Archive for the ‘ndrangheta’ Category

Il Comune di Sedriano sciolto per mafia

16 ottobre 2013

di Luciano Muhlbauer

Sedriano, ovest milanese, poco più di 11mila abitanti, è il primo Comune lombardo ad essere sciolto per infiltrazione mafiosa. L’ha deciso il Consiglio dei Ministri del 15 ottobre, accogliendo le raccomandazioni contenute nella relazione della Prefettura di Milano di questa estate.
Quanta acqua è passata sotto i ponti dal giorno in cui un altro Prefetto milanese, Gian Valerio Lombardi, affermò che a Milano la mafia non esisteva. Sembra un secolo fa, eppure era soltanto il gennaio del 2010. Nel frattempo, però, la favola che il crimine organizzato fosse una questione meridionale, accreditata anche dalla Lega, ha iniziato a vacillare sotto i colpi dei dati di fatto.
Per prima arrivò l’Operazione Infinito dei magistrati antimafia di Reggio Calabria e Milano, scattata nel luglio 2010, che evidenziò che in Lombardia la ‘ndrangheta fosse ormai una presenza talmente capillare, radicata e diffusa, da poter contare su un sistema di complicità che coinvolgeva settori dell’imprenditoria locale, della pubblica amministrazione e della politica. Non a caso, i magistrati milanesi erano particolarmente severi con gli imprenditori coinvolti, poiché consideravano la loro mancanza di collaborazione non come il frutto della paura, bensì della convenienza.
L’operazione Infinto era un piccolo shock per l’opinione pubblica e qualcosa iniziò a cambiare. (more…)

I Lampada

7 aprile 2013

di Giovanni Giovannetti

I fratelli reggini Francesco e Giulio Lampada sono vigevanesi d’elezione. A Milano possiedono bar e gestiscono Slot Machine. Non sono affiliati, ma conoscono bene i metodi mafiosi e le regole di ‘Ndrangheta: fra l’altro usano cellulari intestati a cinesi e ogni mese bonificano auto e appartamenti dalle microspie. Una informativa dei Ros di Reggio Calabria li indica quali «braccio finanziario della cosca Cordello» detto il Supremo.
Siamo alla “politica dei matrimoni”, volta a formare un coeso “organismo collettivo” forte economicamente: dopo le nozze tra Leonardo Valle e Maria Concetta Lampada (sorella di Francesco e Giulio, il 20 aprile 1991), il 15 luglio 2006 Francesco sposa Maria Valle, la figlia di Fortunato, nipote di don Ciccio. Tra gli invitati alle nozze figurano personaggi di alto lignaggio mafioso: oltre ai Cordello, ci sono i Papalia, Giovanni Barillà, Paolo Martino… (lo spettacolare matrimonio di mafia è raccontato da Gianni Barbacetto e Davide Milosa in Le mani sulla città, Chiarelettere 2011, pp. 30-34. Si veda anche, di Ballone, Gariboldi e Satta, Pizza Sangue e videopoker, pp. 106-08).
Francesco e Maria entrano in carcere il 1° luglio 2010, e con loro l’intero clan dei Valle. In totale sono 14 persone, accusate di associazione mafiosa finalizzata «a commettere estorsioni, usure, abusivo esercizio di attività finanziaria, intestazione fittizia di beni, fondi attraverso l’esercizio di videogiochi, acquisire la gestione di attività economiche nel settore edilizio, immobiliare, ristorazione, acquisire appalti privati, ostacolare il libero esercizio del voto, realizzare profitti e vantaggi ingiusti» (Ordinanza, 25 giugno 2010).
Nel frattempo, 8 giugno 2008, il battesimo del figlio di Giulio Lampada e Giuseppa Zema è stato celebrato nientemeno che in Vaticano a riprova, scrive Carlo E. Gariboldi, dei loro buoni anzi buonissimi rapporti con qualche importante prelato: Giulio è Cavaliere di San Silvestro in Vaticano, per nomina dell’ex segretario di Stato cardinal Tarcisio Bertone. Come scrive il Gip milanese Giuseppe Gennari, «Anche in Vaticano si allungano le mani della famiglia mafiosa e come spesso accade questo mondo rimane fuori dall’area della punibilità. (more…)

Il commissario Pedone

12 marzo 2013

di Giovanni Giovannetti

Andrea Ballone, Carlo E. Gariboldi, Simone Satta
Pizza sangue e videopoker, edizioni Barriera 2013

Che la ‘Ndrangheta lombarda non sia da affrontare quale somma di singole Locali o ‘ndrine slegate fra loro non è più un teorema: sta scritto in sentenze come quelle che, il 19 novembre 2011 e il 6 dicembre 2012, hanno distribuito pesanti condanne a “cupola” e fiancheggiatori di questo movimento criminale dotato di vertice e ramificazioni, la “quarta sponda” delle tre Province storiche calabresi: ionica, tirrenica e reggina.
Insomma, scrivono i giudici «una visione parcellizzata della ‘Ndrangheta non consente di valutarne i legami con il mondo istituzionale, imprenditoriale […] è certamente più difficile apprezzare il capitale sociale mafioso se si continua a ragionare in termini atomistici» poiché in Lombardia «si è riprodotta una struttura criminale che non consiste in una serie di soggetti che hanno semplicemente iniziato a commettere reati in territorio lombardo» ma criminali «che operano secondo tradizioni di ‘Ndrangheta: linguaggi, riti, doti, tipologia di reati sono tipici della criminalità della terra d’origine e sono stati trapiantati in Lombardia dove la ‘Ndrangheta si è trasferita con il proprio bagaglio di violenza».
La citazione è ripresa dalle Disposizioni che, il 13 luglio 2010, San Enrico, hanno portato in carcere 174 tra affiliati e fiancheggiatori della componente lombarda della ‘Ndrangheta calabrese. Tutto questo è noto come “teorema Pignatone”, dal nome del procuratore capo di Reggio Calabria che, insieme a Ilda Boccassini e alla Dda milanese, ha coordinato le indagini Crimine e Infinito: come leggiamo, «la ‘Ndrangheta in Lombardia si è diffusa non attraverso un modello di imitazione, […] ma attraverso un vero e proprio fenomeno di colonizzazione, cioè di espansione su di un nuovo territorio, organizzandone il controllo e gestendone i traffici illeciti, conducendo alla formazione di uno stabile insediamento mafioso in Lombardia». (more…)

