Il tamburo di lotta

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A trent’anni dagli scioperi del Baltico – dodicesima parte
Le storie. Wojtek Tucholski (1958)
di Giovanni Giovannetti

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Wojtek Tucholski, classe 1958, entra ai cantieri nel 1974. Nel 1978 passa al tempo pieno lavorativo, dopo un corso scolastico di avviamento professionale come elettrotecnico e dopo un tirocinio di sei anni: monta cavi elettrici sulle navi. L’elettricista Lech Wałęsa è stato licenziato da poco. A Tucholski viene dato il suo armadietto. Solo due anni dopo, durante lo sciopero del 1980, viene a sapere che il baffone dell’armadietto e il famoso Wałęsa dei sindacati liberi sono la stessa persona.


Oggi si vive meglio ma c’è molto spreco

Nel 1978, il ventenne Wojtek non sogna nessuna rivoluzione, ma nel 1980 è tra gli operai che scioperano. Dorme in cantiere. La madre Genowefa lo incontra ogni giorno al cancello 2: «In città tutti parlavano dello sciopero e anche noi là fuori o scioperavamo o manifestavamo solidarietà a chi scioperava». Domenica 13 dicembre 1981 scatta lo stato di guerra. Il giorno dopo, Wojtek si presenta al lavoro. Qualcuno è arrestato; «a me è andata bene, mi hanno lasciato tornare a casa».

Nel 1997, come tutti, Tucholski viene licenziato. Passa un anno a integrare il magro sussidio governativo con lavori precari presso ditte private. Lo salva la passione per l’elettronica e l’informatica. L’anno dopo viene riassunto al cantiere, questa volta come responsabile dei computer. Ne possiede uno, acquistato nel 1984 con l’equivalente di dodici stipendi: «Era uno Spectrum che si attaccava al televisore. Non aver studiato informatica è l’unico rimpianto del mio passato. Me la cavo ugualmente, sono contento, forse perché non chiedo troppo alla vita e nel mio piccolo ho avuto successo».
Anche per Woitek si profilano all’orizzonte scure nubi annunciatrici di guai, a minare il suo invidiabile ottimismo. Nel dicembre 2001, oltre la metà dei suoi colleghi di reparto viene licenziata: «Da 190 siamo rimasti in 90. C’è poco da ridere. E nei cantieri si parla di ulteriori tagli dei costi. Tutti sanno che cosa vuol dire, ma non possiamo lamentarci: almeno stiamo lavorando in un posto dove da tre anni gli stipendi arrivano puntuali. Oggi non capita spesso».
È sposato dal 1981. La moglie lavora in banca, la figlia studia in una scuola superiore di turismo: «Spero che non abbia problemi con il lavoro. Quest’estate va in Turchia per quattro mesi a fare pratica». Non hanno grandi problemi economici. Vivono in un appartamento di proprietà: 30 metri quadri, ma per tre può bastare. Hanno anche un’auto, una Fiat 126. Ogni tanto vanno in vacanza all’estero. La prima volta che sono usciti dalla Polonia, nel 1999, è stato per un’escursione a Fatima, Barcellona e Parigi. Insomma, fanno parte della nuova middle class polacca, che lavora, gioca a tennis, va alla partita e se può si diverte: secondo Wojtek, «oggi si vive meglio e si trovano cose belle da comprare anche a buon mercato».
La madre sorride, forse non è d’accordo. «Per noi di una certa età, il cambiamento è meno evidente. Mio marito e io siamo ormai in pensione, la casa è nostra, i figli sono grandi. Guardo studiare i nipoti e penso che ogni anno devono comprare libri nuovi. Questa spesa prima non c’era, perché provvedeva gratuitamente lo Stato: abiti per la scuola, libri che non si dovevano cambiare ed erano gratis. Oggi, dovunque c’è molto spreco. Volevamo il cambiamento, ma non questo cambiamento. Prima gli operai lottavano per il sabato libero e adesso chi ha un lavoro deve lavorare anche di domenica».

Wojtech Tucholski (1958). «Ho cominciato il mio lavoro nei Cantieri a 15 anni, nel 1974, frequentando il corso scolastico di avviamento professionale. Per sei anni ho studiato e lavorato. Sono uscito con la qualifica di elettrotecnico. Montavo cavi elettrici sulle navi. Lech Walesa era appena stato licenziato. Ètoccato a me prendere il suo posto. Avevo preso anche il suo armadietto. Poi, nell’agosto 1980, la situazione si è fatta tesa per via del licenziamento di Anna Walentynowicz. Quel giorno siamo andati a protestare davanti alla direzione. E’ arrivato Walesa e si è messo alla nostra testa.
Nel dicembre 1981, del colpo di stato ho saputo mentre ero in visita da alcuni parenti. Il giorno dopo, lunedì, mi sono presentato al lavoro. I reparti speciali di polizia ed esercito erano entrati nel Cantiere. Qualcuno è stato arrestato; a me è andata bene, perché mi hanno lasciato tornare a casa.
Nel 1997 i Cantieri hanno chiuso e così ho perso il lavoro. Un anno a lavorare per ditte private come collaboratore esterno, senza assunzione, per integrare il magro sussidio governativo. Quando Gdynia ha comprato i cantieri di Danzica sono stato riassunto, questa volta come impiegato: ho sempre avuto curiosità per l’informatica, ci sono portato: così ora mi occupo dei computer del cantiere.
Nel 1981 mi sono sposato. Mia moglie lavora in banca. Problemi economici non ne abbiamo. Secondo me oggi si vive meglio e si trovano cose belle da comprare anche a buon mercato».

(dodicesima parte – continua)

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