Il mondo secondo Casaleggio
di Giovanni Giovannetti
Il vuoto politico e l’incapacità di incontrare chi è più toccato dalla crisi sembrano minare lo stesso principio di democrazia. Invocare l’“uomo forte” ormai non pare un tabù, e qualcuno già si dispone a occupare quello spazio: i partiti politici? Sono «tutti ladri». I sindacati? Complici degli affaristi e di un governo di «nani e mignotte, puttanieri e ruffiani, guidato dalla Camorra e dalla P2». La democrazia? «Sta fallendo, meglio la dittatura». Dittatura? «Sì, dittatura, una dittatura democratica…» Democrazia totalitaria à la Rousseau? Settecentesco totalitarismo messianico à la Robespierre, o Saint-Just, o Babeuf? No, sono parole di Beppe Grillo, intervistato a Pavia nel maggio 2009 poco prima di un suo comizio: a Pavia e nel Paese saremmo tutti ladri e corrotti, con la benemerita eccezione di quelli certificati da lui medesimo, il messianico e razzistoide tenutario della verità rivelata che – dal suo blog – arringa i fedeli a credere obbedire e combattere i Rom, scrivendo di «sacri confini della Patria che la politica ha sconsacrato», di «immigrazioni selvagge» paragonate a un «vulcano, una bomba a tempo che va disinnescata», di «un Paese che scarica sui suoi cittadini i problemi causati da decine di migliaia di Rom della Romania che arrivano in Italia».
Grillo parla di rivoluzione e pratica la normalizzazione. Non è incendiario ma pompiere; parodizza il conflitto politico e sociale, facendone l’alveo di decantazione della radicalità rivoluzionaria in fieri poiché priva di un movimento di riferimento: «un frame semplicistico e consolatorio, che rimuove le contraddizioni, non tocca le cause della crisi e offre nemici facili da riconoscere» (Wu Ming, “il Manifesto”, 1° marzo 2013)
Come Mussolini, almeno uno tra i copywriters di Grillo deve aver letto Psicologia delle folle di Gustave Le Bon. Ma la sua rozza critica ai partiti vorrebbe rappresentare non tanto le masse plaudenti, quanto nientemeno che l’opposizione morale e sociale (se non di sistema) alla partitocrazia, ahinoi altrettanto priva di credibilità. Ma a Grillo che gli frega, lui è per la dittatura, e al tempo stesso si fa liturgico megafono di parole d’ordine elementari e temi – reddito minimo di cittadinanza, abolizione dei privilegi e del finanziamento pubblico ai partiti, riforma della pubblica amministrazione, opposizione allo spreco del pubblico denaro, acqua bene comune, blocco della Tav in val di Susa, ecc. – «che non necessariamente gli appartengono» (Enrico Sassoon, “il Fatto Quotidiano”, 28 marzo 2013) e che tuttavia la politica o ciò che ne resta ha caparbiamente eluso. Grillo e Gianroberto Casaleggio (lo “sciamano” complottista comproprietario del marchio Cinquestelle, che lo marca a vista) già parlano di «mondo nuovo». Così Casaleggio lo predice nel 2008 nel video qui sopra: «Gaia, un nuovo ordine mondiale è nato oggi, il 14 agosto 2054. Conflitti razziali, conflitti ideologici, conflitti religiosi, conflitti territoriali appartengono al passato. Ogni uomo è cittadino del mondo, soggetto alle stesse leggi e internet è stato il veicolo del cambiamento, attraverso le comunicazioni, la conoscenza e l’organizzazione a livello planetario. […] All’inizio del 21° secolo il destino del mondo è ancora determinato dai gruppi massonici religiosi e finanziari. Centotrenta delle più influenti personalità del mondo, il gruppo, Bilderberg, ha un incontro privato ogni anno per discutere il futuro dell’economia mondiale. Prima della rete, comunicazioni, conoscenza ed organizzazione appartenevano al potere; con la rete esse appartengono al popolo. […] 2018. Il mondo è diviso in due aree maggiori: l’ovest con la democrazia diretta e libero accesso a internet; Cina, Russia e Medio oriente con la dittatura orwelliana e l’accesso a internet sotto controllo. 2020. Inizio della terza guerra mondiale, che durerà venti anni. […] Uso di armi batteriologiche, accelerazione dei cambiamenti climatici ed innalzamento del livello del mare di 12 metri, decadimento, fine dell’era dei carburanti fossili (petrolio), riduzione della popolazione mondiale a 1 miliardo di persone. 2040. L’occidente vince, la democrazia della rete trionfa. […] 2047. Ognuno ha la sua identità in un network sociale e mondiale creato da Google di nome Earthlink. Per essere tu devi essere in Earthlink o non avrai identità […] 2054. Prima elezione in rete per un governo mondiale chiamato Gaia, che verrà eletto. In Gaia partiti politici, ideologie, religioni spariscono».
Una misticheggiante visione apocalittica, totalitaria, paranoica: «È però la prima volta che un delirio futuribile cerca una sponda di propaganda nel campo aperto della politica – osserva Stefania Rossini – lanciando a migliaia di militanti e a milioni di elettori ignari, il progetto di un nuovo mondo felice» (“l’Espresso”, 28 marzo 2013): per cominciare, colonizzando progressivamente lo spazio abbandonato dai partiti tradizionali, a partire dal Partito democratico.
Più che un soggetto politico inedito il Pd si è rivelato un confuso assemblaggio di nomenklature Margherita e Diesse, con questi ultimi a un passo dalla bancarotta, salvati dalla vittoria elettorale 2006 e dallo sforzo non esattamente “militante” di uno staff di abili commercialisti. Che il Pd sia riformista o riformabile, socialdemocratico o democristiano, che sia di destra di centro o di sinistra ormai poco importa. Importa almeno che esca dall’illegalità, che sia guidato da gente seria e onesta, votata al pubblico interesse; importa che sia un punto d’incontro tra la società e la politica, e non la cinghia di trasmissione di alcune lobby economiche e finanziarie; importa che sia un partito democratico di massa, e non un partito xenofobo di massa; importa che provi a contenere gli umori forcaioli della piazza e non a fomentarli; importa che combatta il razzismo (oggi entrato nel senso comune, non senza sue responsabilità e non senza la responsabilità degli affabulatori populisti alla Bossi o alla Grillo) e che la smetta di criminalizzare poveri e nuovi immigrati, come è successo, e combatta invece mafie e speculatori. Importa che sappia fare a meno dei Penati, dei Tedesco, dei Cioni e dei Bassolino, ma anche dei Caltagirone, degli Zunino e dei Romeo. Importa che torni a combattere le diseguaglianze sociali. Importa tutto questo e molto altro ancora.
La rigenerazione della politica passa dall’assunzione di responsabilità. Il futuro sta nell’impegno che ciascuno di noi è disposto a mettere in gioco. Ma quale etica pubblica e politica possiamo permetterci al giorno d’oggi? Quella di chi è allegramente keynesiano con le banche e tristemente liberista con i lavoratori? Quella di una società ormai priva di mobilità sociale che vede sempre più dilatarsi la forbice delle diseguaglianze? Quella della società cetuale – cioè basata su ceti immobili – che si sta palesando all’orizzonte? Quella dell’ambientalismo populista e razzista del genovese? Quella delle tangenti, dei favoritismi e dello spreco del pubblico denaro? Quella dei “monarchi” dispensatori di brioches? Quella dei partiti in mano a persone più equilibriste che equilibrate?
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