Sindaco Cattaneo, dimettiti

6 dicembre 2012

di Giovanni Giovannetti

La condanna di Carlo Chiriaco e Pino Neri al processo milanese alla ‘Ndrangheta rende attuali i rapporti tra i due e il sindaco di Pavia Alessandro Cattaneo, eletto anche grazie ai voti portati in dote da Neri. Ovviamente a sua insaputa...

Al processo milanese alla ‘Ndrangheta lombarda l’ex direttore sanitario dell’Asl pavese Carlo Chiriaco e l’avvocato tributarista Pino Neri sono stati condannati in primo grado rispettivamente a 13 e a 18 anni di carcere. Non sono ancora noti i dispositivi, e dunque ogni commento compiuto sarebbe prematuro.
La sentenza del 6 dicembre 2012 cade un anno dopo quella del giudizio con rito abbreviato del 19 novembre 2011. Entrambe a ragione possono considerarsi una svolta storica per più di un motivo: fra l’altro viene confermata la natura univoca dell’organizzazione criminosa. Dunque la ‘Ndrangheta lombarda vista non come somma aritmetica di ‘ndrine o Locali slegate fra loro bensì come movimento criminale dotato di vertice e ramificazioni che ne fanno la “quarta sponda” delle tre Province storiche calabresi (ionica, tirrenica e reggina).
Secondo gli inquirenti, «una visione parcellizzata della ‘Ndrangheta non consente di valutarne i legami con il mondo istituzionale, imprenditoriale», così come sono emersi dalle indagini Crimine e Infinito. Insomma, a Pavia e in Lombardia «si è riprodotta una struttura criminale che non consiste in una serie di soggetti che hanno semplicemente iniziato a commettere reati in territorio lombardo» poiché i condannati operano «secondo riti di ‘Ndrangheta: linguaggi, riti, doti, tipologia di reati sono tipici della criminalità della terra d’origine e sono stati trapiantati in Lombardia dove la ‘Ndrangheta si è trasferita con il proprio bagaglio di violenza».

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Ladroni e Cosa nostra

17 novembre 2012

Al simpatizzante leghista non far sapere…
di Giovanni Giovannetti

Tra le temerarie operazioni finanziarie dell’ex tesoriere lumbàrd Francesco Belsito si fa largo una cupa storia di riciclaggio del denaro sporco della ‘Ndrangheta e di Cosa nostra, in un iperbolico intreccio tra Romolo Girardelli detto “l’ammiraglio” (vicino alla ‘ndrina dei De Stefano), i siciliani Rinzivillo e il commercialista Pasquale Guaglianone, incarcerato nel 1987 per associazione sovversiva e oggi titolare della M.G.I.M., la società che – oltre a riciclare conto-mafie – ha curato il trasferimento in Svizzera, in Tanzania e a Cipro di oltre 6 milioni d’euro verdelega.

Recentemente i giornali hanno dato vasta eco alle mazzette elargite dall’architetto Michele Ugliola al leghista “doc” Davide Boni: maniglia unta, a quanto sembra, per favorire gli insediamenti residenziali e commerciali del costruttore Luigi Zunino a Milano Rogoredo, all’ex Falk di Sesto e a Pioltello.
Alla Tema Consulting di Ugliola (notoriamente affidabile «in questi affari») si era rivolto anche l’imprenditore veronese Francesco Monastero (Inwex srl) dopo aver opzionato alcuni terreni presso Albuzzano alle porte di Pavia: 217.000 metri quadri su cui edificare l’ennesimo ipermercato, comprensivo di parco acquatico. Per suo conto, Ugliola avrebbe poi versato 200.000 euro proprio a Boni (e 100.000 se li terrà «per il disturbo»), insieme alla promessa di altri 600.000.
Al confronto – e solo per citarne alcuni – sembrano pochi spiccioli la mazzetta di 15 mila euro all’assessore al Bilancio di San Michele al Tagliamento, il leghista David Codognotto, nel 2010. Così come quella elargita a Mauro Galeazzi, assessore di Castel Mella, in manette un anno fa insieme al collega di partito Marco Rigosa, dopo aver intascato 22 mila euro volti a oliare la pratica di un centro commerciale sopra un’area sottoposta a vincolo paesaggistico-ambientale.

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Ladroni e Cosa nostra

7 novembre 2012

di Giovanni Giovannetti

Le temerarie operazioni finanziarie del tesoriere lumbàrd Francesco Belsito, l’ex sottosegretario alla semplificazione amministrativa pizzicato a dilavare quattrini della ‘Ndrangheta e di Cosa nostra. L’iperbolico intreccio tra Romolo Girardelli detto “l’ammiraglio” (vicino alla ‘ndrina dei De Stefano), i siciliani Rinzivillo, il commercialista Pasquale Guaglianone, già tesoriere dei Nar (Nuclei armati rivoluzionari, un movimento eversivo di destra) incarcerato nel 1987 per associazione sovversiva e oggi titolare della M.G.I.M. con sede a Milano in via Durini 14, la società che – oltre a riciclare conto-mafie – ha curato il trasferimento in Svizzera, in Tanzania e a Cipro di oltre 6 milioni d’euro verdelega. Lo si legge nella Relazione della Commissione d’accesso al Comune di Reggio Calabria, quella che giorni fa ha portato allo scioglimento del Consiglio comunale reggino.

