlio Luca (è tra i più citati nell’ordinanza del Gip milanese) che, nel maggio 2010, ha assunto ad Asm Lavori l’ingegner Francesco Rocco Del Prete, quello «nella piena disponibilità» del capo della ’Ndrangheta lombarda Pino Neri. Manifesta l’assessore Antonio Bobbio Pallavicini, l’anno prima sorpreso nei più esclusivi ristoranti della Locride in compagnia di Neri e del suo braccio politico Antonio Dieni. Manifesta l’assessore Luigi Greco (Pdl), già socio in affari della moglie prestanome dell’indagato Rodolfo Morabito (cugino di Chiriaco), dell’amante prestanome di Chiriaco e di un parente prestanome del pluricondannato per mafia e narcotraffico Salvatore Pizzata. Manifesta Valerio Gimigliano, consigliere comunale Pdl e membro del Cda dell’Azienda servizi alla persona (Asp – Chiriaco ad un certo “Peppino”: «quel consiglio di amministrazione me lo sono scelto io…»), in rapporti anche con Pino Neri. E chissà se tra i manifestanti c’era anche il fantomatico “Peppino”, a cui l’ex direttore sanitario dell’Asl pavese nell’agosto 2009 confidava la necessità di «costruire un centro di potere» a Pavia.
Assente giustificato Dante Labate: eletto nel 2005 con il contributo dell’amico e sodale Pino Neri, per Labate presenziare a una marcia antindrangheta forse è troppo.
Il sindaco Alessandro Cattaneo ora cerca la riconferma.Nella sua lista civica, un paio di candidati sono in quota a Ettore Filippi e un terzo, Giovanni Demaria, è migrato per tempo in Forza Italia. E proprio nel partito di Dell’Utri ritroviamo impuniti proprio loro: Luigi Greco, Antonio Bobbio Pallavicini, Dante Labate e Valerio Gimigliano.

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Rinnovare la ‘Ndrangheta

10 gennaio 2014

da Pavia, Giovanni Giovannetti

Un estratto assai eloquente dai Verbali e dalle Motivazioni finali al processo milanese alla ‘Ndrangheta in Lombardia: i Filippi e quei voti chiesti – cappello in mano – al reggente carismatico della piovra lombarda. Asm Favori, azienda di controllo pubblico gestita quasi fosse loro feudo personale. “Politici” in saldo proni di fronte a mafiosi apicali, che forse ritroveremo rappresentati alle elezioni amministrative pavesi del maggio 2014. Problemi? Nessuno, poiché a Pavia la mafia «non esiste» né forse è mai esistita. 

«Il dottor Ettore Filippi è venuto qui a chiederci una mano». Lo ha riferito il capo della ‘Ndrangheta lombarda Pino Neri a Francesco Rocco Del Prete, affermazione poi confermata dallo stesso Neri in una dichiarazione spontanea del 5 luglio 2012 (Milano, aula bunker 2, Verbale, p. 218): «il dottor Filippi è venuto lui da me in campagna elettorale a chiedermi di dargli una mano di aiuto». Siamo alla vigilia delle elezioni amministrative 2009, che vedranno trionfare il giovane imberbe Alessandro Cattaneo detto “Pupo”, eletto a sua insaputa anche grazie ai voti della piovra calabrese.
Con “sole” 251 preferenze Rocco Del Prete (il candidato di Neri nelle liste di Rinnovare Pavia dei Filippi) è il primo dei non eletti. Come gesto riparatore e atto di buona volontà il furibondo avvocato ’ndranghetista chiede allora a Filippi le dimissioni di uno dei due eletti, in modo da lasciare lo scranno a Del Prete. Operazione politicamente impossibile. Ettore propone infine un lavoro all’Asm, poltrona che l’uomo «nella piena disponibilità di Pino Neri» lì per lì sdegnosamente rifiuta (avrebbe volentieri accettato il posto nel Cda dell’Asm, andato poi a Luca Filippi). Dopo diversi incarichi presso i Lavori pubblici comunali, nel maggio 2010 Rocco Del Prete viene infine assunto a contratto in Asm Lavori o Favori, guarda il caso presieduta da Luca Filippi, azienda di controllo pubblico nella piena disponibilità della famiglia Filippi. (more…)

Il medico Fronterrè…

21 dicembre 2012

…e la via pavese della Setola
di Giovanni Giovannetti

Su ordine della Direzione distrettuale antimafia, venerdì 21 dicembre i Carabinieri di Caserta e Pavia hanno arrestato cinque persone. Tra loro Aldo Fronterrè, ex primario di oculistica presso la pavese clinica Maugeri, residente in città. Il medico è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa per aver fornito un falso certificato in cui si attestava la sostanziale cecità di Giuseppe Setola, certificazione che, a partire dal 19 gennaio 2008, è valsa al sanguinario camorrista l’uscita dal carcere di Cuneo e gli arresti domiciliari a Pavia, per frequentare il Centro di riabilitazione visiva della clinica Maugeri, su disposizione del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (secondo il coordinatore della Dda di Napoli Franco Roberti «Setola ci vedeva benissimo»). Alla Maugeri era in cura presso la dottoressa Monica Schmid.
Il killer era sottoposto al 41bis, la legge che impone il carcere duro e il sequestro dei beni ai condannati per attività mafiose, ma non viene trasferito nel carcere di Opera o in quello pavese di Torre del Gallo. A Pavia Setola trova alloggio con la moglie in un appartamento al civico 2 di vicolo San Marcello (come si vede nella fotografia, mesi dopo il loro nome figurava ancora sul campanello), a due passi dalla chiesa romanica di San Michele, a cento passi dalla Maugeri. Nella nuova dimora Setola rimarrà solo quattro mesi, poiché il 23 aprile 2008 si rende irreperibile.

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Sindaco Cattaneo, dimettiti

6 dicembre 2012

di Giovanni Giovannetti

La condanna di Carlo Chiriaco e Pino Neri al processo milanese alla ‘Ndrangheta rende attuali i rapporti tra i due e il sindaco di Pavia Alessandro Cattaneo, eletto anche grazie ai voti portati in dote da Neri. Ovviamente a sua insaputa...

