di Paolo Ferloni
L’Italia finanzia gelaterie nel mondo… per lottare contro il cambiamento climatico. Come far fallire la lotta ai cambiamenti climatici e l’accordo di Parigi del 2015 (COP21)
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«L’ITALIA ha aiutato un cioccolataio ad aprire negozi di cioccolato e gelato in Asia. Gli Stati Uniti hanno offerto un prestito per espandere un albergo di lusso ad Haiti. Il Belgio ha sostenuto la produzione del film La Tierra Roja, una storia d’amore ambientata nella foresta pluviale in Argentina. E il Giappone per diminuire le emissioni di CO2 sta finanziando una nuova centrale elettrica a carbone in Bangladesh e l’estensione di un aeroporto in Egitto».
Sembrano frottole, ma sono notizie che arrivano da un serio e documentato Rapporto di ricerca dell’agenzia di stampa Reuters, eseguita da un suo gruppo in collaborazione con il Laboratorio di giornalismo della Università di Stanford in California. Lo si può consultare sul sito:
https://www.reuters.com/investigates/special-report/climate-change-finance/
In totale il finanziamento dei cinque progetti ammonta a 2.6 miliardi di dollari, e i quattro Paesi rendono conto di questi loro “sostegni” come cosiddetti interventi di lotta contro i cambiamenti climatici. Cioè avrebbero avuto il significato di aiutare nazioni in via di sviluppo a ridurre le emissioni per meglio adattarsi al riscaldamento globale.
A questo scopo infatti i Paesi sviluppati avevano promesso nel Dicembre 2015 durante la conferenza della Nazioni Unite COP21 di Parigi di mettere a disposizione in totale 100 miliardi di dollari all’anno, promessa che non è stata mantenuta.
Il Rapporto ora mostra che quell’impegno non soltanto è stato disatteso, ma anzi è stato usato per finanziare anche ditte e iniziative che hanno ben poco a che vedere con i mutamenti climatici.
Lasciando stare gli investimenti degli altri, per quanto riguarda l’Italia, per esempio, i ricercatori della Reuters hanno trovato che il nostro patrio Governo ha elencato tra gli impegni per l’ambiente il finanziamento dedicato alla storica ditta piemontese Venchi per aprire nuovi negozi di cioccolato e gelati in Cina, Giappone e in Indonesia. Nella foto sopra si vedono le eleganti e luminose vetrine del negozio Venchi aperto nel famoso quartiere commerciale Ginza di Tokyo.
I ricercatori esaminando circa 44.000 contributi segnalati alle Nazioni Unite dai vari governi hanno calcolato che la quantità totale degli investimenti in cinque anni ha raggiunto 182 miliardi, cioè meno della metà di quanto fu promesso a Parigi. Per di più da parte dell’ONU nessuno ha controllato davvero che questo denaro sia servito agli scopi dichiarati dall’Accordo di Parigi.
Misera consolazione, per l’Italia, il fatto di essere – si fa per dire – in buona compagnia in queste attività di “greenwashing” cioè di “tintura in verde”, come si dice più modernamente in facile inglese, quando una gentildonna si tinge di un bel verde i capelli. E quando industriali, politici e addetti ai lavori in Italia e nel mondo pretendono di dare una coloritura ambientale a scelte operative contrarie a ogni buon senso o prospettiva di miglioramento dell’ambiente.
Il Rapporto sottolinea peraltro che la presenza di progetti con un impatto ambientale dannoso accanto ad altri più appropriati e meritori è dovuta alla mancanza di criteri qualitativi corretti per poter definire “verdi” gli investimenti in questione.
Ciò non toglie che il nostro Paese potrebbe, se disponesse di un Ministero dell’Ambiente all’altezza della sua migliore e tradizionale cultura naturalistica e scientifica, elaborare, progettare, finanziare e segnalare iniziative a favore di Paesi più poveri che davvero siano in grado di contribuire a ridurre le emissioni globali di anidride carbonica. Ma per il momento, come rilevano i movimenti giovanili, la maggior parte del Paese e delle industrie sta correndo o cerca di muoversi in senso opposto, con prospettive di commercio di armamenti, consumismo, produzioni fossili e “sviluppo” vecchie di oltre sessant’anni.