Archive for the ‘nicola signorini’ Category

Camminare con i tacchi sulla luna

4 luglio 2009
Storia di educazione alternativa in Ecuador
da Quito, Camilla Nanna e Nicola Signorini

Nel quartiere La Dolorosa di Chilibulo, a Quito, c’è una piccola casa ai piedi di una collina. La storia di questa casa si intreccia con quella di un gruppo di studenti universitari che decisero di mettere in pratica i loro ideali. Però non sono loro i veri protagonisti di questa storia. Siamo negli anni settanta e si costituisce un gruppo chiamato "Juventud Unida" che inizia a lavorare nella zona Sud di Quito. Giovani che parlano ai giovani e che insieme cercano alternative alla vita comune del quartiere. Il gruppo inizia così a tessere profonde relazioni con la gente del posto, a conoscere e comprendere la storia di questa parte periferica della città. Il contatto con questa realtà li porta a porre domande e ad investigare sulle necessità della comunità.
Alla domanda «Di che cosa avete realmente bisogno? », la risposta fu «Imparare a leggere e scrivere».
Questo processo di investigazione partecipativa è il vero protagonista e il filo conduttore della storia. Inizia quindi un processo di alfabetizzazione in cambio di ospitalità nel quartiere. Padri e madri di famiglia, terminato il lavoro, prendevano parte a classi serali alle quali spesso partecipavano anche i loro figli, che incuriositi seguivano i genitori. Il tempo passò e quei giovani studenti diventarono a loro volta padri e madri, e si domandarono se fosse giusto consegnare i propri figli ad un sistema educativo che annullasse la loro creatività, o se fosse possibile un modello alternativo, una alternativa visione del mondo.
Il contesto politico dell’Ecuador caratterizzato in quegli anni da un governo totalitario e un’opposizoine militante, rese necessaria la sistematizzazione della loro esperienza nell’insegnamento della lingua e nell’educazione infantile, per evitarne la scomparsa.
Nasce così nel 1985 l’INEPE – Istituto di Investigazione, Educazione e Promozione Popolare dell’Ecuador – come incontro delle necessità e degli obiettivi comuni della gente del quartiere e di questi particolari insegnanti. Il progetto parte come asilo infantile, per poi crescere insieme ai bambini che lo vivono e diventare una scuola a più livelli.
Il metodo educativo dell’INEPE si ispira a quello di Paolo Freire, uno dei più importanti pedagoghi del novecento, conosciuto per la teoria della "pedagogia degli oppressi".
Con il tempo, la qualità del lavoro svolto ha permesso all’INEPE di essere riconosciuto come istituzione di prestigio a livello nazionale e internazionale, mantenendo come punto di forza dell’insegnamento le relazioni continue tra insegnanti, alunni e comunità.
L’INEPE si caratterizza come spazio in cui si rispettano le diversità etniche, politiche, linguistiche, creando uguali opportunità di educazione, lavoro, salute e alloggio.
La partecipazione, uno dei principi basici, è richiesta a tutti i soggetti come strumento di decisione rispetto alle proposte della società. Il dialogo è strumento di confronto equo tra soggetto-soggetto (e non soggetto-oggetto, come invece avviene nel metodo educativo tradizionale, definito da Freire "modello bancario"), in un rapporto tra parti critiche, in ogni tipo di relazione sociale. La domanda rappresenta il punto di partenza dell’investigazione partecipativa e il motore dell’apprendimento. Durante la chiacchierata con Patricio Rasa, ci ha sorpreso la differente natura delle domande nate da una lezione di scienze naturali. Scavando in un metro quadrato di terra i bambini domandavano che cosa fosse un verme e quanti altri animali ci fossero nascosti sotto terra (scienze naturali), e di chi fosse la terra (storia, diritto), eccetera.
Così si scavalcano le divisioni dei saperi permettendo di «leggere il mondo e non solo le sillabe», riflettendo attivamente sulla realtà. I continui stimoli alla fantasia e alla creatività dei bambini possono portare anche a domande particolari: «Si può camminare con i tacchi sulla luna?» La risposta è uno stimolo a scoprire che cos’è la luna, e l’inizio di un percorso di conoscenza che porterà i bambini a rispondere autonomamente alla loro domanda iniziale, che non conosce la paura dell’errore.
Sempre attraverso le domande e la ricerca delle risposte, professori e alunni costruiscono insieme la conoscenza, in un processo di interapprendimento e comprensione reciproca che sconfina, oltrepassando le mura della classe, per riversarsi nel mondo esterno.
L’INEPE stesso rappresenta la risposta alle necessità della comunità nella quale è nato e cresciuto, e si è quindi proposto diversi obiettivi: lo sviluppo locale, l’educazione alla salute, una scuola di formazione di educatori popolari; e una scuola di formazione per docenti, ai diversi livelli educativi.
Altro aspetto interessante del progetto INEPE è il modo in cui ha potuto sostenersi nel tempo, anche economicamente. Nato dalle relazioni e dalla partecipazione continua della comunità, diventa parte integrante della stessa. Dai tempi dell’alfabetizzazione al 1990, gli insegnanti fondatori autofinanziarono il progetto ponendo in cassa comune le risorse ottenute attraverso altri lavori. Dal 1990 al 1995 viene finanziato dal "Fondo del Canada per iniziative di sviluppo locale", in quanto Ong meglio inserita nel tessuto sociale. Dopo un altro periodo di autofinanziamento (1995-98) avviene l’incontro con Franco Francia e "Partage", Ong francese con un co-finanziamento, che si protrae fino ad oggi; ed una collaborazione con il Cern di Ginevra con il quale vengono avviati progetti di apporto energetico ecosostenibile nella comunità. Nel 1998 parte inoltre il progetto di economia solidale, stabilito in assemblea generale, che prevede la contribuzione economica o pratica, in caso di indigenza, delle famiglie.
Entra anche a far parte del CEAAL “Consiglio Educativo Adulti dell’America Latina”, rete di Ong che si occupa di formare educatori ed educatori popolari per rafforzare il processo di sviluppo democratico in ventuno paesi in America Latina e nel Caribe.
Alla fine della chiacchierata con Patricio, abbiamo fatto una passeggiata nei dintorni. Per arrivare all’orto organico della scuola, siamo saliti per una piccola strada di sassi fermandoci davanti ad una casetta marrone di appena un paio di stanze. Questa era una delle sedi prestate dalla comunità a quegli strani insegnanti: «Noi la chiamiamo la casa di cioccolato».