Al processo milanese alla ‘Ndrangheta lombarda l’ex direttore sanitario dell’Asl pavese Carlo Chiriaco e l’avvocato tributarista Pino Neri sono stati condannati in primo grado rispettivamente a 13 e a 18 anni di carcere. Non sono ancora noti i dispositivi, e dunque ogni commento compiuto sarebbe prematuro.
La sentenza del 6 dicembre 2012 cade un anno dopo quella del giudizio con rito abbreviato del 19 novembre 2011. Entrambe a ragione possono considerarsi una svolta storica per più di un motivo: fra l’altro viene confermata la natura univoca dell’organizzazione criminosa. Dunque la ‘Ndrangheta lombarda vista non come somma aritmetica di ‘ndrine o Locali slegate fra loro bensì come movimento criminale dotato di vertice e ramificazioni che ne fanno la “quarta sponda” delle tre Province storiche calabresi (ionica, tirrenica e reggina).
Secondo gli inquirenti, «una visione parcellizzata della ‘Ndrangheta non consente di valutarne i legami con il mondo istituzionale, imprenditoriale», così come sono emersi dalle indagini Crimine e Infinito. Insomma, a Pavia e in Lombardia «si è riprodotta una struttura criminale che non consiste in una serie di soggetti che hanno semplicemente iniziato a commettere reati in territorio lombardo» poiché i condannati operano «secondo riti di ‘Ndrangheta: linguaggi, riti, doti, tipologia di reati sono tipici della criminalità della terra d’origine e sono stati trapiantati in Lombardia dove la ‘Ndrangheta si è trasferita con il proprio bagaglio di violenza».

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Ladroni e Cosa nostra

7 novembre 2012

di Giovanni Giovannetti

Le temerarie operazioni finanziarie del tesoriere lumbàrd Francesco Belsito, l’ex sottosegretario alla semplificazione amministrativa pizzicato a dilavare quattrini della ‘Ndrangheta e di Cosa nostra. L’iperbolico intreccio tra Romolo Girardelli detto “l’ammiraglio” (vicino alla ‘ndrina dei De Stefano), i siciliani Rinzivillo, il commercialista Pasquale Guaglianone, già tesoriere dei Nar (Nuclei armati rivoluzionari, un movimento eversivo di destra) incarcerato nel 1987 per associazione sovversiva e oggi titolare della M.G.I.M. con sede a Milano in via Durini 14, la società che – oltre a riciclare conto-mafie – ha curato il trasferimento in Svizzera, in Tanzania e a Cipro di oltre 6 milioni d’euro verdelega. Lo si legge nella Relazione della Commissione d’accesso al Comune di Reggio Calabria, quella che giorni fa ha portato allo scioglimento del Consiglio comunale reggino.

Padroni o padrini a casa nostra? A Pavia destò scalpore e vasta eco nazionale quel flirt tra il capo della ‘Ndrangheta lombarda Pino Neri e “mister 18.910 preferenze” alle ultime Regionali. Il leghista Angelo Ciocca avrebbe negoziato con l’avvocato tributarista calabrese l’acquisto di un lussuoso appartamento in centro, a un prezzo singolarmente vantaggioso. Ma l’affare non si farà. Resta il fatto che i due si conoscevano, come documenta un video della Polizia, che riprende Ciocca in compagnia di Neri, Antonio Dieni (imprenditore edile di Sant’Alessio nonché “braccio politico” di Neri) e Francesco Rocco Del Prete, l’«uomo delle cosche» alla cui candidatura alle recenti Comunali «si era interessato anche Ciocca». L’assessore provinciale e futuro consigliere regionale, in una intercettazione del 22 giugno 2009, viene confidenzialmente chiamato «Angelo» dal capo della ’Ndrangheta lombarda.

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Zona grigia

29 settembre 2012

Da Pilello a Neri. Pavia nel nuovo libro di Forgione
di Marco Vigo*

L’ex presidente della Commissione parlamentare Antimafia Francesco Forgione ha presentato Porto franco alla libreria Feltrinelli di Pavia, dialogando con l’ex sindaco e parlamentare Elio Veltri, con Giovanni Giovannetti e con il numeroso pubblico presente.

Sala affollata presso la libreria Feltrinelli di Pavia, per la presentazione di Porto Franco. Politici manager e spioni nella repubblica della ‘ndrangheta (Dalai editore, 408 pagine, euro 18). Con l’autore Francesco Forgione (già presidente della Commissione parlamentare Antimafia) sono intervenuti Elio Veltri e Giovanni Giovannetti.
Porto franco, ovvero il porto di Gioia Tauro in Calabria: luogo dove ogni cosa sembra dipendere dai Piromalli, la cosca ‘ndranghetista che da decenni condiziona l’economia e la politica della Piana. «Qui le cose vanno così da decenni e decenni – scrive Forgione –. Vincere è la loro parola chiave: vale per una gara, per un appalto, per una guerra contro i nemici, per un processo. E naturalmente anche per le elezioni, quelle amministrative prima di tutto». Eh sì, prima di tutto il potere. Pur incentrato sulla saga dei Piromalli (indiscussi protagonisti di Porto franco) il libro abbraccia l’orizzonte della globalizzazione mafiosa. Lo ha ben evidenziato Elio Veltri – autore fra l’altro di numerosi testi sull’argomento – citando dal libro l’incontro milanese fra Gioacchino Arcidiaco (giovane rampollo della covata Piromalli) e Marcello Dell’Utri, avvenuto nel dicembre 2007 per favorire Antonio Piromalli, figlio del boss in galera e a sua volta a rischio di galera, nel conferimento del passaporto diplomatico: «con quello in mano non è che gli sbirri ti possono fermare quando vogliono. E se serve andare all’estero d’urgenza, appena ti avvisano che stanno venendo ad arrestarti, è quello che ci vuole. Con l’aria che tira, Antonio ne ha bisogno». In cambio, se «tredici anni prima c’era stato solo l’appello al voto per Forza Italia e Berlusconi», questa volta, scrive ancora Forgione «hanno deciso di fare di più. La famiglia si occupa direttamente del partito». Migliaia di voti per Dell’Utri anche al Nord, dove la Famiglia «può spostare migliaia di voti» dei calabresi, là dove «hanno trasformato i comuni della Lombardia in un pezzo di Calabria: Corsico, Cesano Boscone, Paderno Dugnano, Trezzano sul Naviglio, Buccinasco. E poi mezza Milano. Sono arrivati pure a due passi dal Duomo. Si sono comprati negozi, bar, ristoranti, boutique, sale bingo, discoteche».
E poi c’è la cosiddetta “zona grigia” tra la politica e il mondo criminale: è il mondo della criminalità istituzionale e della contiguità, lo scivoloso crinale su cui si incontra ciò che è lecito e ciò che non lo è, sia pure al di fuori di ogni rilevanza penale. Emblematica secondo Veltri la figura di Pietro Pilello da Palmi, commercialista e massone in rapporti con boss del calibro di Cosimo Barranca e Pino Neri, cui Forgione dedica un lungo paragrafo: «Non c’è consiglio di amministrazione, collegio sindacale o di revisori dei conti di società private e di istituzioni pubbliche dove non compaia il suo nome».

