Un anno dopo

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di Giovanni Giovannetti

C’è un momento che in qualche modo andrà ricordato: domenica 6 gennaio 2013, Epifania, la “meglio gioventù” pavese si era data appuntamento a casa mia per solidarizzare e ripristinare l’agibilità dei locali bruciati dall’incendio doloso del 30 dicembre, a quanto sembra appiccato da due persone (guarda caso) in rapporti con un noto imprenditore pavese e un politico “amico degli amici”. L’incendio segue di pochi giorni l’attentato all’auto del consigliere comunale Walter Veltri e le croci a morto dipinte sull’ingresso dello studio dell’avvocato Maurici, due persone (guarda caso) con cui ho condiviso alcune battaglie sulla criminalità urbanistica cittadina.
L’incendio ha colpito anche le edizioni Effigie (il magazzino si trova nel seminterrato di casa) e lì sono bruciate alcune migliaia di libri (e molti altri volumi sono stati resi invendibili dall’intervento dei Vigili del fuoco).
Il tempo passa e tuttavia nulla sembra cambiare. Gli amici degli amici siedono ancora al loro posto e si propongono la riconferma alle prossime elezioni amministrative.
E dunque non per caso, nella prima ricorrenza dell’incendio esce la seconda edizione di
Comprati e venduti aggiornata dal nuovo “incendiario” capitolo La maledizione di San Siro, che Direfarebaciare pubblica in anteprima in più puntate da qui al 30 dicembre. Un anno dopo.

«Questa città, figlio mio – lascia che ti chiami così – è sempre stata ostile ad ogni novità e, in modo particolare, a quelle che provengono dall’esterno. Come avviene in ogni società umana, sono le donne, anzi le madri, che garantiscono e tramandano la forza della conservazione. Siro capì perfettamente ciò e inoltre, nella sua vecchiaia, ebbe una rapida visione profetica degli eventi futuri. Così, quella che la gente ricorda come una sua maledizione potrebbe piuttosto essere definita come un’intuizione, una visione, una profezia. La città nata sul pigro, ma grande ed infido fiume – egli disse – non potrà conoscere alcun vero rinnovamento, se non a prezzo di sangue e di divisione. Sarà soggetta, nella sua storia, a trenta assedi e dodici volte sarà distrutta, spesso per opera dei suoi stessi abitanti. Quando il mondo sarà operoso e industre, essa affogherà nell’ignavia, nell’ozio e nella noia. I suoi abitatori sono destinati ad invidiarsi l’uno con l’altro e le ondate di rinnovamento potranno sempre e solo provenire dall’esterno, ma sono destinate a non durare mai per più di una generazione. Ecco la profezia, in parole povere. La gente del luogo non volle tramandarla e fece l’impossibile per nasconderla, per dimenticarla».