Come il resto del mondo

8 giugno 2009
Triste cartolina dal Perù che avanza
di Camilla Nanna e Nicola Signorini

«El Peru avanza» lo senti alla radio almeno un paio di volte, quando decidi di spostarti in taxi dalla stazione degli autobus fino al centro di Cuzco. Lo trovi scritto sui muri che costeggiano le strade anche in aperta campagna, dove sembra di tornare indietro di qualche decina d’anni e di trovarti catapultato in un paessaggio da Novecento.
Ieri 6 giugno, in circa mezz’ora di conferenza stampa, il Presidente del Consiglio dei Ministri peruano e la Ministra dell’Interno hanno tentato per mezz’ora di raccontare che bisogna difendere la democrazia dagli attacchi sovversivi di politici e politicanti che tentano di conquistare il potere con la forza, visto che non sono riusciti a vincere le elezioni. Trenta indigeni della zona amazzonica del Perù sono morti negli scontri con la polizia, che tenta di occultare i corpi delle vittime gettandoli nel fiume, e fa irruzione negli ospedali per arrestare i feriti. Anche nove poliziotti sono stati uccisi, da chi cerca di difendere la propria terra dalle imprese multinazionali, che stanno aprendo miniere – dove si lavora uranio a cielo aperto – in tutto il sudamerica, con un dimostrato incremento di casi di tumore, inquinamento delle falde acquifere e delle terre circostanti.
Democrazia e’ sempre piu’ sinonimo di "vendita e guadagno per pochi", e sempre meno di "possibilita’ di vita degna per tutti". Il presidente del Perù si unisce – in conferenza stampa – al dolore delle famiglie dei poliziotti caduti per la difesa della democrazia, per la costruzione di un paese più sicuro. Parole familiari, ma come sempre – la storia insegna – il popolo in prima linea, e i politici via etere.
Intanto il Perù avanza… per essere ricco come un bel paese occidentale. Ma sappiamo come sono i nostri "bel paese". E intanto nessuno piange!
Nessun conduttore televisivo, sorpreso dalla sua voce sicura  strozzata da singhiozzi incessanti, abbandona il suo bel primo piano, non sarebbe da adulto. Anche il palinsesto, come il Perù, avanza. Nessun politico parlando ai suoi si abbandona ad una confessione di impossibilità, d’incapacità… di colpevolezza.
Vorrei vedere un dramma sentito, di chi con franchezza non ce la fa più a vedere questo Perù che avanza. Avanza per riempire le città di profughi che scappano dalla campagna non tanto bucolica; avanza per constringere gruppi di persone ad emigrare in paesi che non li vorranno mai, neanche con un presidente nero, e tanto meno se il presidente è solo più tondolotto ma comunque abbronzato.
Il Perù avanza, come il resto del mondo. Avanza verso la fine.