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Chiacchiere

14 settembre 2012

di Pino Neri

Quanto segue è la trascrizione dell’ “arringa difensiva” (31 luglio 2012) in viva voce di Pino Neri, attualmente a giudizio per associazione a delinquere di stampo mafioso nel processo milanese alla ‘Ndrangheta. L’avvocato tributarista calabro-pavese traccia un suo personalissimo profilo biografico. Dimentica tuttavia i nove anni trascorsi agli arresti dopo una condanna per narcotraffico; dimentica di avere avuto quale socio in affari tale Salvatore Pizzata, imprenditore edile pavese condannato il 24 settembre 1997 a due anni e dieci mesi di galera per associazione mafiosa e successivamente (14 maggio 1998) per narotraffico. Il Neri minimizza la portata di quel summit ‘ndrangetista che vide riunirsi, per suo comando, un supergruppo criminale al Circolo “Falcone e Borsellino” di Paderno Dugnano, dopo che, il 14 luglio 2007 al bar “Reduci e combattenti” di San Vittore Olona, il “pentito” Antonino Belnome e Michel Panajia avevano ammazzato Carmelo Novella; quel summit, dopo il “commissariamento” da parte dei mammasantissima calabresi, segue la consegna de La Lombardia alla sua stessa reggenza. Allora era il 31 ottobre 2009; brindando alla ritrovata pax mafiosa, a Paderno si riproposero «i medesimi personaggi, i medesimi luoghi di ritrovo, la stessa simbologia, terminologia, doti, cariche» dell’analogo incontro tenuto a Novate Milanese il 30 maggio 1998, subito dopo il sequestro di Alessandra Sgarella, quando i rapimenti servivano a finanziare l’acquisto della coca dai narcos colombiani, pagandola cash. L’imputato per mafia Pino Neri difende poi l’attuale classe dirigente pavese, la stessa con cui aveva mercanteggiato candidati e voti alle ultime elezioni amministrative, già che «a Pavia la mafia non esiste», e dunque non esistono contaminazioni tra colui che sedeva ai vertici della ‘Ndrangheta lombarda e la pubblica amministrazione pavese.
Infine, lui che è innocente fino a prova contraria, dedica a noi un ghiotto siparietto. Nella stessa aula già lo fece tale Ettore Filippi. Stessa faccia, stessa…
(G. G.)

Imputato Giuseppe Antonio Neri – Signor Presidente ho scelto il rito ordinario perché sin dall’inizio ho inteso affrontare questo Processo con l’intenzione di fare piena luce su tutto quello che è successo, su tutte quelle che sono le emergenze investigative.
Avrei voluto, dico la verità, sottopormi ad interrogatorio, però il tutto si è verificato in un momento particolare quando è arrivato il mio turno e Lei mi ha chiesto se intendessi sottopormi ad interrogatorio e ho detto no, perché era un particolare momento non stavo psicologicamente a posto, viste le mie patologie, anzi devo ringraziare che per tutto l’arco di questo Procedimento sono riuscito a resistere e spero di poterlo fare anche nel prosieguo perché mi voglio energicamente difendere.

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Pinocchietto davanti ai gendarmi

21 luglio 2012

di Giovanni Giovannetti

I temerari incontri “elettorali” fra Alècattaneo e Pino Neri. Deponendo al processo milanese alla ‘Ndrangheta lombarda, il sindaco pavese ha infine dovuto ammettere le sue frequentazioni con mafiosi apicali come Pino Neri. All’imberbe “formattatore” la memoria è tornata solo ora, dopo che per anni ha negato ogni suo incontro ravvicinato con un capo dei capi. Dunque il sindaco è un bugiardo. Anche se di poca o nulla incidenza penale, il suo comportamento riveste una gravosa rilevanza politica: comprereste uno scooter usato da quest’uomo?

Si dice che la memoria svapori col tempo. Al sindaco pavese Alessandro Cattaneo detto “Pupo” invece torna, ma solo di tanto in tanto.
Luglio 2010. Cattaneo nega di aver mai incontrato l’avvocato tributarista Pino Neri, già condannato a 9 anni di galera per narcotraffico, nuovamente incarcerato con l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso.
Luglio 2012. Deponendo al processo milanese contro la ‘Ndrangheta, il sindaco “formatta” ovvero ripone il naso lungo da Pinocchio e finalmente ammette i temerari incontri elettorali con il capo lombardo della piovra calabrese. E non sono cene da cento coperti al ristorante “La Cueva”, ma tra pochi intimi nella casa di Neri a San Martino Siccomario. Non sazio, poco dopo lo vuole nuovamente rivedere nello «studio in Piazza della Vittoria». Insomma, nel maggio 2009 l’inconsapevole futuro sindaco è stato per almeno due volte gradito ospite del pregiudicato Pino Neri, la seconda per un sobrio aperitivo elettorale, accompagnato dal tradizionale nonché benaugurante “taglio della caciotta”. All’incontro con gli amici degli amici lui ci andò insieme al comune conoscente Francesco Rocco Del Prete – candidato di Neri – uno tra i più solerti fiancheggiatori del giovane “sindaco antimafia”.
Il ritorno della memoria al primo cittadino sarebbe da salutare con grande favore, se non fosse che, mentendo, il “Pupo” si è rivelato per quello che è: un bugiardo. Politicamente…

