Un partito piccolo piccolo

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Caro Stefano Pallaroni, mi hai tolto le parole dalla penna. Se a destra un Pupo telegenico quanto meno hanno saputo disegnarselo (è quel che passa il convento, ma lì c’è chi almeno sogna il “Telegatto”) a pseudosinistra – la stessa del malgoverno cittadino a cui Pupo ha sottratto l’osso – i pessimi timonieri del locale Partito democratico sognano incubi. Altro che alternativa di governo cittadino! Proprio nel momento in cui a destra la coesione mostra crepe (e più d’una distonia interna fanno intravvedere la possibilità del ballottaggio; arrivati lì potrebbe essere un’altra partita), il Pd non fa che riproporsi uguale a se stesso: gli stessi personaggi del giurassico Ds-Margherita, lo stesso logoro copione ormai perdente (nella città capoluogo, dal 1996 a oggi il Pd ha perso 2.500 voti)E gli altri partiti o partitini d’area non sono da meno.
Dopo decenni di malgoverno, dopo le indagini sulla criminalità urbanistica e mafiosa e Pavia piegata in due, illusoriamente si è creduto possibile chiudere con questo presente-passato ammorbante per ripartire da un progetto comune di città (lavoro, beni comuni, monumenti e centro storico, ridefinizione delle periferie, welfare locale, nuovi entusiasmi e progettualità, ecc.), che il fondo lo si fosse già toccato e che il potenziale azionista di maggioranza dell’alternativa al centrodestra inciuciato con mafiosi e affaristi dovesse promuovere o quanto meno condividere il buonsenso, la consapevolezza, la ragione e il sogno (sì, il sogno!). Insomma, un’idea condivisa di comunità e schieramenti rodati in battaglie vinte come, ad esempio, quella referendaria su acqua bene comune e nucleare. Invece, al solito l’hanno vinta i bottegai e gli interessi di bottega, il piccolo ballo del posizionamento individuale di piccoli politicanti intenti a librare il loro svettante nanismo entro una ancor più piccola sfera autoreferenziale, soldatini lì forse a coltivare  nella migliore delle ipotesi, ed è tutto dire – i presunti interessi di partito anziché svolte o progetti. E la città va a rotoli. E pure la centralità della politica (non da oggi). E il Partito democratico autolesionista perde occasioni ed elettori, e non sa più vincere (Amministrative 1996: 14.772 voti, 36% – 2000: 13.509, 34.11% – 2005: 12.779, 31.71% – 2009: 12.305, 29.84%). E alla sua sinistra le cose vanno anche peggio! Impotenti a cento all’ora contro un muro. Ipotesi nuove le avevano avanzate congiuntamente Piazza e il Ponte, Sel e Insieme per Pavia (autocritica sugli errori commessi; un passo indietro per chi ha avuto responsabilità di mal-governo con Albergati e Capitelli; spazio alla società civile, con il Pd e altri partiti a condividere il cambiamento; ecc.), proposte rimandate al mittente.
Quanto ad Andrea Zatti, caro Stefano, te lo saresti visto il nostro “Chopin” governare con Giuliano Ruffinazzi assessore all’Urbanistica, Matteo Pezza ai Lavori Pubblici, Francesco Brendolise ai Servizi sociali, Angelo Zorzoli all’Ambiente e così via, di delirio in delirio?
In conclusione, una considerazione e una domanda. La considerazione: il giornale presso cui lavori ha dedicato ampio spazio quotidiano a questo pseudoballottaggio, e ora ne riscontriamo il ritorno: solo 845 votanti. Bella autorevolezza… La domanda: ma perché queste tue molto utili riflessioni vanno semiclandestine in rete e non trovano sistematico spazio a stampa in prima pagina, così da entrare davvero nel dibattito politico cittadino? 
(G. G.)

Primarie Pd, Pavia più piccola di Cava di Stefano Pallaroni *

Temevano primarie flop in via Taramelli a Pavia. È stata una disfatta. Su tutta la linea. La sfida tra Massimo Depaoli e Gigi Furini per designare il candidato sindaco del Pd alle elezioni della prossima primavera non se l’è filata nessuno. A conferma che questo tipo di consultazione è in crisi (sette giorni prima a Pavia città hanno votato in 122 per la segreteria regionale) e che da più parti in Italia viene aggirato con il candidato unico stabilito a tavolino. In attesa, forse, di cambiare lo statuto del partito. Portare però ai seggi per una corsa a sindaco appena 845 cittadini non può lasciare indifferenti i vertici pavesi del partito a cominciare dal segretario cittadino Angela Gregorini. Per la cronaca nel 2009 alla sfida Albergati-Ricci risposero all’appello 1557 persone. Allora vinse Albergati, stavolta ha vinto Massimo Depaoli, 54enne professore di lettere del liceo Copernico. Sarà lui in primavera a sfidare Alessandro Cattaneo. De Paoli ha ottenuto 752 contro i 93 di Gigi Furini, il 60enne giornalista in pensione che era pronto a fare il primo cittadino a titolo gratuito. Dire che mettere Depaoli a sfidare il sindaco più amato in Italia sulla base di così poco entusiasmo sia mandarlo allo sbaraglio è un pietoso eufemismo. E se sono andati in pochi perché dentro l’apparato la sfida era decisa in partenza, peggio che andar di notte. Visto che le primarie sono lo strumento per avvicinare i cittadini ai candidati per provare a riattivare il vaso comunicante della rappresentatività. La misura della crisi del Pd di Pavia, città che conta 59mila potenziali elettori, viene anche dal confronto con la vicina Cava Manara, paesone di 6600 anime, che nello stesso giorno, sempre nel recinto del Pd, ha portato ai seggi 1045 cittadini per scegliere il candidato sindaco tra Mazza e Beltrami con il primo che ha prevalso 599 a 446. Tornando a Pavia auguro al Pd che Depaoli decida di tenere duro. Perché un partito che non riesce a mandare a votare almeno 1500 simpatizzanti in un capoluogo dà una tale impressione di inconsistenza da mettere i brividi anche a un politico scafato. Depaoli, intanto, il riconoscimento più importante della giornata lo ha ricevuto da Alessandro Cattaneo, il sindaco forzista, che a scrutinio effettuato gli ha telefonato per gli auguri di rito. Magari l’avrà pure rincuorato. L’impressione è che il Pd la  partita per il sindaco l’abbia persa nei mesi scorsi quando Andrea Zatti, il professore di economia dell’università di Pavia ex capitano della locale squadra di basket, ha opposto un cortese rifiuto all’offerta di guidare la coalizione di sinistra. Saltata la sfida Cattaneo-Zatti, il destino di palazzo Mezzabarba appare segnato. Soprattutto se Depaoli continuerà a essere lasciato solo a nuotare nel mare in burrasca. Suicidio annunciato o zero voglia di provarci?

* Blogautore de “La Provincia Pavese”, 24 febbraio 2014

Una Risposta to “Un partito piccolo piccolo”

  1. klement Says:

    Depaoli dovrebbe capire che cassonetti differenziati e campane sono molto più sensati che la condominializzazione dei bidoni

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