Normal
0
14
false
false
false
MicrosoftInternetExplorer4
st1:*{behavior:url(#ieooui) }
/* Style Definitions */
table.MsoNormalTable
{mso-style-name:”Tabella normale”;
mso-tstyle-rowband-size:0;
mso-tstyle-colband-size:0;
mso-style-noshow:yes;
mso-style-parent:””;
mso-padding-alt:0cm 5.4pt 0cm 5.4pt;
mso-para-margin:0cm;
mso-para-margin-bottom:.0001pt;
mso-pagination:widow-orphan;
font-size:10.0pt;
font-family:”Times New Roman”;
mso-ansi-language:#0400;
mso-fareast-language:#0400;
mso-bidi-language:#0400;}
di Giovanni Giovannetti
La defunta giunta Capitelli era «appoggiata da consiglieri che sono stati tutti ricompensati»; il sindaco ha «pagato» le persone che le sono servite per restare a galla, così come ha fatto «con Mazzilli, Galliena, Cappelletti, Castagna, ecc.»; il segretario cittadino del Partito democratico Antonio Ricci è pronto a «fare accordi» pur di favorire la sua «carriera professionale al San Matteo». Sono parole di un invelenito Ettore Filippi, ex assessore al bilancio, ex vicesindaco e futuro ex membro del Cda dell’ospedale San Matteo. E si capisce: Filippi dovrà rinunciare a oltre 40.000 euro l’anno (31.000 euro lordi e altri 200 a seduta) che andavano a sommarsi allo stipendio di vicesindaco e assessore, e alla pensione di ex poliziotto e ad altro ancora.
Non per soldi ma per denaro
L’ex vicesindaco non la racconta tutta: ha ripetuto storie, già sentite, di fintoambientalisti e fintoprogressisti, come lui «ricompensati» dai quattro denari di qualche ben remunerato consiglio di amministrazione e come lui disponibili a chiudere un occhio, anzi due, sulle speculazioni immobiliari (circolano voci inquietanti, voci di mazzette milionarie), sulle bonifiche delle aree dismesse (una delle varianti locali dell’ecobusiness) e sugli interessi blindati di alcuni partiti, di alcuni assessori e persino di alcuni consiglieri comunali: cordate trasversali, con la destra e la sinistra “unte” nella lotta.
Filippi tace sulle delibere taroccate e sulle fatture mai viste della prima edizione del Festival dei Saperi; tace sull’abusivo abbattimento della parte monumentale della Snia, volto a favorire una speculazione immobiliare; tace la verità del Carrefour sulla Vigentina; tace sulla trasformazione delle aziende municipalizzate in una miriade di Spa, che ha peggiorato i servizi, che ha aumentato i costi e il numero delle poltrone nei consigli di amministrazione.
Tace su tutto questo e su molto altro ancora: del resto Filippi figurava tra i più famelici partecipanti a quel banchetto e ora, insieme agli altri, se ne andrà senza prima aver sparecchiato né aver rigovernato la cucina.
I risultati li misuriamo sulla nostra pelle: ci lasciano una città in declino, depressa, senza lavoro né passioni, in preda agli speculatori loro amici; una città dormitorio per oltre 12mila pendolari, la cui giornata lavorativa comincia all’alba e termina ben oltre il tramonto.
A Pavia diminuiscono gli abitanti (da 88.839 nel 1971 a 70.207) ma si continua ad edificare su ogni zolla di terreno vergine ancora disponibile, nonostante l’assenza di acquirenti. Non solo: secondo l’Agenzia del territorio, a Pavia ci sono 1.269 costruzioni abusive. Siamo quarti in Italia dopo Roma (6.000), Napoli (6.000), Catania (4.000) e Bari (1.337). Sono dati ripresi dal Rapporto Ecomafia 2008 di Legambiente (pag. 57). Se li rapportiamo alla popolazione residente (un edificio abusivo ogni 55 abitanti) Pavia si rivela prima assoluta, l’inarrivabile capitale dell’abusivismo edilizio nazionale.
Primeggiamo anche in altri settori. Ad esempio, in quello delle Slot machines: una ogni 55 abitanti (ancora il 55: nella cabala è il numero della musica, ma anche quello di chi porta la croce…), più del triplo della media nazionale. Non è dunque per caso se il Rapporto 2003 della Commissione antimafia rileva che «a Pavia il controllo criminale del territorio non segue la via del “pizzo” ma quella del videopoker» (pag. 382).