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Carlo Chiriaco è in pericolo di vita

2 settembre 2011
di Giovanni Giovannetti

Incarcerato da più di un anno con l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, l'ex direttore sanitario dell'Asl pavese ha ormai perso 27 chili, passando da 85 a 58, ed è affetto da numerose patologie. Tra le più gravi, segnalata anche dal perito del Tribunale, una profonda depressione non più contenibile con i farmaci.

Carlo Antonio Chiriaco, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, incarcerato il 13 luglio 2010, versa in un preoccupante stato di salute tanto da essere in pericolo di vita. Attualmente si trova nel carcere di Monza, uno dei peggiori.
È dimagrito di oltre 27 chili (passando da 85 a 58, e continua a perdere peso), è diabetico, è affetto da glaucoma ad entrambi gli occhi oltre che da carcinoma al colon e da adenoma alla prostata. Ormai non si regge in piedi se non aiutato dalle stampelle, e per gli spostamenti dovrebbe usare una sedia a rotelle.
Notoriamente, i pericoli ascrivibili ad un dimagrimento così rilevante sono per lo più dovuti a problemi cardiovascolari, con elevato rischio di aritmie cardiache, a volte fatali. Pericoli rimarcati anche dal dott. Marco Scaglione, il perito nominato dal Tribunale che, nella sua ultima relazione, segnala il progressivo allarmante peggioramento delle patologie di cui soffre Chiriaco.
Una deriva sempre più accentuata. Ma ciò che più inquieta – ammette il dott. Scaglione – è il quadro psichico (Chiriaco pativa la depressione anche prima di entrare in carcere), a conferma degli insistiti avvertimenti già letti nella perizia “di parte” dello psichiatra e psicoterapeuta prof. Adolfo Francia (9 dicembre 2010).
Secondo Scaglione, Chiriaco «assume scarso cibo non tanto per sua volontaria decisione quanto per un disinteresse», così come «è altrettanto vero che il diabete che lo affligge richiede il trattamento con farmaci: e gli stessi sono impostati per una alimentazione “normale”». Scaglione infine segnala che, in questo caso, «la farmacoterapia non è più aumentabile».
Insomma, siamo posti di fronte a un circolo vizioso che occorre al più presto fermare, come sollecita lo stesso perito del Tribunale quando invita a «interrompere in qualche modo una tale china».
Posto il problema, in conclusione Scaglione se ne lava abbondantemente le mani: avverte che la situazione è grave, indica le cure (inascoltato) ma evita di sottolineare l'ovvietà: che non è possibile curare in carcere un detenuto depresso nonché disidratato per via della carcerazione stessa. Il perito delega così al Tribunale la responsabilità di ogni decisione. E il giudice del Tribunale estivo «respinge» proprio ribadendo le laconiche conclusioni del perito: «Alla luce di quanto esposto – scrive Scaglione e ripetono i giudici – si ritiene che le attuali condizioni di salute del signor Chiriaco Carlo non siano tali da controindicarne in assoluto la prosecuzione del regime carcerario all'interno di un carcere: è tuttavia da segnalare con forza la importanza che egli venga preso seriamente in carico da uno specialista (interno o esterno al carcere) per sottoporsi a periodiche sedute e che venga comunque mantenuto un regime di grande sorveglianza» .
Nell'Ordinanza del Tribunale non si riscontrano accenni al costante pericoloso dimagrimento in corso né risultano allertati i medici. Niente diete, niente sostegno psicologico o piantonamento o altro: niente di niente, nemmeno una visita ortopedica o l'esame del sangue.
Chiriaco è ora rinchiuso a Monza, dentro un carcere che non dispone di un centro clinico. Si disse che il suo trasferimento a Monza da Torino (dopo una breve tappa a Vigevano) era per la vicinanza di quell'istituto di pena a Pavia e a Milano, dove sono in corso i processi. Ma allora perché non a Opera o a Voghera o a Bollate o nella stessa Vigevano o nel carcere pavese di Torre del Gallo?
Chiriaco è imputato di concorso esterno in associazione mafiosa e il suo principale teste d'accusa è lui stesso, poiché lo inchiodano due anni di “esilaranti” intercettazioni telefoniche e ambientali, puntualmente finite agli atti, che gli hanno procurato la carcerazione preventiva e la prospettiva di una condanna a diversi anni.
Come è noto, di lui ci siamo abbondantemente occupati, stando dall'altra parte. Ma tra le pene che il nostro Codice prevede non trovo la condanna a “morte preventiva” dell'imputato; semmai, la Costituzione indica ancora il diritto alla salute (l'art. 32 vale – forse a maggior ragione – anche per chi viene privato della libertà individuale) e la giurisprudenza consente gli arresti domiciliari quando le condizioni di un detenuto risultino incompatibili con il regime carcerario, ovvero quando la malattia del detenuto non è curabile dentro l'istituto di pena, così come già per altri incarcerati dopo l'inchiesta “Infinito”: Cesare Rossi di Nerviano, agli arresti domiciliari dal 5 agosto 2010; Vincenzo Lavorata di Rozzano, dal 24 settembre 2010; il pavese Pino Neri (secondo gli inquirenti sarebbe il capo dei capi) ai domiciliari dall'11 febbraio 2011; Cosimo Vallelonga di Perego, dal 14 gennaio 2011. Sono tutti accusati di associazione mafiosa. E la regola può valere – forse a maggior ragione – per chi è incriminato del più blando concorso esterno, sia pure con l'aggravante della “pericolosità sociale” (ma quale pericolosità sociale può derivare da un uomo così malato e smagrito?).
Restiamo convinti che il principio di giustizia debba nutrirsi anche di umanità, la stessa che ci porta a sentire ormai giunta – se non varcata – la soglia oltre la quale, anche per Chiriaco, la detenzione è da ritenere assolutamente incompatibile con il regime carcerario; e più che mai urgente il passaggio a misure meno afflittive, come a noi paiono gli arresti domiciliari.
«Restiamo umani». Ricordate? Era l'"adagio" rivolto a noi da Vittorio Arrigoni, ucciso in Palestina nell'aprile scorso. Sì, restiamo umani.

