La Procura ha sequestrato Green Campus

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Dopo la confisca, le si destinino a case popolari
da Pavia, Giovanni Giovannetti

«Un sequestro preventivo finalizzato alla confisca che non ha precedenti nella storia giudiziaria di Pavia». Il procuratore capo Gustavo Cioppa così commenta i sigilli posti alle 5 palazzine Green Campus al Cravino. Criminalità urbanistica, la vera metastasi cittadina (altro che ‘Ndrangheta!).
Lo avevamo denunciato da questo blog, dalle pagine del settimanale “Il Lunedì” e poi in Procura: come per Punta Est, anche al Cravino lorsignori hanno posto in vendita sul libero mercato appartamenti destinati in affitto a studenti, professori, dipendenti dell’Università. Nessuna convenzione con l’Ateneo, obbligatoria poiché – lo ha ribadito il colonnello Sangiuliano – «andava tutelata la natura di servizio» degli edifici. Avviso di garanzia per i costruttori Alberto e Pietro Damiani, nonché per il direttore dei lavori Roberto Turino, per il progettista Gian Michele Calvi e per Arturo Marazza, titolare della Arco Srl insieme alla signora Casati in Calvi, società dall’esiguo capitale sociale che, nel 2008, aveva acquistato i terreni vincolati per 1.813.000 rivendendoli 13 mesi dopo alla società Green Campus per 6.203.200; in mezzo due false certificazioni comunali e la decadenza dei vincoli ben prima della concessione edilizia il 4 novembre 2009, che ha reso abusiva la lottizzazione.
Nell’atto di compravendita col quale Green Campus srl rileva da Arco srl terreni e diritti edificatori al Cravino si legge che la società acquirente si obbliga a mantenere la destinazione d’uso di quelle unità abitative «a residenza universitaria, e pertanto ad affittare unicamente alle seguenti categorie di locatari: studenti iscritti all’Università di Pavia o allo Iuss; dipendenti o assimilati dell’Università di Pavia, dello Iuss o di enti con essi convenzionati per attività di ricerca e didattica; docenti, ricercatori, specializzandi, studiosi, studenti in visita presso l’Università di Pavia, lo Iuss o enti con essi convenzionati per attività di ricerca e didattica». E invece le hanno vendute a chiunque – anziché affittarle «unicamente a…». Da Green Campus abbiamo ricevuto numerose denunce e querele “di facciata”, tutte soccombenti. Fra l’altro, proprio dalla richiesta al Tribunale affinché disponesse la cancellazione da Direfarebaciare delle nostre inchieste  (il giudice Frangipani lo ha negato, condannando Green Campus a onorare le spese processuali) è poi emersa la ben più gravosa lottizzazione abusiva. Lo raccontiamo nel testo che segue.

E intanto ribadiamo: questi appartamenti (e a Punta Est) siano destinati a case popolari (892 famiglie sono in lista d’attesa); o quanto meno tornino ad assolvere alla loro funzione di residenze universitarie.