Informazione zingari pregiudizio

17 dicembre 2008

Il caso Pavia

di Nicola Signorini

quinta ed ultima parte

Leggendo i dati, troviamo che il 56 per cento degli intervistati non ha idea del numero di rom presenti sul territorio italiano, mentre solo il 24 per cento sa che circa la metà di essi è di cittadinanza italiana. È inoltre significativo dal punto di vista della comprensione culturale, che il 63 per cento non sa che rom e sinti non sono un popolo omogeneo, ma una galassia di minoranze: non etniche, sia ben chiaro. Piuttosto le definirei ‘minoranze storiche’. Come ho già detto citando Piasere, non bisogna farsi confondere dalle numerosissime denominazioni. D’altra parte, questo non deve portare a pensare i rom come minoranza omogenea.  (more…)

Informazione zingari pregiudizio

15 dicembre 2008
Il caso Pavia
quarta parte
di Nicola Signorini

Il corpus di articoli in questione è molto ampio, il primo articolo è datato ottobre 2006, gli ultimi sono usciti a fine settembre dell’anno successivo. Per ragioni di spazio, ne ho scelti  alcuni, a mio parere significativi in quanto caratterizzati dalla presenza di uno spostamento del focus, che passa attraverso l’accostamento di determinati significanti sul piano dell’espressione i cui relativi significati, non vanno dati per scontati. Questa caratteristica è una presenza quasi continua – cui non mancano alcune eccezioni – all’interno del materiale analizzato. Nello specifico, ho estratto dal corpus diciannove articoli dei quali almeno quindici (tredici usciti su “La Provincia Pavese” e due estratti da “Il Punto”) pongono come valori notizia la posizione sociale e l’appartenenza ad una particolare ‘etnia’, quella rom. Ritengo che questa rappresenti la condizione base per rendere la stampa concausa nella costruzione di una chiave di lettura stereotipata degli avvenimenti. (more…)

Informazione zingari pregiudizio

10 dicembre 2008

Il caso Pavia

di Nicola Signorini

terza parte

 


Ritengo opportuno sottolineare che non è mia intenzione entrare nello specifico dell’analisi semiotica del testo giornalistico, anche per limiti di spazio, ma ritengo comunque che essa abbia rappresentato un ottimo metodo, utile ad una conseguente riflessione sociologica sul ruolo dei mezzi d’informazione, in relazione alla costruzione sociale della discriminazione nel contesto d’analisi. Non ho potuto fare a meno di notare come in questo caso appaia significativo che «diventa notizia ciò che per i media è notizia». (more…)

Informazione zingari pregiudizio

8 dicembre 2008
il caso Pavia

di Nicola Signorini

seconda parte

L’area Snia non è nuova alla presenza di persone che, non potendosi permettere una sistemazione, trovano trai suoi ruderi un’alternativa a panchine e aree verdi. Ho saputo infatti, dopo il mio arrivo a Pavia, che prima dell’arrivo degli ‘zingari’ l’area era occupata da senegalesi, e prima ancora marocchini e albanesi. Quasi tutti extracomunitari, i nuovi poveri. (more…)

Informazione zingari pregiudizio

6 dicembre 2008

Il caso Pavia

di Nicola Signorini

prima parte

La mia decisione di scrivere la tesi di laurea in sociologia della comunicazione è arrivata come una sorta di lampo a ciel sereno, dopo tre anni di amore indiscriminato per le discipline semiotiche. Mi ritrovo a decidere l’argomento nell’arco di poche ore dalla chiusura estiva del Dipartimento, dopo l’arrivo del risultato dell’ultimo esame scritto e un’estate fatta di libri, lavoro e presenza a tutte le rievocazioni storiche, feste, sagre, e concerti possibili. Conseguenze: pochissime ore di sonno.