Antonio ed Eva

16 luglio 2011
Ogni scarrafone è bello 'a figlia soia

Botta e risposta tra Giovanni Giovannetti e Eva Chiriaco, figlia del noto pregiudicato Carlo Antonio incarcerato per fatti di mafia (TelePavia, TargatoPV, 15 luglio 2011)

Baciamo le mani 2

18 aprile 2011
da Pavia, Giovanni Giovannetti

Tra i candidati alle elezioni provinciali più o meno marginalmente toccati dalla recente inchiesta antimafia figura Valerio Gimigliano, l'illustre membro della cosiddetta “Banda dei quattro" (Labate, Conti, Gimigliano, Arcuri) le cui gesta sono ormai leggenda. Troviamo infatti il consigliere comunale calabrese ma pavese d'elezione candidato per il Popolo delle Libertà nel collegio Pavia 3.
Di Gimigliano la Dia ha prontamente segnalato i rapporti con Carlo Chiriaco (in una intercettazione il noto pregiudicato si attribuisce il merito della sua nomina nel Cda dell'Azienda servizi alla persona). E ci torna alla mente quando, insieme al collega consigliere comunale Carlo Alberto Conti (suo recente sostituito all'Asp), nel 2008 Gimigliano definì superflua l'introduzione, in ambito urbanistico, di norme antimafia nel Piano Generale del territorio.
Meno noti i suoi rapporti con il capo della 'Ndrangheta lombarda Pino Neri, assolutamente amichevoli, così come emergono da una intercettazione del 23 giugno 2009, in cui Neri manifesta ad Antonio Dieni la delusione per la mancata elezione di Del Prete in Consiglio comunale. Nel racconto degli invesigatori, Neri «ipotizza che qualcuno li abbia venduti» e accusa Ettore Filippi. Il capo della 'Ndrangheta lombarda lo avrebbe appreso personalmente da Gimigliano, che si era presentato a Neri e Antonio Dieni per sapere chi avessero appoggiato. Alla notizia che il favorito era stato Rocco Del Prete, candidato nella lista di Rinnovare Pavia, Gimigliano avverte Neri e Dieni che Del Prete «lo hanno trombato; anzi, lo hanno preso in giro». A Gimigliano lo avrebbe confessato nientemeno che Luca Filippi, il figlio di Ettore (Antonio Dieni: «ma guarda che pezzi di merda… ma voi due parole non volete che le diciamo a questo, no?»; Pino Neri: «Certo che gliele diciamo»; Dieni: «Che cosa c'entrava andare a dire a Gimigliano che lo hanno trombato»; Neri: «Andiamo a dirgli qualcosa, andiamo a trovarlo»; Dieni: «Ma uno i fatti suoi non può farseli?»: Neri: «No»; Dieni: «Ma sono cose incredibili […] Adesso comunque il calvario è finito»; Neri: «Sì, è finito… adesso vediamo cosa diranno per parare questo colpo… ma vah… io sono amico di Ciocca… parlando con lui non disse niente»). Rocco Del Prete (primo tra i non eletti di Rinnovare Pavia) era in corsa per un posto quale rappresentante comunale nel Cda dell'Azienda servizi alla persona (Asp), poi assegnato a Gimigliano. Un unico dubbio peraltro irrilevante: dalla conversazione non emerge con chiarezza se Neri e Gimigliano stanno commentando l'insuccesso elettorale o la successiva «trombatura» di Del Prete all'Asp.
Antonio Bobbio Pallavicini (a pranzo e cena con il «trombato» Rocco Del Prete, con l'indagato Antonio Dieni  e con l'incarcerato Pino Neri) in corsa con Poma; Valerio Gimigliano candidato con Invernizzi. A destra li conti torneno.

Pizzino

28 dicembre 2010
di Pino Neri

«Sarebbero tante le cose che vorrei dire e gli argomenti che vorrei affrontare, soprattutto quelli relativi ai rapporti con i politici locali che molto hanno occupato e occupano le cronache, anche quelle nazionali. Forse un giorno…» Parola di Pino Neri, recluso nel carcere di Opera, in una lettera pubblicata il 28 dicembre dalla "Provincia Pavese". Il 'pizzino' di Neri al Palazzo è chiaro: come già negli anni Novanta, o vi ingegnate per tirarmi fuori da qui, o fate in modo che io possa riavere gli arresti domiciliari oppure, cari amici politicanti, fratelli massoni, colleghi faccendieri, a casa tornerò vuotando il sacco, e per voi saranno guai. C'è di che riflettere, proprio mentre voci che attendono conferma adombrano l'arrivo di nuovi arresti o avvisi di garanzia per "eccellenti". Il cerchio sembra stringersi intorno al livello "superiore": la Richiesta antimafia del 13 luglio scorso al Gip contiene insistiti riferimenti alla massoneria, all'urbanistica, al sistema sanitario, tutti coperti da omissis. Scontato ritenere che rappresentino altrettanti filoni dell'inchiesta, e alcuni potrebbero essere ormai prossimi alla conclusione. Il capo della 'Ndrangheta lombarda Pino Neri allora si affretti. A scoperchiare la pentola contenente i suoi compagni di merende, accampati sotto la cupola di progetto bramantesco del Duomo pavese, potrebbe arrivare prima la rossa Bokassini. (G. G.)