Questo passo lo si legge nell’esoterico racconto di Alberto Arecchi La maledizione di San Siro (Liutprand 1999, pp. 60-61), e la leggenda popolare sul patrono suona quanto mai attuale, tanto da specchiarsi in questo amaro sfogo del compianto scultore pavese Carlo Mo: «I pavesi non riusciranno mai a mantenere intatto quello che hanno costruito con sacrifici, e il crollo della Torre civica ne è l’esempio lampante».
Leggenda di San Siro oppure classe dirigente trapanante, comprabile e politicamente incapace? Stando a un’indagine del “Sole 24 Ore” la provincia di Pavia è al 66° posto in Italia per qualità della vita, ed è il capoluogo a tener bassa la media, ultima tra le città del nord insieme a Imperia, terzultima allargando l’orizzonte al centro-nord.
 E Pavia non primeggerebbe nemmeno al sud e isole, poiché figura dietro Nuoro, Ogliastra, Oristano, Sassari (effettivamente, tolta la Sardegna sarebbe prima: la prima provincia del “meridione” d’Italia – Qualità della vita nelle province italiane, “Il Sole 24 Ore”, 2 dicembre 2013).
«Nessun vero rinnovamento, se non a prezzo di sangue…», si è letto nella narrazione di Arecchi. Al capitolo Un eroe in borghese di questo libro abbiamo visto come a Vito Sabato, onestissimo funzionario comunale che denunciò alcuni gravi illeciti la pubblica amministrazione – e non la ‘Ndrangheta – consigliò di fare ritorno alla città natale poiché, «quand’anche le cose denunciate fossero risultate vere, il denunciante non è mai persona gradita all’amministrazione». Mentre il trasferimento gli avrebbe, per così dire, consentito «una vita più serena». Come si è riferito, al combattivo funzionario, nel marzo 2012 il Comune di Pavia ha notificato una sanzione disciplinare, preludio del licenziamento.
All’onorato e indagato dirigente all’Urbanistica Angelo Moro, nell’agosto 2013 il Comune di Pavia ha invece riconosciuto una cospicua “Indennità di risultato” (12.235 euro) per aver conseguito buona parte degli obbiettivi politici a lui indicati dalla Giunta Cattaneo. “Indennità” per 23.948 euro anche a Francesco Grecchi, il dirigente all’Urbanistica successore del Moro, anche lui sotto indagine.
Quale “bottino” per Angelo Moro? Forse la falsa certificazione Green Campus o il depistaggio sulla lottizzazione abusiva Greenway o l’illecita Concessione edilizia per Punta Est o per i capannoni di via Emilia o per il Centro benessere Campus Aquae. E quale per Francesco Grecchi? dirigente e diligente (nel sottoscrivere convenzioni con i lottizzatori abusivi di Green Campus) o a far casini in via Emilia.
A fronte di un così “avvincente” scenario, appare ancora più arduo cogliere conclamate differenze tra l’associazione a delinquere di stampo mafioso e quella di intrigo istituzionale, ormai tracimante anche ai piani alti del Mezzabarba, come fra l’altro ha fatto emergere l’indagine Infinito del Dipartimento distrettuale antimafia. Si ribadisce qui la deriva istituzionale della contiguità (quando non del misto) tra il sistema illegale politico-affaristico e quello criminale politico-mafioso, favorita da funzionari e dirigenti “malleabili”, veri e propri azzeccagarbugli pronti a rischiare in vece dei politici, da cui ricevono favori, lauti stipendi e premi in pubblico denaro.
Ha proprio ragione Carlo Mo: «I pavesi non riusciranno mai a mantenere intatto quello che hanno costruito con sacrifici», preferendo credere che ogni cosa – degrado morale e affarismo, stupro urbanistico e mafie – fatalisticamente sia da ascrivere all’oracolare leggendaria “maledizione”.
Sì, anche le mafie. Cattaneo viene eletto sindaco di Pavia con il contributo, fra gli altri, di Carlo Chiriaco (condannato in primo grado a 11 anni per concorso esterno in associazione mafiosa) e del capo-reggente della ‘Ndrangheta lombarda, l’avvocato tributarista Pino Neri (18 anni in primo grado per associazione mafiosa, era da poco tornato in libertà dopo 9 anni di carcere per narcotraffico).