Padroni o padrini a casa nostra? A Pavia destò scalpore e vasta eco nazionale quel flirt tra il capo della ‘Ndrangheta lombarda Pino Neri e “mister 18.910 preferenze” alle ultime Regionali. Il leghista Angelo Ciocca avrebbe negoziato con l’avvocato tributarista calabrese l’acquisto di un lussuoso appartamento in centro, a un prezzo singolarmente vantaggioso. Ma l’affare non si farà. Resta il fatto che i due si conoscevano, come documenta un video della Polizia, che riprende Ciocca in compagnia di Neri, Antonio Dieni (imprenditore edile di Sant’Alessio nonché “braccio politico” di Neri) e Francesco Rocco Del Prete, l’«uomo delle cosche» alla cui candidatura alle recenti Comunali «si era interessato anche Ciocca». L’assessore provinciale e futuro consigliere regionale, in una intercettazione del 22 giugno 2009, viene confidenzialmente chiamato «Angelo» dal capo della ’Ndrangheta lombarda.

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Lo scambio

11 ottobre 2012

A Milano l’assessore regionale alla casa nonché referente territoriale per la provincia di Pavia Domenico Zambetti entra in carcere con l’accusa di voto di scambio, dopo aver comprato 4 mila voti da Eugenio Costantino e Giuseppe D’Agostino, affiliati alla ‘Ndrangheta: 50 euro a preferenza, per un ammontare complessivo di 200mila euro. Fra l’altro, avrebbe negoziato corsie preferenziali in vista di Expo 2015.
Politica in saldo e affarismo (mafioso?). A Pavia ancora poco sappiamo sulla reale provenienza dei quattrini con cui nel dicembre 2007 un Fondo di Amburgo ha acquistato per 74 milioni di euro (!) i negozi della galleria presso l’ipermercato Carrefour lungo la Vigentina, qualche giorno dopo la sua inaugurazione a tappe forzate. Il 19 novembre  due settimane prima del taglio del nastro e dunque a lavori quasi ultimati  la Giunta Capitelli aveva fatto propria la richiesta di ampliamento del parcheggio e dell’area commerciale e approvato una variante – l’ennesima – al Piano di lottizzazione (delibera n. 254). Subito dopo il gruppo francese della grande distribuzione vende la “galleria” ad Unilmmo, Fondo di Union Investment.
Affaire Carrefour. Pare che nemmeno ai tempi di Tangentopoli si fossero viste porcherie così sfacciate: insospettabili untori, dirigenti iperzelanti, personaggi corrotti, subappalti gonfiati, fatture taroccate… Su tutto questo sta ora indagando la Dda milanese, guidata da Ilda Boccassini, qui ripresa il 10 novembre nel corso della conferenza stampa dopo l’arresto di Zambetti. (G. G.)

La misura è colma

10 ottobre 2012

di Luciano Muhlbauer

La misura è colma, decisamente e definitivamente. Con l’arresto dell’Assessore regionale alla Casa la ‘ndrangheta si è manifestata dalle parti del Palazzo della Regione non più come ombra o ipotesi, ma come dato di fatto e certezza giudiziaria.
Mancano ormai quasi le forze per commentare i continui scandali in Regione Lombardia, poiché non solo la lista si sta allungando all’inverosimile, ma soprattutto Formigoni non accenna a fare l’unica cosa ragionevole rimasta da fare, cioè dimettersi, mentre la Lega, quella che nei comizi esibisce le ramazze, continua a blaterare di cose incomprensibili e tenere in vita l’agonizzante governo Formigoni.
Ma la vicenda Zambetti deve essere commentata, assolutamente, perché nel suo immenso squallore evidenzia meglio di mille parole il grado di depravazione raggiunto dal sistema di potere formigoniano che domina la Lombardia da quasi un ventennio. Infatti, in essa si rispecchia la frontiera più avanzata ed estrema della corruzione morale e politica: l’incontro con il crimine organizzato, cioè con la ‘ndrangheta.
Domenico Zambetti, nella Giunta Formigoni sin dal 2005 e fino a stamattina Assessore regionale alla Casa, è stato arrestato con un accusa gravissima: compravendita di voti con la ‘ndrangheta e concorso esterno in associazione mafiosa. Oltre Zambetti, ci sono anche molti altri indagati ed arrestati, ma il dato di fondo che emerge dall’operazione è il medesimo: l’intreccio di rapporti tra criminalità organizzata, politica ed istituzioni.
Per quanto riguarda Regione Lombardia, scossa da innumerevoli inchieste giudiziarie, tra cui anche quella che riguarda il Presidente Formigoni, per la vicenda Maugeri-Daccò-Simone, non si tratta della prima volta che si palesa l’ombra della ‘ndrangheta. Già nel 2010, in occasione dell’operazione Infinito, saltò fuori il nome di un ex-assessore di Formigoni, cioè Massimo Ponzoni, definito negli atti dell’inchiesta come “capitale sociale” dell’organizzazione criminale.