Pizzone

Gentile direttore, dal 19 dicembre sto rifiutando la terapia farmacologica per porre l’attenzione sulle condizioni in cui sono costretto a stare. (Arriverò, anche, al rifiuto della dialisi). Nonostante le attestate gravi condizioni di salute in cui verso (cardiotrapiantato, in emodialisi, affetto da coronaropatia trivasale ed inserito in lista attiva per un nuovo trapianto di cuore unitamenta a quello renale) vengo tenuto recluso in luoghi inadeguati dal punto di vista igienico-sanitario. Il mio stato di immuno-soppresso (assumo la ciclosporina e il cortisone, i farmaci antirigetto) mi espone ad elevati rischi infettivologici tant’è vero che, dal giorno del mio arresto, ho contratto diverse infezioni alcune importanti come la broncopolmonite batterica diagnosticata dal Policlinico di Milano il 3 novembre di questo 2010. Il rischio di infezioni, che possono essere fatali, si rivela ancora più elevato se si considera che sono collocato in un reparto di infettivi (malati di Aids, tubercolosi, ecc.) ed in luoghi sporchi e maleodoranti. Tutto ciò è assurdo che accada in un centro clinico che, solo sulla carta, risulta essere il migliore d’Italia. Basterebbe solo mettere il naso dentro per rendersi conto dello stato di degrado in cui versa questo Centro Clinico e di come sono tenuti i detenuti qui collocati (quattro persone per ogni cella, poche celle singole, docce comuni). Io sono consapevole dei rischi elevati che corro rifiutando di assumere i farmaci salvavita, ma sono altrettanto certo che in questo stato, prima o poi, sarei destinato comunque a una brutta fine. Anch’io, credo, seppur indagato di un grave reato, ho il diritto alla tutela della salute e alla vita. Tenendomi in queste condizioni, invece, si rischia di infliggermi, ancor prima di un giusto processo, una pena non prevista dal codice e bandita dalla Costituzione. Per quanto riguarda le accuse che mi vengono rivolte mi difenderò nel processo anche se quello mediatico mi ha già giudicato e condannato. Quel che mi sta accadendo è forte e ingiusto. Ricordando Pascal, la giustizia deve essere forte ma prima di essere forte deve essere giusta. Una giustizia solo forte è un’opera monca. Se, invece, la giustizia è «giusta» è «forte». Quel che mi accade è solo forte ma non giusto; è fortemente ingiusto! Sui fatti da me denunciati fornirò fatti, circostanze e nomi. Io, i miei familiari e il mio avvocato abbiamo, finora, scelto la linea del silenzio ritenendo così di tutelare meglio le posizioni giuridiche. Oggi, senza aver consultato nè l’avvocato nè la famiglia, ho deciso di rendere pubbliche le mie denunce. Sarebbero tante le cose che vorrei dire e gli argomenti che vorrei affrontare, soprattutto quelli relativi ai rapporti con i politici locali che molto hanno occupato e ancora occupano le cronache, anche quelle nazionali. Forse, un giorno, con maggiore serenità, affronterò nel dettaglio ogni questione di cui il giornale da Lei diretto si è occupato per fare, finalmente, chiarezza su tutto. Se un giorno troverò la necessaria serenità potrò sicuramente offrire un contributo valido per capire dove effettivamente si annida il centro del malaffare pavese.

Pino Neri
"La Provincia Pavese", 28 dicembre 2010

Chi la fa l'aspetti

26 dicembre 2010
di Giovanni Giovannetti

Tradizionalmente i giorni tra Natale e capodanno li dedico a ordinare carte, sistemare cose, archiviare documenti polverosi disposti a strati sui tavoli… insomma, un gravoso lavoro di ripristino delle condizioni minime di vita, di decoro e di lavoro.
Inutile sottolineare che molte di queste carte sono assai datate e dunque superflue. Altre, per la verità, erano ormai dimenticate o considerate perse. Come quel documento della Procura di Brescia in cui il sostituto Alessandra Marucchi mi avverte che sono «persona sottoposta ad indagini» con l'obbligo a presentarmi «nel giorno e ora che verrà indicato dalla Polizia giudiziaria davanti agli ufficiali di P. G. delegati per rendere l'interrogatorio». Per quali misfatti sarei tuttora imputabile? «dei reati di cui agli artt. 595 comma 1, 2 e 3 c.p.» volgarmente nota come diffamazione «in relazione all'art. 13 legge 47/1948» ovvero la legge sulla stampa «perché con riferimento alla vicenda relativa all'arresto del latitante “Pelle Francesco” mentre si trovava ricoverato presso la clinica Maugeri, quale giornalista autore dell'articolo denominato “La mafia sceglie Pavia per i suoi loschi affari” apparso sul “Settimanale pavese” del 25.9.2008 – nel quale si legge fra l'altro: “ Ciccio Pakistan era a Pavia da più di tre mesi, coperto da una rete di protezione locale […] nessuno ha fatto domande sulla vera natura delle ferite. Del resto nella clinica pavese ai degenti eccellenti devono essere abituati […] chi controlla i ricoveri? Li controlla l'Asl, di cui Antonio Chiriaco è direttore sanitario. Sono noti i rapporti di Chiriaco con il clan calabrese dei Valle” – accusava di fatto Antonio Chiriaco di aver favorito, nella sua qualità di direttore sanitario dell'Asl di Pavia, la latitanza del predetto Pelle, accusandolo ulteriormente, dandolo come un dato di fatto, di avere intrattenuto rapporti con il clan della 'ndrangheta calabrese dei Valle, così offendendone la reputazione, il fatto aggravato perché commesso con il mezzo della stampa e nell'avergli attribuito fatti determinati». Per questi “reati”, lo ripeto, sarei tuttora indagato.
La querela dell'avanzo di galera Chiriaco è del 23 ottobre 2008. Era assistito dall'avvocato Pietro Trivi, quel tale da poco rinviato a giudizio per corruzione elettorale.
Le carte ritrovate datano il mio interrogatorio al 18 febbraio 2010: a domanda ho risposto, confermando sillaba dopo sillaba i contenuti di quel lontano pezzo oggi, ahiloro, ampiamente confermato e altrettanto ampiamente superato: come è noto, il 13 luglio, cinque mesi dopo, 304 affiliati alla 'Ndrangheta finiscono in carcere. A Pavia, le manette scattano per il capo della Locale pavese Francesco Bertucca, per il “capo dei capi” Pino Neri e per l'uomo cerniera tra la 'Ndrangheta e la politica Carlo Antonio Chiriaco. L'accusatore ora è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, di corruzione elettorale, di turbativa d'asta, di intestazione fittizia di beni. Pietro Trivi, avvocato nonché assessore comunale al Commercio, figura tra gli indagati (giorni fa è stato rinviato a giudizio). Coinvolti l'assessore ai Lavori pubblici Luigi Greco e l'assessore alla Mobilità Antonio Bobbio Pallavicini. Coinvolto anche il presidente della Commissione comunale Territorio Dante Labate.
Nella Richiesta del Dda al Gip si incontrano i nomi dell'onorevole Gian Carlo Abelli, dei consiglieri regionali Angelo Ciocca e Angelo Gianmario, dell'assessore regionale all'Ambiente Massimo Ponzoni, di dirigenti e funzionari della sanità lombarda e di esponenti politici locali, come l'ex vicesindaco di Pavia Ettore Filippi o come il coordinatore Pdl di Desio Natale Marrone. È solo un minuto campionario di “eccellenze”, tra quelle sorprese in rapporti (quando non in affari) con la componente lombarda della piovra calabrese.
Se quell'articolo ha avuto un merito sta forse nell'aver orientato le attenzioni della Dda anche a sud di Buccinasco (l'indagine “Infinito”, in corso, era partita dalla Brianza): proprio in quelle settimane Chiriaco viene sottoposto ad intercettazioni. E dalle intercettazioni telefoniche e ambientali sono emersi i suoi periodici favori al capo della Locale milanese Cosimo Barranca e alle cosche calabresi. Favori come per l'appunto il ricovero di Ciccio Pelle “Pakistan” presso la pavese clinica Maugeri, sotto falso nome e accompagnato da false cartelle cliniche.
Tornando alla gentile dottoressa Marucchi da Brescia: che facciamo? C'è margine per l'archiviazione di quella datata faccenda? O si dispone a chiedere il mio rinvio a giudizio?