Della sua maggioranza hanno fatto parte: Luigi Greco (assessore ai Lavori pubblici, in seguito capo di gabinetto del sindaco) è indicato dalla Dda come socio in affari e prestanome di Chiriaco; l’assessore al Commercio Pietro Trivi «aveva un legame con Chiriaco di natura a professionale e poi anche politica», come lo stesso Cattaneo ha riferito il 5 luglio 2012 al processo milanese alla ‘Ndrangheta; l’assessore alla Mobilità Antonio Bobbio Pallavicini venne sorpreso nei migliori ristoranti della Locride in compagnia di Pino Neri; il consigliere comunale Dante Labate era amico e socio in affari di Neri (per Chiriaco, Labate «è come un fratello» (secondo gli inquirenti, nel 2005 Labate fu eletto con il contributo dell’amico avvocato-tributarista, da poco scarcerato); Valerio Gimigliano (altro consigliere assiduo frequentatore di Neri) Cattaneo lo ha nominato suo rappresentante nel Cda dell’Azienda servizi alla persona (secondo Chiriaco, Gimigliano deve a lui quell’incarico).
Colonizzazione e “misto”. Rimanendo al sottogoverno cittadino, Ettore Filippi ha rappresentato il sindaco nel Cda dell’ospedale San Matteo (nelle liste di Rinnovare Pavia Filippi ha ospitato i candidati suggeriti da Neri e Chiriaco. Nelle Richieste della Dda seguite all’inchiesta Infinito, l’ex poliziotto lo si trova ben 57 volte, non esattamente tra gli investigatori); Luca Filippi – figlio di Ettore, presidente di Asm Lavori e membro del Cda di Asm – venne intercettato in temerarie conversazioni con il pregiudicato Chiriaco (nel maggio 2010 Luca Filippi ha assunto in Asm Lavori Francesco Rocco Del Prete, persona «nella piena disponibilità di Neri»); in Asm siede altresì Alberto Pio Artuso, membro del Cda per nomina del sindaco nonché “consulente” di Chiriaco per questioni immobiliari o abusi edilizi.
A revisore dei conti in Asm, Cattaneo ha nominato Pietro Pilello, sodale di Filippi e chiacchieratissimo commercialista massone di Palmi, in rapporti con il capo della “locale” milanese di ‘Ndrangheta Cosimo Barranca (14 anni in primo grado per associazione mafiosa al processo con rito abbreviato) e socio in affari di Pino Neri.
L’11 dicembre 2013 su indicazione di Valerio Gimigliano e Dante Labate, il sindaco Cattaneo ha nominato Luciano Lepri suo rappresentante nel Cda del Teatro Fraschini (un informatore medico-scientifico al capezzale di un teatro?) Chi è Lepri? Stando alle carte dell’operazione Infinito, nell’autunno 2009 qualcuno avvertì Chiriaco di stare in campana, perché il suo telefono era sotto controllo. E infatti a pagina 3283 delle Richieste antimafia si legge che il 16 novembre 2009 «a bordo del veicolo in uso a Chiriaco Carlo» veniva captata una conversazione tra l’ex direttore sanitario dell’Asl pavese e la sua commercialista, alla quale l’odontoiatra confidava di sapere «che qualche organismo investigativo eseguiva delle mirate attività di intercettazione telefonica sul suo conto a causa della sua partecipazione al ricovero presso strutture ospedaliere pavesi di soggetti calabresi in stato di latitanza: “mi ha detto coso che ho il telefono sotto controllo, che avevo il telefono sotto controllo tre mesi fa. Perché venivo sospettato di essere in Questura quello che fa ricoverare i mafiosi”». 
E chi è “coso”? In una conversazione del 17 novembre 2009 «Chiriaco ha riferito che a fornire la notizia delle indagini era stato tale Lepri Luciano».
Altri indicano in Labate la “fonte” indiretta di Chiriaco. Nel luglio 2007 in Calabria viene arrestato Massimo Labate, fratello di Dante, consigliere comunale a Reggio Calabria, processato e infine assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa (nonostante i frequenti contatti tra Massimo Labate detto “Baccheggio” e Antonino Caridi, genero del boss Domenico “Mico” Libri). Nel corso della campagna elettorale pavese, il 29 maggio 2009 si è sentito il candidato sindaco Cattaneo lodare la buona amministrazione dell’allora sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Scopelliti, salito a Pavia per sostenere Dante Labate; al candidato calabro-pavese lo aveva consigliato Chiriaco («a te che sei mio fratello…»): «così scatta il meccanismo dell’identità calabrese».
