di Giovanni Giovannetti
La fuga a destra del Partito democratico in un Paese dai già ridotti ammortizzatori sociali rende ancora più esplicita l’incapacità di rappresentare chi sta facendo più fatica, dopo che la casta politico-economica ha provveduto a spalmare la crisi finanziaria sui lavoratori e sulla piccola e media borghesia al collasso. La frammentazione sociale, la politica del rattoppo, della finta “sicurezza” e la pressione mediatica che invece di informare disinforma sono strumenti per nascondere la portata ideologica e politica della crisi a cui siamo di fronte: una crisi di civiltà che, allargando lo sguardo, porta a muovere gli eserciti per il controllo delle fonti energetiche, dell’acqua e del cibo.
La forbice si allarga: aumentano i profitti per mafie e affaristi e, specularmente, calano quelli delle famiglie, dei pensionati e dei precari, sempre più numerosi. Il vero conflitto è tra i poveri senza speranza di emancipazione e questo “nuovo Potere” cattivo, aggressivo e autoreferenziale: mero prolungamento nel sociale delle lobbies economico-finanziarie, da qualche anno la politica ha chiamato l’esercito nelle strade delle principali città a tintinnare le sciabole e a tastare il polso agli italiani.
A questo capitalismo armato, già negli anni Settanta Eugenio Cefis – presidente di Eni e Montedison, tra i capi della P2 – guardava come alla nuova “patria”. «Come si svilupperà il rapporto tra queste società che operano su basi internazionali e gli Stati sovrani?», si domanda Cefis il 23 febbraio 1972 parlando agli allievi ufficiali dell’Accademia militare di Modena. (more…)