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Capitale immorale

9 ottobre 2012

di Luciano Muhlbauer

C’era un tempo in cui Milano veniva chiamata capitale morale e la Lombardia si considerava geneticamente estranea a fenomeni come la mafia o la ‘ndrangheta. E quando si verificavano fatti eclatanti di corruzione politica o di crimine organizzato, allora, così si diceva, si trattava di eccezioni che confermavano la regola o di semplici prodotti di importazione, perché mica siamo a Roma o nel Meridione. La Lega, ai suoi tempi d’oro, ne aveva fatto uno dei suoi principali brand e, senza ombra di dubbio, aveva colto un diffuso sentire comune.
La convinzione che certe cose non potessero accadere da queste parti è sopravvissuta fino ad oggi, sebbene in maniera ormai un po’ traballante. Ancora poco più di due anni fa, il Prefetto di Milano, tuttora in carica, aveva affermato che in Lombardia c’erano sì delle famiglie mafiose, ma che la mafia non esisteva.
Parole inquietanti in sé, visto che richiamano alla mente affermazioni analoghe di un passato non troppo lontano, ma poi smentite totalmente anche dai fatti alcuni mesi più tardi: nel luglio 2010 i magistrati antimafia di Reggio Calabria e Milano fecero scattare l’operazione Infinito, che evidenziò che la ‘ndrangheta era ormai una presenza capillare, radicata e diffusa, che poteva contare su un sistema di complicità che coinvolgeva settori dell’imprenditoria locale, della pubblica amministrazione e della politica. Non a caso, i magistrati milanesi sono stati severi con gli imprenditori coinvolti, poiché consideravano la loro mancanza di collaborazione non come il frutto della paura, bensì  della convenienza.

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Zona grigia

29 settembre 2012

Da Pilello a Neri. Pavia nel nuovo libro di Forgione
di Marco Vigo*

L’ex presidente della Commissione parlamentare Antimafia Francesco Forgione ha presentato Porto franco alla libreria Feltrinelli di Pavia, dialogando con l’ex sindaco e parlamentare Elio Veltri, con Giovanni Giovannetti e con il numeroso pubblico presente.

Sala affollata presso la libreria Feltrinelli di Pavia, per la presentazione di Porto Franco. Politici manager e spioni nella repubblica della ‘ndrangheta (Dalai editore, 408 pagine, euro 18). Con l’autore Francesco Forgione (già presidente della Commissione parlamentare Antimafia) sono intervenuti Elio Veltri e Giovanni Giovannetti.
Porto franco, ovvero il porto di Gioia Tauro in Calabria: luogo dove ogni cosa sembra dipendere dai Piromalli, la cosca ‘ndranghetista che da decenni condiziona l’economia e la politica della Piana. «Qui le cose vanno così da decenni e decenni – scrive Forgione –. Vincere è la loro parola chiave: vale per una gara, per un appalto, per una guerra contro i nemici, per un processo. E naturalmente anche per le elezioni, quelle amministrative prima di tutto». Eh sì, prima di tutto il potere. Pur incentrato sulla saga dei Piromalli (indiscussi protagonisti di Porto franco) il libro abbraccia l’orizzonte della globalizzazione mafiosa. Lo ha ben evidenziato Elio Veltri – autore fra l’altro di numerosi testi sull’argomento – citando dal libro l’incontro milanese fra Gioacchino Arcidiaco (giovane rampollo della covata Piromalli) e Marcello Dell’Utri, avvenuto nel dicembre 2007 per favorire Antonio Piromalli, figlio del boss in galera e a sua volta a rischio di galera, nel conferimento del passaporto diplomatico: «con quello in mano non è che gli sbirri ti possono fermare quando vogliono. E se serve andare all’estero d’urgenza, appena ti avvisano che stanno venendo ad arrestarti, è quello che ci vuole. Con l’aria che tira, Antonio ne ha bisogno». In cambio, se «tredici anni prima c’era stato solo l’appello al voto per Forza Italia e Berlusconi», questa volta, scrive ancora Forgione «hanno deciso di fare di più. La famiglia si occupa direttamente del partito». Migliaia di voti per Dell’Utri anche al Nord, dove la Famiglia «può spostare migliaia di voti» dei calabresi, là dove «hanno trasformato i comuni della Lombardia in un pezzo di Calabria: Corsico, Cesano Boscone, Paderno Dugnano, Trezzano sul Naviglio, Buccinasco. E poi mezza Milano. Sono arrivati pure a due passi dal Duomo. Si sono comprati negozi, bar, ristoranti, boutique, sale bingo, discoteche».
E poi c’è la cosiddetta “zona grigia” tra la politica e il mondo criminale: è il mondo della criminalità istituzionale e della contiguità, lo scivoloso crinale su cui si incontra ciò che è lecito e ciò che non lo è, sia pure al di fuori di ogni rilevanza penale. Emblematica secondo Veltri la figura di Pietro Pilello da Palmi, commercialista e massone in rapporti con boss del calibro di Cosimo Barranca e Pino Neri, cui Forgione dedica un lungo paragrafo: «Non c’è consiglio di amministrazione, collegio sindacale o di revisori dei conti di società private e di istituzioni pubbliche dove non compaia il suo nome».

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Carlo Chiriaco è in pericolo di vita

2 settembre 2011
di Giovanni Giovannetti

Incarcerato da più di un anno con l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, l'ex direttore sanitario dell'Asl pavese ha ormai perso 27 chili, passando da 85 a 58, ed è affetto da numerose patologie. Tra le più gravi, segnalata anche dal perito del Tribunale, una profonda depressione non più contenibile con i farmaci.