Dopo la visita a Cattaneo, a Labate e ai calabresi locali, quell’anno Scopelliti «incontra a Milano Paolo Martino, il boss della ’Ndrangheta legato alla cosca De Stefano» (“Il Fatto Quotidiano” online, agosto 2010). Martino – già latitante, precedenti per omicidio, fatti di mafia e narcotraffico – viene nuovamente arrestato per associazione mafiosa il 13 marzo 2011. Secondo gli inquirenti, è «diretta espressione» in Lombardia della famiglia reggina dei De Stefano – con cui è imparentato – e di Giuseppe Romeo e Francesco Gligora, boss delle cosche di Africo. Interrogato dal Gip Giuseppe Gennari, Martino conferma di conoscere Scopelliti, nonché «suo fratello Francesco, che sta a Como e fa l’assessore. Io, signor giudice, conosco un po’ tutti».
Già in solidi rapporti con il clan vigevanese dei Valle, dall’inchiesta “Infinito” emergerebbero rapporti anche tra Martino e Carlo Chiriaco (da una conversazione del 28 dicembre 2008 tra l’odontoiatra e il cugino Rodolfo Morabito): Chiriaco – «l’altro giorno ho incontrato a Paolo Martino, tu dici come campa Paolo, non lo so…»; Morabito – «ma chi è questo?»; Chiriaco – «Martino, minchia… è ai livelli di Nirta eh… ora, è apparso adesso, dieci mesi… residuo pena… ora penso che non ne ha più… quando hanno ucciso a… [pausa] …no a Paolo, a coso… il maggiore, come si chiamava? Giorgio… quando hanno ammazzato Giorgio De Stefano, cioè quando… gli hanno sparato a Giorgio, no? …sono stati i Tripodi, quelli là di… Sambatello no, Tripodi… il primo a scendere… i cosi, è stato lui, quello che gli ha ammazzato il cognato poi a Tripodi, lui era uno che… [inc.]… anni… [inc.]…». (Richiesta per l’applicazione di misure cautelari, p. 1751).
Maggio 2009. L’inconsapevole futuro sindaco Cattaneo è lui stesso gradito ospite del capo della ’Ndrangheta lombarda “compare Pino”, accompagnato dal tradizionale nonché benaugurante “taglio della caciotta”. All’incontro con gli amici degli amici, lui ci andò insieme al comune conoscente Francesco Rocco Del Prete, uno tra i più solerti fiancheggiatori del giovane sindaco. Il 5 luglio 2012, deponendo al processo milanese alla ‘Ndrangheta, per la prima volta Cattaneo ha dovuto ammettere gli incontri: a casa di Neri «eravamo una dozzina, una quindicina di persone, c’era un architetto di Milano, che mi ricordo perché era vicino a me, c’erano delle signore, credo che fossero la moglie del dottor Neri o adesso non mi ricordo, c’erano anche delle signore, c’era l’unica persona che ricordo era poi il dottore, dottore non è, però signor Dieni [Antonio Dieni, imprenditore edile e braccio politico di Neri], e poi c’era il papà di Francesco Del Prete, c’era forse anche qualcun altro» (Verbale 5 luglio 2012, p. 163). E una seconda volta: «al signor Neri a volte si accompagnava Francesco Del Prete, forse ricordo una mattina che velocemente fui chiamato all’ultimo e passai in studio in Piazza della Vittoria, credo sempre con Del Prete, si trattò, se la prima fu una volta di mezzora… tre quarti d’ora, quella fu di un quarto d’ora a inizio giornata non prevista in agenda, che io cercavo di essere disponibile un po’ con tutti». (Verbale 5 luglio 2012, p. 164).
Cinque mesi dopo aver brindato insieme a Cattaneo – eletto “a sua insaputa” con i voti della mafia – il 31 ottobre 2009 Pino Neri innalzerà di nuovo alto il suo calice al Circolo “Falcone e Borsellino” di Paderno Dugnano, per festeggiare la ritrovata concordia tra le “Locali” padane e la terra madre dopo l’omicidio di Carmelo Novella.
Conversando con Neri, l’indagato Antonio Dieni ha deriso il sindaco definendolo «un pupo» (Richiesta, p. 1720) poiché Cattaneo si sarebbe reso disponibile «ad essere guidato». (da una intervista a Giancarlo Abelli, “ La Provincia Pavese”, 3 marzo 2009).

(1 – continua)

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2 Risposte to “Un anno dopo”

  1. #ZittiMai! Solidarietà a Mauro Vanetti (e un po' di link su quel che accade a #Pavia) - Giap | Giap Says:

    […] un giapster sembra il minimo. N.B. In generale, a Pavia c'è un clima pesante. Emblematico quel che è accaduto a Giovanni Giovannetti, autore del libro Sprofondo Nord (2011). Non solo Giovannetti non ha subito un fuoco di fila di […]

  2. Di mafia e di bavaglio a Pavia | GiulioCavalli.net Says:

    […] un giapster sembra il minimo. N.B. In generale, a Pavia c'è un clima pesante. Emblematico quel che è accaduto a Giovanni Giovannetti, autore del libro Sprofondo Nord(2011). Non solo Giovannetti ha subito un fuoco di fila di […]

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