Vedi alla voce 'Ndrangheta

12 dicembre 2010
dalle carte della Procura distrettuale antimafia
Settima parte
Gli “affari loro” tra l'assessore Greco e l'uomo della 'Ndrangheta

Dopo che erano emersi i rapporti d'amicizia e d'affari tra l'assessore Luigi Greco e Carlo Antonio Chiriaco, nel Popolo delle Libertà qualcuno ha avanzato la richiesta di mettere “in sonno” il troppo chiacchierato assessore, mantenendolo tuttavia a bàlia del sindaco “Pupo” detto Cattaneo, come suo portavoce, e investendolo del coordinamento cittadino del partito in cambio delle dimissioni dalla Giunta comunale pavese. Come sappiamo, Greco manterrà l'assessorato, a ribadire chi comanda nel partito.

C'è un assessore, inossidabilmente saldato alla poltrona, che nelle carte dell'antimafia viene nominato diverse volte: stiamo parlando dell'assessore ai Lavori Pubblici Luigi Greco, ritenuto «un prestanome» dell'ormai leggendario Carlo Antonio Chiriaco, nonché sodale di parenti di parenti e amici di amici.
Chiriaco possedeva quote in tre società occulte: la Melhouse srl e la Carriebean International Society srl e la Pfp srl. Melhouse ha gestito il ristorante-griglieria La Cueva in via Brambilla a Pavia, di cui l'assessore Greco deteneva il 34 per cento mentre il residuo 66 per cento era in quota a Monica Fanelli, moglie del costruttore Rodolfo Morabito, cugino di Chiriaco, anche lui tra gli indagati nell'inchiesta antindrangheta. Il 22 gennaio 2009 la Fanelli cede la sua parte a Greco e a Gabriele Romeo. Un altro travaso si registra il 16 ottobre 2009, quando Greco passa il 16,75 per cento delle sue quote a Laura Zamai e un altro 16,75 per cento alla compagna di Chiriaco Danlis Ermelisa Segura Rosis. Il 16 marzo 2010 le due signore rivendono a Greco le loro quote e il fratello Gianluca rileva la parte di Gabriele Romeo. Secondo gli inquirenti «Greco è il titolare apparente in quanto i reali soci sono Chiriaco e Giuseppe Romeo». Quest'ultimo è il nipote di Salvatore Pizzata, lo storico punto di riferimento della 'Ndrangheta a Pavia, già socio in affari di Pino Neri e Chiriaco, incarcerato e condannato per narcotraffico.
Il 21 febbraio 2009 gli inquirenti intercettano una conversazione tra Chiriaco e la sua compagna, la già menzionata Danlis Ermelisa Segura Rosis. I due sono in auto di fronte al ristorante in questione:

Chiriaco – 'Sto stronzo, è quello là è… figlio di troia… appena fallisce, ce lo compriamo noi (omissis)
Chiriaco – Appena questi qua mollano… io andrei da questi qua a minacciarli, capito… andatevene fuori dai coglioni se no vi faccio saltare! …ah? …anzi gli mandavo quelli di Platì… gli mettono una bomba! … poi vanno e gli dicono… mettono una bomba, quando gli vogliono far capire, no? …una bomba nei… (incompr.)…
Segura – Esce su tutti i telegiornali i primi indagati sono quelli a fianco…
Chiriaco – no, a fianco… al… nel suo locale… dopo un mese, due mesi, uno va e gli fa un'offerta per… per rilevare il locale, no? …ovviamente gli offre poco… se questo non capisce, un'altra bomba? (con tono sarcastico) …in Calabria così fanno, cazzo! …sono primitivi, no gioia? …siamo primitivi? mamma mia… [Richiesta, p. 1751; Ordinanza, p. 400]