Carlo Antonio Chiriaco, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, incarcerato il 13 luglio 2010, versa in un preoccupante stato di salute tanto da essere in pericolo di vita. Attualmente si trova nel carcere di Monza, uno dei peggiori.
È dimagrito di oltre 27 chili (passando da 85 a 58, e continua a perdere peso), è diabetico, è affetto da glaucoma ad entrambi gli occhi oltre che da carcinoma al colon e da adenoma alla prostata. Ormai non si regge in piedi se non aiutato dalle stampelle, e per gli spostamenti dovrebbe usare una sedia a rotelle.
Notoriamente, i pericoli ascrivibili ad un dimagrimento così rilevante sono per lo più dovuti a problemi cardiovascolari, con elevato rischio di aritmie cardiache, a volte fatali. Pericoli rimarcati anche dal dott. Marco Scaglione, il perito nominato dal Tribunale che, nella sua ultima relazione, segnala il progressivo allarmante peggioramento delle patologie di cui soffre Chiriaco.
Una deriva sempre più accentuata. Ma ciò che più inquieta – ammette il dott. Scaglione – è il quadro psichico (Chiriaco pativa la depressione anche prima di entrare in carcere), a conferma degli insistiti avvertimenti già letti nella perizia “di parte” dello psichiatra e psicoterapeuta prof. Adolfo Francia (9 dicembre 2010).
Secondo Scaglione, Chiriaco «assume scarso cibo non tanto per sua volontaria decisione quanto per un disinteresse», così come «è altrettanto vero che il diabete che lo affligge richiede il trattamento con farmaci: e gli stessi sono impostati per una alimentazione “normale”». Scaglione infine segnala che, in questo caso, «la farmacoterapia non è più aumentabile».
Insomma, siamo posti di fronte a un circolo vizioso che occorre al più presto fermare, come sollecita lo stesso perito del Tribunale quando invita a «interrompere in qualche modo una tale china».
Posto il problema, in conclusione Scaglione se ne lava abbondantemente le mani: avverte che la situazione è grave, indica le cure (inascoltato) ma evita di sottolineare l'ovvietà: che non è possibile curare in carcere un detenuto depresso nonché disidratato per via della carcerazione stessa. Il perito delega così al Tribunale la responsabilità di ogni decisione. E il giudice del Tribunale estivo «respinge» proprio ribadendo le laconiche conclusioni del perito: «Alla luce di quanto esposto – scrive Scaglione e ripetono i giudici – si ritiene che le attuali condizioni di salute del signor Chiriaco Carlo non siano tali da controindicarne in assoluto la prosecuzione del regime carcerario all'interno di un carcere: è tuttavia da segnalare con forza la importanza che egli venga preso seriamente in carico da uno specialista (interno o esterno al carcere) per sottoporsi a periodiche sedute e che venga comunque mantenuto un regime di grande sorveglianza» .
Nell'Ordinanza del Tribunale non si riscontrano accenni al costante pericoloso dimagrimento in corso né risultano allertati i medici. Niente diete, niente sostegno psicologico o piantonamento o altro: niente di niente, nemmeno una visita ortopedica o l'esame del sangue.
Chiriaco è ora rinchiuso a Monza, dentro un carcere che non dispone di un centro clinico. Si disse che il suo trasferimento a Monza da Torino (dopo una breve tappa a Vigevano) era per la vicinanza di quell'istituto di pena a Pavia e a Milano, dove sono in corso i processi. Ma allora perché non a Opera o a Voghera o a Bollate o nella stessa Vigevano o nel carcere pavese di Torre del Gallo?
Chiriaco è imputato di concorso esterno in associazione mafiosa e il suo principale teste d'accusa è lui stesso, poiché lo inchiodano due anni di “esilaranti” intercettazioni telefoniche e ambientali, puntualmente finite agli atti, che gli hanno procurato la carcerazione preventiva e la prospettiva di una condanna a diversi anni.
Come è noto, di lui ci siamo abbondantemente occupati, stando dall'altra parte. Ma tra le pene che il nostro Codice prevede non trovo la condanna a “morte preventiva” dell'imputato; semmai, la Costituzione indica ancora il diritto alla salute (l'art. 32 vale – forse a maggior ragione – anche per chi viene privato della libertà individuale) e la giurisprudenza consente gli arresti domiciliari quando le condizioni di un detenuto risultino incompatibili con il regime carcerario, ovvero quando la malattia del detenuto non è curabile dentro l'istituto di pena, così come già per altri incarcerati dopo l'inchiesta “Infinito”: Cesare Rossi di Nerviano, agli arresti domiciliari dal 5 agosto 2010; Vincenzo Lavorata di Rozzano, dal 24 settembre 2010; il pavese Pino Neri (secondo gli inquirenti sarebbe il capo dei capi) ai domiciliari dall'11 febbraio 2011; Cosimo Vallelonga di Perego, dal 14 gennaio 2011. Sono tutti accusati di associazione mafiosa. E la regola può valere – forse a maggior ragione – per chi è incriminato del più blando concorso esterno, sia pure con l'aggravante della “pericolosità sociale” (ma quale pericolosità sociale può derivare da un uomo così malato e smagrito?).
Restiamo convinti che il principio di giustizia debba nutrirsi anche di umanità, la stessa che ci porta a sentire ormai giunta – se non varcata – la soglia oltre la quale, anche per Chiriaco, la detenzione è da ritenere assolutamente incompatibile con il regime carcerario; e più che mai urgente il passaggio a misure meno afflittive, come a noi paiono gli arresti domiciliari.
«Restiamo umani». Ricordate? Era l'"adagio" rivolto a noi da Vittorio Arrigoni, ucciso in Palestina nell'aprile scorso. Sì, restiamo umani.

