di Giovanni Giovannetti
Abbiamo da poco lasciato Beppe Grillo intento ad arringare i fedeli a credere obbedire e combattere i Rom, scrivendo di «sacri confini della Patria che la politica ha sconsacrato», di «immigrazioni selvagge» paragonate a un «vulcano, una bomba a tempo che va disinnescata» e altre balle paranoiche da lui condivise con la destra più forcaiola, ed eccolo nuovamente librare il suo svettante nanismo contro il diritto di cittadinanza agli stranieri, in particolare contro il diritto dei minori nati da noi a sentirsi “anche” italiani. E minaccia referendum, subito applaudito da La Russa.
Caro Beppe Grillo, mavadavialcù. In Italia vige lo Ius sanguinis, ovvero la cittadinanza si può acquisire solo per matrimonio o con 10 anni di residenza (5 per i rifugiati, 4 per i cittadini Ue) oppure, per i nati in Italia, qualora la cittadinanza venga richiesta tra il diciottesimo e il diciannovesimo anno, a patto che alla nascita siano stati immediatamente registrati all’anagrafe (con buona pace per i figli degli “irregolari”) e abbiano abitato in Italia senza interruzioni: «un sistema anacronistico» avverte Maurizio Ferrera sul “Corriere della Sera” del 10 febbraio 2013 «ingiustamente punitivo oltre che irragionevole sul piano economico, politico e sociale».
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