L'assessore Greco deve avere più di un santo in paradiso o nelle terrene stanze lungo il Naviglio, santi messi a pilotare la mano dei pennivendoli: il 16 luglio 2010 Il quotidiano locale ne scrive come se la minaccia fosse per il ristorante, con l'assessore nei panni della vittima. Greco subito dichiara che a lui tremano le mutande nell'apprendere che quello, Chiriaco, «voleva mettermi una bomba nel locale». E perché mai avrebbe dovuto lanciare attentati dinamitardi se, a dar retta al Chiriaco (e agli inquirenti) lui e Greco ne condividevano la proprietà? Rileggiamo allora, più attentamente le parole di Segura: una volta esplosa la bomba, «…i primi indagati sono quelli a fianco». I due non stanno parlando del ristorante La Cueva, ma del bar confinante, il Billà, che Chiriaco si riproponeva di rilevare con i suoi mezzi assai spicci.
Insomma un bluff. Persino in seno al Popolo delle Libertà qualcuno avanza la richiesta di mettere “in sonno” il troppo chiacchierato socio in affari dell'avanzo di galera Carlo Chiriaco: rottamare l'assessore, sia pure mantenendolo a bàlia del sindaco Pupo come suo portavoce prezzolato e investendolo del coordinamento cittadino del partito.
Greco manterrà l'assessorato, a ribadire chi comanda nel partito. Partito o comitato elettorale? Di fronte all'emergenza 'Ndrangheta e legalità, il Popolo delle Libertà rimane silente, senza una segreteria politica capace di decidere. Una posizione condivisa con la Lega Nord, con l'Udc (o Udeur o Città per l'Uomo o comecazzo si chiamano) e con Rinnovare Pavia, il movimento di Ettore e Luca Filippi, in rapporti (politici? elettorali?) con Pino Neri, il capo della 'Ndrangheta lombarda a cui i due si erano rivolti per ottenere candidati come Rocco Del Prete o Salvatore Ilacqua (indicati da Neri e Chiriaco) e voti “calabresi”.
Ma andiamo con ordine. Come riferiscono gli investigatori,«Dalle conversazioni telefoniche è immediatamente emerso che Greco Luigi (assessore ai lavori pubblici nel comune di Pavia) è il titolare apparente». La conferma arriva da una intercettazione ambientale del 13 giugno 2009. Chiriaco confida a Dante Labate il capitale investito : «te lo dico a te che sei mio fratello, là siamo in due…»

Labate – sì lo so, tu Peppe [Giuseppe Romeo] …
Chiriaco – ora Peppe ha avuto dei problemi…
Labate – Peppe o il figlio?
Chiriaco – Gabriele, però…
Labate – ma a Peppe mi hanno detto che l'Agenzia delle Entrate gli ha fatto
una multa…
Chiriaco – ottocento milioni… ottocentomila euro… va bene? …ed in più ha la Finanza che gli sta guardando i cosi ed in più quella roba che è successa ieri… lui è socio fondatore perché gli ha affittato il locale, là a Cava Manara…
Labate – perché che è successo?
Chiriaco – K Poker, non li hai letti i giornali stamattina?
Labate – ah… minchia, lui è socio là?
Chiriaco – è terrorizzato, per cui abbiamo deciso che ad un certo punto io e lui, ci chiamiamo fuori ufficialmente, quindi ufficialmente il locale…
Labate – è solo di Greco!
Chiriaco – è solo di Gigi, perché non vogliamo noi… duecentocinquantamila (250.000) euro ci è costato… è bellissimo, tu lo hai visto… »

Il 17giugno 2009, subito dopo le elezioni amministrative di Pavia, Chiriaco si trova in macchina con Luca Filippi, «e i due commentano come faranno a controllare il neo assessore ai lavori pubblici Greco. Chiriaco sul punto è eloquente»

Chiriaco – se lo sappiamo gestire abbiamo un bel sistema…
Filippi – lo so…
Chiriaco – non come prima che eravamo… [inc.]
Filippi – siamo in pochi, adesso Greco bisogna un attimo inquadrare…
Chiriaco – Greco si farà i cazzi suoi ed i suoi intrallazini… farà lavorare Peppino Romeo per le strade, farà i cazzi suoi…
Filippi – gli ha regalato il ristorante…
Chiriaco – eh… il ristorante… allora, ufficialmente…
Filippi – ufficiosamente?
Chiriaco – adesso è tutto di Greco, ufficialmente…
Filippi – ho capito che non l'ha pagato lui… dove li trova i soldi…
Chiriaco – lui non ha messo una lira, ho messo tutto io…
Filippi – lo so che non ha una lira, è mio socio…
Chiriaco – a futura memoria se mi succede qualche cosa, se lui dovesse negare, ora lo sai pure tu… io ho pagato anche la sua parte… io ho dovuto farlo perché… [inc.]… ed ufficialmente…
Filippi – è assunto adesso? … [inc.]…
Chiriaco – sì, no… ma io con Gigi ho un bellissimo rapporto, sai mi lego alle persone, gli voglio bene, quindi c'è affetto.

Sempre secondo l'Antimafia, la piena disponibilità da parte di Chiriaco del ristorante la Cueva trova conferma in una intercettazione dell'8 settembre 2009 tra Chiriaco e una persona non identificata. I due parlano dell’ingresso in società di due nuovi soci (cosa che avviene effettivamente il 16.ottobre):

Chiriaco – ora stiamo facendo il passaggio delle quote da Gigi [Greco]
Uomo – e quindi state rispendendo soldi [inc.]?
Chiriaco – inizialmente Gigi aveva il 100%… adesso passaggio di quote significa che il 50% saranno sostituite da: Melissa [Danlis Ermelisa Segura Rosis, convivente dominicana di Chiriaco] il 50%…Laura [Laura Zamai] ed una … [inc.] l'altro 50% -…50,5% e 49.5%…

I passaggi delle quote e la rete dei rapporti tra l'assessore Greco, l'incarcerato Chiriaco e gli altri prestanome dell'uomo della 'Ndrangheta li ritroviamo tutti nella “visura storica” della società Melhouse disponibile a chiunque presso la Camera di Commercio.