Data la fame di posti letto a buon mercato, visti i severi vincoli del Prg, Green Campus pareva ai più un benemerito intervento dei privati, volto ad accrescere da 2.300 a più di 2.600 i posti letto nei collegi universitari cittadini. Al contrario, è emersa la truffa, poiché quelle “residenze universitarie” anziché in affitto a studenti venivano illegalmente offerte sul libero mercato.
Green Campus al Cravino come Punta Est al Vallone? (quasi la stessa storia: anche al Vallone c’erano 73 residenze “universitarie” in vendita a chiunque) No, al Cravino gli appartamenti sono ben 327, per un business calcolabile in oltre 60 milioni di euro! La trama si ripete: non è da oggi che i palazzinari incassano plusvalenze milionarie in deroga alle norme, nel silenzio comunale.
Ma, ben di peggio, è una lottizzazione abusiva: decaduti i vincoli del Piano regolatore generale (hanno una durata di cinque anni), i terreni su cui sorgono le cinque palazzine sono ormai nel limbo delle “zone bianche”, prive cioè di regolamentazione urbanistica.
Che fa il Comune di Pavia? Intima di sospendere le vendite abusive? Esige l’elenco dei preliminari di compravendita, come invece ha preteso la Procura? Minaccia ritorsioni legali? Niente affatto: si schiera in difesa della truffa immobiliare. E si capisce: due distinte certificazioni comunali (30 giugno 2008 e 19 novembre 2009, la prima a firma di Gregorio Praderio quando governava il centrosinistra di Capitelli e Filippi; la seconda sottoscritta dal suo successore Angelo Moro, il plurindagato dirigente comunale del settore Ambiente e Territorio, con il centrodestra di Cattaneo e… Filippi) attestano una falsa destinazione a espansione residenziale (classificandola zona “C”, come da decreto ministeriale n. 1444, 2 aprile 1968) quando in realtà i terreni erano per attrezzature ed impianti di interesse generale (zona “F”).
La ripetuta “svista” non è di poco conto: avrebbe consentito infatti ai richiedenti (la società Arco di Arturo Marazza e Carla Casati in Calvi) l’incasso di una plusvalenza superiore a 4 milioni di euro – equivalente al salario annuale di circa 220 operai – rivendendo a Green Campus per 6.203.200 milioni ciò che, solo pochi mesi prima, era a loro costato 1.813.000. Un tale rilevante aumento di valore risulta inspiegabile, specie in una prospettiva di residenze universitarie, notoriamente poco redditizie. A cosa miravano in realtà?
Ripercorriamo allora i fatti in sequenza: l’acquisto dei terreni; il rilascio dei falsi attestati; la rivendita speculativa; il pagamento degli oneri di urbanizzazione dopo il permesso a costruire; la messa in vendita degli appartamenti sul libero mercato; ecc. Ce n’è per tutti.
21 luglio e 24 ottobre 2008. Con due distinti rogiti presso il notaio Di Marco, la società Arco srl (un capitale sociale di “soli” 20.000 euro) acquista da Graziano Baiocchi, Rosa Peletti e Roberto Brusaferri alcuni terreni agricoli che il Piano regolatore generale indica a servizi universitari (U1).
30 giugno 2008 e 19 novembre 2009. Il Comune di Pavia rilascia i due falsi certificati di destinazione urbanistica: il primo a firma del dirigente comunale Gregorio Praderio, il secondo per mano del suo intrepido successore, l’architetto Moro.
4 dicembre 2009. Con rogito presso il notaio Trotta, Arco vende i terreni a Green Campus. Gli appartamenti sono infine posti in vendita sul libero mercato, per un business quantificabile in oltre 60 milioni di euro!
Illecito nell’illecito, la ghiotta speculazione e la successiva truffaldina messa in vendita sul libero mercato immobiliare ignorano che, nel frattempo (19 novembre 2008, dunque prima dell’autorizzazione comunale a costruire – del 4 novembre 2009), era decaduto il vincolo pre-espropriativo a Servizi universitari (U1) introdotto dal Piano regolatore generale il 19 novembre 2003, con la conseguente derubricazione dei terreni. L’illecito cede così il campo alla ben più grave lottizzazione abusiva dei fabbricati: un reato molto grave, perseguibile con la confisca.
Come si è riferito, non si registra alcuna convenzione né altro. E dire che l’Università potrebbe pretendere quanto meno il rispetto degli impegni sulla destinazione d’uso e il trasferimento dei diritti sugli spazi comuni (biblioteche, sale di conferenze, uffici), nonché sugli alloggi riservati a ricercatori o addetti alla didattica, così da rendere impossibile la vendita illecita di singoli alloggi sul mercato immobiliare. La convenzione preliminare s’impone altresì per conferire all’Università un efficace potere di controllo sull’avvicendamento, negli alloggi, dei professori e degli studenti oltre che sulle graduatorie di assegnazione. Prerogativa che, necessariamente, può essere demandata solo all’Università.
Nella Green Campus Srl incontriamo personaggi noti in città: Raffaella Corona – figlia di Franco, ex Pci – e Francesco Piacentini, Pci poi Ds, ex assessore ai Lavori Pubblici e in seguito all’Urbanistica nella prima Giunta Albergati. O come il professor Gian Michele Calvi, noto alle cronache nazionali poiché in Abruzzo ha onorevolmente gestito la chiacchierata ricostruzione dopo il terremoto dell’aprile 2009.
Su Green Campus così come per Punta Est l’Università ha mantenuto un silenzio tombale.
E dire che nell’“Atto d’obbligo” Green Campus srl «si impegna a mantenere la destinazione d’uso delle unità abitative a residenza universitaria, e pertanto ad affittare» leggiamo affittare «le unità immobiliari unicamente» a studenti, professori, visitatori e dipendenti dell’Università e dello Iuss.
Per la verità, una “convenzione” è agli atti: quella sottoscritta il 24 maggio 2009 tra Arco (che poi venderà a Green Campus) e Università, tra l’indagato per associazione a delinquere Arturo Marazza e il rettore Angiolino Stella «per la realizzazione di due tratti di viabilità ad uso pubblico», convenzione che impegna l’Ateneo «a consentire alla Arco la realizzazione in località Cravino a Pavia, su terreni di proprietà dell’Università stessa, di due tratti stradali di raccordo tra la rete esistente e la nuova viabilità locale a servizio di un nuovo insediamento per residenze universitarie promosso da Arco».
Dunque, a rettore e Cda era nota quantomeno la destinazione a residenze universitarie dei fabbricati. Si osserva che l’art. 24 comma 21 Nta del Piano regolatore generale, qui violato, subordina il permesso di costruire residenze universitarie da parte di un privato alla «redazione di specifica convenzione regolante le modalità e la forma del servizio», da stipulare con l’Università di Pavia. La convenzione differisce dall’atto d’obbligo allegato al permesso di costruire per il tempo della stipulazione, per il contenuto e il numero dei soggetti partecipanti, che sono non due ma tre: il privato, il Comune e l’Università il cui ruolo è preminente, dovendo essa garantire un servizio pubblico. Ma in Ateneo non vedono non sentono non parlano, pronti a vantare «estraneità ai fatti».

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2 Risposte to “La Procura ha sequestrato Green Campus”

  1. Anonimo Says:

    Insomma, hanno persino fregato all’università il terreno necessario per costruire la strada funzionale solo ai loro interessi. Senza che l’università abbia nessuna responsabilità?

  2. Anonimo Says:

    Passino (se proprio servono) i falansteri per la Ns univerità. Non passi di certo la vergognosa speculazione sull’area che fa impallidire la Palermo degli anni ’60 (poveri inascoltati Sciascia, Rosi, Cederna). Da galera infine la truffa perpetrata sui cittadini che hanno comprato (più o meno inconsapevolmente) e sulla città intera.
    Povera Pavia, povera Italia, povere istituzioni, povera gente che sta a guardare.
    Meditate pavesi perchè va rimossa molta sostanza organica puzzolente.
    Confisca e case popolari è la marca dell’unico detersivo utilizzabile per questa “merda” in casa pavese
    Gian Franco Dazzan

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