di Mimmo Damiani*
Il 6 Aprile di 20 anni fa iniziava l’assedio di Sarajevo. Città simbolo del dolore e della crudeltà di cui solo l’uomo è capace quando la ragione viene schiacciata dal linguaggio delle armi. Città simbolo della convivenza multiculturale e multireligiosa che il delirio della politica ha rischiato di distruggere per sempre. Città simbolo dell’impotenza della comunità internazionale ad interrompere un assedio durato quasi quattro anni e dove ogni giorni si moriva in diretta TV sotto i colpi dei cecchini. Occorre fare memoria e non dimenticare. Né la tragedia né la solidarietà che essa ha generato. Onore quindi alla gente di Sarajevo, bosniaci, serbi, cristiani, mussulmani, ebrei, atei, che in quegli anni, insieme, sotto le bombe, hanno lottato per sopravvivere, con la dignità, il coraggio e la creatività che hanno saputo dimostrare. E onore ai tanti che hanno lottato e sperato insieme a loro di interrompere la barbarie che si era aperta nel cuore dell’Europa non meno che nelle nostre coscienze.
Anche da tutta nostra provincia “partirono” numerosi atti concreti e testimonianze di solidarietà: dai convogli umanitari all’ospitalità dei profughi, dalle borse di studio per studenti, alla cura dei feriti. Nacquero anche profonde amicizie personali ed anche amori ricambiati che proseguono tutt’oggi. E vorremmo ricordare quando, nel maggio 95, in pieno assedio, la città di Pavia organizzò un incontro di grande rilievo, con la presenza del console di Bosnia e già Sindaco di Sarajevo Muhamed Kresevlijakovic. La sua commovente testimonianza si tenne nell’ambito del Corso di “educazione alla mondialità” organizzato dall’ Unicef e dall’ Università di Pavia. A questa iniziativa di sensibilizzazione parteciparono tra gli altri anche il giornalista Maurizio Chierici, Il Cardinal Ersilio Tonini, il poeta sufi Gabriel Mendel, il cantante Ron, l’etno-psichiatra Piero Coppo. E proprio di educarci alla mondialità ed al dialogo interculturale c’è ancora grande bisogno, affinché non si ripetano più tragedie come quella.
Ovviamente anche Sarajevo celebrerà oggi il ventennale dell’assedio. Ci sarà un concerto nella centralissima Piazza Marsala Tita. Davanti al palco 11.541 sedie vuote: una per ogni abitante assassinato tra l’aprile del ’92 ed il febbraio del 96. Ai lati, in piedi sui marciapiedi, gli abitanti della Sarajevo di oggi, a commemorare chi ha pagato con la vita l’insensatezza della guerra, ucciso dai cecchini o dalle bombe mentre faceva la spesa al mercato o giocava a pallone per strada o era in fila per riempire la tanica di acqua.
Comunque e nonostante tutto Sarajevo non ha perso la sua natura multiculturale. Basta camminare tra le sue strade per rendersene conto. E’ questo per tutti noi un segno di speranza, che aiuta a credere ancora che è possibile la convivialità delle differenza ed il riconoscimento del comune destino che lega tutta la famiglia umana.
* Unicef Pavia