Pizzino

28 dicembre 2010
di Pino Neri

«Sarebbero tante le cose che vorrei dire e gli argomenti che vorrei affrontare, soprattutto quelli relativi ai rapporti con i politici locali che molto hanno occupato e occupano le cronache, anche quelle nazionali. Forse un giorno…» Parola di Pino Neri, recluso nel carcere di Opera, in una lettera pubblicata il 28 dicembre dalla "Provincia Pavese". Il 'pizzino' di Neri al Palazzo è chiaro: come già negli anni Novanta, o vi ingegnate per tirarmi fuori da qui, o fate in modo che io possa riavere gli arresti domiciliari oppure, cari amici politicanti, fratelli massoni, colleghi faccendieri, a casa tornerò vuotando il sacco, e per voi saranno guai. C'è di che riflettere, proprio mentre voci che attendono conferma adombrano l'arrivo di nuovi arresti o avvisi di garanzia per "eccellenti". Il cerchio sembra stringersi intorno al livello "superiore": la Richiesta antimafia del 13 luglio scorso al Gip contiene insistiti riferimenti alla massoneria, all'urbanistica, al sistema sanitario, tutti coperti da omissis. Scontato ritenere che rappresentino altrettanti filoni dell'inchiesta, e alcuni potrebbero essere ormai prossimi alla conclusione. Il capo della 'Ndrangheta lombarda Pino Neri allora si affretti. A scoperchiare la pentola contenente i suoi compagni di merende, accampati sotto la cupola di progetto bramantesco del Duomo pavese, potrebbe arrivare prima la rossa Bokassini. (G. G.)

Pizzone

Gentile direttore, dal 19 dicembre sto rifiutando la terapia farmacologica per porre l’attenzione sulle condizioni in cui sono costretto a stare. (Arriverò, anche, al rifiuto della dialisi). Nonostante le attestate gravi condizioni di salute in cui verso (cardiotrapiantato, in emodialisi, affetto da coronaropatia trivasale ed inserito in lista attiva per un nuovo trapianto di cuore unitamenta a quello renale) vengo tenuto recluso in luoghi inadeguati dal punto di vista igienico-sanitario. Il mio stato di immuno-soppresso (assumo la ciclosporina e il cortisone, i farmaci antirigetto) mi espone ad elevati rischi infettivologici tant’è vero che, dal giorno del mio arresto, ho contratto diverse infezioni alcune importanti come la broncopolmonite batterica diagnosticata dal Policlinico di Milano il 3 novembre di questo 2010. Il rischio di infezioni, che possono essere fatali, si rivela ancora più elevato se si considera che sono collocato in un reparto di infettivi (malati di Aids, tubercolosi, ecc.) ed in luoghi sporchi e maleodoranti. Tutto ciò è assurdo che accada in un centro clinico che, solo sulla carta, risulta essere il migliore d’Italia. Basterebbe solo mettere il naso dentro per rendersi conto dello stato di degrado in cui versa questo Centro Clinico e di come sono tenuti i detenuti qui collocati (quattro persone per ogni cella, poche celle singole, docce comuni). Io sono consapevole dei rischi elevati che corro rifiutando di assumere i farmaci salvavita, ma sono altrettanto certo che in questo stato, prima o poi, sarei destinato comunque a una brutta fine. Anch’io, credo, seppur indagato di un grave reato, ho il diritto alla tutela della salute e alla vita. Tenendomi in queste condizioni, invece, si rischia di infliggermi, ancor prima di un giusto processo, una pena non prevista dal codice e bandita dalla Costituzione. Per quanto riguarda le accuse che mi vengono rivolte mi difenderò nel processo anche se quello mediatico mi ha già giudicato e condannato. Quel che mi sta accadendo è forte e ingiusto. Ricordando Pascal, la giustizia deve essere forte ma prima di essere forte deve essere giusta. Una giustizia solo forte è un’opera monca. Se, invece, la giustizia è «giusta» è «forte». Quel che mi accade è solo forte ma non giusto; è fortemente ingiusto! Sui fatti da me denunciati fornirò fatti, circostanze e nomi. Io, i miei familiari e il mio avvocato abbiamo, finora, scelto la linea del silenzio ritenendo così di tutelare meglio le posizioni giuridiche. Oggi, senza aver consultato nè l’avvocato nè la famiglia, ho deciso di rendere pubbliche le mie denunce. Sarebbero tante le cose che vorrei dire e gli argomenti che vorrei affrontare, soprattutto quelli relativi ai rapporti con i politici locali che molto hanno occupato e ancora occupano le cronache, anche quelle nazionali. Forse, un giorno, con maggiore serenità, affronterò nel dettaglio ogni questione di cui il giornale da Lei diretto si è occupato per fare, finalmente, chiarezza su tutto. Se un giorno troverò la necessaria serenità potrò sicuramente offrire un contributo valido per capire dove effettivamente si annida il centro del malaffare pavese.

Pino Neri
"La Provincia Pavese", 28 dicembre 2010

Sintonie

24 dicembre 2010
L'amico dei mafiosi PietroGino Pezzano
nominato da Formigoni direttore generale dell'Asl Milano1