Il trasversale partito degli affari ha lasciato che le mafie edificassero e riciclassero il denaro sporco. Tutti loro sono in affari con i grossi gruppi commerciali e immobiliari, incuranti del calo occupazionale e della chiusura dei negozi di vicinato (per ogni posto di lavoro acquisito in un "iper" se ne perdono cinque nei negozi di vicinato), incuranti della qualità della vita che va peggiorando, soprattutto per la popolazione anziana. Con gente così nei posti di comando non si andrà mai da nessuna parte. Tuttavia…
Rinascimento pavese
A costo di sembrare ingenui, sì, nüm pödam. Noi possiamo… ma ci vogliono amore e visioni. Amore per la città, idee ed un progetto condiviso: la politica della polis.
A parole avversiamo tutti il malaffare, ma nella pratica è richiesta l’assunzione di responsabilità. Al trasversale e carsico “partito degli affariloro” andrà opposto un l’altrettanto trasversale “partito del bene comune” che, al linguaggio menzognero del falso progresso, del falso sviluppo, della falsa crescita sappia opporre quello della città dei cittadini e parole di partecipazione. Un ribaltamento di prospettiva, che opponga l’interesse comune a quello degli speculatori e alle trame politico-mafiose che, passo dopo passo e nell’ombra, hanno devastato la città, azzerato l’occupazione industriale (la Necchi poteva essere salvata), tolto prospettive a migliaia di famiglie, emarginando disoccupati, giovani e anziani. Un progetto capace di collegare la realtà locale ai grandi temi, entro scenari e obbiettivi realisticamente perseguibili.
Ad esempio, investendo soldi e idee nella costruzione del locale Polo tecnologico, che qualcuno vorrebbe relegato al Cravino (su soli 15.000 mq!) quando l’area Necchi sembrerebbe la sede ideale. Al solito, i proprietari propongono edilizia residenziale e attività commerciali. Al solito, le passate amministrazioni si sono rivelate inclini a favorire l’interesse dei proprietari, anche se il piano regolatore di Vittorio Gregotti ne aveva confermato la vocazione ad area per le attività produttive. Quanto potrebbe valere un “Polo” ben pensato? Quello di Cambridge ha portato 2.400 nuovi posti di lavoro, escluso l’indotto.
Ad esempio, imponendo il pubblico interesse a chi vuole spostare risorse dalle attività produttive alla speculazione finanziaria, in particolare quella immobiliare, il punto di origine della crisi, il ventre molle della nostra città.
Ad esempio, favorendo e quanto più rilanciando i negozi di vicinato, oggi minacciati dal modello “iper” che desertifica, la foglia di fico messa a coprire le grandi speculazioni immobiliari: aiuterebbe a migliorare la qualità della vita, in particolare nei quartieri di periferia.
Ad esempio, destinando l’1 per cento del bilancio comunale (800mila euro) al sostegno delle famiglie e degli anziani in difficoltà: una rete di protezione sociale che preveda anche la riduzione del costo di alcuni servizi e che possa restituire a Pavia il senso della comunità, della città solidale con gli “ultimi” non solo a parole.
Ad esempio, valorizzando e ottimizzando le risorse locali (l’ambiente, i monumenti, i musei, la pinacoteca, ecc.) entro progetti di più lunga durata. Alla futuribile città dei congressi e dei saperi serviranno alberghi, sì, ma ai visitatori e ai cittadini andranno offerte anche strutture permanenti per le attività culturali e ricreative: la nuova biblioteca e inediti spazi polivalenti e interattivi, dentro edifici vecchi e nuovi.
Ad esempio, avviando un piano strategico di promozione del territorio, che colleghi le tante iniziative, slegate tra loro, e portarle a fare ‘rete’. Un ‘piano’ affidato a persone disposte a dare, non solo a ricevere.
Hanno periferizzato la nostra vita. Nei quartieri da ridestare non mancano gli spazi, e all’occorrenza altri ne andranno scovati: capannoni, vecchi cinema parrocchiali, aree dismesse, centri sociali… Ridisegnamoli, reinventiamoli, riutilizziamoli: saranno i contenitori delle nostre migliori idee. Le periferie ora sono lontane. Avviciniamole, ripensiamole come parte della città, decentrando la qualità.