Sto leggendo il lavoro di un’amica sul problema del non-raggiungimento della soglia di notiziabilità delle informazioni provenienti dal continente africano mentre ‘do un occhio’ al programma del festival Comunicare fa male organizzato dal gruppo Elio Gabalo. Penso che andrò a vedere l’incontro con Marco Travaglio, e poi mi interessa la presentazione del libro di Antonio Moresco Zingari di merda, ma la data è ancora da fissare. (more…)

Marionette rossonere, praticamente romaniste

30 ottobre 2008
di Nicola*

 

Proprio un bel quadretto familiare quello che si sta disegnando in questi giorni nel nostro bel Paese. Ancora una volta troviamo i partiti a fare la parte dei genitori ottusi e il movimento studentesco nei panni dell’adolescente ribelle. Già, peccato però che questa volta l’adolescente è più intelligente dell’uomo maturo e sta dimostrando di sapere quello che fa. Quello che invece mi preoccupa, è che ancora una volta mi sembra proprio che la politica "matura", quella dei conflitti d’interesse, delle intercettazioni telefoniche, del "una poltrona a me e un’appaltino da qualche milione di euro a te", stia cercando di insinuarsi nel movimento come un serpente si infila in un buco del prato quando si sente in pericolo. Ma in pericolo di che? Di non essere in grado di fare la sinistra? Di non essere in grado di tener testa allo psiconano? Di non essere in grado di ascoltare la piazza? No, il pericolo vero è dato dalla paura di non poter rispettare le proprie priorità, non la ricerca di idee per delle politiche sociali degne di esser chiamate tali, ma il mantenimento dell’ordine dei culi nelle poltrone dei palazzi. Le stesse identiche priorità che stanno portando l’Italia sull’orlo di una crisi… che magari fosse di nervi. A quella ci pensa già la marionetta nera tutta impettita quando proclama "ordine e disciplina" dalla distanza di sicurezza del tubo catodico, al fianco della italian version di Mrs. Palin. Beh, qualcuno effettivamente ha seguito i consigli. Non le forze dell’ordine, che sembrano essere rimaste l’unica istituzione coi piedi per terra (anche perché non potendosi permettere nemmeno nuove gazzelle… di mezzi aerei neanche a parlarne) ma i nuovi squadristi. Quelli che cercano di provocare a suon di manganellate. E la cosa triste non è il diciottenne invasato che si copre la faccia e mena le mani, ma la forte speranza che tutti a palazzo nutrono di una risposta violenta alla provocazione. Si, perché me li vedo proprio bene tutti i Veltrusconi davanti allo schermo con le dita incrociate come ai rigori della nazionale di calcio… che quando c’è di mezzo la nazione siamo tutti "bravi ragazzi". D’altronde lo erano anche quelli di Al Pacino. Che vada a gridarlo in mezzo al movimento l’ordine e il manganello. Ma non lo fa, perché ha paura. Si, perché fino a quando continuano a farsi tanti bei discorsetti che, rimbalzando da una parete all’altra in stile arcanoid creano autoreferenzialità, sono tutti "bravi politici" (o bravi guagliuni… che tanto il significato pratico non cambia), ma se disgraziatamente si trovano spalle al muro a dover parlare con persone normali potrebbe anche diventare un bel problema. Mettiamoci un po’ nei loro panni: non è mica facile offrire la merce quando qualcuno non compra. Hanno tutti paura perché non possono offrire niente a chi non vuole essere comprato, a chi nella democrazia ancora ci crede veramente. Sono contento, contento di vedere che per la prima volta tutti stanno dimostrando che non si tratta di politica, ma di buon senso, non di rossi e neri, ma di diritti sociali fondamentali per il mantenimento dell’indipendenza della ragione e, di conseguenza, dello stato democratico. Eh già, in fondo non è facile fare il mafioso con chi mafioso non lo è.

*  Laureando in scienza della comunicazione