di Giovanni Giovannetti

Dopo la nomina di Giuseppe Tuccitto ai vertici dell'Asl pavese la Lega nord canta vittoria: l'assessore lumbàrd alla sanità Luciano Bresciani si spinge a dire che il generale della Guardia di Finanza in pensione Tuccitto saprà «intercettare immediatamente ogni tentativo di infiltrazione mafiosa». Soddisfatto anche il governatore lombardo Roberto Formigoni che, attento alla meritocrazia, ai vertici della sanità lombarda ha voluto «uomini in sintonia con la Regione».
Uomini come il ciellino Luca Stucchi, indagato a Mantova per corruzione e turbativa d'asta eppure confermato ai vertici della locale azienda ospedaliera. Uomini come PietroGino Pezzano, già indagato negli anni Ottanta per narcotraffico, fino a ieri direttore generale dell'Asl Monza e Brianza, ora a ricoprire la stessa carica presso l'Asl Milano1. Pezzano ha ottenuto semaforo verdelega dallo stesso Bresciani, l'assessore che vorrebbe «intercettare immediatamente ogni tentativo di infiltrazione mafiosa».
A proposito di sintonie. Pezzano può vantarne parecchie: sintonie con il capo della 'Ndrangheta lombarda Pino Neri, che lo chiamava confidenzialmente Gino o «il pezzo grosso della Brianza», uno che «fa favori a tutti». Sintonie con l'onorevole Gian Carlo Abelli (sempre Neri in una intercettazione: «sono grandi amici con Abelli, glielo presentai io a Gino»). Sintonie con gli amici d'infanzia nonché affiliati Giuseppe Sgrò e Pio Candeloro, quest'ultimo capo “società” – cioè vice capo – della Locale 'ndranghetista di Desio. Sintonie con Candeloro Polimeni, altro componente della Locale di Desio (Pezzano a Polimeni: «Hai bisogno di me?»; Polimeni: «Si, quando vuole»; Pezzano «Dove vengo?»). Sintonie con Eduardo Sgrò, altro componente della Locale di Desio dedito all'estorsione (dal 13 luglio sono tutti in carcere), al quale Pezzano affida l’installazione di alcuni condizionatori nelle Asl di Cesano Maderno, Desio e Carate Brianza (Sgrò: «Dobbiamo chiamare il direttore generale, che è amico mio, così lo chiamiamo e fissiamo un appuntamento»). Sintonie con il governatore lombardo Roberto Formigoni, soddisfatto per aver potuto nominare «uomini in sintonia con la Regione».

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12 dicembre 2010
dalle carte della Procura distrettuale antimafia
Settima parte
Gli “affari loro” tra l'assessore Greco e l'uomo della 'Ndrangheta

Dopo che erano emersi i rapporti d'amicizia e d'affari tra l'assessore Luigi Greco e Carlo Antonio Chiriaco, nel Popolo delle Libertà qualcuno ha avanzato la richiesta di mettere “in sonno” il troppo chiacchierato assessore, mantenendolo tuttavia a bàlia del sindaco “Pupo” detto Cattaneo, come suo portavoce, e investendolo del coordinamento cittadino del partito in cambio delle dimissioni dalla Giunta comunale pavese. Come sappiamo, Greco manterrà l'assessorato, a ribadire chi comanda nel partito.

C'è un assessore, inossidabilmente saldato alla poltrona, che nelle carte dell'antimafia viene nominato diverse volte: stiamo parlando dell'assessore ai Lavori Pubblici Luigi Greco, ritenuto «un prestanome» dell'ormai leggendario Carlo Antonio Chiriaco, nonché sodale di parenti di parenti e amici di amici.
Chiriaco possedeva quote in tre società occulte: la Melhouse srl e la Carriebean International Society srl e la Pfp srl. Melhouse ha gestito il ristorante-griglieria La Cueva in via Brambilla a Pavia, di cui l'assessore Greco deteneva il 34 per cento mentre il residuo 66 per cento era in quota a Monica Fanelli, moglie del costruttore Rodolfo Morabito, cugino di Chiriaco, anche lui tra gli indagati nell'inchiesta antindrangheta. Il 22 gennaio 2009 la Fanelli cede la sua parte a Greco e a Gabriele Romeo. Un altro travaso si registra il 16 ottobre 2009, quando Greco passa il 16,75 per cento delle sue quote a Laura Zamai e un altro 16,75 per cento alla compagna di Chiriaco Danlis Ermelisa Segura Rosis. Il 16 marzo 2010 le due signore rivendono a Greco le loro quote e il fratello Gianluca rileva la parte di Gabriele Romeo. Secondo gli inquirenti «Greco è il titolare apparente in quanto i reali soci sono Chiriaco e Giuseppe Romeo». Quest'ultimo è il nipote di Salvatore Pizzata, lo storico punto di riferimento della 'Ndrangheta a Pavia, già socio in affari di Pino Neri e Chiriaco, incarcerato e condannato per narcotraffico.
Il 21 febbraio 2009 gli inquirenti intercettano una conversazione tra Chiriaco e la sua compagna, la già menzionata Danlis Ermelisa Segura Rosis. I due sono in auto di fronte al ristorante in questione:

Chiriaco – 'Sto stronzo, è quello là è… figlio di troia… appena fallisce, ce lo compriamo noi (omissis)
Chiriaco – Appena questi qua mollano… io andrei da questi qua a minacciarli, capito… andatevene fuori dai coglioni se no vi faccio saltare! …ah? …anzi gli mandavo quelli di Platì… gli mettono una bomba! … poi vanno e gli dicono… mettono una bomba, quando gli vogliono far capire, no? …una bomba nei… (incompr.)…
Segura – Esce su tutti i telegiornali i primi indagati sono quelli a fianco…
Chiriaco – no, a fianco… al… nel suo locale… dopo un mese, due mesi, uno va e gli fa un'offerta per… per rilevare il locale, no? …ovviamente gli offre poco… se questo non capisce, un'altra bomba? (con tono sarcastico) …in Calabria così fanno, cazzo! …sono primitivi, no gioia? …siamo primitivi? mamma mia… [Richiesta, p. 1751; Ordinanza, p. 400]

L'assessore Greco deve avere più di un santo in paradiso o nelle terrene stanze lungo il Naviglio, santi messi a pilotare la mano dei pennivendoli: il 16 luglio 2010 Il quotidiano locale ne scrive come se la minaccia fosse per il ristorante, con l'assessore nei panni della vittima. Greco subito dichiara che a lui tremano le mutande nell'apprendere che quello, Chiriaco, «voleva mettermi una bomba nel locale». E perché mai avrebbe dovuto lanciare attentati dinamitardi se, a dar retta al Chiriaco (e agli inquirenti) lui e Greco ne condividevano la proprietà? Rileggiamo allora, più attentamente le parole di Segura: una volta esplosa la bomba, «…i primi indagati sono quelli a fianco». I due non stanno parlando del ristorante La Cueva, ma del bar confinante, il Billà, che Chiriaco si riproponeva di rilevare con i suoi mezzi assai spicci.
Insomma un bluff. Persino in seno al Popolo delle Libertà qualcuno avanza la richiesta di mettere “in sonno” il troppo chiacchierato socio in affari dell'avanzo di galera Carlo Chiriaco: rottamare l'assessore, sia pure mantenendolo a bàlia del sindaco Pupo come suo portavoce prezzolato e investendolo del coordinamento cittadino del partito.
Greco manterrà l'assessorato, a ribadire chi comanda nel partito. Partito o comitato elettorale? Di fronte all'emergenza 'Ndrangheta e legalità, il Popolo delle Libertà rimane silente, senza una segreteria politica capace di decidere. Una posizione condivisa con la Lega Nord, con l'Udc (o Udeur o Città per l'Uomo o comecazzo si chiamano) e con Rinnovare Pavia, il movimento di Ettore e Luca Filippi, in rapporti (politici? elettorali?) con Pino Neri, il capo della 'Ndrangheta lombarda a cui i due si erano rivolti per ottenere candidati come Rocco Del Prete o Salvatore Ilacqua (indicati da Neri e Chiriaco) e voti “calabresi”.
Ma andiamo con ordine. Come riferiscono gli investigatori,«Dalle conversazioni telefoniche è immediatamente emerso che Greco Luigi (assessore ai lavori pubblici nel comune di Pavia) è il titolare apparente». La conferma arriva da una intercettazione ambientale del 13 giugno 2009. Chiriaco confida a Dante Labate il capitale investito : «te lo dico a te che sei mio fratello, là siamo in due…»

Labate – sì lo so, tu Peppe [Giuseppe Romeo] …
Chiriaco – ora Peppe ha avuto dei problemi…
Labate – Peppe o il figlio?
Chiriaco – Gabriele, però…
Labate – ma a Peppe mi hanno detto che l'Agenzia delle Entrate gli ha fatto
una multa…
Chiriaco – ottocento milioni… ottocentomila euro… va bene? …ed in più ha la Finanza che gli sta guardando i cosi ed in più quella roba che è successa ieri… lui è socio fondatore perché gli ha affittato il locale, là a Cava Manara…
Labate – perché che è successo?
Chiriaco – K Poker, non li hai letti i giornali stamattina?
Labate – ah… minchia, lui è socio là?
Chiriaco – è terrorizzato, per cui abbiamo deciso che ad un certo punto io e lui, ci chiamiamo fuori ufficialmente, quindi ufficialmente il locale…
Labate – è solo di Greco!
Chiriaco – è solo di Gigi, perché non vogliamo noi… duecentocinquantamila (250.000) euro ci è costato… è bellissimo, tu lo hai visto… »

Il 17giugno 2009, subito dopo le elezioni amministrative di Pavia, Chiriaco si trova in macchina con Luca Filippi, «e i due commentano come faranno a controllare il neo assessore ai lavori pubblici Greco. Chiriaco sul punto è eloquente»

Chiriaco – se lo sappiamo gestire abbiamo un bel sistema…
Filippi – lo so…
Chiriaco – non come prima che eravamo… [inc.]
Filippi – siamo in pochi, adesso Greco bisogna un attimo inquadrare…
Chiriaco – Greco si farà i cazzi suoi ed i suoi intrallazini… farà lavorare Peppino Romeo per le strade, farà i cazzi suoi…
Filippi – gli ha regalato il ristorante…
Chiriaco – eh… il ristorante… allora, ufficialmente…
Filippi – ufficiosamente?
Chiriaco – adesso è tutto di Greco, ufficialmente…
Filippi – ho capito che non l'ha pagato lui… dove li trova i soldi…
Chiriaco – lui non ha messo una lira, ho messo tutto io…
Filippi – lo so che non ha una lira, è mio socio…
Chiriaco – a futura memoria se mi succede qualche cosa, se lui dovesse negare, ora lo sai pure tu… io ho pagato anche la sua parte… io ho dovuto farlo perché… [inc.]… ed ufficialmente…
Filippi – è assunto adesso? … [inc.]…
Chiriaco – sì, no… ma io con Gigi ho un bellissimo rapporto, sai mi lego alle persone, gli voglio bene, quindi c'è affetto.

Sempre secondo l'Antimafia, la piena disponibilità da parte di Chiriaco del ristorante la Cueva trova conferma in una intercettazione dell'8 settembre 2009 tra Chiriaco e una persona non identificata. I due parlano dell’ingresso in società di due nuovi soci (cosa che avviene effettivamente il 16.ottobre):

Chiriaco – ora stiamo facendo il passaggio delle quote da Gigi [Greco]
Uomo – e quindi state rispendendo soldi [inc.]?
Chiriaco – inizialmente Gigi aveva il 100%… adesso passaggio di quote significa che il 50% saranno sostituite da: Melissa [Danlis Ermelisa Segura Rosis, convivente dominicana di Chiriaco] il 50%…Laura [Laura Zamai] ed una … [inc.] l'altro 50% -…50,5% e 49.5%…

I passaggi delle quote e la rete dei rapporti tra l'assessore Greco, l'incarcerato Chiriaco e gli altri prestanome dell'uomo della 'Ndrangheta li ritroviamo tutti nella “visura storica” della società Melhouse disponibile a chiunque presso la Camera di Commercio.